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L’evoluzionismo biologico, che non considera la varietà come una forma inferiore perché
transitoria, si contrappone alla visione tradizionale secondo cui le specie sono entità fisse ed
immobili per volere di un ente trascendente. Anzi, afferma che in natura nessuna specie è eterna,
cioè tutte sono destinate a modificare alcune delle loro caratteristiche nel corso del tempo ed in
funzione dell’habitat. Darwin, che si confessa ignorante riguardo le cause microscopiche della
variabilità delle caratteristiche bio-morfologiche, ritiene che la varietà sia dovuta al caso e rifiuta
ogni visione finalistica della natura.
Nel 1860 in una lettera ad Asa Gray, studioso che sosteneva la visione di un divino disegno
intelligente presente nell'evoluzione, Darwin scriveva:
«Quanto all'aspetto teologico della questione, esso mi risulta sempre doloroso. Sono perplesso.
Non avevo alcuna intenzione di scrivere da ateo, ma devo confessare che non riesco a vedere prove
di disegno e benevolenza tutt'intorno a noi così chiaramente come le vedono altri, e come io stesso
vorrei vedere. Mi sembra che nel mondo ci sia troppa infelicità»
Poi, a conclusione della lettera, aggiungeva:
«Non riesco a persuadermi che un Dio benefico e onnipotente possa aver creato di proposito gli
ecneumonidi (imenotteri parassiti che divorano i bruchi da loro paralizzati, ma non uccisi) con
l'espressa intenzione che vadano a cibarsi dei corpi ancora vivi dei bruchi»
Da tutto ciò derivò una nuova visione del mondo intero, nel quale “il volto felice della natura” viene
fatto discendere “dalla guerra e dal disordine”, non più da un benefico ordine provvidenziale.
L’importanza della geologia
Oggi, grazie all’affinamento della teoria della tettonica a placche, siamo in grado di determinare i
principali movimenti dei continenti a partire dalla loro separazione iniziale. In questo modo
possiamo collegare importanti elementi biologici, quali la presenza di particolari forme animali e
vegetali, ed interpretarli attraverso la teoria di Darwin. Si può dire, infatti, che il movimento delle
placche e la conseguente migrazione dei continenti ha inciso in modo significativo sulla
distribuzione e sull’evoluzione della flora e della fauna del nostro pianeta. Uno dei motivi è che
l’apertura di nuovi bracci di mare, come l’Oceano Atlantico, separa le aree continentali, ma anche
gli esseri viventi che le hanno colonizzate. In particolare, quando si separano parti dello stesso
habitat naturale, la differenziazione biologica che ne consegue prende il nome di “speciazione
allopatrica”, perché avviene a causa della “diversa patria”. Questo termine indica l’evoluzione di
una famiglia iniziale in almeno due diverse specie separate dalla presenza di barriere geografiche.
Se si prende in considerazione la separazione reciproca di più aree, in modo che non esista più
l’habitat di partenza, la famiglia iniziale scompare e lascia il posto a molte specie secondarie che si
sono differenziate per stimoli dei nuovi ambienti; il processo si definisce “radiazione adattiva”. Un
tipico esempio è proprio la presenza delle 13 specie di fringuelli nelle isole Galapagos.
Mentre il fenomeno appena descritto favorisce l’aumento della biodiversità, la collisione
continentale produce un effetto opposto. Essa, infatti, comporta l’unione di diversi habitat in cui,
precedentemente, esistevano separatamente molti animali. In questo modo ogni specie è costretta a
combattere in una nuova lotta per la vita, cercando di risultare più efficiente rispetto alle altre. Si
verifica una vera e propria competizione, che, soprattutto in caso di riduzione dell’area del
territorio, può portare ad una diminuzione della biodiversità ed addirittura al crollo della
popolazione.
A partire dalla fatturazione della Pangea, avvenuta 200 milioni di anni fa, il numero di specie
diffuse sui blocchi continentali “alla deriva” è aumentato notevolmente. L’unica eccezione è 5
rappresentata dall’Antartide che, posizionandosi sul Polo Sud Geografico, ha assistito alla
progressiva scomparsa di quasi tutti gli esseri viventi che vivevano su di essa.
Un caso particolare, che ha subito una radiazione adattiva prima ed un’estinzione quasi totale poi, è
quello dei mammiferi marsupiali. I più antichi resti fossili appartenenti a questa famiglia sono stati
ritrovati in Sudamerica, pertanto è logico pensare che proprio da questo continente abbiano iniziato
la differenziazione evolutiva. Proprio nel periodo in
cui questi si diffondevano nell’emisfero australe, in
quello boreale si sviluppava un ceppo di mammiferi,
che aveva sviluppato un nuovo metodo per la
nutrizione della prole: i placentati. L’unione del
Nordamerica e del Sudamerica, 3,5 milione di anni fa,
ha provocato la diffusione dei placentati, che
evidentemente erano più efficienti, su tutti i
continenti e la conseguente estinzione dei marsupiali.
In realtà, alcune specie di questi hanno approfittato
della separazione dell’Australia per svilupparsi in un
nuovo e sicuro habitat. Oggi l’unica specie di
marsupiale esistente in Sudamerica è l’opossum, che per qualche motivo è sopravvissuto alla
selezione naturale.
Fisica
Il paleomagnetismo 6
La teoria della migrazione continentale è comprovata dalle ricerche sul paleomagnetismo, vale a
dire lo studio dei minerali presenti nelle rocce, costituiti da frammenti di cristalli dotati di grande
µ
suscettività magnetica (X ). Questa grandezza, che si ricava dalla relazione (X – 1) descrive le
r
m m =
proprietà magnetiche delle diverse sostanze, perché esprime in che modo la presenza della materia
modifichi il campo magnetico rispetto al vuoto.
Si è appurato che le caratteristiche del campo indotto di alcune aree di remota formazione
contrastano con l’attuale disposizione del Campo Magnetico Terrestre (CMT). I minerali
ferromagnetici, che possiedono una suscettività magnetica variabile che può raggiungere ordini di
5
grandezza fino a 10 , immersi in un campo magnetico acquisiscono una magnetizzazione
termorimanente, quando sono in fase di raffreddamento. Sopra una determinata temperatura, detta
punto di Curie, che dipende dalla natura del materiale, essi perdono le loro proprietà
ferromagnetiche per assumere carattere paramagnetico e non possono essere magnetizzati. Ciò
significa che, superato un certo stato di energia interna, l’orientazione spaziale dei momenti
magnetici elementari passa da una determinata situazione di “ordine” ad una più disordinata.
Quando i minerali effondono dall’interno della Terra verso la superficie sotto forma di lave
basaltiche, acquisiscono una magnetizzazione solamente dopo un certo periodo, necessario al
raggiungimento della temperatura di Curie da una maggiore.
Microscopicamente il comportamento delle sostanze ferromagnetiche s’interpreta con la teoria di
Weiss (1865-1940), che prevede la suddivisione della massa di un minerale in più elementi distinti
chiamati domìni ferromagnetici. Per ognuno di questi si determina il momento magnetico risultante,
dato dalla sommatoria di quelli angolari atomici, che contribuisce a determinare il verso e la
direzione del magnetismo proprio del minerale. Quando essi sono sottoposti all’induzione di un
campo esterno, i domini con momento parallelo e concorde al vettore induzione tendono ad
aumentare la loro estensione sino a diventare
l’unico dominio.
Poiché, in genere, i minerali raggiungono la
temperatura di solidificazione solo in
superficie, ogni magma primario acquisisce
una particolare magnetizzazione solo quando
effonde verso l’esterno. In questo modo, lave
coeve diverse, sottoposte a campi diversi,
generano rocce magnetizzate in modi
differenti, pertanto costituiscono documenti paleomagnetici molto importanti.
Oggi si può analizzare la diversa magnetizzazione dei minerali solidificati in tempi antichi, perché
si conoscono con buona sicurezza le attuali caratteristiche del CMT. Gli aspetti più significativi di
questo campo, in riferimento alla migrazione continentale, sono la direzione ed il verso, perché
permettono di studiare la posizione del minerale, o della regione, rispetto alla sorgente
dell’induzione. In questo modo, però, si ottengono informazioni solamente riguardo la posizione
reciproca, perché non si è certi di quale dei due si sia spostato nell’attuale posizione. In realtà
l’ipotesi più attendibile è che, seppure con lievi migrazioni ed inversioni di polarità, la direzione del
CMT sia rimasta immutata, perché altrimenti non si spiegherebbe la divergenza del campo indotto
in rocce della stessa era.
Il campo magnetico terrestre 7
Il campo geomagnetico, individuato nel 1269 da Pierre de Maricourt, fu descritto inizialmente nel
1600 da Gilbert, che considerava la Terra un enorme magnete sferico, e poi nel XIX secolo da
Gauss. Quest’ultimo considerò le linee di forza del CMT e le paragonò a quelle generate da un
dipolo magnetico equivalente a forma di barra rettilinea inclinata rispetto all’asse di rotazione
terrestre. Il modello è rimasto sostanzialmente invariato sino ad
oggi, ma la discussione riguardo le sue caratteristiche è ancora
in corso.
Il CMT è generato approssimativamente da due poli magnetici
opposti, uniti dalle linee di forza, che descrivono curve chiuse
attorno al geoide. Per definizione i poli sono i punti in cui il
campo geomagnetico ha direzione verticale, ma la nomenclatura
che definisce il Nord ed il Sud è frutto di una convenzione.
Poiché le linee di forza entrano nell’emisfero boreale ed escono
da quello australe, il polo magnetico Sud si trova vicino
all’Artico, mentre quello Nord vicino all’Antartide. Non
potrebbe essere diversamente: il polo Nord dell’ago della
bussola può indicare solamente una polarità opposta, in pratica
il polo Sud magnetico. La retta che li congiunge non passa per il centro della Terra ed inoltre è
inclinata di 11°30’ rispetto all’asse di rotazione, pertanto determina due poli geomagnetici sulla
superficie terrestre, che si distinguono da quelli geografici per la diversa posizione. Chiaramente
essi non sono punti reali, ma il frutto di un’astrazione basata sul modello matematico del dipolo, che
deriva dall’analisi armonica sferica, un complesso metodo che studia la rappresentazione delle
funzioni come sovrapposizione di onde fondamentali tramite l’uso delle coordinate sferiche. Esso
non rappresenta la realtà, perché la temperatura al centro della Terra supera i 1043 K, superiore al
punto di Curie di tutti i materiali conosciuti. Il dipolo quindi non può esistere in quanto non avrebbe
proprietà ferromagnetiche. -5
L’intensità media del CMT si misura con appositi strumenti, detti magnetometri, e vale (5 · 10 )
4
Tesla, oppure 0,5 Gauss (G) (1T=10 G). Essa è un valore molto piccolo, che aumenta verso i poli
magnetici e diminuisce verso l’equatore.
La direzione del CMT è definita come la tangente alle linee di forza in un punto, ma in pratica è
determinata da due fattori: declinazione magnetica e inclinazione magnetica. La prima indica
l’angolo formato dalla retta congiungente i poli magnetici e dall’asse di rotazione, sarebbe 0° se i
poli geomagnetici coincidessero con quelli geografici; la seconda indica l’angolo tra la tangente alle
linee di forza e la superficie terrestre.
L’origine del CMT
L’ipotesi più accreditata è quella della dinamo ad autoeccitazione, in altre parole un generatore di
tensione con polarità costante che si autoalimenta, proposta dal geofisico inglese Bullard. Il modello
prevede un disco di materiale conduttore immerso in un campo magnetico ed in rotazione intorno
ad un’asse. Per la legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday, si induce una differenza di
potenziale tra il centro del disco e la sua periferia. Collegando gli estremi di una bobina, con asse
uguale a quello di rotazione, al disco ed all’asse si genera una corrente elettrica, che a sua volta
genera un campo magnetico che va a sommarsi al precedente in un processo di rafforzamento