Marcello G.
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Università

Le università non sono mai state così piene di studenti come negli ultimi anni, anche grazie al traino delle “telematiche”: ben 1.909.360 gli iscritti totali nell’ultimo anno accademico, censiti dagli open data ministeriali.

Con un tasso di nuove immatricolazioni dal post pandemia in poi che supera costantemente le 300.000 unità annue: 312 mila nel ‘21, 326 mila nel ‘22, 325 mila nel ‘23. Insomma, la tanto temuta crisi degli aspiranti laureati, preconizzata subito dopo il lockdown, non si è verificata. Tuttavia la probabilità che questo si traduca in un incremento significativo dei laureati - fermo a un misero 30% nella fascia giovanile - è abbastanza peregrina.

 

Si iscrivono in tantissimi, in molti mollano presto

Non pochi, infatti, sono destinati a perdersi per strada: secondo gli ultimi dati messi a disposizione da AlmaDiploma, il 6,8% di chi si è immatricolato rinuncia entro i primi dodici mesi e un altro 9,3% nello stesso arco di tempo opta per uno spostamento da un’università all’altra o verso un percorso di studi differente. Una diaspora che prosegue anche dopo: in base ai numeri diffusi, stavolta, dall’ANVUR (l’ente che valuta le performance degli atenei), al terzo anno la quota di rinunciatari supera il 20%.

Per fortuna, però, chi ci crede fino in fondo alla fine ringrazia. Valutando quasi sempre l’esperienza complessiva in modo più che positivo. Giusto una minoranza cambierebbe qualcosa. Quasi nessuno, però, boccia senza appello il percorso fatto. A evidenziarlo è un altro report, quello di AlmaLaurea sul profilo dei laureati - aggiornato con le testimonianze di chi è uscito con successo dall’università nel 2023 - che promuove, con gli opportuni distinguo, il sistema accademico del nostro Paese.

 

Chi arriva al traguardo è contento di quanto fatto

La domanda chiave, che permette di fare un bilancio generale, è la seguente: “Se potessi tornare indietro nel tempo, ti iscriveresti nuovamente al corso che stai per completare?”. La risposta, come detto, è pienamente positiva: il 72,1% degli intervistati confermerebbe in blocco la scelta compiuta, cioè sia la tipologia di corso che l’ateneo in cui l’ha svolta. Un quota, questa, che inoltre è cresciuta nettamente nell’ultimo decennio: nel 2013 i pienamente appagati erano il 66,9%. Anche se, attenzione, si assiste a una leggera flessione più di recente: nel 2021 erano il 72,9%.

Gli altri, comunque, non è che la disconoscano: l’8,9% dei laureati confermerebbe l’ateneo, ma si indirizzerebbe verso un altro corso; il 10,8% seguirebbe lo stesso corso ma in un altro ateneo, il 5,4% cambierebbe sia corso sia sede ma non l’idea di fare l’università. Alla fine, dunque, appena il 2,4% afferma che, potendo riavvolgere il nastro, non si iscriverebbe più all’università.

 

I corsi magistrali biennali quelli che convincono di più

Ovviamente, come sempre accade quando si parla di questi argomenti, le proporzioni si modificano a seconda del livello universitario e, soprattutto, dell’area disciplinare di appartenenza. Partendo dal primo aspetto, i giudizi più positivi vengono espressi dai laureati magistrali biennali; facendo riferimento al solo biennio supplementare del proprio percorso 3+2, la propensione a voler rifare tutto allo stesso modo - quel corso in quell’ateneo - raggiunge il 74,5%. Con un picco del 79,7% tra gli studenti del gruppo letterario-umanistico; al contrario, i meno convinti - con il 69,6% di apprezzamento massimo - sembrano essere quelli dell’area linguistica.

A seguire, ci sono i laureati di primo livello (triennali): a non aver alcun rimpianto è il 71,1% di questi. A tenere alti i numeri sono, in particolare, gli studenti dei gruppi psicologico (apprezzamento pieno al 77,1%), giuridico (76,7%) e dell’educazione e formazione (76,4%). Di contro, i più tiepidi risultano i laureati, di nuovo, del gruppo linguistico (56,6%).

Ma i “luoghi” in cui, in assoluto, l’entusiasmo è più contenuto sono i corsi magistrali a ciclo unico: piena soddisfazione, mediamente, per un discreto 69,4%. Anche qui, però, non mancano le eccezioni in positivo. Come il gruppo educazione e formazione, laddove ben l’80,8% delle ragazze e dei ragazzi in uscita dall’università rifarebbe tutto daccapo. In negativo, invece, si segnalano i laureati del gruppo educazione e formazione: qui l’apprezzamento totale è del 63,3% del campione.

A proposito delle lauree magistrali a ciclo unico, c’è un altro dato interessante da sottolineare: in tantissimi, il 17,6% dei laureati di questo livello, seguirebbe lo stesso percorso, ma in un ateneo diverso. Per quale ragione? La ragione potrebbe risiedere nel fatto che alcuni di questi corsi - su tutti Medicina oppure Odontoiatria - sono vincolati al superamento di una prova di ammissione e che, spesso, occorre immatricolarsi laddove si è ammessi, senza poter scegliere l’università in cui frequentare.

 

Le aree disciplinari più apprezzate

Anche se, in fondo, quello che veramente conta non è tanto la struttura ospitante quanto il livello della formazione. E, isolando questo elemento, la soddisfazione sale ulteriormente: a ritenersi pienamente appagato è il 90,5% dei laureati del 2023 intervistati da AlmaLaurea (nel 2013 il dato era pari all’86,0%).

Distinguendo per tipo di corso di laurea, la soddisfazione per l’esperienza universitaria è elevata e consolidata nel tempo tra i laureati di primo livello, dove è al 91,0%. A segnalarsi, qui, sono i gruppi educazione e formazione (95,6%), giuridico (93,6%), psicologico (93,2%), ma anche scientifico (92,6%) e letterario-umanistico (92,4%). Più critici nelle valutazioni i laureati del gruppo linguistico (85,2%).

Poco sotto ci sono i laureati magistrali biennali: il livello di apprezzamento per i contenuti del corso qui è al 90,4%. Con il maggior numero di soddisfatti che si riscontra nei laureati dei segmenti letterario-umanistico (93,1%), ingegneria industriale e dell'informazione (92,3%), economico (91,8%) e psicologico (91,5%). I meno convinti, invece, appaiono quelli del gruppo delle scienze motorie e sportive (81,7%) e dell’area medico-sanitaria (83,3%).

A chiudere la classifica, nuovamente, i laureati magistrali a ciclo unico, dove solo l’88,2% si dichiara del tutto convinto dell’esperienza didattica. In controtendenza vanno però quelli del gruppo educazione e formazione (93,4%) e di quello giuridico (91,2%). Meno soddisfatti, invece, i laureati del gruppo medico e farmaceutico (84,9%), di architettura e ingegneria civile (86,8%) e del gruppo veterinario (87,6%).

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