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L'Arma dei Carbinieri come Forza Armata

D'Acquisto. Salvo

di sacrifcio e carabinieri dei -Resistenza

Storia Germania alla guerra di dichiarazione

e -Armistizio

Mondiale Guerra II nella Azione

carabinieri dei -Nascita

dell'Arma. L'impegno

democratico. potere nel -Coercizione

guerra.

Filoso considerarsi da è non massa di distruzione

-"Sulla

la violenza": ideologia).

fa + terrore (totalitarismo: Totalitarismo"

del origini "Le Arendt: Hannah

militare. dimensione

violenza, forza, diventa politica -La

Novecento nel Leader del fgura -La

Storia spalle.

di rappresentazione la e militari soggetti -I

dell'ar della -Tecnica

macchia.

18. x 25 Tv (1880). perlustrazione

in Carabinieri Fattori, -Giovanni

te eterni. valori di testimonianza come -L'Arte

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La Tesina che ho scelto di esporre si intitola “L’Arma dei Carabinieri come Forza Armata”, in

quanto ammiro i valori che essa incarna, quali: l’amore per la Patria, l’attaccamento al dovere,

la dedizione allo Stato, l’integrità morale, l’onestà e la solidarietà verso il prossimo.

La data di nascita dell’Arma dei Carabinieri risale al 13 aprile del 1814 con la promulgazione

delle Regie Patenti ad opera di Vittorio Emanuele I. (Le patenti costituivano un atto ufficiale

con il quale si dava formalmente il via a progetti di particolare rilievo per lo Stato e si

stabilivano compiti e competenze per il progetto in questione.)

Quello che viene a crearsi è un corpo elitario (reparto militare con caratteristiche o funzioni

specializzate), con ampie competenze in materia di ordine pubblico, la cui funzione di

protezione della stabilità interna è considerata talmente importante da venir solo dopo la

salvaguardia della persona del sovrano stesso.

L’ Arma dei Carabinieri ha combattuto in ogni conflitto nel quale l'Italia sia stata coinvolta,

riportando molte perdite in termini di vite umane e componendo un imponente medagliere per

atti eroici compiuti in ogni parte del mondo. Grande motivo di orgoglio è posto in modo

particolare nella memoria del vicebrigadiere Salvo DAcquisto, deceduto durante la Seconda

Guerra Mondiale.

E’ in questo periodo che l’Arma cercò di organizzarsi al meglio con una nuova normativa

chiamata “Servizio in Guerra. L’obiettivo era quello di coordinare efficacemente l’attività di

polizia con le operazioni militari affinchè lo stato di belligeranza non favorisse reati e

disordini incontrollabili.

Quando il 3 settembre 1943 venne firmato a Siracusa l’armistizio fra l’Italia e gli Alleati e l’8

settembre vi fu la pubblicazione dello stesso, il re fuggì a Pescara e l’esercito italiano, lasciato

senza direttive, si sfasciò.

In tale situazione l’Arma riuscì, seppur con fatica, a mantenere l’ordine, ma la situazione si

fece ancor più caotica quando il 13 ottobre 1943 il governo Badoglio dichiarò guerra alla

Germania. Era una situazione in cui legalità e illegalità erano difficilmente distinguibili. E’

perciò comprensibile il disorientamento delle forze dell’ordine, che volta per volta dovevano

giudicare da sole quale fosse il bene della Patria. I carabinieri optarono per la resistenza,

operando per boicottare il tedesco occupante. Nel frattempo i rapporti tra le forze armate

italiane e le SS peggioravano sempre più, aumentando gli arresti e i rastrellamenti, tanto

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che il 7 ottobre nacque il Fronte Clandestino dei carabinieri, forte di 6.000 uomini. Un gruppo

partecipava alla guerriglia, l’altro coordinava le informazioni. La resistenza nelle città era

disperata, i tedeschi isolavano sempre più la capitale, distruggevano le reti di

informazione , le linee ferroviarie, i ponti.

E’ da ricordare ciò che venne compiuto per il bene della Patria grazie al sacrificio eroico del

già precedentemente citato Salvo D’Acquisto, quando nel pomeriggio del 23 settembre 1943,

presso Palidoro in Roma, venne salvato per salvare 22 ostaggi vittime di rappresaglia. Il

giorno precedente infatti un reparto di truppe tedesche delle SS si era trovato a frugare nelle

casse di munizioni della Guardia di Finanza. Qui alcuni soldati tedeschi furono investiti

dall'esplosione di una bomba a mano, probabilmente dimenticata in modo accidentale. Il

comandante del reparto tedesco attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori

locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri. D'Acquisto, assunte alcune informazioni,

provò a ribattere che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, privo di autori, ma le SS

insistettero sulla loro versione e richiesero la rappresaglia. Avrebbero liberato questi civili

solo nel caso in cui fosse emerso il responsabile.

Il vicebrigadiere allora si proclamò, in un gesto cosciente e di amore verso il prossimo, autore

dell’attentato. Fu così che la sua vita si spense a soli 22 anni e affrontò, sereno, la morte.

Alla Memoria del vice brigadiere Salvo D'Acquisto il Luogotenente Generale del Regno,

con Decreto “Motu Proprio” del 25 febbraio 1945, conferì la Medaglia d'Oro al Valor

Militare con la seguente motivazione:

"Esempio luminoso di altruismo, spinto fino alla suprema rinunzia della vita, sul luogo stesso

del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, erano stati condotti dalle orde naziste 22 ostaggi

civili del territorio della sua stazione, non esitava a dichiararsi unico responsabile d'un

presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così da solo, impavido, la morte

imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di

purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma".

Nel 1983 fu aperta presso l'Ordinariato militare una causa di canonizzazione del

sottufficiale. Il sacrificio di Salvo D'Acquisto è forse il più rappresentativo dell'intero illustre

medagliere dell'Arma dei Carabinieri, per il gesto eroico che non fu atto di impulso, ma

dettato dalla lucidità di proteggere la vita della popolazione civile qualunque ne fosse stato il

prezzo. 3

Il contributo di sangue fornito dall’Arma dei Carabinieri in questa fase del conflitto (1940-

1943) è riassunto in: 1883 caduti, 587 dispersi e 8603 feriti ottenendo come ricompensa alla

bandiera 1 Medaglia d’Oro, una d’Argento e una di Bronzo al Valor Militare.

E’ così che nel novecento, epoca in cui si sono inserite le due Guerre Mondiali, sono

comparse delle figure leader che distorcono la democrazia e guidano la massa (per esempio il

termine “Dux” significa guida).

La forza d’azione, la violenza diventano elementi della politica e l’esperienza della guerra

diventa fondamentale, basti pensare al fatto che gli stessi politici incarnano maggiormente la

dimensione militare: Hitler, Mussolini, Francisco Franco vestivano divise da generali.

La violenza, soprattutto nella II Guerra Mondiale, era sistematica e con un’ideologia, poiché i

partiti stessi si organizzano in corpi armati. Questo avviene perché secondo la concezione

weberiana lo stato deteneva il monopolio della forza e i partiti statali si prendevano lo

strumento della violenza.

Hannah Arendt in Le origini del totalitarismo (1951) affronta il problema del totalitarismo

stesso, instaurato nella società di massa attraverso il terrore e l’ideologia.

Il terrore era svolto attraverso la polizia segreta (con lo spionaggio che pervade la persona

sino alla sua intimità) e i campi di concentramento per infliggere il massimo tormento

possibile, i quali prima della tortura fisica e della morte uccidevano l’uomo nello spirito,

togliendone l’identità. L’ideologia era instaurata mediante il conformismo sociale in cui il

singolo è superfluo rispetto alla massa e non c’è libertà politica.

Si ha dunque nel totalitarismo il passaggio dalle classi alle masse, dai partiti al partito

unico, dall’esercito considerato come difesa all’utilizzo della polizia che reprime e la

politica estera è basata sul dominio del mondo.

Osserva che questi modi di fare politica si sono lasciati alle spalle la loro origine greca,

infatti nella classicità non si pensava alla politica come uno strumento, ma come una forma di

vita caratterizzata da dignità e libertà.

Hannah Arendt ha scritto in seguito il libro “Sulla violenza” partendo dal presupposto che

l’uomo è animale politico perché è essere ragionevole e parlante. Ella ritiene che in

determinate situazioni si possa ricorrere alla violenza come espressione sociale e politica.

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E con questo non si intenda che la Arendt esaltasse la guerra, ma intendeva contrapporre la

guerra dell’Età Classica alla guerra degli anni del totalitarismo.

Nelle culture antiche vi era la cultura della guerra ma non era di distruzione né dal punto di

vista politico né morale. Questa visione è però stata spazzata via dalla guerra di sterminio,

cioè che utilizza nella pratica strumenti di sterminio e che non riconosce l’altro come

popolo ma come opponente totale.

La violenza del totalitarismo era sistematica e invasiva. Non è da ritenere come guerra, ma

come una distruzione di massa, basti pensare ai casi di Hiroshima e Nagasaki.

Questo non significa, se spostiamo un po’ l’ottica, che il potere democratico faccia a meno

della coercizione, ma che le forze armate vengano utilizzate al fine di mantenere l’ordine e

difendere la democrazia.

L’impegno che si assumono durante il giuramento affonda le sue radici ai tempi dell’Antica

Roma in cui l’atto di devozione dei militari era denominato “sacramentum” richiamando

quanto di più sacro potesse esprimere un uomo in termini di impegno morale.

Il giuramento di fedeltà costituisce infatti l’osservanza di quei valori senza tempo quali

l’onestà, la responsabilità e la solidarietà verso il prossimo.

Dopo questo excursus storico-filosofico non poteva certo mancare l’analisi di un’opera d’arte

inerente alla tematica della Benemerita.

Le opere d'arte hanno infatti l'importante compito di essere una fonte comunicativa di

testimonianza di valori che da temporali divengono eterni.

Ho scelto dunque il maestro della pittura macchiaiola Giovanni Fattori e l’opera in questione

è Carabinieri in perlustrazione (1880) (25 x 18).

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