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Questa tesina descrive il fenomeno della migrazione che ha coinvolto in particolar modo l'Italia. Gli argomenti sviluppati nella presente tesina di maturità sono i seguenti: in Storia il fenomeno migratorio, l'Italia dall'unificazione fino agli anni Settanta, in Spagnolo la frontiera tra Messico e Stati Uniti, in Inglese il sogno australiano, in Diritto ius soli e ius sanguinis, in Italiano Giovanni Pascoli, "Italy" e le migrazione di oggi.
Storia: - Il fenomeno migratorio e l'Italia dall'unificazione fino agli anni Settanta.
Spagnolo: La frontiera tra Messico e Stati Uniti.
Inglese: Il sogno australiano.
Diritto: Lo ius soli e lo ius sanguinis.
Italiano: Giovanni Pascoli, "Italy" e le migrazione di oggi.
Consecuentemente, se ha vuelto más difícil cruzar la frontera de manera ilegal.
Es necesario que Mexico y EE.UU hacen juntos una politica de desarollo sobre la
migracion para evitar que siempre mas personas mueren en la busqueda de una vida
mejor o que otras persona se enriquecen ilegalmente.
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MIGRAZIONE DALL'ITALIA
I flussi migratori si distinguono dal punto di vista spaziale in migrazioni interne ed
esterne- internazionali. Nel primo caso lo spostamento avviene dentro i confini di uno
stesso stato; nel secondo da una nazione all'altra.
Per quanto riguarda le migrazioni del nostro popolo ricordiamo quattro grandi flussi:
I ondata: dalla metà del 1800, dopo l'unificazione dell'Italia nel 1861.
II ondata: nel periodo tra le due guerre mondiali.
III ondata: dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli Anni '70.
IV ondata: nei giorni nostri, la fuga di cervelli.
L'Italia dal 1861 agli Anni ‘70 è stata definita “terra di migrazione” e si stima che gli
espatriati siano stati circa 22 milioni. La “cultura della migrazione” si è propagata come
una possibilità e una speranza per un nuovo, migliore futuro.
Il censimento generale del 1861 accertò l'esistenza di colonie italiane, già abbastanza
numerose, sia nei Paesi dell’Europa e del Mediterraneo sia nelle due Americhe. Dai
dati raccolti emergeva la seguente situazione: 77.000 Italiani in Francia; 14.000 in
Germania; 14.000 in Svizzera; 12.000 ad Alessandria d’Egitto; 500.000 negli Stati
Uniti; 500.000 nel resto dell’America.
Tra il 1869 e il 1875, la media delle emigrazioni si aggirava intorno alla cifra, record
per quel tempo, di 123.000 unità. In questo periodo tuttavia, l'emigrazione italiana,
diretta in prevalenza verso Paesi Europei, appare ancora disorganizzata e sporadica,
e mantiene questo carattere, con una media di 135.000 emigrati, fino al 1880 circa;
dal 1887 fino al primo Novecento, a causa del notevole incremento dell'offerta di
lavoro del mercato americano, si sviluppa rapidamente l'emigrazione transoceanica e
si determina così un raddoppio della media annua complessiva, che passa a 269.000
unità.
Per quanto riguarda le destinazioni privilegiate dall'emigrazione, è la Francia che tiene
sempre il primo posto tra i Paesi Europei; l'Argentina e il Brasile, invece, che
assorbivano la maggior parte dell'emigrazione transoceanica nei primi venti anni
dall’unità d’Italia, vedono rapidamente svanire il loro primato, a causa del repentino
incremento dell'immigrazione negli Stati Uniti, avvenuta verso la fine del secolo.
Nel Regno d'Italia, maggiormente colpiti dal fenomeno dell'emigrazione, furono gli
abitanti delle regioni settentrionali, socialmente più progredite e con popolazione più
numerosa; nelle regioni meridionali, meno popolate, il fenomeno fu per lungo tempo
irrilevante, a causa del loro isolamento, del alto tasso di analfabetismo, della
scarsezza di mezzi di trasporto e di vie comunicazione.
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Questa situazione di arretratezza e di estraniamento dalla vita del resto del Paese si
protrasse per lungo tempo, causata dal tradizionale attaccamento alla terra e alla casa
e dalla presenza di minori necessità economiche, derivanti da una vita esclusivamente
agricola e patriarcale. In pochi decenni, però, il rapporto si invertì, sia a causa
dell'intenso ritmo di accrescimento demografico, sia per le poco floride condizioni
economiche che non permettevano di assorbire l'eccesso di manodopera.
Negli ultimi anni del XIX secolo, la quota dell'emigrazione complessiva dall'Italia
settentrionale diminuì (da 86,7% nel 1876 al 49,9% nel 1900) mentre crescevano
quella dell'Italia meridionale e insulare (dal 6,6% al 40,1%) e dell'Italia centrale (dal
6,7 al 10%). L'analisi e il controllo del fenomeno, in questo periodo iniziale, furono
trascurati.
L'emigrazione italiana, per quanto con andamento irregolare dovuto alle crisi
attraversate dai Paesi di destinazione, tende ad aumentare nei primi anni del XX
secolo; la media annua nel 1901/1913 sale a 626.000 emigranti e il rapporto con la
popolazione del Regno, nel 1913, tocca i 2.500 emigranti per 100.000 abitanti.
E' soprattutto l'emigrazione dall'Italia meridionale e insulare che si sviluppa,
raggiungendo livelli nettamente superiori rispetto a quelli dell'Italia settentrionale: su
un totale di più di 8 milioni di emigrati nel periodo 1901/1913, il 46% parte dall’Italia
meridionale, il 41% dall'Italia settentrionale e 13% dell’Italia centrale. Ciò spiega
anche l'assoluto prevalere, nel periodo, dell'emigrazione transoceanica su quella
continentale (il 58,2% contro il 41,8%).
Gli emigrati dall'Italia meridionale, prevalentemente dediti all'agricoltura e braccianti,
costretti all'espatrio dalla povertà dei loro paesi erano disposti ad accettare qualsiasi
lavoro nelle terre d'oltremare; al contrario, l'emigrazione dall'Italia settentrionale, più
altamente qualificata e in genere temporanea, era per lo più assorbita da Paesi
Europei.
Nell'emigrazione verso Paesi d'oltremare si accentuò invece il primato degli Stati Uniti,
dove si diressero, dal 1901 al 1913, oltre 3 milioni di Italiani, contro i 951.000 diretti
verso l'Argentina e i 393.000 verso il Brasile. Gli alti salari offerti dal mercato
nordamericano, la diminuzione delle terre libere nei Paesi dell'America Meridionale, la
maggiore facilità e rapidità di guadagni consentite dalla grande industria degli Stati
Uniti, concorsero a dirottare verso questo paese il flusso dell'emigrazione dall'Italia.
La diminuzione del costo dei trasporti favoriva una minore durata dell'espatrio. Questo
carattere temporaneo cominciava ad estendersi e si ripercosse beneficamente
sull'economia italiana, sia per il fatto che gli emigrati tornavano in genere con
accresciute capacità di lavoro e di iniziativa e muniti di capitali accumulati all'estero,
sia perché, prevedendo di rientrare prima o poi in patria, molti emigranti vi lasciavano
le proprie famiglie e durante l’espatrio provvedevano ad esse con l'invio di rimesse. La
somma complessiva delle rimesse incise positivamente sulla bilancia dei pagamenti
dello Stato, costituendo una entrata di capitale di notevoli dimensioni. Nei paesi in cui
le rimesse vengono utilizzate per attuare investimenti, l’emigrazione può dunque
costituire un aiuto allo sviluppo. Se invece vengono utilizzate solo per consumi
personali possono a lungo termine favorire l’inflazione.
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Analizzando poi le migrazioni che avvennero tra il 1955 e il 1970 all'interno del nostro
paese, si evince che milioni di persone provenienti dal Meridione e, in più piccola
parte, anche dal Veneto e dal Friuli lasciarono le città d'origine alla volta dell’Italia
nord-occidentale, dirigendosi soprattutto verso il triangolo industriale Milano-Torino-
Genova.
Questo fenomeno portò, nel giro di soli 15 anni, al raddoppio della popolazione
torinese, che passò da 500mila ad 1 milione di abitanti. Nei paesi d'arrivo aumentò il
livello di ricchezza poiché gli immigrati, con i loro redditi e consumi, diedero un forte
impulso all'economia aumentando la necessità di case, scuole ed ospedali.
Queste migrazioni furono dovute, nel Sud, al degrado dell'agricoltura e alla
conseguente scomparsa dei contadini. La piccola proprietà a conduzione famigliare
nel mezzogiorno era infatti troppo arretrata, poco redditizia, con sistemi di produzione
arcaici e non forniva ai contadini proventi sufficienti per sostenere le spese di un'intera
famiglia.
Infine questi fenomeni portarono ad una divisione netta dell'Italia: quella del Nord,
industriale e inserita nell'economia internazionale, e quella del Sud, legata a forme
economiche agricole senza avvenire, con alti tassi di analfabetismo e condizioni di vita
ai limiti dalla sussistenza. 6
ENGLISH: AUSTRALIA DREAM
th
Italian migration to Australia in the 20 century was due to the same factors that
th
drove Italians to the Americas in the 19 century; political problems and poor
economic conditions at home. But changes in the US immigration policy had a direct
effect on the flow to Australian shores. Here follows a list of the main key moments of
the Italian migration to Australia.
1920s: The majority of sugar cane growers in North Queensland (situated in the north-
east of Australia) were Italians who employed other Italians. Older established growers
tried (and failed) to drive them from the industry.
In the same period, Italians began growing fruit in Stanthorpe in South East
Queensland.
1921: The US government imposed stringent quotas on immigration from Italy, forcing
many young Italians who had planned to immigrate to the USA to choose Australia
instead.
1921-1933: Most Italians were poor and not educated. They had rural backgrounds so
they became farmers and wine growers, but others worked in factories, mining and
retail (particularly in food related businesses such as fruit shops, delicatessens and
bakeries).
1925: The first Italian-Australian association was formed in Brisbane, Queensland.
Similar organizations had been formed in all the major cities.
1930s-1950s: Italians farmers revived the Australian tobacco industry, and controlled
75% of tobacco production by the 1950s.
1939: Approximately 38,000 Italians were now living in Australia.
1939-1945: Italian immigration to Australia had slowed. Italy's alliance with Germany
against the Allies caused a lot of problems both for the Italians who wanted to migrate
and for those who were already living there. 4,721 Italian males were arrested and
interned in camps as 'enemy aliens' and their wives were forced to take their children
and seek shelter (cercare riparo) with friends and relatives.
Due to food shortages caused by the imprisonment of Italian-Australian farmers, many
of the prisoners were forced to work on the land.
1946: Large-scale immigration of Europeans happened after World War II and created
a major shift in the ethnic composition of the Australian population.
Established migrants sponsored their families and relatives, leading to a peak in
immigration levels. 7
1955: As the economy grew, the Italian migration to Australia continued, with many
gravitating to North Queensland where they worked in the sugar cane industry. The
sugar industry's rapid growth continued for the next 15 years.
1961: The 1961 census recorded 228,296 Italian-born residents.
1971: The 1971 census recorded 660,000 Italian-born residents.
1970-1980: The economy slowed and unemployment became a growing problem.
Many businesses began to go offshore. In Italy, economic conditions were better so
people did not emigrate.
Nowadays the factors that cause migration of young people are different from the
historical ones but people are emigrating now, as it happened in the xx century, in
search of a new job and a better quality of life.
Italians between the age of 25 and 35 who choose to go to Australia in search of a
better life are many. They arrive with a tourist visa or a working holiday visa, which
allows a stay of one year and then they try to find a work position so to stay longer.
According to data from the Department of Immigration, almost 60 thousand Italians
(students and tourists) landed in Australia between 2010 and 2011. This year 812
Italians have obtained the certificate of Australian residence , compared to 707 in
2009/2010.
In Sydney there are three structures that help newly arrived Italians. The Coasit (an
association that takes funds from both the Italian and the Australian Government), a
branch dedicated to the young Italian, the Sydney puntoit and The Lighthouse,
associations which provide practical help (translations and free consultations with
experts of visas). 'The Lighthouse' helps those who arrive without a work visa and not
knowing anyone.
For Claudio Marcello, president of Filef, an association which has been offering help
and union contacts with migrants for forty years, we are facing "a new mass migration,
comparable to the migration that brought the majority of the Italian population to
Australia in the sixties. The difference is that at that time people had no education. But
now they are young or skilled graduates.