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Estratto del documento

come avviene ne I racconti (1958). Nelle opere (La formica argentina, La

speculazione edilizia, La nuvola di smog) e nel romanzo La giornata di

uno scrutatore (1963), le tematiche dominanti sono l’alienazione della

società neocapitalista e le enormi contraddizioni presenti nel mondo della

democrazia e del progresso.

Nonostante la consapevolezza pessimistica che la società opprime e

spesso annienta l’individuo, emerge sempre, da una parte lo slancio

ottimistico verso la vita, dall’altra una sempre ferma fiducia nella ragione

dell’uomo. E la ragione che può e deve portarlo a conoscere la realtà e a

porsi di fronte a essa in modo responsabile e consapevole, per dominarla e

trasformarla. Questo atteggiamento razionalistico è la caratteristica

dominante di tutta l’opera di Calvino, accanto alla gioia e al divertimento

dell’invenzione narrativa, al piacere di raccontare belle favole. Il rapporto

fra il mondo della realtà è quello della finzione narrativa, che

simbolicamente lo rappresenta, diventa appunto, nell’ultimo decennio

della sua attività di scrittore, il tema su cui vertono le sue opere. In Le

città invisibili (1972), Il castello dei destini incrociati (1973) e

soprattutto Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), la

complessa struttura, fatta di tanti intrecci appena suggeriti e di piani

diversi, vuole rappresentare il complesso gioco della narrazione,

chiamando direttamente in causa il lettore, il quale attraverso il suo

rapporto creativo, dà ordine e finitezza all’opera.

Un originale uso del linguaggio

Nella profonda evoluzione della narrativa di Calvino e nella grande varietà

delle tematiche, dagli esordi neorealisti alle ultime opere, un elemento

rimane costante, ed è il linguaggio. Esso è sempre piano, limpido,

preciso, sia nella sintassi, che si modella sul procedere logico del discorso,

sia nel lessico, che non è mai caratterizzato da scelte dialettali o vicine al

parlato e nemmeno da scelte di tipo lirico - evocativo, ma è sempre il più

neutro e controllato possibile, a conferma della cristallina razionalità

che domina nell’opera di Calvino anche quando essa rappresenta mondi

surreali e fantastici.

La vita

Italo Calvino (1923-85) nacque a Cuba in un villaggio vicino all’Avana;

quando aveva due anni, la famiglia rientrò in Italia, nell’originaria

Sanremo. Conclusi gli studi liceali a Sanremo, Calvino si iscrisse alla

facoltà di agraria dell’università di Torino; ma non va oltre i primi esami:

Tra il 1943 e il 1945, aggregatosi ai partigiani delle brigate “Garibaldi” ,

partecipa alla Resistenza nella zona delle Alpi Marittime e aderisce al

Partito comunista. Laureatosi in lettere all’università di Torino nel 1947,

entra in contatto con l’ambiente della casa editrice Einaudi,

particolarmente impegnata nel processo di rinnovamento della cultura

italiana. Qui conosce Cesare Pavese ed Elio Vittorini e questo

incontro sarà decisivo per la sua formazione morale e culturale e per la

sua carriera da scrittore; sono gli anni della prime pubblicazioni di Calvino.

Nel 1956, Calvino con molti altri, abbandona il partito comunista. Nel 1959

collabora con Vittorini alla direzione della rivista Il Menabò, impegnata 8

nel dibattito sul problema della letteratura. Nel 1964 lo scrittore si

trasferisce a Parigi, dove sposa la sua compagna argentina - parigina

Esther Judith Singer. Nel 1980 si stabilisce di nuovo in Italia, a Roma, dove

vive negli ultimi anni della sua vita pubblicando le sue opere saggistiche e

le sue ultime opere letterarie e collaborando al quotidiano La

Repubblica.

Il 19 settembre 1985 muore a Siena in seguito a un ictus celebrale.

Il cavaliere inesistente (1952)

Il protagonista è il cavaliere inesistente Agilulfo: un’armatura bianca

completamente vuota, che si tiene in vita solo con la forza di volontà. Egli

è un amante dell'eccellenza, e per questo non è stimato dagli altri

paladini. Il racconto si apre sul campo di battaglia dei Franchi, impegnati

nella lotta contro gli infedeli. Nei primi tempi si presenta al campo il

giovane Rambaldo, un ragazzo ingenuo e inesperto ma ansioso di entrare

nella lotta per vendicare la morte di suo padre. Così si scatena una furiosa

battaglia, nella quale il giovane deve colpire l’assassino di suo padre,

Isoarre. Questi, però, non è ucciso in maniera diretta; invece di essere

affrontato in duello, infatti, muore per il solo fatto che Rambaldo lo privi

dei suoi occhiali. In seguito, il giovane cade in un’imboscata, ma è

soccorso da un soldato misterioso dalle insegne color pervinca. Spinto da

curiosità e gratitudine, Rambaldo vuole conoscere il suo salvatore e lo

insegue: scopre così che il cavaliere misterioso è in realtà una donna,

Bradamante, di cui si innamora. Bradamante, però, non è interessata a lui,

perché il suo ideale di uomo è proprio Agilulfo. Durante uno spostamento,

l’esercito franco s’imbatte in un povero contadino, Gurdulù, che si lascia

guidare dalle proprie emozioni e dal suo cuore, senza riflettere. A

differenza di Agilulfo che sa d’esserci, ma non c’è, egli c’è, ma non sa

d’esserci.

Durante un banchetto un giovane, Torrismondo, rivela dei fatti inaspettati

che gettano fango sull’onore di Agilulfo: questi aveva ottenuto il titolo di

cavaliere per aver salvato da alcuni aggressori una ragazza da lui ritenuta

vergine. Torrismondo rivela che quella donna era già allora sua madre, e 9

quindi non era sicuramente vergine. La rivelazione getta nel panico il

cavaliere, il quale sente che ora il suo compito è quello di andare a cercare

la ragazza per dimostrare che all’epoca era ancora pura. Agilulfo parte,

seguito da Bradamante infatuata di lui, la quale è inseguita a sua volta da

Rambaldo, innamorato di lei. Nella stessa sera, anche Torrismondo parte

per ritrovare suo padre, ovvero uno dei cavalieri de "Il Sacro Ordine dei

Cavalieri del San Gral", e per farsi riconoscere come figlio da quest’ordine

(dato che la madre gli aveva rivelato di averlo concepito da uno dei molti

cavalieri con i quali si era unita, ma di considerare tutto l’ordine padre del

bambino). Torrismondo trova i cavalieri del Gral, ma perde le sue ultime

speranze quando questi si rivelano come una setta mistica, estraniata

dalla realtà e per di più priva di coscienza etica.

Dopo varie avventure che lo conducono in Scozia e poi in Africa (in

Marocco), Agilulfo trova la donna che cercava, Sofronia, e la riporta nei

pressi del campo di battaglia dei Franchi, per dimostrare finalmente

all'imperatore che la donna era vergine al momento in cui l'aveva salvata

dai violentatori vent'anni prima, e anzi è vergine tuttora. Anche

Torrismondo, però, giunge nei pressi della caverna dove si era nascosta la

presunta madre, ed entrambi cedono alla passione amorosa. Alla fine si

scoprirà che Torrismondo non è figlio di Sofronia, ma il fratello. Poi i due

fratelli si scoprono fratellastri, e alla fine si saprà che Torrismondo è figlio

della regina di Scozia e del Sacro Ordine, mentre Sofronia è figlia del re di

Scozia e di una contadina, e perciò l’amore nato tra i due è libero di

crescere. Anche Agilulfo, quindi, ha tutto il diritto di essere cavaliere, ma

purtroppo, prima che possa sapere la verità, questi si è già tolto la vita:

cede in testamento la sua bianca armatura a Rambaldo e si dissolve.

A narrare l'intera vicenda era stata una monaca, suor Teodora, che solo

alla fine rivela di non essere altri che Bradamante, tuttora ricercata da

Rambaldo. Finalmente, Rambaldo arriva al monastero, fugge con Teodora-

Bradamante, e da allora passerà il resto della vita con il suo amore.

Il barone rampante (1957) 10

Il barone rampante è uno dei tre romanzi che compongono il ciclo I

nostri antenati. Gli altri due, non meno famosi, sono Il visconte

dimezzato e Il cavaliere inesistente.

Trama

In questo romanzo si narra di un adolescente di 12 anni, Cosimo, figlio del

barone di un paese della Liguria, che, stanco della vita piena di regole e

costrizioni, decide, come segno di protesta, di andare a vivere sugli alberi

e di non scendere mai più.

Dapprima Cosimo conosce una bambina, Viola, di cui si innamora

perdutamente; ma in seguito la bambina parte, spezzandogli il cuore.

Negli anni seguenti Cosimo si adatta alla vita sugli alberi sopravvivendo

grazie alla caccia e vivendo molte avventure e molti avvenimenti: lotta

contro i pirati, legge molti libri diventando un filosofo conosciuto in tutta

Europa, conosce un pericoloso brigante, che riesce a redimere grazie alla

cultura ma che vede poi morire sulla forca, fonda una squadra di vigili del

fuoco, incontra un gruppo di persone spagnole che come lui vivono sugli

alberi e conosce Ottimo Massimo, il cane che gli tiene compagnia per molti

anni. Un giorno Violante ritorna a casa, e tra i due nasce un grande amore,

che però si conclude male e quindi la ragazza riparte.

Cosimo passa tranquillamente gli ultimi anni della sua vita e alla fine

muore, a sessantacinque anni, dopo essersi ammalato gravemente,

attaccandosi all'ancora di una mongolfiera in volo e buttandosi lontano dal

suo paese, per non dare agli abitanti la soddisfazione di vederlo alla fine

toccare la terra.

Tempo

La narrazione si svolge nell'epoca direttamente successiva alla Rivoluzione

Francese (tra la fine del 1700 e la Restaurazione). La vicenda si svolge

nell’arco della vita di Cosimo. I fatti scorrono sotto i nostri occhi con la

stessa velocità con cui stiamo leggendo il testo.

Tecniche di presentazione delle parole e dei pensieri dei

personaggi

Nel racconto prevale il discorso diretto e in certi punti sono presenti dei

discorsi indiretti liberi e dei monologhi interiori.

Narratore

Il libro è scritto principalmente in terza persona, con un narratore interno,

che sembra dare un tono più veritiero all'assurdità di quello che rende

possibile tutto il racconto, cioè il fatto che il protagonista viva sugli alberi.

Tematiche

L’autore utilizzando l'allegoria dell'uomo che vive sugli alberi, distaccato

da tutti e da tutto ciò che accade, ha voluto raccontare il suo stato

d'animo e specialmente la condizione propria di ogni uomo. Quindi, con

questo racconto, il poeta vuole affermare che, nonostante la vita di un

uomo possa essere felice e ricca di avvenimenti, ognuno è comunque solo

e chiuso in se stesso. Inoltre la fragilità e la corruttibilità della condizione

umana sono messe in luce dal fatto che Cosimo vive su sostegni fragili

come i rami degli alberi, che sembrano forti all'apparenza ma che si

rivelano poi vulnerabili ad ogni genere di pericolo. L’immagine di un uomo

11

che si arrampica sulle piante per sfuggire alla solita routine e alla solita

gente rappresenta in un certo senso l’immagine dell’uomo attuale, che,

oppresso molto spesso dal lavoro, dalle persone, o semplicemente dalla

noiosa quotidianità, decide di trovare una via di scampo e di evadere.

Cosimo Piovasco di Rondò (da Il Barone Rampante, cap.13)

Nel brano che segue il narratore descrive la vita di suo fratello Cosimo che

dagli alberi partecipa attivamente alla vita culturale internazionale e si

interessa alla attività lavorative degli abitanti collaborando con la sua

esperienza e la sua intelligenza. La vita sugli alberi non rappresenta quindi

per Cosimo una fuga dalla realtà, ma un misurarsi con essa vivendo

attivamente le vicende del proprio tempo: per vivere veramente e per

riconoscersi, l’uomo non deve integrarsi con la società, ma “tenersi alla

distanza necessaria”.

Comunque l’arresto dell’Abate non portò alcun pregiudizio ai progressi

dell’educazione di Cosimo. È da quell’epoca che data la sua

corrispondenza epistolare con i maggiori filosofi e scienziati d’Europa, cui

egli si rivolgeva perché gli risolvessero questi e obiezioni, o anche solo per

il piacere di discutere cogli spiriti migliori e in pari tempo esercitarsi nelle

lingue straniere. Peccato che tutte le sue carte, che gli riponeva in cavità

d’alberi a lui solo note, non si siano mai ritrovate, e certo saranno finite

rose dagli scoiattoli o ammuffite; vi si troverebbero lettere scritte di pugno

dai più famosi sapienti del secolo.

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