
Ma, andiamo con ordine: in quei giorni il capoluogo ligure divenne non solo il luogo che doveva ospitare la riunione dei “Grandi della Terra” ma anche una piazza globale che vide sfilare tantissimi giovani animati da diverse istanze di cambiamento, dall’ambientalismo ai diritti civili passando per la crisi economica e politica. Giovani che reclamavano un cambiamento radicale uniti sotto la sigla dei “No Global”.
I No Global: tra voglia cambiamento e black bloc
Prima di addentrarci nelle tre giornate di Genova bisogna inquadrare il movimento dei No Global. Sotto questa sigla infatti troviamo giovani con radici culturali differenti e molto vaste: dal mondo dello scoutismo cattolico agli anarco-insurrezionalisti. A tenerli uniti era la loro avversione contro il liberismo imposto dalla crescente globalizzazione. Il movimento inoltre viene anche identificato con l’appellativo di “Popolo di Seattle” legato ai fatti accaduti nella cittadina dei Nirvana e di Jimi Hendrix in occasione della conferenza dell’Organizzazione mondiale del commercio del 30 novembre del 1999.I temi al centro della conferenza erano: la tutela dell’ambiente, la globalizzazione dei mercati e il debito dei Paesi del terzo mondo. Conferenza che si concluse senza alcun risultato date le varie manifestazioni a cui parteciparono circa 40mila persone. Manifestazioni che però sfociarono nella violenza non solo per l’incapacità della polizia di Seattle di gestire la protesta e per il loro utilizzo indiscriminato di gas lacrimogeni, manganelli e proiettili di gomma sui manifestanti ma, anche per la comparsa della frangia violenta dei No Global, il gruppo di anarchici dei black bloc definiti inizialmente dal il Washington Post “persone che indossavano indumenti neri e maschere da sci”. Nonostante fossero in netta minoranza, furono loro la causa principale dei disordini: per esempio, attaccarono una gioielleria, un negozio della catena Gap e spaccarono le vetrine di un McDonald’s.
Quest’ultimi inoltre fecero la loro comparsa anche a Davos, il 27 gennaio del 2001, a Napoli durante il Global Forum del 17 marzo e il 15 giugno a Göteborg in occasione del vertice Europeo. Grazie a queste manifestazioni il movimento dei No Global che si prepara a sbarcare a Genova, in aperta contestazione anche con il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi, è al suo apice e chiede a gran voce la cancellazione del debito dei Paesi poveri battendosi contro la globalizzazione senza regole.
Una Genova blindata si prepara alla guerra
Partendo da questo scenario è facile capire la preoccupazione per il G8 e il numero impressionante di uomini appartenenti all’esercito, alla polizia, ai carabinieri e alla guardia di finanza che furono schierati in assetto da combattimento. Le misure di sicurezza sono molto imponenti e si articolano nel presidio di due zone: la gialla, ad accesso limitato, e la zona rossa chiamata anche "Fortezza Genova", impossibile da superare se non attraverso permessi speciali. La zona rossa risultava presidiata da ben 4100 uomini a guardia in punti fissi. Fuori la zona rossa il 20 luglio vi erano invece 6800 militari in pieno assetto di guerra, supportati da mezzi mobili e meccanizzati, coadiuvati dal cielo dagli elicotteri e dal mare da gommoni e motovedette della marina.A queste due zone si aggiungono le batterie antimissili all'aeroporto, il blocco dell'accesso al porto e i vari container disposti lungo i percorsi delle manifestazioni per impedire che i dimostranti si disperdano nel dedalo di vie della città. Se a tutto questo si aggiungono i manifestanti che fanno sapere che oltrepasseranno ugualmente la zona rossa, i vari piani di attacco risultati falsi e le varie indiscrezioni della stampa e dei servizi segreti possiamo immaginare la tensione palpabile che si respirava in quei giorni.
Tra il 19 e il 20 luglio: la quiete e la guerriglia
Il 19 luglio, alla vigilia del G8, le strade di Genova sono protagoniste del corteo dei Migranti, una sfilata pacifica di un gruppo di 50.000 manifestanti di ogni nazionalità che ha l’unico fine di esprimere solidarietà agli abitanti dei Paesi del terzo mondo. Manifestanti che sfilano a suon di musica e tamburi tra mani bianche e valigie di cartone che fanno riferimento ai migranti italiani. Non vi sono particolari disordini eccetto davanti alla Questura dove un gruppo di ragazzi vestiti di nero lancia delle bottiglie contro le forze dell'ordine. Quest’ultimi però vengono bloccati non dalle forze dell’ordine ma dagli stessi manifestanti.Arriviamo così al 20 luglio: il Genoa Social Forum che coordinava le circa 300.000 persone giunte a Genova diede via a una serie di piazze tematiche di contestazione pacifica del G8. Inoltre, come vedremo più avanti, il Genoa Social Forum aveva la sua sede dentro due edifici del complesso scolastico Armando Diaz: la Giovanni Pascoli e la Sandro Pertini. Alla Diaz-Pascoli era stato allestito l’ufficio per le attività degli avvocati, degli operatori sanitari e dei mezzi d’informazione indipendenti. La Diaz-Pertini era stata allestita per accogliere i manifestanti arrivati a Genova da fuori.
Le manifestazioni previste sono diverse: dalla marcia dei lavoratori in sciopero ai cortei di alcune associazioni come Arci, sindacati come la Fiom-Cgil e ambientalisti come Greenpeace. Ai pacifisti però si affiancano i black bloc, che durante la mattinata si erano armati di pietre e pezzi di ferro sradicati dalle aiuole di Genova e che iniziano nel pomeriggio a provocare i primi disordini. Prima alla stazione Brignole, poi a Marassi di fronte al carcere che viene assaltato intorno alle 14:20. Tra negozi distrutti e macchine incendiate a regnare è il disordine: a Genova inizia la guerriglia.
Piazza Alimonda: Mario Placanica e la morte di Carlo Giuliani
Le scene che faranno il giro del mondo però accadono poco dopo, tra via Tolemaide e piazza Giusti, dove si stava svolgendo il corteo pacifico delle Tute Bianche (simbolo del loro essere trasparenti come fantasmi alle istituzioni). Proprio qui le forze dell’ordine che si stavano dirigendo al carcere sotto assedio caricano, erroneamente, con lacrimogeni e manganelli i manifestanti inermi e indifesi del corteo pacifico autorizzato.Molti manifestanti così cercano riparo nelle strade laterali e altri invece si dirigono verso piazza Alimonda dove un Defender dei carabinieri si blocca davanti ai cassonetti disposti dai manifestanti. Quest’ultimo viene preso d’assalto da pietre e da qui il giovane carabiniere Mario Placanica ucciderà con un colpo di pistola il ventitreenne Carlo Giuliani che tiene sollevato un estintore. Sulla vicenda esistono ancora molti dubbi e punti oscuri da chiarire. Tra il disordine generale gli scontri proseguono per tutto il pomeriggio con i black bloc in giro a devastare la città e le forze dell’ordine che caricano i manifestanti di alcune associazioni come Legambiente.
Il 21 luglio e l’assalto alla Diaz
Nonostante la morte di Carlo Giuliani le manifestazioni proseguono anche il giorno successivo con l’azione dei black bloc in giro per la città. La situazione però degenera quando, durante il pomeriggio, dal corteo che dovrebbe sfilare da corso Italia fino a Marassi si staccano alcune frange violente che iniziano ad attaccare le forze dell’ordine. Proprio qui il corteo di divide in due tronconi con alcuni manifestanti che cercano di respingere i black bloc ma Genova diventa di nuovo teatro della Guerriglia.Tra cassonetti che bruciano, lacrimogeni e cariche della polizia sono tanti i manifestanti pacifici e i giornalisti che vengono travolti, come altrettanti sono i genovesi che aprono le porte delle loro case per dare riparo alle migliaia di persone soffocate dal gas e dal fumo. Nonostante l’enorme apparato militare, troppe sono state le falle e così il G8 di Genova si rivela sicuramente una disfatta per le forze dell’ordine italiane. La violenza di questa giornata però non è ancora finita: la sera del 21 luglio la polizia decide di fare un'irruzione all’interno della Diaz, sede del Genoa Social Forum. Cominciò così una perquisizione durata più di due ore e priva del mandato di un magistrato. Poco prima di mezzanotte, circa 300 poliziotti con scudi di plexiglass, caschi e manganelli irrompono nella scuola.
Durante quelle due ore è tanto il sangue versato all’interno della palestra e in altri locali della scuola. Dopo due ore, sotto gli occhi sbigottiti e i giornalisti della stampa internazionale sfilano decine di barelle, ragazzi dai volti tumefatti, portati a braccio dentro i mezzi delle forze dell'ordine. I 93 arrestati, alcuni con gravi lesioni a seguito delle percosse, vengono tutti rilasciati. Arrestati che saranno sottoposti a dei veri e propri orrori all’interno della caserma di Bolzaneto.
Il bilancio finale
Il bilancio finale del G8 di Genova lascia senza parole il mondo intero: un morto, 560 feriti, 360 arrestati e fermati, 25 milioni di euro di danni, 62 manifestanti e ben 85 appartenenti alle forze dell’ordine sotto processo. Ma tra i militari, carabinieri e poliziotti nessuno ha mai scontato un solo giorno di carcere. Tanti i processi, tante le condanne, tanti gli uomini che hanno continuato a svolgere i loro incarichi. Sta di fatto che per quella “mattanza messicana” nel 2017, la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per ben due volte per le azioni messe in atto dalle forze dell'ordine e per non aver condotto un’indagine efficace in merito durante le giornate di Genova.Paolo Di Falco