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Liceo Scientifico “V.Capirola” Anno Scolastico 2008-2009

La seconda rivoluzione Industriale

Introduzione

Lo sviluppo dell'industria, iniziato nella II metà del settecento(prima rivoluzione

industriale), continuò per tutto l'Ottocento e prosegui, poi nel Novecento.

Tuttavia, nella seconda metà del XIX secolo l'industrializzazione prese caratteristiche

diverse e più complesse rispetto a quello del secolo precedente.

Gli storici chiamano questa nuova fase seconda industrializzazione o seconda

rivoluzione industriale.

La seconda industrializzazione si caratterizzò e si differenziò dalla prima per vari aspetti.

Innanzitutto, mentre dapprima l'industria si era concentrata in certi paesi e in certe

regioni(Europa occidentale e Stati Uniti), ora si diffondeva in quasi tutto il continente

europeo a anche in paesi periferici come la Russia e il Giappone.

Inoltre la prima fase dell'industrializzazione era stata condizionata dalla tecnologia del

ferro e del carbone; ciò aveva favorito quei paesi che possedevano ricchi giacimenti delle

due fonti energetiche, come Inghilterra, il Belgio, la Francia e la Germania.

Nella seconda metà dell'Ottocento, invece, le scoperte, le invenzioni resero più agevole

l'industrializzazione a paesi come l'Italia o il Giappone, sprovvisti di risorse minerarie,

ma ricchi di cultura tecnica, di capacità professionali, di desiderio di emergere.

In particolare, in questo periodo l'energia elettrica sostituì il vapore come forza motrice;

di conseguenza si affermò l'industria produttrice di energia elettrica.

Nacque il motore a scoppio, si perfezionò, con nuovi tipi di altiforni, la produzione

dell'acciaio.

Sorsero le aziende elettromeccaniche e chimiche.

Mentre la prima rivoluzione industriale si era distinta per il moltiplicarsi

delle unità di produttive, prevalentemente con pochi lavoratori, la seconda si

caratterizza per la tendenza alla crescita delle dimensioni delle aziende e della loro

incidenza sul mercato.

L'affermazione e la concentrazione di queste grandi imprese provocarono l'introduzione

di nuove forme quali il cartello, il trust; facendo sovente cedere la situazione di libera

concorrenza e lasciando il posto al dominio degli oligopoli e monopoli.

Un altro aspetto che caratterizza la seconda industrializzazione è il progressivo prevalere

del capitalismo finanziario rispetto a quello industriale, con l'intrecciarsi di interessi tra

le banche e le industrie.

I decenni della seconda rivoluzione industriale furono segnati da un intenso sviluppo

delle comunicazioni; gli uomini potevano finalmente spostarsi rapidamente dovunque.

La seconda rivoluzione industriale trasforma anche la società di fine Ottocento, ci si

avvia verso la società di massa, nasce una nuova classe sociale, gli operai di fabbrica che

si oppongono alla borghesia, che rimane anche la classe dominante di questo periodo.

Andrea Viviani V A 1

Liceo Scientifico “V.Capirola” Anno Scolastico 2008-2009

Il Taylorismo, ossia l'organizzazione scientifica del lavoro

L'organizzazione scientifica del lavoro (scientific management) è un sistema di produzione

teorizzato e introdotto dall’ingegnere americano Frederick Winslow Taylor che ne espose i

principi e la pratica in due opere: “Direzione d’officina” del 1903 e “L'organizzazione

scientifica del lavoro” del 1911.

Taylor intuì che un sistema di produzione industriale studiato e organizzato con criteri

“scientifici” avrebbe aumentato considerevolmente la produttività del lavoro con maggior

profitto delle aziende. Non solo, ma avrebbe consentito di raggiungere insieme più obiettivi

che sembravano inconciliabili: un basso costo della manodopera per le aziende e salari più

alti per i lavoratori; un minor prezzo dei prodotti finiti e quindi un maggiore consumo di

beni; e, infine, il superamento della conflittualità tra capitale e lavoro all’interno delle

fabbrica e nella società.

Henry Ford, il fondatore della omonima e nota casa automobilistica, applicò le teorie di

Taylor alle linee di produzione del modello T, un’autovettura pensata perché costasse poco e

fosse acquistata anche dagli stessi operai. Inventò così la catena di montaggio e inaugurò

l’era dell’automobile “utilitaria” ossia destinata al consumo di massa.

Anche Ford, come Taylor, pensava a una società nella quale i conflitti di lavoro sarebbero

cessati perché gli operai e gli impiegati avrebbero trovato come corrispettivo del loro

maggior carico di lavoro salari più alti e quindi sarebbero stati cointeressati a conservare il

maggior benessere che loro derivava dalla nuova organizzazione del lavoro.

Il modello “fordista” e taylorista oggi è praticamente abbandonato nei paesi a

industrializzazione avanzata e tutti possono constatare come i conflitti sociali e di lavoro

non siano affatto venuti meno; ma, per circa tre quarti del Novecento si è imposto come

modello vincente e universale di produzione. In questa elaborato ne analizziamo i contenuti

e discutiamo le ragioni del suo successo.

Poster di O. Orazi per La Maison Moderne, Parigi 1907

Andrea Viviani V A 2

Liceo Scientifico “V.Capirola” Anno Scolastico 2008-2009

Cosa rese possibile il taylorismo

L’organizzazione scientifica del lavoro non sarebbe stata possibile senza l’introduzione

di una serie di innovazioni, avvenuta dalle origini della rivoluzione industriale e lungo il

corso dell’Ottocento. Le principali sono: la divisione del lavoro, la standardizzazione dei

prodotti e la semplificazione della fabbrica.

La divisione del lavoro era stata teorizzata dall’economista scozzese Adam Smith il

quale nel 1776 aveva dimostrato che le operazioni per produrre un oggetto semplice

quanto si voglia, come uno spillo, sono molte e possono essere scomposte e affidate a

persone diverse. Il risultato che si ottiene è l'aumento della produttività di ciascun

operaio e quindi della produzione globale e della ricchezza generale. Infatti se le diverse

fasi della lavorazione di un prodotto sono compiute da diversi lavoratori, ciascuno di

questi diventa abile e veloce e si annullano i tempi morti tra ciascuna fase e la

successiva. La divisione del lavoro fu il modello produttivo che si diffuse lungo

l’Ottocento e, soprattutto nelle fabbriche tessili, l’introduzione di macchine

automatizzate impose agli operai ritmi di lavoro ai quali si dovettero adattare.

La standardizzazione dei prodotti fu invece il risultato di un nuovo modo di produrre che

riguardò soprattutto l’industria meccanica. La fabbricazione di macchine utensili, ossia

macchine per produrre altre macchine, e macchine dedicate, destinate cioè ad eseguire

pochi ma specifici lavori di alta precisione, permise di riorganizzare la produzione: ad

ingegneri e tecnici fu affidata la progettazione di oggetti composti da parti uniformi e

intercambiabili (pensiamo ad esempio in un motore ai cilindri, alle bielle, agli alberi alle

camme ecc.) e la fabbrica fu divisa in reparti specializzati nella fabbricazione dei

componenti, nell’assemblaggio, nelle prove e rifiniture.

Questo comportò una diminuzione della professionalità, perché all'operaio non erano più

richieste competenze e abilità di mestiere, ma solo conoscenza e abitudine nell’uso delle

macchine. La produzione in serie e standardizzata diminuì il costo dei prodotti e ampliò

il numero di operai che, lavorando a cottimo, potevano aumentare i loro salari.

Il terzo elemento è la semplificazione della struttura interna delle fabbriche grazie

all'impiego generalizzato dell'energia elettrica che sostituì la macchina a vapore:

scomparvero i complicati, ingombranti e rumorosi meccanismi di

trasmissione del movimento dalla centrale a vapore ai reparti produttivi e alle

macchine; i tecnici poterono progettare i processi di lavorazione con maggiore libertà

perché il movimento delle macchine era possibile in ogni punto dove poteva arrivare un

cavo elettrico.

La maggiore flessibilità nella progettazione delle linee di produzione permise, a sua volta

di eliminare le professionalità più elevate che rappresentavano un elemento di rigidità.

Infatti gli operai specializzati, depositari di "segreti del mestiere", mantenevano un forte

potere contrattuale, sia perché erano in grado di imporre "tempi e metodi" corrispondenti

alle loro abitudini di lavoro, sia perché da loro dipendevano le squadre di operai comuni

e manovali.

Andrea Viviani V A 3

Liceo Scientifico “V.Capirola” Anno Scolastico 2008-2009

La catena di montaggio, ossia l’applicazione più tecnologicamente raffinata del

taylorismo

L’uomo che mise in pratica nel modo più completo e rigoroso le dottrine di Taylor fu

Henry Ford, l'industriale americano della nota casa di automobili. A lui si deve la

realizzazione della “catena di montaggio” e il lancio di un programma industriale e

commerciale volto a fare degli americani un popolo di consumatori. Egli è convinto che

il progresso sociale e civile sia il frutto del progresso tecnologico. Mettendo, infatti, a

disposizione del maggior numero possibile di persone beni di consumo a basso costo, si

creano le condizioni di un benessere generalizzato.

A tale scopo bisogna, in primo luogo, standardizzare i prodotti e semplificarne la

composizione, eliminando tutto ciò che è superfluo per abbassarne i costi di produzione

e di manutenzione; una sua massima famosa recitava più o meno così: in un’autovettura

tutto ciò che non c'è non si rompe!. In secondo luogo , con una politica di salari medi o

medio-alti, bisogna fare sì che anche l’ultimo operaio possa acquistare i prodotti

dell’industria: "se siamo in grado di distribuire salari elevati, quel denaro può allora

essere speso e contribuirà a rendere più prosperi rappresentanti, distributori, produttori e

lavoratori che operano in altre linee industriali e la prosperità avrà un riflesso nelle

nostre vendite".

La fabbrica tayloristica sembrava la risposta più adeguata a questa ideologia (che fu

significativamente detta “fordismo”) in quanto, pur abbassando il livello professionale,

garantiva con il cottimo più alti salari; non solo, ma accresceva il numero, tecnici,

assistenti, controllori e "colletti bianchi" con stipendi più alti della media.

Favorito dalla disponibilità di una nuova fonte di energia a basso costo, il petrolio, Ford

scommise sull'efficacia delle sue idee puntando alto: il Modello T, la prima autovettura

utilitaria, avrebbe dovuto raggiungere costi compatibili con il consumo di massa delle

automobili. A tal fine mise mano alla realizzazione di una linea di produzione che passò

alla storia come “catena di montaggio”.

L'idea base della "rivoluzione fordiana “era quella di far muovere i pezzi da lavorare o

da assemblare e di tener fermi i lavoratori, onde eseguissero le loro mansioni senza

spreco di tempo e al ritmo imposto dalla velocità della “catena”. Vinse la scommessa;

infatti il prezzo del Modello T passò da 900 dollari, nel 1909, a 360 dollari, nel 1917, e a

260, nel 1925; le vendite annuali crebbero nello stesso periodo da 18.000 a 750.000

vetture. Poteva inoltre vantarsi di concedere ai suoi dipendenti paghe superiori del 15%

rispetto alle industrie concorrenti.

Andrea Viviani V A 4

Liceo Scientifico “V.Capirola” Anno Scolastico 2008-2009

L’ideologia dell’organizzazione scientifica del lavoro

Taylor non si limitò a teorizzare e sperimentare il sistema di produzione nelle fabbriche.

Egli era convinto che l’adozione generalizzata del suo sistema avrebbe portato a un

miglioramento non solo a favore del capitale, ma dell’intera società.

L’incremento della produttività conseguito grazie all’organizzazione

scientifica del lavoro avrebbe immesso sul mercato una quantità mai vista di oggetti sia

necessari che superflui a costi accessibili a tutti; l’orario di lavoro si sarebbe ridotto a

favore del tempo libero e si sarebbero create opportunità per una generale crescita

dell’istruzione e della cultura.

Più in particolare, per imprenditori e lavoratori dipendenti, si sarebbero create le

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