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Sintesi
Estratto del documento

(Preambolo)

Lo scopo dell’opera:

Raccogliere idee sparse e disseminate lungo il corso della mia

adolescenza,fare di tutta quella comune miriade di sensazioni,impulsi

sempre giovani e sconosciuti,che riguardano ogni individuo dacchè

raggiunge “la coscienza d’amare”,una richiesta che è infantile ed

adulta insieme,una domanda sola,che è una moltitudine.

COS’È AMORE?

Nasce,allora,un breve saggio,che è una summa delle

considerazioni,dei pensieri che hanno caratterizzato quegli

anni,quando oscillavo tra i dubbi.

Ho studiato,dunque,il sentimento amoroso come fenomeno,e,poichè

nell’accezione kantiana del termine,il fenomeno è il solo che siamo in

grado di conoscere,ho scorto,fin dal principio dei miei studi -e ancor

prima,quando mi arrovellavo sulla natura dell’Amore non

conoscendone ancora le rappresentazioni più evidenti su me stessa-

una grande possibilità nel poterne cogliere il senso.

Ma mi sbagliavo: erroneamente,avevo pensato di poter parlare di

“fenomenologia dell’Amore”. E qui sta il nodo della questione: la

fenomenologia è,propriamente ,“la scienza di ciò che appare alla

coscienza”,dunque di quanto l’intelletto umano,nei limiti del suo

potere,è capace di percepire. E Amore,nella sua essenza eterea e

metafisica,nel suo contenuto “noumenico”,non può essere concepito

dalla mente umana;pensarci è stato come arrovellarsi sui misteri

irrisolti della nostra storia di uomini: Dio,l’origine dei mondi,la morte.

Eppure,questo mio studio appassionato non è stato inutile: badate

bene,non ho appreso il contenuto dell’Amore,tuttavia ho potuto

conoscerne le circostanze e le rappresentazioni.

Conoscere l’amore,come Dio in Feuerbach,vale a dire conoscere e

apprezzare molte cose su gli uomini e sulla loro storia,vuol dire

comprendere e giustificare molte azioni umane.

In più,ho potuto dimostrare che ogni ambito della cultura,così come

ogni aspetto della vita,nasce da questo sentimento,al quale nessuno è

immune: dunque ogni verso scritto,ogni teoria avanzata nel corso

della storia umana,ogni scoperta scientifica o filologica,è frutto

dell’amore di uomini e donne,gente che in qualche modo ha amato la

cultura,l’ingegno,e l’idea, dall’eco Nietzschiana,dell’uomo che va oltre

se stesso,per amore di se stesso.

Introduzione

CAPIRE Sentendo improvvisamente l’episodio

amoroso come un groviglio di motivazioni

inspiegabili e di situazioni senza vie d’uscita,il

soggetto esclama: “Voglio capire che cosa mi

sta capitando! ” -Roland

Barthes- "L'autunno negli occhi,l'estate nel cuore,la

voglia di dare l'istinto di avere..e tu,tu lo chiami amore

e non sai che cos'è..e tu,tu lo chiami amore e

non ti spieghi perché..” -Fabrizio De

Andrè-

Poche pagine,votate a raccogliere l’astrazione di un sentimento universale.

Un ennesimo tentativo: rendere tangibile il demone fatuo dell’amore. Poter

comprendere,con l’unico mezzo del raziocinio,l’estasi e il dramma amoroso.

Poter conoscere,dunque controllare,quella fragile sommossa dello

spirito,che insorge ad ogni sguardo dell’amato,e al contempo non esita a

genuflettersi,privo di orgoglio,per ottenerne in premio un cenno d’affetto.

ti estì

Dunque,il filo conduttore è un vero e proprio socratico: che cosa è

l’ “amore”? E quale è la sua origine?

-Che cosa penso dell’amore?In fondo non penso niente. Certo,vorrei sapere

che cos’è,ma,vivendolo dal di dentro,lo vedo in quanto esistenza,non in

quanto essenza. Ciò che voglio conoscere(l’amore)è per l’appunto la materia

che adopero. Naturalmente,la riflessione mi è consentita,ma,siccome questa

riflessione viene subito trascinata nel ribollimento delle immagini,essa non

muta mai in riflessività:escluso dalla logica,non posso pretendere di poter

pensare con lucidità. E così,se anche continuassi a discettare sull’amore per

un anno intero,potrei solamente sperare di riuscire ad afferrarne il concetto

“per la coda”.(…)Voglio analizzare,sapere,enunciare,in un linguaggio diverso

dal mio;voglio raffigurare a me stesso il mio delirio,voglio guardare in faccia

ciò che mi divide,mi taglia.- Roland Barthes

animula

Non si è mai abbastanza preparati,all’amore. Atterrisce,l’

vagula,blandula,ospite e fedele compagna del corpo,resta animula,che

immobile,dissimulando la paura. È ingestibile,lo sconcerto dell’

spaventa e annichilisce,rende smaniosi ed irresoluti insieme.

C’è chi pare avere sempre qualcosa da dire,qualche lezione da impartire alla

moltitudine ignominiosa ed ingombrante degli inconsapevoli che infangano il

nome di Amore,con il loro solito cicaleccio adolescenziale,o,per meglio

dire,animale(impossibile tacere sull’evidente somiglianza tra un innamorato

e un animale nella stagione degli amori). C’è chi sostiene,in un delirio

d’onniscienza,d’aver già assistito a tutti i tipi d’amore,dunque di aver

vissuto ogni esperienza d’affetto con coscienza tale,da poterlo insegnare.

Ma non si è mai abbastanza lucidi,per parlarne,giacchè è necessaria una

serenità d’animo,un distacco e una freddezza che,l’amante,non può

permettersi.

Parlare d’amore,come guardare da lontano,come non avere passioni,o

magari averne più di tutti,ma non riuscire a capire: per scrivere d’amore,ho

dovuto smettere d’amare,così la mia penna ha seguito la mente che,priva di

un impeto fuorviante,ha saputo dettare le parole giuste.

Dunque,mi fermo a guardare,con puro interesse antropologico,le cause e le

conseguenze di questo stato d’animo universale,di questa condizione

pathos,come

patologica(non è casuale il doppio significato di “emozione” e

“sofferenza”)di irrimediabile e volontario abbandono dell’intelletto.

Marguerite Yourcenar,con calma epicurea e una placida rassegnazione agli

eventi,lascia parlare il vecchio imperatore Adriano che,a pochi passi dalla

morte,scrive all’amico Marco Aurelio,lasciandogli in dono una sorta di

preludio al decesso,un testamento involontario. Adriano parla a se stesso,si

racconta con nostalgia,discorre di letteratura,di guerra,di amore.

“Confesso che la ragione si smarrisce di fronte al prodigio dell’amore,strana

ossessione che fa sì che questa stessa carne,della quale ci curiamo tanto

poco quando costituisce il nostro corpo,preoccupandoci unicamente di

lavarla,di nutrirla,e,fin dove è possibile,d’impedirle che soffra,possa ispirarci

una così travolgente sete di carezze,sol perché è animata da una

individualità diversa dalla nostra,e perché è dotata,più o meno,di certi

attributi di bellezza su i quali,del resto,anche i giudici migliori sono discordi.

(…)L’amore ci trascina in un universo insolito,ove in altri momenti è vietato

avventurarci,e dove cessiamo di orientarci non appena l’ardore si spegne e il

piacere si placa. Avvinto al corpo amato come un crocifisso alla sua croce,ho

appreso sulla vita segreti che ormai si dileguano nei ricordi.(…)Se ogni

particella di un corpo umano si impregna per noi di tanti significati

conturbanti quante sono le fattezze del suo volto;se un essere solo,anziché

ispirarci tutt’al più irritazione,piacere o noia,ci insegue come una musica e ci

tormenta come un problema,se trascorre dagli estremi confini al centro del

nostro universo ,e infine ci diviene più indispensabile che noi stessi,ecco

verificarsi un prodigio sorprendente”.

Dunque un prodigio,un evento irripetibile,che si rinnova,sempre.

2.

La negazione

Incomprensibile,inconoscibile. Amore mi pare impalpabile come i fuochi fatui

dei cimiteri,come il funereo effluvio dei fumi di un bagno turco,come le

gocciole dei vapori che appannano una finestra.

Indicibile. Se ne parla a lungo e molto bene,ma non si dice nulla. Mai.

Elitario. Amore si lascia guardare da pochi,impietosamente,scansa

alcuni,altri ne colpisce con immotivato piacere. Nessuna giustizia,nessuna

utopica meritocrazia:il pungolo di Eros non conosce regole,almeno non

scritte,mai conosciute,nemmeno dai poeti.

Dunque,qual è la reazione che,per prima,ci caratterizza,di fronte ad un

concetto che non è un concetto,ad un’idea che è sempre stata,ma che non si

è mai spiegata?

Quando non si conosce,si tende,per naturale affezione,ad allontanare la

causa dell’umiliazione che l’ignoranza comporta: come l’uva per la volpe di

Esopo,così noi tendiamo a disprezzare quanto non possiamo toccare,né

guardare da vicino. Amiamo e odiamo quanto ci viene precluso: amiamo e

odiamo Amore,che si nega a noi,con sempre maggiore forza e tenacia.

Amiamo guardare l’amore che non è mai nostro,ma sempre degli altri.

Qualcosa ci sfugge,non comprendiamo abbastanza: allora neghiamo che sia

mai esistito. Amore non c’è mai stato,non è un concetto pensabile in quanto

non è stato mai elaborato,da nessuno che abbia mai potuto dichiararlo e

promulgarlo. Amore non ha nome,e non è,né spirito,né idea,né concetto. E

nessuno ha mai detto nulla che somigliasse alla parola Amore.

ODE ALLA GOLIARDIA

BALLATE!

Ballate anime goliardiche

donne dalle gonne multicolore

abbandonate le vostre tiepide vesti a giovani

con le braccia forti

e col cappello sugli occhi.

BALLATE!

Ballate giovani creature

coi capelli lavanda

e le gambe sottili come rami,

vibrate alla luce della luna

come il fogliame dei boschi

sotto il peso della rugiada mattutina.

BALLATE!

Attendete il favore della notte

sobria matrona vestita di nero,

e lasciate che la gioia terrena si insinui in voi,

penetri nella carne,sotto la pelle,

come un morbo incurabile,

e siate generose nel donare le vostre membra

perché altro non potete fare…

BALLATE!

Abbandonatevi ad una dolce danza

sotto le mura di questa depravata Babilonia

e senza paure ridete del mondo

che non trova pace

e che cerca una gioia inesistente.

Una notte come tante

ieri forse,

o anni fa,

avevate incontrato quell’uomo…

Aveva la gioia negli occhi?Aveva la tenerezza nelle mani?

O soltanto il sangue bollente nelle vene?

Di certo non aveva un cavallo bianco

nè lo scettro né il mantello…

Non ricordate…

ma non temete

perché allo stesso modo

questi non si ricorderà di voi.

BALLATE!

Ballate,dunque,e gioite

perché l’amore non esiste

l’amore è una vana parola,

l’amore è una menzogna,

è una crudeltà che gli uomini si infliggono

perché amano rotolarsi nella sofferenza

e credere di aver bisogno di qualcuno.

ASCOLTATE!

Non vomito parole sconnesse,

non aggrappatevi ad un pensiero

non reggetevi ad un filo che non può sostenervi..

non credete nell’amore

mera fantasia dei deboli,

che si insinua in voi mascherato

e col viso di porcellana

per nascondere la sua inconsistenza.

E ora ballate,ballate,ballate..

e non soffrite mai più. Elvira Buonocore

Quando si è smesso di credere,Amore non è più causa di sofferenza:

eliminato il sentimento,resta Eros come piacere divino della pelle.

Immunizzarsi dal dolore,vuol dire spogliare Eros di qualsiasi valenza

sentimentale,sottrargli il suo pungolo cocente,strappargli a forza una parte.

Un gesto infantile,vile,ma opportuno.

3.

La nascita di Eros

(la filosofia dell’Amore)

"Quando nacque Afrodite, gli dei tennero un banchetto, e fra gli altri c'era

Poros (il dio dell'Abbondanza) figlio di Metidea (Sagacia). Ora, quando

ebbero finito, arrivò Penia (Povertà) per mendicare qualcosa, siccome era

stata una gran festa, e se ne stava vicino alla porta. Poros intanto, ubriaco

di nettare (il vino non esisteva ancora), inoltrandosi nel giardino di Giove,

schiantato dal bere, si addormentò. Allora Penia, a causa della sua povertà,

pensò bene di avere un figlio da Poros, giacque con lui e concepì Eros.

Per questo, Eros divenne compagno e seguace di Afrodite, perché fu

concepito il giorno della sua nascita, ed ecco perchè di natura é amante del

bello, in quanto anche Afrodite é bella. Dunque, come figlio di Poros e Penia,

ad Amore è capitato questo destino: prima di tutto è povero sempre, ed é

tutt'altro che bello e delicato, come ritengono i più(...)perchè ha la natura

della madre coabita sempre con la povertà.

Per ciò che riceve dal padre, invece, egli é(...)coraggioso, temerario,

impetuoso(...)appassionato di saggezza, pieno di risorse, filosofo per tutta la

vita. E per sua natura non è né mortale né immortale, ma, in uno stesso

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