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A volte, però, un gesto, anche piccolo, può fare la differenza e addirittura salvare una vita in pericolo. Come ci insegna StayAleeve, la Onlus che da anni dedica la sua attività al tema del suicidio giovanile, con iniziative civiche, solidaristiche e di utilità sociale, di promozione, informazione e sensibilizzazione sull’argomento. In che modo riconoscere una situazione a rischio? Quali sono i segnali e cosa si può fare concretamente per tendere una mano a chi ha bisogno di aiuto? Ecco una breve guida in 10 punti che ti aiuterà a fare chiarezza, a sfatare i luoghi comuni e a impegnarti attivamente per salvare delle vite o per aiutarle a uscire da un momento oscuro.
1. Succede più spesso di quanto credi
Forse non lo sapevi, ma il suicidio è tra le tre principali cause di morte nel mondo per le persone di età compresa tra i 15 e i 44 anni. Nel 2016 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha calcolato che, ogni anno, si tolgono la vita circa 800.000 persone (un numero peraltro stimato in difetto), cioè una ogni 40 secondi. Senza contare i tentativi di suicidio, che sono fino a 20 volte più frequenti dei suicidi effettivi.
2. Non pensare che non riguardi i giovani
Sono i dati dell’Istituto Superiore di Sanità a parlare. Nel 2017 (ultimo anno per il quale i dati sono attualmente disponibili) nel nostro Paese si sono tolte la vita precisamente circa 4mila persone, di cui più del 14% tra i 15 e i 34 anni.
3. Non c’è quasi mai una sola causa ben definita
Ti starai sicuramente chiedendo per quale motivo tanti giovani come te possano arrivare a desiderare di morire. In realtà non esiste quasi mai una causa univoca. Un gesto simile può essere il risultato di un mix di fattori di tipo psicologico, sociale e culturale, combinati con esperienze di traumi o lutti o altre problematiche genetiche.
4. Non è a rischio solo chi ha disagi di tipo psichiatrico
Quali possono essere le principali cause che possono portare al suicidio o a tentarlo? Sicuramente un disagio di tipo psichiatrico è spesso strettamente legato al fenomeno, in particolare per quanto riguarda i disturbi dell’umore (bipolarismo e depressione, ad esempio). Ma anche la schizofrenia, i disturbi di personalità di tipo antisociale e borderline e le dipendenze sono fattori gravi di rischio. Tuttavia, non bisogna cadere nello stereotipo per il quale il suicidio è qualcosa che riguarda chi ha una “malattia”. Tutt’altro: la maggior parte dei suicidi non sono legati a patologie psichiatriche ma a cause di natura psicologica, molto complesse, indipendenti o che vanno a sommarsi alle condizioni già elencate.
5. Malattie, lutti, eventi negativi possono essere fattori di rischio
Tra gli altri fattori - oltre a quelli psichiatrici - che vanno a incidere su un atto tanto grave e doloroso come il suicidio possiamo annoverare sicuramente l’insorgere di malattie fisiche (riguarda il 6% dei casi), pericolose o che che comportano difficoltà anche sociali (come, ad esempio, l’AIDS). Anche la situazione di pandemia che stiamo vivendo, con l’annessa paura di contrarre il virus o di contagiare gli altri, oppure le difficoltà economiche che ha causato, fino al distanziamento interpersonale e alle altre dinamiche tipiche di questo periodo, possono aver contribuito ad aumentare il rischio di suicidio tra i più fragili. In generale, inoltre, eventi negativi che incidono sulle condizioni di vita (lutti, separazioni, episodi che scatenano vergogna e umiliazione, vicende giudiziarie, violenze e molestie, bullismo o stalking, gravi problemi di natura lavorativa o economica) hanno un potenziale esplosivo su persone già provate o in difficoltà.
6. Scuola, web e relazioni sono determinanti per i più giovani
Tutti noi viviamo eventi negativi nella nostra vita, non importa se siamo adulti, ragazzi o bambini. Ovviamente con delle differenze legate al nostro contesto di riferimento. Per gli adolescenti sono soprattutto l’ambiente scolastico e sociale - sia reale che online - ad avere un’importanza decisiva rispetto alle altre fasce di età, perché sono i luoghi in cui formano la propria identità. Per questo, tra le cause di possibile sofferenza, al centro possono esserci proprio la scuola, la famiglia, le relazioni, il gruppo di amici, la propria immagine sui social network o in generale quella che appare agli “altri”.
7. Esistono dei segnali a cui fare attenzione
Ci sono dei comportamenti che potrebbero far scattare un “campanello di allarme” in chi sta vicino a una persona in difficoltà, perché spie di un latente stato di depressione. Ovviamente, un rischio maggiore è legato alla compresenza di più di uno di questi segnali. Vediamoli insieme:- Avere un umore particolarmente triste per la maggior parte della giornata, ogni giorno, o avere bruschi cambiamenti dello stato d’animo;
- Sentire di non avere energia e avere scarso interesse per cose, persone, eventi;
- Essere irritabili, inquieti o violenti;
- Piangere di frequente;
- Avere comportamenti autolesionisti (ad es. “tagliarsi”);
- Accusare disturbi del sonno (come dormire troppo o troppo poco);
- Avere disturbi alimentari o subire perdite o aumenti di peso significativi;
- Sentire sensi di colpa, solitudine, inutilità, scarsa autostima;
- Isolarsi da gruppi e situazioni;
- Riscontrare difficoltà nel concentrarsi e nel pensare con chiarezza;
- Comportarsi in modo molto pericoloso (anche solo attraversare una strada molto trafficata senza guardare);
- Mostrare rilevanti cambi di comportamento o di apparenza;
- Abusare di droga, medicinali o alcool;
- Assumere un atteggiamento distaccato per fatti molto gravi;
- Dare esagerata importanza a eventi che non ne hanno o sono lievemente negativi;
- Usare spesso frasi, pensieri e riferimenti alla morte e al suicidio.
8. Chi ci prova, può tentare altre volte
Può capitare che una persona possa tentare di togliersi la vita o che attui comportamenti pericolosi, ma che dopo qualche tempo sembri del tutto serena. In realtà è necessario sapere che, purtroppo, spesso gesti del genere vengono ripetuti nel tempo. Si stima, infatti, che circa 1 caso su 10 si trasformi facilmente in atto suicida, con incidenza maggiore nei primi 6 mesi. Se quindi una persona ha già avuto un momento di crisi, anche dopo un lungo periodo di quiete può riprovarci. Meglio, quindi, non abbassare la guardia e dare un aiuto concreto alla persona in questione, mostrando vicinanza e rivolgendosi ad esperti.
9. Saper ascoltare è molto difficile, ma può aiutare davvero
A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: cosa vuol dire “mostrare vicinanza”, e qual è il modo migliore per rapportarsi a una persona che manifesta una grande tristezza o uno o più segnali di depressione? O che magari ha già manifestato comportamenti autolesionisti? La parola d’ordine è una: ascoltare. Ma farlo veramente non è facile. In primis, bisogna mettere un attimo da parte sé stessi. Consigli, giudizi, racconti o domande non sono utili a chi è in una condizione di sofferenza. Chi è davvero in una situazione tale da pensare di farla finita ha bisogno di qualcuno gli presti completa attenzione, e di sapere che tutto quello che dice venga trattato come riservato. Deve avere la certezza che si rispettino i suoi limiti, i suoi spazi e la sua dignità. Il silenzio - per quanto possa essere difficile mantenerlo - è uno spazio sacro per lasciar sfogare chi non sta bene.Spesso le persone che soffrono di depressione o che hanno istinti suicidi non hanno bisogno di risposte o soluzioni ma semplicemente di potersi esprimere senza timore.
Se non sai cosa dire, quindi, nessun problema: non cercare di riempire i vuoti. Basta un abbraccio, un “come stai” o un “io ci sono”. Un esempio? Clicca qui per leggere la storia di chi ha salvato una vita con pochissime parole.
10. Salvare una vita si può: contribuisci anche tu
Lasciar spazio all’ascolto e mettersi da parte non vuol dire però lasciare da sola una persona che soffre. La vicinanza è importantissima e non ha bisogno, come abbiamo visto, di atteggiamenti invadenti o di sproloqui. Esserci è già fare molto. Dopodiché esistono servizi pubblici o privati per la lotta al suicidio e alla depressione che offrono il sostegno dipersonale qualificato che può davvero cambiare le sorti di una vita e salvarla.
Non sottovalutare, dunque, la situazione: rivolgersi a un esperto (medico di base o centro dedicato) è un passaggio utile se non determinante. Attraverso NearMe, il database dei centri di supporto in Italia realizzato da StayAleeve, è possibile trovare il centro di supporto accessibile più vicino a te. Per un pericolo immediato, invece, è necessario chiamare il Numero Unico Europeo di emergenza 1-1-2 o recarsi immediatamente al pronto soccorso più vicino.
Inoltre, se vuoi impegnarti attivamente per aiutare a sensibilizzare più persone possibile al tema del suicidio giovanile, puoi rivolgerti a StayAleeve per diventare volontario.