
Sette studentesse, nove anni di processo e un’assoluzione. È questo il bilancio, almeno per ora, del procedimento a carico di un professore di 67 anni che a Catania è stato accusato di violenze sessuali e molestie verbali da più di una delle sue ex studentesse.
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Il processo, dal 2016 ad oggi
I fatti risalgono a un periodo compreso tra il 2010 e il 2014, ma il processo è iniziato nel giugno del 2016 e si è concluso, almeno in primo grado, con un’assoluzione.
Di questi giorni le motivazioni della sentenza, che parlano di una decisione motivata, secondo i giudici della quarta sezione del tribunale di Catania.
dalla mancanza di elementi sufficienti per una condanna penale, nonostante siano stati riconosciuti atteggiamenti gravi.Come riportate da 'Ansa', le parole messe nero su bianco non lasciano dubbi: “È certamente emersa la prova di un comportamento predatorio. Ossessivo nei confronti delle studentesse. Che il professore sceglieva come oggetto dei suoi desideri sessuali. Ma il tribunale deve distinguere caso per caso se i comportamenti sono sussumibili del reato contestato”.
“Mi si è buttato addosso”: quando il racconto non basta
Molte delle testimonianze raccolte nel corso del processo raccontano però di episodi inquietanti. Secondo il tribunale, però, non raggiungono la soglia per configurare un reato penale.
Una studentessa, ad esempio, ha riferito che mentre raccoglieva un libretto da terra il professore si sarebbe avvicinato e l’avrebbe molestata fisicamente. Tuttavia, per i giudici l’episodio non è attendibile, perché si sarebbe verificato in un’aula piena di persone.
Un’altra ragazza ha, invece, dichiarato: “Lui mi si è buttato addosso”. Ma il tribunale ha risposto: “Non si comprende cosa significhi buttarsi addosso e se ciò abbia coinvolto la sfera sessuale della persona offesa”.
Ambiguità, vaghezza, mancanza di riscontri oggettivi: sono questi i motivi per cui molte delle denunce delle vittime non hanno retto al vaglio giudiziario.
“Se non c’è dissenso, non c’è violenza”
Tra i passaggi più discussi della sentenza c’è anche quello legato a un episodio avvenuto il giorno del compleanno di una delle ragazze: secondo il suo racconto, il professore l’avrebbe palpeggiata. Ma per il tribunale si è trattato solo di un tentativo di fermarla “per farle gli auguri”.
Un altro snodo chiave, destinato a far discutere, è il seguente: “Se non c’è dissenso, non c’è violenza”. Un’affermazione che rimette al centro la questione del consenso, ma che può risultare problematicamente interpretabile.
La parola ora passa alla Procura
Nonostante l’assoluzione, il caso non è comunque chiuso: la Procura ha già annunciato il ricorso in appello. Le motivazioni della sentenza di primo grado, intanto, hanno dato il via a un acceso dibattito pubblico su cosa la giustizia ritenga reato, e su cosa invece consideri semplicemente “comportamento censurabile”.