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Storia dei primi DPCM dell'era Covid
Il primo DPCM dell'era Covid-19 arriva il 23 febbraio. Ad allarmare le autorità sanitarie, la scoperta del paziente 1, Mattia, (che poi non era il primo, ma si è scoperto molto più tardi) a Codogno, nel Lodigiano. Si corre ai ripari con la quarantena di oltre 50mila persone in 11 comuni diversi del Nord Italia. Sono zona rossa dieci comuni del lodigiano e il comune di Vo' Euganeo nel Padovano: chiuse le scuole, sospese tutte le iniziative, stop ai negozi, ai musei, ai luoghi di cultura.Tuttavia l'epidemia avanza senza sosta: gli ospedali lombardi sono già vicini al collasso e i decessi aumentano in modo esponenziale. Così, il primo marzo arriva un nuovo DPCM: Emilia Romagna, Lombardia e Veneto e le province di Pesaro e Urbino e di Savona diventano zone rosse, con lo stop di scuola e università, divieto di pubblico negli eventi sportivi, le prime raccomandazioni per favorire il lavoro da remoto. Il resto d’Italia ne risente ancora poco: il provvedimento stabilisce lo stop alle gite scolastiche e la raccomandazione allo smart working. Ma la situazione precipita rapidamente e diventa ovunque fuori controllo. Arriva un nuovo DPCM che stabilisce la chiusura delle scuole in tutta la Penisola.
Arriviamo quindi al DPCM del 9 marzo che dispone restrizioni per l'intero Paese: chiuso in un’unica zona rossa. Il 9 marzo è il giorno del lockdown, un termine che oggi è di uso comune e conosciamo tutti. Fu Giuseppe Conte ad annunciarlo in diretta televisiva: non si può uscire se non con una "autocertificazione", per motivi di lavoro, di salute o per fare la spesa. A distanza di quasi 100 anni, in Italia tornava il coprifuoco (non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale). Vennero poi chiuse le scuole, con l'esperimento della didattica a distanza, bar, ristoranti negozi, palestre, piscine, cinema, teatri, musei, discoteche e stazioni sciistiche. Vengono annullati i funerali, matrimoni, ogni manifestazione sportiva, sospesi gli esami per la patente. Un provvedimento che avrebbe dovuto esaurirsi a maggio 2020 ma che invece, per le cause che conosciamo tutti, è stato prolungato, rinnovato e riproposto in diverse salse fino al termine dell'emergenza.