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ARTE- La venere di Milo a cassetti di Dalì
STORIA- La psicologia delle masse nel Fascismo e nel Nazzismo
Esami di Maturità
5BT Anno scolastico 2012/13
Tesina di Boscolo Giada “Cegion”
In secondo luogo racconto e riflessione teorica sul racconto si mescolano, ponendo così in
discussione la “naturalezza” e la “verità” della narrazione.
«L’opera stessa è scritta – dice Pascal – solo per distrazione dall’unica verità a cui egli è
arrivato: che niente ha senso e che a questa legge non si sottrae nemmeno la scrittura».
È una mossa, questa, attraverso cui l’autore induce il lettore a diffidare dalla storia che
racconta così da sollecitarne lo spirito critico e collaborativo: anche Svevo ne compie una
analoga all’inizio della Coscienza di Zeno, avvisando, attraverso la premessa del dottor S., che
quanto sta per raccontare è solo un cumulo di “verità e bugie”.
Mentre il narratore ottocentesco (si pensi a Manzoni o Verga) intende persuadere il lettore di
stare raccontando la verità, Pirandello invece non crede più ad alcune verità, neppure alla
propria, e invita il lettore alla diffidenza e alla sorveglianza critica.
In terzo luogo il romanzo è un romanzo-soliloquio, segnato dal ricorso continuo alle interiezioni,
alle esclamazioni, alle interrogazioni, alle domande retoriche, a espressioni come «dico io»,
«pensate voi», «ecco qua». Lo stile è quello di un “recitativo” quasi teatrale, che anch’esso
contribuisce a togliere incanto, fluidità e naturalezza alla narrazione.
Pascal non riesce a trovare la sua identità e per tutto il romanzo è presente una costante
ricerca di essa. Ha un rapporto difficile non solo con la propria anima, ma anche con il proprio
corpo. Ha difficoltà a identificarsi con se stesso. Spia di questo malessere è l’occhio strabico,
che guarda sempre altrove.
In effetti l’identità che ognuno di noi possiede, comprensiva del ruolo sociale esercitato, è
indispensabile per essere riconosciuti agli occhi degli altri come soggetti portatori di diritti.
Anche se non ci facciamo spesso caso, il riconoscimento sociale di ciò che siamo e di chi siamo
diventa un elemento indispensabile per vivere e mettere in atto la nostra natura di animali
sociali.
Quando Adriano Meis subisce un furto, non può denunciarlo, quando vuole sposare la donna
che ama, questo gli viene impedito. Senza un’identità riconosciuta e accettata dagli altri
saremmo solo dei contenitori vuoti, privi di determinazioni che ci contraddistinguono. In
sostanza non esisteremmo.
Quando Pirandello affronta la questione dell’identità sociale nella sua opera letteraria, vuole
sottolineare attraverso la vicenda di un singolo individuo una condizione che riguarda tutti. Non
si può tentare di sfuggire alla nostra identità, perchè prima o poi nel relazionarci agli altri e alla
realtà, in quanto animali sociali, saremo sempre e comunque portatori di modi di essere che
implicano le caratteristiche specifiche che costituiscono un’identità.
Tutto il percorso del protagonista del romanzo, tra le sue diverse incarnazioni, costruisce
sul tema del doppio, che dal centro dell'intreccio si propaga in tutte le pieghe della narrazione.
Mattia Pascal narra la sua vicenda in un momento successivo alla sua perdita d'identità, la
quale lo rende, più che una persona, un personaggio ("…io non saprei proprio dire ch'io mi
sia…"), che gli fa scoprire l'impossibilità della libertà assoluta a cui aspirava, che rende il suo
passato una memoria frammentaria, o addirittura inventata, il presente sfuggente ed il futuro
privo di sbocchi.
Oppresso da una situazione familiare insostenibile, Mattia Pascal fugge di casa e si reca a
Montecarlo, dove vince una cospicua somma di denaro alla roulette. Sulla via del ritorno legge
su un giornale la notizia della sua morte e scopre che i suoi parenti hanno creduto di
riconoscerlo nel cadavere di un suicida trovato vicino al paese. Decide allora di approfittare
della situazione per costruirsi la vita libera che non ha mai vissuto: cambia nome (si fa
chiamare Adriano Meis), si stabilisce a Roma, si innamora e vuole sposarsi, ma scopre ben
presto che senza alcun riconoscimento burocratico della sua identità non può portare a termine
nessun progetto. Così inscena un secondo suicidio e ritorna a casa; ma neppure lì c'è posto per
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Tesina di Boscolo Giada “Cegion”
lui: sua moglie si è risposata e i suoi concittadini sono totalmente assuefatti alla sua
scomparsa. Egli si trova incastrato tra due viaggi: uno "in avanti" verso la fuga, l'altro a ritroso
verso la ricerca di sé.
Questa "logica del doppio" instaura una fitta rete di simmetrie attraverso le quali il
protagonista sembra voler colmare quel vuoto che minaccia la sua consistenza, ma questa
ossessione rivela sempre nuove sfasature: ogni sostituzione ed ogni nuovo equilibrio lasciano
dei residui che chiedono di essere colmati e che riemergono di continuo. Mattia, non riuscendo
mai a trovare un proprio posto, si inserisce sempre in posti occupati da altri; lui stesso si trova
a creare nuove situazioni simmetriche, da cui finisce sempre espulso, fino a ridursi a vivere
nella polverosa biblioteca del paese, confrontandosi di tanto in tanto con un ultimo residuo: la
tomba che reca il suo nome e il cadavere ignoto che in essa riposa.
Il titolo stesso del romanzo non fa che sottolineare la condizione di un personaggio al di là di se
stesso, senza più identità, e si riferisce, come del resto la battuta finale "Io sono il fu Mattia
Pascal", alla sola certezza che il protagonista si trova ad avere all'origine della sua vicenda: il
nome MESSAGGIO DELL’AUTORE
Pirandello con la sua opera ha voluto cercare di ottenere qualcosa di assolutamente
nuovo e di difficile realizzazione. In fondo, visti i dialoghi e le riflessioni presenti nell’opera,
l’autore è sia un filosofo che un comico allo stesso tempo e da questa strana fusione nasce
qualcosa di unico.
La voluta assenza di descrizioni temporali e spaziali permette di concentrare la visione del
lettore proprio su una vicenda caratterizzata da un ritmo continuo, da prendere come esempio
e lezione di vita. La storia di Mattia è completamente basata su un fatto incredibile, ma non
impossibile.
E qui sta il succo della novità pirandelliana: gli eventi narrati possono sembrare addirittura
eccezionali ed impossibili ma non lo sono. Fatti e personaggi non sono opera di invenzione
basata sulla fantasia dell’autore ma rappresentano la realtà più strana ed inaspettata.
Pirandello realizza un mondo non irreale e nemmeno reale,visto che in fondo è sempre una
opera scritta. La sua vicenda,i fatti,i dialoghi ed i personaggi sono perciò verosimili,capaci di
diventare una realtà.
Nella prima premessa alla vicenda Pirandello inserisce una critica contro Copernico,che con la
sua scoperta ha sconvolto il modo di pensare dell’uomo. La terra non è al centro dell’universo e
gli uomini solo una infinitesimale parte di esso. Perciò ogni gloria o sopravvalutazione risulta
vana.
La storia di Mattia ha anche un importante e pessimistico retroscena: in soli due anni tutti gli
abitanti di Miragno lo dimenticano, la famiglia non sembra disperarsi della sua morte e la
moglie si risposa. Pagina 4 di 12
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Tesina di Boscolo Giada “Cegion”
Il Surrealismo
La pubblicazione de “L’interpretazione dei sogni” di Freud coinvolse molto anche gli artisti, che
dettero vita al Surrealismo, prendendo in considerazione un altro elemento che diede loro la
possibilità di scandagliare e far emergere l’inconscio: il sogno.
Il Surrealismo, come movimento artistico, nacque nel 1924, anno in cui il teorico del gruppo, lo
scrittore André Breton pubblicò il Manifesto del Surrealismo.
Egli definisce così il Surrealismo:
«Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per
iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero,
in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione
estetica o morale».
Automatismo psichico puro significa quindi liberare la mente dai freni inibitori, razionali, morali,
ecc., così che il pensiero è libero di vagare secondo libere associazioni di immagini e di idee. In
tal modo si riesce a portare in superficie
quell’inconscio che altrimenti appare solo nel sogno.
Al Surrealismo aderirono diversi pittori europei, tra i
quali Max Ernst, Juan Mirò, René Magritte e Salvador
Dalì. Salvator Dalì
La venere di Milo a
cassetti
Lo stesso Dalì scrisse che: Pagina 5 di 12
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Tesina di Boscolo Giada “Cegion”
Freud,
«L’unica differenza fra la Grecia classica ed il presente è che scoprì come il corpo
dell’uomo, che al tempo dei greci era puramente neoplatonico, oggi sia pieno di cassetti
segreti che solo la psicoanalisi è in grado di aprire».
Venere di Milo,
Nel 1936 Dalì sceglie la che si trova al Louvre, come modella del bello
ideale. La Venere di Milo è stata scoperta grazie a scavi archeologici nel 1820, ed è stata molte
volte presa come modello del bello ideale nel corso della storia dell’arte. Per esempio si può
citare, infatti, “La Libertà che guida il popolo” opera romantica del 1830 di Delacroix.
Egli realizza una scultura con un calco della Venere in cui vengono posti tanti cassetti.
Qui ci possiamo accorgere come la tradizione antica sia del tutto distante da Dalì. In
quest’opera, intitolata “La Venere a cassetti”, Dalì è interessato solo a prendere la statua
classica come modello astratto della donna occidentale. La Venere è quindi poco più che un
ideogramma, un simbolo convenzionale completamente svuotato di un senso proprio. Essa è
solo l’oggetto noto alla massa, il souvenir da turista, che viene usato per fare un discorso sulla
psicoanalisi. Marcel Duchamp
Si può certamente riconoscere l’influenza di in quest’opera, suo grande amico
e “rivale”, visto che si tratta di una copia della famosissima opera classica modificata.
Duchamp era un dadaista noto come inventore della tecnica del ready-made. Il termine ready-
made (traducibile come "prefabbricato", "pronto all'uso") è utilizzato per indicare un'opera
d'arte ottenuta da oggetti per lo più appartenenti alla realtà quotidiana, lontani dal
sentimentalismo e dall'affezione, che possono essere modificati o meno, ma comunque sempre
decontestualizzati e risemantizzati, dando così all’oggetto un senso nuovo. Secondo lo storico
dell’arte Carlo Giulio Argan il ready made consiste nel presentare come un’opera d’arte un
oggetto qualsiasi. In questo modo “ciò che determina il valore estetico non è piùun
procedimento tecnico, un lavoro, ma un puro atto mentale, una diversa attitudine nei confronti
L’arte moderna,
della realtà” (C. G. Argan, p. 327)
Per Dalì, questi oggetti, che si prestano ad un funzionamento meccanico, sono basati sui
fantasmi e possono provocare atti inconsci.
Ecco perché nella sue versione la Venere è dotata di una serie di cassetti (meccanici),
posizionati in corrispondenza del seno, del torace, dell’addome e del ginocchio sinistro. Sono
semi aperti per poter vedere l’interiorità e la personalità della persona, e dotati inoltre di un
pomello di pelliccia, che ci invita ad accarezzarlo per rinvigorire la sessualità repressa dalla
diffusa morale cristiana. C. Maddox,
L’idea della Venere di Milo con cassetti nasce, secondo durante un soggiorno
Edward James,
di Dalì in Inghilterra presso il magnate un poeta britannico noto per il suo alto
patronato del movimento d’ arte surrealista. Dalì notò che l’ambiguità della traslazione
linguistica della parola chest (letteralemente “torace” ma anche “mobile”) trasformava la
figura umana in un oggetto.
Il gioco di parole genera una confusione poetica che Dalì concretizza in quest’opera
formidabile, ispirato dalla curiosa analogia linguistica. Pagina 6 di 12
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Tesina di Boscolo Giada “Cegion”
La psicologia delle masse