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Giuseppe Terragni che, insieme a Libera, Figini, Pollini, Frette, Larco e Rava, fonda il Gruppo 7

e Piacentini che con il Palazzo di Giustizia a Milano manifesta la potenza del regime.

Da un’attenta riflessione riguardante il ruolo della propaganda dal passato fino ad oggi ho

manifestato l’idea che quotidianamente veniamo bombardati da una comunicazione persuasiva, per

questo possiamo definire la nostra età come l’età della propaganda. A tal proposito ho analizzato

la figura di Karl Popper, che analizza a fondo lo strumento di comunicazione più potente che ci sia:

la televisione. La televisione è e fu stata il mass media più utilizzato per propagandare la potenza

dei regimi totalitari.

Ho analizzato la figura dei mass media, in particolare della televisione, nel senso di “scuola così

affascinante da essere frequentata senza che nessuno ce lo ordini” e di conseguenza la funzione

educativa che essa svolge in particolare sui bambini. La sua capacità educativa, però, non è solo

nulla, bensì negativa; la cosa più drammatica è che si accetta a scatola chiusa il buono e il cattivo

della tv, senza possibilità di difendersi. In "Cattiva maestra televisione" Popper analizza i contenuti

dei programmi e giunge alla conclusione che il piccolo schermo è diventato un potere incontrollato,

capace di immettere nella società ingenti dosi di violenza. La televisione cambia l'ambiente, i

bambini da questo ambiente modificato ne traggono i modelli da imitare. La televisione conta più

dell'asilo e della scuola moderna, deve fare il mestiere di maestra e non lo sa e per questo è "cattiva

maestra". I produttori fanno solo "business" e hanno come fine l'intrattenimento della massa, ma

hanno creato un gigantesco asilo, il più seducente di tutte le scuole del mondo. Popper sostiene

che,se non si agisce in tempo,inesorabilmente la televisione peggiorerà per una sua legge interna

dell'audience. Nell'opera "Cattiva maestra televisione" avanza una sua proposta e cioè quella di far

patentare tutti coloro che fanno televisione, altrimenti si arriverà ad avere giovani sempre più

disumani e violenti, ma soprattutto con valori sbagliati.

Nell’ambito filosofico ho preso in considerazione Kierkegaard ,secondo il quale il reale

protagonista del mondo è l’uomo preso come SINGOLO, come individualità unica e irripetibile,

come rimedio a qualsiasi forma di omologazione, intesa come propaganda che tende a rendere tutti

uguali. La singola esistenza di ciascun uomo è l’unica realtà dotata di senso in un mondo che non

presenta alcun ordine prestabilito. Il singolo è quindi l’uomo posto di fronte all’assoluta libertà del

proprio destino. La vita è unica e irripetibile; ciò che muove le azioni del singolo sono le decisioni

prese in assoluta libertà e secondo scelte esclusivamente personali. Tale filosofia come quella di

Schopenhauer intende essere una critica al sistema filosofico di Hegel., secondo il quale l’entità del

protagonista del mondo è quella spiritualità infinita che contiene al suo interno le singolarità, le

individualità degli uomini, che è rappresentata dallo spirito assoluto.

-Nel contesto educativo e quindi pedagogico ho analizzato la figura di Makarenko, secondo il quale

l’educazione deve essere finalizzata a formare il cittadino comunista. Makarenko, vissuto in un

contesto storico esclusivamente comunista (Rivoluzione D’Ottobre), propaganda l’ideologia

comunista al fine pedagogico: l’educazione deve mirare a formare non il cittadino libero, ma il

cittadino voluto dallo stato, dal regime dominante. Formare quindi un buon cittadino comunista

cioè colui che nella società da più importanza alla collettività rispetto all’individualità. Per

Makarenko grande importanza ha nel processo educativo, la disciplina e il lavoro. Attraverso il

lavoro il ragazzo realizza le proprie capacità,attitudini e nello stesso tempo si integra nella società.

Quindi il fine educativo principale per Makarenko è di formare un individuo al servizio della

collettività,dello stato,della politica e della società comunista .Il tipico cittadino comunista si 6

inserisce nella società attraverso il lavoro,la formazione politica e il sostegno dell’ideologie

comuniste.

La propaganda letteraria, infine, è tra le più importanti, essendo la propaganda un fatto

essenzialmente “comunicativo”. Da me analizzato è la propaganda della figura dell’imperatore

Nerone da parte di Seneca nel De Clementia ."La clemenza" fu composto tra il 55 e il 56 e ci è

giunto incompleto. L'opera è indirizzata a Nerone, da poco divenuto imperatore, di cui Seneca

elogia la moderazione e la clemenza, definita come la "moderazione d'animo di chi può vendicarsi"

o l' "indulgenza", e che invita a comportarsi coi suoi sudditi come un padre coi figli. Seneca non

mette in discussione il potere assoluto dell'imperatore, ed anzi lo legittima come un potere di

origine divino. A Nerone il destino ha assegnato il dominio sui suoi sudditi, ed egli deve svolgere

questo compito senza far sentire su di loro il peso del potere. Questa tesi trova il supporto filosofico

nella dottrina politica stoica, secondo cui la monarchia è la forma di governo migliore, all'unica

condizione che il sovrano sia sapiente, e trattenendo i suoi sentimenti più violenti, sappia esercitare

con temperanza il suo potere. 7

INTRODUZIONE:

La propaganda è un tipo di messaggio mirato a influenzare le opinioni o il comportamento delle

persone. Spesso, invece di fornire informazioni imparziali la propaganda è

deliberatamente mistificatoria o fa uso di fallacità che, sebbene talvolta possano risultare

convincenti, non necessariamente si rivelano valide. Ma in cosa consiste esattamente "la

propaganda"? Il carattere fondamentale della propaganda dei nostri giorni, ma applicabile anche al

passato, è che i "media", oltre a "divertire, intrattenere e informare", abbiano il compito di

"imprimere negli individui valori, credenze e codici di comportamento atti a integrarli nelle

strutture istituzionali della società di cui fanno parte". In parole povere, una società caratterizzata da

determinate strutture economiche, sociali e istituzionali, avrà bisogno di media che non vadano a

interferire con tali strutture; al contrario, saranno chiamati a rafforzarle. E questo è particolarmente

evidente nei casi in cui le élite politiche ed economiche della società in esame siano in grado di

controllare direttamente i mezzi di comunicazione. I media hanno dietro, generalmente "grosse

imprese economiche, controllate da persone molto ricche e da altre forze orientate al mercato e al

profitto, o verso una fede politica". Dunque, l’informazione fornita da quei media che sono

maggioritari (è bene ricordarlo) non potrà non risentire degli interessi di chi li finanzia.

In tardo latino, propaganda significa "cosa da propagare" o "che deve essere diffusa". 8

Gabriele D’Annunzio : il poeta che ebbe il culto della bella parola e del bel gesto.

Eroe di guerra ,capace di propagandare le sue idee, anche quelle politiche.

Nascondo la persona, e diffondo lo spirito.

Non chiedo, e non attendo.

Persevero, e non mi converto.

Mi conquisto ogni giorno, e ho quel che ho donato.

(G. D’Annunzio)

(incarnazione del poeta della "vita inimitabile" )

Nacque a Pescara il 12 marzo 1863 in una casa di via Manthoné, figlio di Francesco Paolo

Rapagnetta d'Annunzio e di Luisa de Benedhictis. Terzo di cinque fratelli, visse un'infanzia felice,

distinguendosi per intelligenza e vivacità. Della madre erediterà la fine sensibilità, del padre il

temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, cosa che

portò la famiglia da una condizione agiata ad una difficile situazione economica. Non tardò a

manifestare una personalità priva di complessi e inibizioni, portata al confronto competitivo con la

realtà. Una testimonianza ne è la lettera che, ancora sedicenne (1879), scrive a Giosuè Carducci, il

poeta più stimato nell'Italia umbertina, mentre frequenta il liceo al prestigioso istituto Convitto

Cicognini di Prato. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima opera del giovane

studente, Primo vere, una raccolta di poesie che ebbe presto successo. Accompagnato da

un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana Il Fanfulla della Domenica, il successo del

libro venne aumentato dallo stesso D'Annunzio con un espediente: fece diffondere la falsa notizia

della propria morte per una caduta da cavallo. La notizia ebbe l'effetto di richiamare l'attenzione del

pubblico romano sul romantico studente abruzzese, facendone un personaggio molto discusso. 9

Dopo aver concluso gli studi liceali presso il Real Ginnasio-Liceo "G.B.Vico" di Chieti, giunse a

Roma nel 1881, con una notorietà che andava crescendo.

I dieci anni trascorsi nella capitale (1881-1891) furono decisivi per la formazione dello stile

comunicativo di D'Annunzio, e nel rapporto con il particolare ambiente culturale e mondano della

città si formò quello che possiamo definire il nucleo centrale della sua visione del mondo.

L'accoglienza nella città fu favorita dalla presenza in essa di un folto gruppo di scrittori, artisti,

musicisti, giornalisti di origine abruzzese (Scarfoglio, Michetti, Tosti, Masciantonio, Barbella, ecc.)

che fece parlare in seguito di una "Roma bizantina".

La cultura provinciale e vitalistica di cui il gruppo si faceva portatore appariva al pubblico romano,

chiuso in un ambiente ristretto e soffocante - ancora molto lontano dall'effervescenza intellettuale

che animava le altre capitali europee -, una novità "barbarica" eccitante e trasgressiva; D'Annunzio

seppe condensare perfettamente, con uno stile giornalistico esuberante, raffinato e virtuosistico, gli

stimoli che questa opposizione "centro-periferia" "natura-cultura" offriva alle attese di lettori

desiderosi di novità.

D'Annunzio si era dovuto adattare al lavoro giornalistico soprattutto per esigenze economiche, ma

attratto alla frequentazione della Roma "bene" dal suo gusto per l'esibizione della bellezza e del

lusso, nel 1883 sposò, con un matrimonio "di riparazione", nella cappella di Palazzo Altemps a

Roma, Maria Hardouin duchessa di Gallese, da cui ebbe tre figli (Mario, Gabriellino e Veniero).

Tuttavia, le esperienze per lui decisive furono quelle trasfigurate negli eleganti e ricercati resoconti

giornalistici. In questo rito di iniziazione letteraria egli mise rapidamente a fuoco i propri riferimenti

culturali, nei quali si immedesimò fino a trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive.

Il primo grande successo letterario arrivò con la pubblicazione del suo primo romanzo, Il piacere

nel 1889. Venne presto a crearsi un vero e proprio "pubblico dannunziano", condizionato non tanto

dai contenuti quanto dalla forma divistica, un vero e proprio star system ante litteram, che lo

scrittore costruì attorno alla propria immagine. Egli inventò uno stile immaginoso e appariscente di

vita da "grande divo", con cui nutrì il bisogno di sogni, di misteri, di "vivere un'altra vita", di oggetti

e comportamenti-culto che stava connotando in Italia la nuova cultura di massa.

Tra il 1891 e il 1893 D'Annunzio visse a Napoli, dove compose il suo secondo romanzo,

L'innocente, seguito da Il trionfo della morte e dalle liriche del Poema paradisiaco. Sempre di

questo periodo è il suo primo approccio agli scritti di Nietzsche che vennero in buona parte

fraintesi, sebbene ebbero l'effetto di liberare la produzione letteraria di D'Annunzio da certi residui

moralistici ed etici. Tra il 1893 e il 1897 D'Annunzio intraprese un'esistenza più movimentata che lo

condusse dapprima nella sua terra d'origine e poi ad un lungo viaggio in Grecia.

Nel 1897 volle provare l'esperienza politica, vivendo anch'essa, come tutto il resto, in un modo

bizzarro e clamoroso: eletto deputato della destra, passò quasi subito nelle file della sinistra,

giustificandosi con la celebre affermazione «vado verso la vita

Sempre nel 1897 iniziò una relazione con la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ebbe inizio

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