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Estratto del documento

Arte: Il Quarto Stato celebre dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo

Indice:

L’unità d’Italia e la situazione sociale e politica del Sud dell’Italia post-unitaria pag 6

La questione meridionale: i disagi di un intero popolo pag 8

Il brigantaggio pag10

Giovanni Verga Lo stile, le tecniche e i temi verghiani pag22

I temi sociali e politici: I Malavoglia pag27

Verga e Zola a confronto pag30

Emile Zola pag 31

Corrado Alvaro gente in Aspromonte pag32

Come la filosofia si preoccupa dei problemi sociali: Karl Marx e Gramsci pag35

Giovenale e la satira pag40

Equazioni di Maxwell pag42

I grandi matematici della Magna Grecia pag43

In appendice il racconto da me redatto in occasione del concorso:

I colloqui fiorentini IX Edizione GIACOMO LEOPARDI “Desideri infiniti, visioni

altere, pensieri immensi ”.

e premiato con una menzione d’onore nel settore narrativa: Sbiadito fotogramma di

una vita infinita.

3 Il Sogno degli ultimi e l’eco dei briganti… | Di Elma Battaglia VD/O 2009-2010

“È impossibile immaginare

un rivoluzionario senza

sentimenti d’amore,,

Introduzione

4 Il Sogno degli ultimi e l’eco dei briganti… | Di Elma Battaglia VD/O 2009-2010

“Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le

isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono

d'infamare col marchio di briganti. (Antonio Gramsci).,,

Questa citazione di Gramsci ci fa entrare nell’ottica della questione meridionale, problematica del

sud Italia che dura ormai da centocinquanta anni, gli anni dell’Unità d’Italia. Il cinque Maggio di

quest’anno il presidente della Repubblica ha dato il via ai festeggiamenti per il centocinquantesimo

anniversario dell’Unità. Una serie di fatti mi hanno incoraggiata in vista del mio esame di maturità ad

affrontare in una tesina la questione meridionale come diretta conseguenza dell’Unità d’Italia. Unità

sofferta e tanto sperata che non ha portato al nostro Sud quello che tutti speravano. La questione

meridionale ha accompagnato la storia dell'Italia moderna. I problemi della riforma agraria,

dell’arretratezza del mondo contadino, il problema del latifondo, dalla cultura liberale e superstiziosa

del Meridione. Il Sud oggi non è più il Sud contadino, descritto da Salvemini, da Gramsci, da De

Martino. Più di un secolo fa le inchieste di Sonnino, di Villari e di Fortunato hanno messo in evidenza

il divario tra nord e sud sostenendo che il sud non doveva essere abbandonato com’è stato fatto subito

dopo l’unità ma occorreva creare le condizioni di un'economia vitale e libera. A che cosa si deve tutto

questo? Dobbiamo veramente pensare che esistono due Italie, una diversa dall'altra, una estranea

all'altra, un'Italia lanciata verso il progresso e un'altra prigioniera dell'arretratezza? Ma cos’è

successo in queste terre quando a Torino nel 1861 si riuniva il primo parlamento del regno d’Italia?

Le masse contadine iniziano a spostarsi per cercare altrove e in particolare nel Nord lavoro, inizia

l’emigrazione, la piaga che segnerà fino ad oggi il sud, quel sud che oltre a non avere risorse non ha

nemmeno manodopera e giovani per poter sfruttare le poche risorse del territorio. Altri esasperati

dall’oppressione ma non volendo lasciare la terra che li aveva generati, per disperazione, per fame

hanno intrapreso la via della violenza: i briganti che furono gli uomini e le donne che si opposero

con le armi all'instaurazione della monarchia sabauda. Alcuni dei briganti che scrissero la storia di

questo meridione che si ribellò allo sfruttamento, alle oppressioni furono: Musolino, Crocco,

Carbone, uomini ma anche donne come Michelina di Cesare, Carolina Casale, ma la storia della

brigantessa che mi ha colpito di più è stata la vicenda di Francesca La Gamba che per dolore diventò

una sanguinaria vendicatrice. Al brigantaggio seguirà la criminalità organizzata sviluppatasi nel sud

Italia nel tempo. Come vedremo della mia tesina il miglior fotogramma della questione meridionale

ci è dato…. La Sicilia di Verga, le disgrazie di un popolo intero, il popolo siciliano che risente di

un’arretratezza non indifferente. Un popolo legato ai costumi e alle tradizioni arcaiche. La Calabria di

Alvaro, scrittore aspromontano, che con semplici parole invoca il paesaggio in cui è nato: “Non è

bella la vita dei pastori in Aspromonte, d'inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la

terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e

dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare

che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale. I

torrenti hanno una voce assordante.,, I poeti naturalisti francesi come Zola ispiratori della tecnica

narrativa dell’impersonalità verista. La filosofia che si occupa del sociale Marx e le sue tesi, le lotte

di classe, l’oppresso e l’oppressore… Antonio Gramsci che descrive questo malessere che vivono le

popolazioni del sud Italia attualizzando e accostando le tesi marxiste al sud oppresso. E alla fine un

salto nel passato… A spasso per la Magna Grecia con Pitagora e i pitagorici suoi seguaci fino ad

arrivare al teorema irrisolto del matematico Fermat.

L’unità d’Italia e la situazione sociale e politica del Sud dell’Italia post-unitaria

5 Il Sogno degli ultimi e l’eco dei briganti… | Di Elma Battaglia VD/O 2009-2010

L'aspirazione alla realizzazione dell'unità italiana risale all'inizio del XVI secolo, bisognò tuttavia

attendere l'esplodere della rivoluzione francese e l'affermarsi del regime repubblicano nel vicino

paese transalpino perché cominciasse a venir

presa seriamente in considerazione la possibilità

di riunire sotto un unico governo le varie

regioni del paese. Occorse un periodo di circa

cinquant'anni ed innumerevoli eventi politici

perché il processo unitario giungesse a

conclusione. Iniziato già all'indomani del

Congresso di Vienna del 1815, che aveva posto

fine all'epopea napoleonica, il movimento

risorgimentale ebbe inizio con l'insurrezione

popolare contro la dominazione austriaca del

1848, che si concluse però in un nulla di fatto

per la grave sconfitta subita l'anno successivo a

Novara dall'esercito piemontese ad opera di

quello asburgico. Negli anni seguenti, tuttavia,

con l'ascesa al trono del Re di Sardegna,

Vittorio Emanuele II, e grazie all'abile azione

diplomatica del suo primo ministro Cavour, che

riuscì a porre al centro dell'attenzione europea la

questione italiana, il Risorgimento italiano visse una nuova e più felice stagione politica. Nel

1859 con la vittoria nella seconda guerra d'indipendenza, che vide alleata del Piemonte contro

l'Austria, la Francia di Napoleone III, e a seguito delle insurrezioni popolari nell'Italia centro-

settentrionale, il Regno di Sardegna si annesse la Lombardia, l'Emilia Romagna e la Toscana. Nella

primavera del 1860 la situazione politica era molto fluida e lo stesso Cavour cominciava a pensare

alla possibilità di un’unificazione della penisola. Le difficoltà erano tuttavia ancora notevoli perché la

Francia non avrebbe accettato un attacco piemontese contro lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico,

quest’ultimo difeso sul piano diplomatico anche dalla Russia; l’Austria, dal canto suo, avrebbe potuto

approfittare di ogni passo falso per reinserirsi nel gioco politico italiano. Ma il problema più grave

consisteva nel fatto che l’armistizio di Villafranca e la cessione alla

Francia di Nizza e della Savoia avevano screditato la politica

sabauda presso l’opinione italiana, per cui nella primavera del ’60

sembrava più facile una iniziativa democratico- repubblicana, che

trovava il suo centro nel "partito d’azione" il quale aveva il

vantaggio di poter agire al di fuori di ogni impedimento diplomatico

e contava sull’enorme popolarità di Garibaldi. Il "partito d'azione"

non era un gruppo omogeneo di persone che avevano le stesse

finalità e idealità politiche; era un organismo di

agitazione e propaganda cui facevano capo sia i repubblicani

mazziniani sia i democratici decisi all’azione come Pisacane e

Garibaldi. A dare l’avvio a una ripresa rivoluzionaria furono gli

eventi siciliani quando, contro il giovane e inesperto sovrano

Francesco II, nell’aprile del ’60 esplose l’ennesima rivolta a

Palermo. Il partito d’azione convinse Garibaldi ad agire direttamente in Sicilia, anche perché Vittorio

Emanuele, era disposto ad aiutare i volontari, contro il parere di Cavour il quale, come primo

ministro, non poteva compromettersi specialmente agli occhi di Napoleone. Dal canto suo Mazzini

esortava tutti ad agire concordemente al fine di realizzare l’unità della penisola. Garibaldi ai primi di

maggio del ’60 passava all’azione con i suoi Mille volontari. Partiti da Genova la spedizione

raggiunse per mare la Sicilia occidentale e l’11 maggio sbarcò a Marsala. Garibaldi, assunta la

dittatura in nome di Vittorio Emanuele, marciò verso l’interno con i suoi Mille, che rivestivano

6 Il Sogno degli ultimi e l’eco dei briganti… | Di Elma Battaglia VD/O 2009-2010

l’ormai leggendaria camicia rossa, rinforzati da "picciotti" cioè dai giovani contadini e braccianti che

speravano in una riforma agraria che una volta per tutte eliminasse tanti soprusi ed ingiustizie. In

seguito l’entusiasmo dei contadini che miravano a impossessarsi delle terre demaniali, promesse

dallo stesso Garibaldi, fu deluso perché Garibaldi e i politici della sinistra garibaldina e mazziniana

volevano il successo militare della spedizione. Tra la fine di giugno e di luglio il generale, per il

successo della spedizione, cominciò a stringere rapporti con i grandi proprietari terrieri, i quali,

perché non cambiasse niente per loro, erano disposti ad assumere atteggiamenti liberali e favorevoli a

Casa Savoia. I contadini cominciarono a guardare con diffidenza alla politica di Garibaldi, soprattutto

dopo che i garibaldini repressero i moti rurali, anche quando i contadini, in perfetta legalità,

richiedevano la divisione dei terreni demaniali a suo tempo promessi dal "generale". Battuti i

borbonici nella difficile battaglia di Calatafimi, il 15 maggio Garibaldi occupava Palermo e nel luglio

batteva ancora le truppe regie a Milazzo, mentre il

sovrano di Napoli tentava disperatamente di fermarlo,

concedendo una tardiva Costituzione. Intanto Garibaldi,

superato lo stretto di Messina, risaliva liberamente la

Calabria mentre l’esercito borbonico si disgregava e il 7

settembre entrava in Napoli; Francesco II si rifugiava

allora a Gaeta, protetta ancora da una parte del suo

esercito, nonostante il "tradimento" di buona parte

dell'ufficialità. L’Italia meridionale era libera. Era il

momento di prendere decisioni definitive, che avrebbero

pesato sul destino di tutta la penisola. Mazzini che aveva

raggiunto Garibaldi a Napoli premeva perché si evitasse il

solito plebiscito a favore della monarchia sabauda e

insisteva sul progetto di una "Assemblea Costituente" che

decidesse del nuovo assetto da dare all’Italia, anche se

egli avvertiva chiaramente che ormai il principio

monarchico aveva avuto partita vinta. Garibaldi dal canto suo, pensava di risalire con le truppe verso

Nord per raggiungere Roma e di lì proclamare l’Unità d’Italia. Cavour, infine, si rendeva

perfettamente conto della gravità della situazione; egli era consapevole che tra le file garibaldine i

democratici ed i repubblicani erano molto forti e decisi a realizzare riforme

sociali molto ardite, come l’assegnazione di terre ai combattenti

meridionali e lo scorporo del latifondo anche a danno degli ordini religiosi.

Temeva anche che l'invasione garibaldina del Lazio, oltre a suscitare in

tutta la penisola un’ondata di entusiasmo democratico e anticlericale,

avrebbe indotto l’imperatore francese a intervenire con le armi. Ancora una

volta fu abilissimo a trasformare in vantaggio la propria debolezza: ancora

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