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Circa 46 milioni di persone, ossia il 92% della popolazione, non sono state ancora vaccinate. Una situazione che, in gran parte, è generata dai blocchi dei vaccini con cui sta facendo i conti l'Italia nelle ultime settimane, che sta complicando ulteriormente la già lenta campagna di somministrazione. Un destino a cui non sono sfuggite neanche le 184 mila dosi di medicinale Janssen, arrivate ieri sera nel nostro Paese e immediatamente 'congelate' a causa dello stop imposto per possibili problemi di salute legati a questo siero. Ma vediamo nel dettaglio la vicenda del vaccino Johnson&Johnson, ennesimo capitolo della complessa storia delle vaccinazioni anti-Covid.

J&J è pericoloso?

Dopo AstraZeneca, dunque, anche J&J si ferma a causa delle segnalazioni di trombosi sospette registrate negli Stati Uniti. Antonhy Fauci, immunologo della task force contro il COVID-19 degli USA, rassicura affermando che i problemi derivanti dalla somministrazione del vaccino sono molto rari, di preciso sei su 6,85 milioni di dosi già effettuate; tra quanti hanno già ricevuto la dose, meno di uno su un milione ha riscontrato gravi reazioni e solo una è stata fatale.

Le reazioni che si sono registrate a causa di questo farmaco – molto comodo perché monodose, senza necessità del richiamo - sono simili a quelle provocate dal vaccino AstraZeneca, ossia la comparsa di trombi: una patologia che consiste nella formazione di piccole masse solide nei vasi sanguigni che impediscono la normale circolazione del sangue nei tessuti. I rari eventi registrati dopo la somministrazione dei vaccini, hanno portato alcuni medici a parlare di “eventi tromboembolici post-vaccinazione” in modo da racchiudere questi casi all’interno di un unico termine. I casi di trombosi, che in genere si presentano dopo 4-20 giorni dalla somministrazione del vaccino J&J, riguarderebbero inoltre prevalentemente giovani donne. Per questo si valuta di circoscrivere le dosi agli over 60.

Secondo una prima analisi pare che il problema riguardi solo i vaccini con il vettore virale adenovirus, quello che dovrebbe servire per 'trasportare' nell’organismo di chi riceve la dose le informazioni necessarie per produrre la proteina spike del Coronavirus, ovvero quella che tampona l'attacco del virus. Questo vettore, nel caso dell’Astrazeneca, deriva dallo scimpanzé mentre nel vaccino J&J è umano. E si ipotizza che l’adenovirus possa creare una reazione avversa sulle piastrine che iniziano a legarsi provocando dei piccoli coaguli di sangue che ostruiscono il regolare flusso. I vaccini basati su un Rna messaggero come Pfizer e Moderna, invece, non sembrano creare questo genere di reazioni. Ma le supposizioni sono ancora tante mentre le certezze sono pari a zero. Su “La Repubblica”, il microbiologo Guido Rasi invita però a superare questo timore nei confronti dei vaccini perché “il rischio del COVID è molto più alto. Mille comportamenti che adottiamo ogni giorno sono più pericolosi del vaccino, dal salire in auto al prendere la pillola anticoncezionale”.

Cosa farà l’Italia?

Come anticipato, l’Italia è molto indietro nella campagna di somministrazione dei vaccini. Le persone che ad oggi hanno ricevuto due dosi sono circa 4.018.236, appena il 7,6% della popolazione. L’obiettivo principale, per ora, è quello di terminare le 2,3 milioni di dosi conservate nei frigoriferi e, per farlo, si sta pensando di dare più spazio alla vaccinazione su richiesta. La Basilicata, ad esempio, ha iniziato ad applicare questa modalità di distribuzione ma ha dovuto abbandonare l’iniziativa perché portava una problematica rilevante: gli assembramenti di persone che attendevano il loro turno.

Sicuramente il blocco del J&J avrà delle conseguenze nella battaglia contro il COVID-19. Prima di tutto verrà somministrato agli over 60. Questo potrebbe portare complicazioni per i quarantenni che dovevamo essere vaccinati in fretta con la monodose J&J e che, invece, dovranno sottoporsi al Pfizer oppure al Moderna. In secondo luogo, potrebbe contribuire ad aumentare il panico collettivo, tra i principali nemici sul cammino verso l'immunizzazione di massa.

In un’intervista pubblicata sempre su “La Repubblica” la ministra degli affari regionali Maria Stella Gelmini conferma la sicurezza del vaccino e chiede di aver fiducia nella scienza. Il ministro della Salute Speranza, dal canto suo, afferma la necessità di utilizzare al più presto questo vaccino.

In ogni caso, per il nostro Paese, l’impatto del blocco sul vaccino J&J non sembra essere determinante nel breve/medio periodo. Tra il 15 e il 22 Aprile arriveranno in Italia 4,2 milioni di dosi di cui solamente 180 mila sono di Johnson&Johnson. Ma il rischio di un nuovo rallentamento nel lungo periodo e, soprattutto, l’effetto psicosi nocivo per le persone già compromesse psicologicamente da un anno di pesanti restrizioni sono in agguato.

Cosa affermano gli esperti?

Gli esperti comunque affermano che il vaccino è sicuro ed efficace e questo blocco serve solamente per valutare delle possibili, anche se rarissime, correlazioni con i trombi. I vaccini ci tutelano da malattie molto pericolose e le conseguenze del COVID sono sicuramente più preoccupanti delle poco numerose complicazioni derivanti dai vaccini. Ma la popolazione ormai ha paura, anche perché la comunicazione istituzionale di questi casi straordinari non è stata così efficace come in altre parti del mondo. Noi, un anno fa, non abbiamo pianificato alla lontana un sistema di somministrazione dei vaccini pur sapendo di andare incontro ad una campagna sanitaria unica nella storia. Ecco perché siamo indietro rispetto agli USA che, invece, galoppano a un passo incessante. Questo ulteriore blocco avrà, dunque, due conseguenze: rallentamenti nel lungo periodo nella somministrazione dei vaccini agli over 50; aumento dell’incertezza e dei timori verso l’unico strumento di difesa permanente contro un male che, oramai, ha completamente cambiato le nostre sempre più solitarie vite.

Stefania Ruggiu, La Politica Del Popolo

Data pubblicazione 14 Aprile 2021, Ore 16:31
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