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Tesina di maturità
SCHEMA RIASSUNTIVO
NEUTRALITA’ ELVETICA NELLA
STORIA GRANDE GUERRA
Com’è stato possibile?
STATO HEGELIANO E CITTADINO
FILOSOFIA KANTIANO Una nazione, che persegue una politica
vicina alla volontà del proprio popolo,
è più facilitata a raggiungere i suoi
obiettivi.
SENECA E IL RAPPORTO TRA
LATINO STATO E INDIVIDUO
Istituto d’Istruzione Lorenzo Guetti 3
Tesina di maturità
INTRODUZIONE
La storia è una fonte inesauribile di conoscenza. Da questa si possono capire le proprie
origini, comprendere il presente, intuire un possibile futuro. La filosofia è stata strumento
d'indagine che ha permesso di vedere e di rapportarsi al mondo in modo diverso e più
profondo. Così, per esempio, anche il latino è considerato una lingua morta, ma in essa si
nasconde un universo di saggezza che gli antichi hanno lasciato alle generazioni
dell’avvenire. Premesso questo, il tema centrale di questa tesina è la comprensione di un
processo storico che agli occhi di molti ha suscitato un particolare interesse. Le ragioni per
cui scrivo su questo argomento sono due sostanzialmente: primo, sono metà elvetico;
secondo, con lo studio della storia, della filosofia e del latino ho potuto “viaggiare” nel
tempo e nello spazio cercando di comprendere meglio gli altri e la mia origine.
La Svizzera nella prima guerra mondiale era circondata dall’Impero austro-ungarico,
Regno d’Italia, Repubblica di Francia e l’Impero prussiano. Nessuno di questi Stati, se pur
militarmente più forti e grandi, ebbero nelle loro offensive e controffensive l’intenzione di
invadere o farsi alleata la Confederazione. Eppure era un’ottima via per aggirare le forze
armate degli avversari. Anche la politica estera di questa piccola nazione era molto diversa
dalle altre: nessuna mira espansionistica e una ferrea volontà di mantenere una neutralità
fragile da preservare. Per quale motivo?
Hegel affermava che lo Stato era un organismo che fondava il principio di libertà
individuale, perché gli uomini erano veramente liberi solo quando sentivano di
appartenere a ciò che lo Stato rappresentava, cioè l’unità sostanziale di un popolo. La
guerra serviva per preservare la popolazione dalla putrefazione morale che la pace
portava. Il conflitto permetteva, perciò, di trasportare i problemi interni dello Stato
all’esterno rafforzando l’unità nazionale. Invece Kant, se pur contrario alla guerra, credeva
nell’”insocievole socievolezza” dell’uomo. Solo gli Stati repubblicani, uniti in una
federazione, avrebbero potuto preservare una pace durevole. Un Paese non è formato da
individui? Se la loro volontà e i loro desideri non sono considerati dallo Stato, come fa
quest’ultimo a governare e applicare una specifica politica?
Se è vero che il cittadino è la “particella” fondamentale di una nazione, è auspicabile
supporre che le sue idee, le convinzioni politiche e il suo “benessere” siano anche le
prerogative dell'amministrazione. Possiamo considerare la storia come l’insieme delle
decisioni che ogni essere umano assume per sopravvivere in un dato contesto sociale. Se la
volontà dell’individuo è così importante, in che rapporto stanno Stato e cittadino?
Dall’antica Roma imperiale, Seneca ha dato una risposta a questa domanda.
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Tesina di maturità
STORIA: SITUAZIONE MILITARE E POLITICA DELLA SVI ZZERA DURANTE LA 1°
GUERRA MONDIALE
SITUAZIONE MILITARE IN SVIZZERA DAL 1800 AL 1918
La Svizzera è uno Stato confederato di ventisei cantoni con origini culturali e linguistiche
diverse che in vari momenti della storia si unirono per essere liberi e indipendenti. Non è
stata sempre neutrale. Infatti, in alcune occasioni vari distretti fecero guerre per
conquistare territori, o prestarono truppe mercenarie agli imperatori, o a chi poteva
pagare: il papa o Regno di Napoli. Ci furono anche battaglie molto feroci all’interno della
Federazione a causa d'intolleranze religiose e divisioni politiche.
Dopo l’ascesa al potere di Napoleone Bonaparte e la sua incredibile campagna militare, la
Confederazione vide la necessità di formare un esercito intercantonale che potesse
difendere la popolazione e il territorio da futuri invasori. Come formare una milizia
competitiva e unitaria? Fra le diverse realtà c’erano spesso dei contrasti. Per esempio molti
cantoni tedeschi volevano assicurarsi un ruolo predominante nel controllo del Paese. Le
regioni italiane, a maggioranza cattolica, avevano problemi sia con quelle francesi sia con
quelle tedesche perché queste erano a prevalenza protestante.
La difficoltà maggiore era però di ordine militare. Infatti, esistevano due scuole di
pensiero tra gli ufficiali svizzeri dopo il congresso di Vienna. Una proponeva di creare un
esercito di volontari, mentre l’altra di leva. Entrambe le soluzioni presentavano vantaggi e
mancanze. Se un esercito di professionisti era ovviamente ben preparato, in tempo di pace
era solo una spesa inutile e
questi combattevano per
denaro, non per la patria.
Mentre se si considerava la
seconda risoluzione, i costi si
riducevano e ci sarebbe stato
uno spirito patriottico forte, ma
in caso di un conflitto contro
uno degli Stati vicini sarebbe
stato una sicura sconfitta poiché
la preparazione militare era
insufficiente. La Prussia poteva
contare su un esercito micidiale
e numericamente superiore alle
forze armate svizzere. Figura 1 soldati in ricognizione 1896.
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Tesina di maturità La svolta venne grazie
all’esperienza di diversi capi
militari, che l’acquisirono
prestando servizio nelle
armate di Francia, Belgio,
Austria. L’esercito svizzero
alla fine del 1800 fu
considerato da ispettori
internazionali anche da quelli
prussiani, una macchina
bellica che poteva competere
con quelle delle grandi
potenze. La struttura e
Figura 2 piani d’invasione della Francia 1916-1918. l’organizzazione dell’esercito
furono suggerite da Guillaume Henri Dufour, in questi termini: la leva era obbligatoria per
i cittadini svizzeri maschi sopra i venti anni; si doveva prestare servizio militare per
diciassette settimane il primo anno e poi per i successivi quindici anni si era obbligati a
prestare servizio militare per quattro settimane. Gli ufficiali invece frequentavano una
scuola molto più severa che aveva il compito di formare non soldati ma gruppi affiatati
che potevano prendere decisioni autonome.
Questo però non era abbastanza per considerare la Svizzera, una pericolosa spina nel
fianco in caso d'invasione. Una serie di finanziamenti federali permise la costruzione di
ferrovie su valichi e la costruzione di diversi forti sulla catena alpina. All’inizio del 1900 e
durante tutto il conflitto, la Confederazione apparve così come un'immensa fortezza che
poteva spostare truppe velocemente da un confine all’altro. Chi la invadeva poteva
vincere, ma impegnando troppi mezzi e uomini per l’attacco. Mentre chi ne fosse stato
alleato, avrebbe potuto godere di una porta d’accesso che consentiva di aggirare le linee
nemiche e infliggere all’avversario una sconfitta durissima.
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Tesina di maturità
POLITICA SVIZZERA DURANTE LA 1° GUERRA MONDIALE
La Svizzera divenne totalmente neutrale nel 1815. All’inizio del 1900 tutti gli Stati intorno
a lei occupavano due schieramenti opposti: Francia nella Triplice Intesa, Italia, Germania e
Austria nella Triplice Alleanza. I confini fra queste nazioni erano trincerati e rafforzati con
fortificazioni. La Confederazione ricevette la garanzia della Prussia, della Francia e
dell’Austria che la sua neutralità non sarebbe stata violata in alcun modo, ma allo stesso
tempo la Svizzera non doveva appoggiare
nessuna nazione. Ciò fu confermato sia nel
1911 sia dopo lo scoppio della guerra, il 9 di
agosto 1914 dalle ambasciate a Berna. L’unica
incognita consisteva nel Regno d’Italia che
non aveva fatto nessuna dichiarazione in
merito. In più gli irredentisti italiani, oltre a
reclamare il Veneto, il Friuli e il Trentino,
chiedevano l’annessione o con la forza o
pacificamente del Ticino.
Questa situazione si complicò quando il
Governo federale, su consiglio dello Stato
Maggiore svizzero, approvò la costruzione di
linee difensive lungo il confine italiano. I
piani militari mostravano che il territorio più
adatto strategicamente per la difesa, era sulle
Alpi retiche. Inoltre il rischio di aggressione
maggiore veniva dall’Italia, poiché non aveva
confermato lo stato di non belligeranza della
Figura 3 zone verdi territori reclamati dagli
irredentisti. Svizzera e voleva ottenere alcuni territori in
proprio possesso.
Chiaramente i rischi di un’invasione non arrivavano solo dall’Italia ma anche dalla
Germania, infatti, quando il Regno d’Italia si schierò con Francia, Inghilterra e Russia, gli
strateghi militari tedeschi videro nella Svizzera una via per attaccare alle spalle le forze
nemiche. L’unico problema era la presenza di un esercito che si dislocava molto
rapidamente e poteva attuare una lotta di guerriglia infliggendo molte perdite. Inoltre la
Confederazione elvetica aveva preso accordi con la Francia in caso di attacco prussiano.
Anche la Repubblica francese, prima dell’accordo di Londra, aveva organizzato e
pianificato delle incursioni nel suolo elvetico. Il movimento di truppe tedesche e le
continue pressioni dell’imperatore Guglielmo II avevano creato allarmismo in tutto lo
Stato Maggiore francofono. Istituto d’Istruzione Lorenzo Guetti 7
Tesina di maturità
La Svizzera fungeva da terra franca per tutti i politici e intellettuali che ebbero problemi
con il loro Paese natale. Si pensi a Lenin che nel 1916 partì dalla Confederazione per
liberare la sua patria dall’oppressione zarista. Questo era un problema per tutti i governi
stranieri che ritenevano la Confederazione, uno Stato molto pericoloso a causa della
presenza di molti rifugiati politici poco desiderati.
In questa difficile situazione, il popolo elvetico doveva rassicurare i governi stranieri della
sua volontà di neutralità permanente e dimostrare che non aveva alcuna intenzione di
cedere anche a costo di impiegare la forza e utilizzare tutti i mezzi diplomatici ed
economici per mantenerla. Diversi documenti pubblici confermano come la Svizzera abbia
lavorato con le ambasciate straniere e che gli ufficiali svizzeri abbiano stretto accordi sia
con Francia e sia con Prussia in caso d’invasione.
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Tesina di maturità
FILOSOFIA: LA VOLONTA’ DI UNO STATO E DEI SUOI CITTADINI
STATO HEGELIANO E CITTADINO KANTIANO
La politica di uno Stato è oggetto di discussione nella filosofia di ogni epoca. Già i filosofi
antichi riflettevano sull’importanza che un cittadino aveva nel proprio Paese e se
influenzava le decisioni di quest’ultimo.
Hegel mostrò il ruolo preminente che uno Stato aveva rispetto ai suoi cittadini. Era lo
spirito del popolo e sostanza etica autocosciente. Di conseguenza formava gli individui e li
preservava anche per mezzo della guerra. L’interesse del singolo non era considerato
perché era lo Stato a contare. I diritti naturali non erano concessi come tali; lo Stato li
rendeva armonici con le proprie finalità universali, cioè difendeva i diritti individuali
(proprietà, libertà individuale) nella misura in cui realizzava con le sue leggi la vera
comunità e ne costituiva l’identità più autentica. Nei “Lineamenti di filosofia del diritto” si
legge “... L’interesse particolare non deve dunque essere messo da parte o addirittura soppresso, ma
deve essere autenticamente posto in accordo con l’universale …”. Pertanto lo Stato era l’unica
istituzione che poteva gestire e decidere le sorti del proprio popolo.
Nella citazione “insocievole socievolezza“, Kant riassumeva quell’antagonismo, intrinseco
all’uomo, tra tendenza a socializzare, per interesse o obbligo morale, e tendenza a isolarsi,
perché malfidente degli altri. Solo un Paese che aveva una costituzione repubblicana,
proteggeva le libertà dei cittadini e faceva parte di una federazione commerciale, poteva