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studenti scrittura social studioIn un'epoca in cui le chiamate vocali hanno lasciato spazio ai messaggi e alle chat via social, nessuno scrive tanto quanto i ventenni di oggi: un continuo fluire di parole su app e canali di messaggistica che li rende interconnessi ogni giorno.

Si tratta però di frasi brevi, spezzettate e spesso accompagnate da emoticon. Ed è qui che emerge il gap con le generazioni precedenti: quando si tratta di costruire un testo più complesso, o anche solo di veicolare un'informazione più articolata, gli studenti universitari si perdono in un bicchiere d'acqua. E' il risultato di uno studio che ha coinvolto 2.137 studenti di 45 atenei italiani condotto da Nicola Grandi, docente ordinario di glottologia e linguistica all'università di Bologna.

Grammatica, sintassi e lessico: le lacune degli studenti

Frasi sgrammaticate, difficoltà nel dare forma alla sintassi e punteggiatura spesso non pervenuta: sono solo alcune delle lacune dei giovani studenti emerse dal progetto 'Univers-Ita', che il linguista Nicola Grandi ha condotto insieme agli atenei di Pisa, Macerata e all’Università per Stranieri di Perugia. ”Nel febbraio 2017 una lettera inviata da seicento professori al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Istruzione e al Parlamento denunciava le carenze linguistiche degli studenti, messi sotto accusa per l’italiano scritto con errori 'appena tollerabili in terza elementare'. Il documento mi colpì, anche perché non si basava su alcun dato scientifico” ha spiegato Nicola Grandi a 'La Repubblica'.

Da qui è partita la ricerca del prof e del suo gruppo di lavoro. A ogni studente partecipante è stato chiesto di elaborare un testo, tra le 250 e le 500 parole, sul loro vissuto durante il lockdown. Gli scritti sono stati poi corretti sulla base di alcuni parametri, tra cui la sintassi, la punteggiatura e il lessico. Il risultato? Per ogni testo sono stati riscontrati in media 20 errori, più della metà inerenti alla punteggiatura. L'impressione, sostiene Grandi, è che l'abitudine alla scrittura in ambito informale, (quindi messaggi scambiati via app e social) ”sembra aver pervaso l’ambito formale. Una sorta di parlato digitato, con una assai limitata articolazione sintattica e una struttura dell’argomentazione abbastanza 'spezzettata'. D’altronde – prosegue il linguista - la punteggiatura non è, come spesso si insegna, solo un fatto grafico, ha un forte valore testuale, cioè scandisce l’organizzazione del testo. Ed è risultata molto deficitaria”.

Il liceo 'salva' gli studenti: chi ha un diploma liceale se la cava meglio con le parole

Guardando più attentamente i risultati della ricerca, ci si accorge come alla base di queste carenze ci siano le abitudini di vita degli studenti. Ad esempio, solo il 17,5% del campione legge più di dieci libri in un anno, mentre il 52% non va oltre i cinque testi in dodici mesi. A sorprendere, poi, è la maggiore propensione alla scrittura degli studenti dell'area scientifica, rispetto ai colleghi che studiano materie umanistiche. Chi se la cava meglio con le parole, in generale, sono gli studenti degli atenei del Nord: questi presentano un lessico più variegato in confronto ai coetanei del Centro-Italia.

Nessuna novità, invece, sulla formazione scolastica degli studenti: chi ha un diploma liceale, soprattutto in ambito classico, se la cava decisamente meglio. E quel che è peggio è che otto studenti su dieci si dicono sicuri delle proprie capacità di scrittura ma, spiega Grandi, ”la grammatica che usiamo per redigere una tesi di laurea è diversa da quella che usiamo quando digitiamo un messaggio su WhatsApp. Ma saper usare una lingua significa proprio questo: compiere scelte adeguate alla situazione comunicativa. Che è quello che scuola e università dovrebbero insegnare, anche se quasi mai lo fanno”.

L'avvento dei social ha avuto un impatto considerevole sui più giovani anche perché ”fino a pochi anni or sono, si producevano scritti quasi esclusivamente in un ambiente, per così dire, protetto e sorvegliato, cioè a scuola. Testi destinati ad essere corretti, progettati avendo ben presente che sarebbero stati “vagliati” e corretti”. Le interazioni tra studenti, invece, erano ridotte alla sola sfera orale (perché, di fatto, non esistevano social e altri canali di messaggistica). Dunque ”la scrittura informale, non pianificata, di fatto non esisteva”. Mentre oggi – conclude il linguista dell'università di Bologna - ”con la tecnologia siamo di fronte a uno scenario totalmente differente, con cui occorre confrontarsi”.

Data pubblicazione 18 Dicembre 2023, Ore 11:01 Data aggiornamento 18 Dicembre 2023, Ore 11:05
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