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Scrisse anche una satira contro Claudio (Apokolocyntosis).
COME “DE
VISIONE DELL’OSCURITA’ OTTENEBRAMENTO DELLA MENTE -
IRA”
L’interesse per l’oscurità, intesa come ottenebramento della mente, lo ritroviamo già in Seneca,
esponente dello Stoicismo romano, secondo cui l’ideale etico (morale) è rappresentato dall’
apathia, cioè da quella fermezza d’animo che si può conquistare solo attraverso lo sradicamento di
qualsiasi turbamento e l’esercizio della virtù (serenità interiore), per il raggiungimento della vera
felicità. In varie opere come nelle “Epistulae ad Lucilium”, ma soprattutto nel “De ira” (che fa parte
della raccolta in 12 libri dei “Dialoghi”), Seneca affronta il problema delle passioni come esperienze
psichiche che inducono l’uomo a perdere il dominio di sé, distorcendo la realtà e allontanandola
dal conseguimento della vera felicità.
Per questo è importante riconoscerne i sintomi e intervenire immediatamente prima che l’animo
vi sprofondi completamente, considerando che ogni passione passa attraverso tre fasi: una
involontaria, una seconda consapevole, una terza incontrollabile dalla ragione ed impossibile
vincerla. Tra tutte le passioni, la più orribile, secondo Seneca, è l’ira, associata alla follia. Le ragioni
dell’interesse di Seneca per l’ira, sono probabilmente da ricercarsi sia nella domanda esplicita del
fratello Novato (a cui il “De Ira” è dedicato), sia nelle vicende storiche e politiche che hanno visto
coinvolti da questa passione, uomini comuni ma anche potenti. In particolare nell’incipit del “De
ira”, i sintomi dell’ira, come follia, vengono descritti con grande efficacia, elencandone persino i
terribili effetti fisici.
L’IRA , TRADUZIONE DELL’INCIPIT :
Hai preteso da me, Novato, che scrivessi come si può placare l’ira e mi pare che non a torto tu
tema particolarmente questa passione,
la più orribile e furiosa di tutte.
Nelle altre infatti vi è qualcosa di
tranquillo e placido, questa è tutta
concitazione ed è tutta nell’assalto della
rabbia, ardente di un desiderio di armi,
di sangue, di supplizi che non ha nulla di
umano, incurante di sé, pur di nuocere
all’altro, pronta a gettarsi sulle proprie
armi e avida di una vendetta che
trascinerà con sé il vendicatore.
Perciò alcuni sapienti hanno definito l’ira una breve follia, infatti (l’ira) è allo stesso modo (della
follia) incapace di controllarsi, dimentica del decoro, immemore degli obblighi sociali, tenace e
concentrata in ciò che ha cominciato, chiusa alla ragione ed ai suggerimenti, stimolata da futili
motivi, incapace di distinguere il giusto e il vero, quanto mai simile alle macerie che si rompono
sopra ciò che hanno schiacciato.
Ma affinchè tu sappia che coloro che sono in preda all’ira non sono sani, osserva il loro stesso
aspetto. Infatti come sono indizi certi di pazzia la fronte accigliata, l’aspetto torvo, l’andatura
accelerata, le mani inquiete, il colorito modificato, i respiri frequenti ed emessi con maggior
veemenza, così gli stessi indizi si manifestano in coloro che sono in preda all’ira: gli occhi
divampano e luccicano, aumenta il rossore in tutto il volto perché il sangue affluisce dal
profondo del cuore, le labbra tremano, i denti si stringono, i capelli si rizzano e si sollevano, il
respiro è strozzato e sibilante, (si odono) lamenti e grida e un modo di esprimersi spezzato a
causa delle parole mal pronunciate, e mani battute assai di frequente, terreno calpestato dai
piedi, tutto il corpo agitato e che spira gravi minacce, sconcio e pauroso a vedersi l’aspetto di
coloro che si alterano e si gonfiano. Non sapresti se sia un vizio più detestabile o più brutto.
noir
-
Introduction Le Romantisme
A côté du Romantisme historique, celui des grands
maitres, le romantisme “noir” se developpe de 1820
à 1850, culmine en 1840, et assurera la continuité
avec les écrivains de la modernité (Baudelaire,
Rimbaud principalement). Au début il s’agit de
jeunes gens, volontiers bohèmes, caractérisés par le
goût des mystères et de l’occultisme. Leur obscurité
est avant tout celle de leur infortune littéraire, de
leurs précaires conditions d’existence: ce sont des
écrivains méconnus ou méprisés.
Ensuite les grands du movement romantique
(Gautier, Hugo et même Balzac) ne restent pas à
l’écart de cette mode “noire”. Mais ce sera avec
Nodier et Nerval que le mouvemet se définira: goût
des atmoshères médiévales, gothiques, fascination
pour les superstitions, les légendes et les mythes,
obsession de l’insolite, du surnaturel, du
fantastique.
N ERVAL
La vie
Gèrard Labrunie, dit Gèrard de Nerval, né à Paris en 1808, est élevé par un oncle, à la go t de la
Û
rêverie. Il fait ses études à Paris, s’interesse à la littérature allemande, traduit des oeuvres de
Goethe, compose des cantes fantastiques et publie des vers.
Il s’éprend de l’actrice Jenny Colon mais cet amour non rechangé le pousse lentement vers la folie.
Après une première cris de folie, il part pour l’orient où il se passionne pour la mythologie. À cause
des ses prostrations il doit être interne plusiers fois et seulement dans les moments de lucidité il
rédige ses chefs-d’oeuvre. Il se prend dans une rue de Paris en 1855.
Nerval et l’ombre de la folie
Nerval ne se limite pas à esprimer le goût
pour l’étrange et l’inédite. Il s’agit pour lui
d’un besoin et d’une quiête existentiels: il
est hanté par la mort et l’au-delà et ,à
travers l’écriture, il espère trouver une
issue à son drame existentiel de déraciné
de la réalité, de déshérité. Son écriture
devient ainsi l’épanchement du songe
dans la vie réelle. Son “obscurité”,
cruellement authentique d’un bout à
l’autre de son oeuvre, n’est que la
métaphore poétique des souffrances de
sa conscience qui essaie de repousser la
folie.
“El Desdichado” (Les Chimères, 1854)
Les Chimères consistent en douze sonnets
composés entre 1843 et 1854 regroupés à
la fin du recueil des nouvelles des “Filles
du feu”. El Desdichado, est le chevalier
errant, anonyme, déshérité, sans nom ni
fief, un personnage ténébreux qui ne vit que des traces de ses exploits et amours perdus, tout
comme Neval égaré dans sa folie qui ne lui assure que quelques moments de lucidité, et
condamné à la quiête incessante de son identité.
C’est le quatrième sonnet, et il a été composé peu de temps après que Nerval a été interné une
deuxième fois.
Texte:
J e suis le ténébreux, - le veuf, - l'inconsolé,
Le prince d'Aquitaine à la Tour abolie:
Ma seule étoile est morte, - et mon luth constellé
Porte le Soleil noir de la Mélancolie.
Dans la nuit du tombeau, toi qui m'as consolé,
Rends-moi le Pausilippe et la mer d'Italie,
La fleur qui plaisait tant à mon cœur désolé,
Et la treille où le Pampre à la rose s'allie.
Suis-je Amour ou Phébus ?... Lusignan ou Biron ?
Mon front est rouge encor du baiser de la reine;
J'ai rêvé dans la grotte où nage la syrène...
Et j'ai deux fois vainqueur traversé l'Achéron :
Modulant tour à tour sur la lyre d'Orphée
Les soupirs de la sainte et les cris de la fée.
Analyse:
1er quatrain: le sonnet s’ouvre sur une tentative de définition paradoxale, une identité
vide. Les mots référant à l’obscurité et à la mort dominent: ténébreux, veuf, inconsolé.
Seule étoile morte, soleil noir , Mélancolie (tableau de Dűrer!!!). On en trouve encore dans
les strophes suivantes: nuits, Tombeau,, Achéron.
2ème quatrain: le poète se rappelle des souvenir lumineux ,en contraste avec le “noir” du
premier quatrain (le promontoire de Naples, la mer d’Italie, la fleur, la rose, le pampre).
1er tercet: il s’ouvre sur une interrogation. Le poète essaie de recomposer son identité à
travers ses expériences amoureuses perdues, mais il n’arrive pas à le faire, il est égaré, sa
mémoire se perd dans sa folie (comme les points de suspension l’indiquent) et s’évade
dans les légendes(Amour, Phébus, Lusignan, la grotte de la Sirène).
2ème tercet: dans le premier vers il y a, peut-être, une allusion à ses crises de folie, à la
suite desquelles il avait été interné deux fois. Le tercet met en évidence le pouvoir de la
poésie (la lyre d’Orphée) (Orphée selon le mythe grec était descendu aux Enfers pour
libérer son aimée Eurydice ) et sa victoire
Après de nombreuses tentatives de reconstruire sa propre identité par l’imprunt
d’identités provisoires à des personnages de la légende ou du mythe, le poète parvient à
recomposer son identité par l’identification avec Orphée, voire la poésie, et concilier enfin
folie, , amour , souvenirs et temps présent.
G
IOVANNI
P
ASCOLI
I
l tema dell’oscurità lo ritroviamo anche in un poeta vissuto a
cavallo tra l’800 e il 900, cioè in Giovanni Pascoli, riscoperto in
tempi relativamente recenti per la modernità dei temi trattati e
delle tecniche espressive che hanno anticipato la poesia moderna.
La sua esperienza poetica, fu senz’altro influenzata dalle sue
esperienze di vita. Nato a S. Mauro di Romagna nel 1855, compie i
primi studi lontano da casa, in collegio ad Urbino. La morte
violenta del padre ( assassinato nel 1867 ) poi la morte della
sorella, della madre e di due fratelli, segnano l’animo del poeta di
una grande tristezza, solitudine, smarrimento ( “Io ricordo che
strette al cuore sentivo quando mi giungeva la notte…” ).
All’università di Bologna segue le lezioni di Giosuè Carducci ( che
sostituirà alla cattedra di letteratura italiana ), si avvicina alle idee
socialiste, viene carcerato per alcuni mesi poi, abbandonata la politica e dopo aver insegnato in varie città
toscane, si trasferisce a Castelvecchio in Garfagnana. Muore a Bologna nel 1912. Sulla poetica del Pascoli
influì anche la crisi del movimento positivista con la sua
cieca fede nella vittoria della ragione, del progresso
scientifico, della democrazia. Si va affermando
l’esistenza di problemi più profondi, individuali e sociali,
destinati a sfuggire ad ogni ricerca scientifica e
l’esigenza di ricercare la verità al di là delle apparenze,
di esplorare le zone oscure del proprio io, di ricercare la
libertà nella parola risvegliando le sensazioni più
misteriose non dominate dalla coscienza. In pratica sta
nascendo il decadentismo di cui Pascoli ne è un
esponente.
Tramite la poesia che non è razionalità, né intento educativo, il Pascoli vuole tradurre con immediatezza le
impressioni, la realtà delle cose al di là delle apparenze, ciò che di più oscuro c’è nello spirito umano. È
soprattutto nelle ultime produzioni poetiche che approfondisce i temi del mistero dell’inconscio e del
cosmo che, come un’ombra oscura, opaca, circondano e isolano ogni cosa lasciando smarriti gli uomini alla
vana ricerca della luce. Il mezzo usato per esprimere tutto ciò non può essere la parola col suo significato
logico ma il simbolo che ha il compito di suggerire, stimolare più che dire, evocare i rapporti oscuri tra gli
oggetti, le sensazioni, gli stati interiori che l’occhio non vede e che le apparenze non rivelano. Un esempio
lo troviamo nella lirica “Il libro” tratta dai “Primi poemetti” ( 1897 ).
In questa lirica emerge l’angoscioso smarrimento dell’uomo nei confronti di ciò che la realtà gli nasconde
come un’ombra, la sua ansia di fronte a interrogativi a cui la sua breve vita non permette di dare risposta.
In un componimento di questo tipo, quindi, il Pascoli non fa ricorso all’uso della parola nel suo significato
logico e lessicale, ma ricorre al simbolo e al ritmo che meglio esprimono questa inquietudine interiore,
questa voglia di sapere al di là delle apparenze e dà il senso di continua sospensione tra la realtà e le voci
misteriose dell’anima.
“Il libro”
Sopra il leggìo di quercia è nell'altana,
aperto, il libro. Quella quercia ancora
esercitata dalla tramontana
viveva nella sua selva sonora;
e quel libro era antico. Eccolo: aperto,
sembra che ascolti il tarlo che lavora.