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Mussolini e l’illusione della propaganda fascista.……pag. 18
Petronio ………………………………………………………….pag .30
Satyricon
Menandro ………………………………..………………………pag.36
La commedia borghese
L’importanza dell’essere(dato reale) nelle
scienze…………………………………………………………….pag. 38
Luminosità apparente e Scrittore, drammaturgo e narra-
assoluta nelle stelle tore, rappresentò sulle scene
l'incapacità dell'uomo di identifi-
carsi con la propria personalità,
il dramma della ricerca di una
Luigi Pirandello verità al di là delle convenzioni e
delle apparenze.
(1867 – 1936) Al centro della concezione Piran-
delliana c’è il contrasto tra
apparenza e sostanza.
La critica delle illusioni va di
pari passo con una drastica
sfiducia nella possibilità di
conoscere la realtà: qualsiasi
rappresentazione del mondo si
rivela inadeguata verità della
vita, percepita come un flusso
continuo, caotico e inarrestabile.
6
Vita:
Nasce a Girgenti (oggi Agrigento) nel 1867, da una famiglia borghese.
Nel 1891 si laurea all'Università di Bonn. Tornato in Italia, nel 1893
si stabilisce a Roma dove inizia a collaborare a riviste letterarie, per
l'interessamento di Luigi Capuana; dal 1897 - ed ininterrottamente
fino al 1922 - insegna all'Istituto superiore di Magistero, prima
stilistica, poi letteratura italiana. Comincia a pubblicare poesie, saggi,
romanzi e novelle (che, a principiar dal 1909, apparivano sul "Corriere
della Sera"), per poi affermarsi come autore drammatico nei due lustri
seguenti al primo conflitto mondiale. Accademico d'Italia dal 1929, nel
'34 è insignito del premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma nel
1936, mentre sta lavorando a "I giganti della montagna".
La realtà per Pirandello
Ciascuno vede la realtà secondo le proprie idee e i propri sentimenti,
in un modo diverso da quello degli altri. Tra realtà e apparenza ci
sono due distinte dimensioni:
la dimensione della realtà oggettiva,
1) che è esterna agli
individui e che apparentemente è uguale e valida per tutti, perché
presenta per ognuno le stesse caratteristiche fisiche ma è inafferrabile
e non riconoscibile: ciò che resta nell'anima dell'individuo è la sua
disintegrazione in tante piccole parti quante sono le possibilità
concrete dell'individuo di vederla. 7
la dimensione della realtà soggettiva,
2) che è la particolare
visione che coglie l'individuo solo negli aspetti che sono maggiormente
propri al particolare momento che sta vivendo e alla sua condizione
sociale, in base ai quali riceve dalla realtà certe impressioni, certe
sensazioni che sono assolutamente personali e non possono essere
provate da tutti gli altri individui. Quindi ci sono tante dimensioni
quanti sono gli individui e quanti sono i momenti della vita
dell'individuo.
Per i personaggi pirandelliani non esiste, quindi, una realtà oggettiva,
ma una realtà soggettiva, che, a contatto con la realtà degli altri, si
disintegra. L'uomo deve adeguarsi alle convenzioni imposte dalla
società, egli assume quindi una maschera, o per propria volontà o
perché così è visto e giudicato. Questa maschera è l'aspetto esteriore
dell'individuo. Siccome il personaggio è condannato a recitare sempre
la stessa parte, non ha nessuna possibilità di mutare la propria
maschera, si verifica così la disintegrazione fisica e spirituale dei
personaggi che si può riassumere nella teoria della triplicità
esistenziale:
come il personaggio vede se stesso;
come il personaggio è visto dagli altri;
come il personaggio crede di essere visto dagli altri.
Quando il personaggio scopre di essere calato in una maschera,
determinata da un atto accaduto una sola volta e di essere
riconosciuto attraverso quell'atto e identificato in esso, cade in una
condizione angosciosa senza fine, perché si rende conto che:
la realtà di un momento è destinata a cambiare nel momento
successivo
la realtà è un'illusione perché non si identifica in nessuna delle
forme che gli altri gli hanno dato
Nella società l'unico modo per evitare l'isolamento è il mantenimento
della maschera: quando un personaggio cerca di liberarsene con un
diverso comportamento viene considerato preso dalla follia che
scatena in tutti il riso perché non è comprensibile; per questo viene
allontanato, rifiutato e considerato un elemento di disturbo della
società, non trovando più posto negli schemi e convenzioni di essa. 8
Il fu Mattia Pascal
La trama
Mattia Pascal, vive nell’immaginario paese ligure di Miragno, insieme
alla madre e al fratello. Il padre ha lasciato loro in eredità una
discreta fortuna consistente in case, terreni e vigneti. La giovane
vedova, del tutto incapace di amministrare, affida l’intero patrimonio
a Batta Malagna. Quest’ultimo però, con il trascorrere degli anni, si
impossessa di tutti i loro averi e costituisce la causa principale del
declino della famiglia Pascal. I due fratelli Mattia e Roberto vivono
allegri e liberi da ogni pensiero morale, religioso o scolastico e, una
volta cresciuti, non si curano dei beni della famiglia, paghi di vivere
senza apparenti problemi e in maniera agiata. Il Malagna ha avuto
infatti la capacità di non fargli mancare nulla e di nascondere
l’immensità di debiti che presto li avrebbe fatti precipitare.
Costretto a sposare Romilda, da cui aspetta un bambino, Mattia si
trova a convivere anche con la suocera vedova che lo disprezza e lo
considera un fannullone, un buono a nulla ricco soltanto di debiti. Da
questo momento la vita di Mattia diventa un inferno.
Ormai senza ricchezze, si trasferisce in una casa umile; la moglie
perde la sua originaria bellezza e sembra non amarlo più; le due figlie
muoiono una dopo l’altra a causa della loro gracilità. In seguito muore
anche l’adorata madre dopo aver sopportato i soprusi della suocera-
strega la quale continua per la povertà di Mattia a odiare il genero e a
rovinare la già precaria tranquillità della casa. Per la prima volta in
vita sua il protagonista si ritrova a cercare lavoro, e grazie all’amico
Pomino, ne trova uno come bibliotecario.
Ma un giorno Mattia, esasperato dalla noia e dall’ inutilità del suo
lavoro, decide di fuggire. Arriva a Montecarlo e grazie ad una serie di
vincite fortunate si ritrova in tasca la somma di 82.000 lire. E’ quasi
ricco! Decide di ritornare a casa per riscattare le sue proprietà e per
godere di una rivincita sulla suocera; sogna finalmente una vita
serena, un avvenire tranquillo al riparo della miseria. Ma proprio
mentre questi pensieri occupano la sua mente, in treno durante il
viaggio di ritorno a casa, legge su un giornale che a Miragno, è stato 9
ritrovato il cadavere di Mattia Pascal.
Legge e rilegge lo scritto in minutissimi caratteri e lo ripete tra se
quasi sillabando, fermandosi ad ogni parola. Egli si sarebbe suicidato
nella gora del molino alla Stia, una sua vecchia proprietà, a causa dei
dissesti finanziari e dei lutti familiari. Inoltre era stato
frettolosamente riconosciuto dalla moglie disperata e dalla suocera.
Dapprima sconvolto, comprende presto che può crearsi una nuova
vita, una vita libera da ogni
legame con il passato, senza
problemi e senza responsabilità,
proprio come quando era giovane.
E’ ricco e non essendo più Mattia
Pascal non ha più alcun creditore.
Così cambia identità e con il nome
di Adriano Meis comincia a
viaggiare prima in Italia e poi
all’estero, fino a che decide di
stabilirsi a Roma, in un camera
ammobiliata sul Tevere.
S’innamora, ricambiato, di
Adriana, dolce figlia del padrone
di casa Anselmo Paleari. Mattia
vorrebbe sposarla e ricominciare
tutto da capo. Ma Adriano Meis
non esiste, non ha una realtà
sociale, non ha nessuno dei diritti che hanno i cittadini iscritti
all’anagrafe. Non può acquistare nulla, non può denunciare un furto
se derubato e tanto meno può contrarre matrimonio. Non può fare
nessuna di quelle cose della vita quotidiana che necessitano di una
fare il
identità. La sua libertà dunque è solo un’illusione. Scopre che
morto non è una bella professione. A Mattia non resta che farla finita
anche con la nuova identità simulando il suicidio di Adriano Meis
nelle acque del Tevere. Erano passati soltanto due anni dalla sua
prima supposta morte. Eppure tante cose erano cambiate. La moglie
Romilda si era risposata con il suo amico Pomino ed aveva avuto una
bambina.
Quanto è beffardo il destino!!!
Lui, che aveva pensato di essere rinato e finalmente libero di fare ciò
10
che desiderava, non aveva potuto vivere pienamente la sua nuova
vita, ma era evidente che gli altri lo avevano fatto. Gli altri erano
andati avanti anche senza di lui. Gli altri, a Miragno, avevano
stentato a riconoscerlo e il suo ritorno non aveva, per lo meno
inizialmente, causato lo scompiglio che si era immaginato. Mattia,
ritornato con propositi di vendetta, ben presto li abbandona e lascia
che la moglie e l’amico continuino a vivere il loro menage coniugale.
A Mattia non resta che ritornare a fare il bibliotecario nell’umida
chiesa sconsacrata e adibita a biblioteca comunale, in un paese in cui
nessuno legge e di andare di tanto in tanto a far visita alla propria
tomba consapevole di essere per sempre “Il fu Mattia Pascal”.
Considerazioni personali
Mattia Pascal è il testimone esemplare dell’assurda condizione di
uomo prigioniero delle “maschere sociali” di marito, di padre, di figlio,
di fratello che coprono la nostra vera identità. Esprime la sofferenza di
un uomo, angosciato dall’impossibilità di sfuggire alle convenzioni e ai
vincoli della società che sono una catena, un freno inibitore e che forse
Fuori della legge e fuori di quelle
sono l’unico modo d’esistere.
particolarità, liete e tristi che siano per cui noi siamo noi… non è
possibile vivere. Pirandello in questo romanzo rappresenta tutta la
crisi esistenziale e storica dell’uomo moderno. E questa
rappresentazione, impregnata del contrasto tra realtà e illusione,
consapevole dell’incapacità di essere totalmente artefici del proprio
destino e del sopravvento del caso è inscenata con straordinaria
semplicità in un misto di gioia e di sofferenza, di umorismo e
amarezza, di comico e di tragico.
Un particolare curioso su cui far attenzione è la ripetizione, per due
volte, di alcune situazioni: Mattia Pascal seduce prima Romilda, poi
Oliva; muore due volte; per due volte si dà una nuova personalità,
prima come Adriano Meis , poi come “fu” Mattia Pascal. E ancora: si
sostituisce spesso ad un “alter ego”, a un “doppio” di sé: per esempio si
sostituisce a Pomino nell’amore di Romilda e poi è questo stesso amico
a sostituirsi a lui come marito; infine, Mattia tende sempre a ripetere
la stessa situazione collocandosi come terzo all’interno di un rapporto
di coppia : si inserisce tra Malagna e Romilda, e anche fra la ragazza e
Pomino, innamorato di lei; poi fra Adriana e Papiano; infine tra il
pittore spagnolo e la fidanzata e, di nuovo, tra Romilda e Pomino. 11
Tutto ciò concorre a considerare il romanzo come una successione di
specchi, successione peraltro connaturata alla riflessione umoristica
che non è una forma del sentimento, ma si pone dinnanzi ad esso come
un giudice, lo analizza e lo scompone. Di qui nasce “il sentimento del
contrario” che è il tratto caratterizzante l’umorismo per Pirandello.
Lo scrittore propone un esempio: se vedo una vecchia signora con i
capelli tinti e tutta imbellettata, avverto che è il contrario di ciò che
una vecchia signora dovrebbe essere. Questo avvertimento del
contrario è il comico. Ma se interviene la riflessione e suggerisce che
quella signora soffre a prepararsi così e lo fa solo nell’illusione di poter
trattenere l’amore del marito più giovane, non posso più solo ridere:
dall’avvertimento del contrario, cioè dal comico, passo al sentimento
del contrario, cioè all’atteggiamento umoristico.Se si coglie il ridicolo
di una persona, di un fatto bisognerebbe individuarne anche il fondo
dolente, di umana sofferenza e guardarlo con pietà; o viceversa, se ci si