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Sintesi

Introduzione Decrescita felice tesina



La seguente tesina di maturità è una tesina monografica e descrive la teoria della decrescita che è una corrente di pensiero politico, economico e sociale favorevole alla riduzione controllata, selettiva e volontaria della produzione e dei consumi, con l'obiettivo di stabilire relazioni di equilibrio ecologico nonché di equità fra gli esseri umani.


Tesina monografica di Economia politica sulla decrescita

Estratto del documento

LA TECNOLOGIA E LA PRODUTTIVITÀ

Avviare la decrescita non significa tornare indietro, annullare il progresso tecnologico,

vagheggiare una nuova “civiltà della pietra” (sono tutte obiezioni, avanzate con toni quasi

sarcastici, da quanti contestano i fautori della decrescita). La tecnologia, in particolare,

rimane un fattore importante del progresso dell’umanità, ma essa deve essere

effettivamente al servizio dell’uomo, e non del profitto, dell’accumulazione, della logica

basata sui consumi inventati. Essa deve servire a indirizzare la produzione verso attività

bio-eco-compatibili. Come ha sostenuto, al riguardo, Maurizio Pallante – il più noto

rappresentante della “decrescita felice” in Italia «le tecnologie della decrescita (…) ridanno

un valore al lavoro perché non lo indirizzano, come fanno le tecnologie della crescita, a

produrre quantità sempre maggiori di merci da buttare sempre più in fretta per produrne

altre senza preoccuparsi della loro utilità e/o dei danni che creano, ma a produrre con un

sempre minore impatto ambientale merci con un’utilità specifica», e aggiunge che esse

«sono in grado di ri-avviare un circolo virtuoso dell’economia per le conseguenze positive

sugli ambienti e sulla vita degli esseri umani». Parallelamente, la produttività (ossia il rendi-

mento dei fattori produttivi) verrà a ridursi

«in conseguenza dell’abbandono del modello

termo-industriale, del rifiuto delle tecniche

inquinanti e dell’uso sconsiderato delle

energie fossili. Si tratterà, in sostanza, di

sganciare l’applicazione delle tecniche alla

produzione dal suo attuale scopo

“quantitativista” a un fine di miglioramento

qualitativo della società.

L’OCCUPAZIONE E LA PRODUZIONE

La decrescita, secondo le indicazioni dei suoi fautori, creerà più occupazione, non il

contrario. Latouche afferma, infatti, che «una società della decrescita non avrà nessuna

difficoltà a creare attività autonome o anche salariate per tutti. L’abbandono del

produttivismo e dello sfruttamento del Sud renderà necessario più lavoro per soddisfare

uno stesso livello di consumo finale (con una forte riduzione del consumo intermedio), o

anche un livello inferiore di consumo generale». Questa tesi è condivisa da tutti gli

obiettori della crescita. Così, secondo quanto contenuto in un Manifesto-appello su “debiti

pubblici, crisi economica e decrescita felice” firmato da numerosi economisti, politici,

sindacalisti (tra cui lo stesso Latouche), la decrescita può «creare un’occupazione

qualificata, che paga i suoi costi con i risparmi economici conseguenti alla riduzione dei

consumi di fonti fossili che consente di ottenere».

D’altra parte, sottolineano i sostenitori della decrescita, il sistema a capitalismo maturo,

basato sull’industrializzazione, ha prodotto nel tempo crescenti sacche di disoccupazione

lavorativa. Macchinari sempre più potenti producono in tempi sempre più brevi sempre

maggiori merci, ma ciò non ha accresciuto l’apporto della

forza-lavoro, anzi è avvenuto il contrario. È ciò che già nel

XIX secolo Karl Marx aveva ben segnalato, parlando di un

aumento nella “composizione organica del capitale”, cioè

del rapporto tra il capitale costante (le macchine) e il

capitale variabile (i lavoratori).

Nel frattempo, la produzione capitalistica non “segue” la

domanda ma cerca di “precederla” inducendo sempre nuovi

bisogni che tuttavia non riescono quasi mai ad assorbirla Karl Marx è considerato tra i

interamente. Di qui, le ricorrenti crisi di sovrapproduzione filosofi più influenti sul piano

(o di sottoconsumo che dir si voglia). «Le tecnologie politico, filosofico ed

economico nella storia del

accrescono l’offerta di merci in misura superiore alla Novecento.

crescita della domanda e ciò comporta una diminuzione

dell’occupazione», si sostiene nel citato Manifesto-appello. Tuttavia la spirale non si ferma

a questo punto, perché «la diminuzione dell’occupazione riduce ulteriormente la

domanda. Perciò l’unico modo per incrementare la domanda è l’indebitamento». Dunque,

affermano gli obiettori della crescita, quest’ultima non è la soluzione, ma il problema.

Se, tuttavia, la decrescita – a differenza della

crescita – potrà produrre un incremento

dell’occupazione, certamente essa dovrà essere

ri-direzionata, secondo i nuovi orientamenti della

produzione. In particolare, si moltiplicheranno le

attività artigianali, quelle delle piccole imprese, le

attività nel settore agricolo, mentre caleranno

drasticamente o saranno persino soppresse

molte attività legate al terziario, al mondo

finanziario e così via. Il “piccolo è bello” tenderà

ad affermarsi e a diffondersi in tutti i settori

produttivi, perché più rispettoso dell’ambiente e

della tutela delle risorse naturali. Afferma Latouche: «Lo sviluppo dell’autoproduzione, di

piccoli laboratori con attrezzature di piccole dimensioni, anche sofisticate ma poco

consumatrici di energia, permetterebbe di soddisfare i bisogni essenziali di tutti attraverso

una diffusa attività neoartigianale».

L’AMBIENTE

Uno dei punti di forza del progetto della decrescita riguarda l’ambiente e la sua

preservazione per le generazioni avvenire. È a tutti evidente, infatti, che l’attuale modello

di sviluppo sia rapidamente esaurendo le

risorse naturali – specie quelle non rinnovabili

– e provocando gravi danni all’ecosistema

(inquinamento, deforestazione, cementifica-

zione ecc.). La decrescita dovrà, quindi,

invertire la rotta anche su questo punto

nodale riguardante il futuro dell’umanità. I

dati attuali sono allarmanti in proposito.

Attualmente, avverte Latouche, «siamo

arrivati a un superamento di più del 50% (nel 2009) della capacità di rinnovamento della

biosfera (30% nel 2002), e questo a livello globale, con gli africani che consumano meno

del 10% della parte spettante a ciascuno e gli statunitensi che superano quella stessa parte

di 9-10 volte. Oggi il consumo di un francese è di circa 5,8 ettari di spazio bioproduttivo, il

che equivale a un bisogno di 3 pianeti se tutti vivessero come lui, mentre nel 1960 era

ancora di 1,8 ettari, equivalenti,

secondo lo stesso calcolo, a 1 solo

pianeta».

Urge, pertanto, la presa d’atto

dell’assoluta impossibilità a proseguire

sulla via di “questa crescita” (che non

genera vero sviluppo, produce

disoccupazione, distrugge l’ambien-te).

A questo si deve aggiungere il “degrado

psicologico” cui va soggetta l’umanità nel meccanismo “tritatutto” della crescita

capitalistica. Così il prof. Cornelius Castoriadis – altro eminente obiettore della crescita – si

esprime al riguardo: «Non c’è soltanto la dilapidazione irreversibile dell’ambiente e delle

risorse non sostituibili. C’è anche la distruzione antropologica degli esseri umani,

trasformati in bestie produttrici e consumatrici, in abbrutiti zapping-dipendenti».

I CONSUMI

Affinché si possa pervenire a una “decrescita felice”, occorre allora che le tecnologie siano

finalizzate alla produzione di beni effettivamente utili all’uomo e non dannosi per

l’ambiente. Ma occorre Anche – in modo complementare – che si vada verso una drastica

riduzione dei consumi, sia per eliminare “il superfluo”, sia per soddisfare maggiormente

quanti oggi rimangono ai margini della

sopravvivenza, nonostante il (o anzi,

soprattutto a causa del) sovraconsumo

materiale, che «lascia una parte sempre

più consistente della popolazione nella

penuria e non assicura neppure un vero

benessere per tutti» (Latouche) . Di qui

l’espressione, che a molti può suonare

bizzarra o contraddittoria, di “abbondanza

frugale”: “abbondanza” perché la

produzione di beni utili alla vita deve

essere destinata a tutti e non soltanto a quanti oggi hanno la disponibilità economica per

poterli acquistare, e “frugale” perché tutti dovranno saper rinunciare al superfluo, ai beni

inventati, indotti dall’attuale modello di società dei consumi, e tutti dovranno abituarsi al

risparmio, all’eliminazione degli sprechi, a un uso non sconsiderato dell’ambiente.

LA DEMOCRAZIA

Anche sul piano delle scelte democratiche e del diritto dei popoli di decidere sul proprio

futuro le tesi dei “decrescitisti” hanno, come si usa dire, buon gioco rispetto alla

condizione che stiamo attraversando. È chiaro a tutti come, per esempio, gran parte delle

decisioni assunte sul piano economico sfuggano totalmente al controllo dei popoli, e

appare difficile risalire esattamente ai centri di potere dove esse vengono prese. Persino i

singoli Stati sono, oggi, sotto scacco, presi di mira dalla speculazione finanziaria, valutati

come scolaretti dalle agenzie di rating e così via. Sul piano ambientale, poi, le forme di

pressione esercitate dalle varie lobbies (in primis le grandi imprese multinazionali

dell’energia) rendono in sostanza impossibile una politica ecologica degna di questo nome.

Il progetto della decrescita intenderebbe porre fine a tutto questo. Come sostiene al

riguardo Latouche «L’autonomia rivendicata dagli obiettori della crescita (…) consiste nel

rifiuto della sottomissione alla dittatura dei mercati finanziari e alla mano invisibile

dell’economia, per fare in modo che le persone possano riappropriarsi del loro destino».

Dunque, occorre cambiare radicalmente gli

stessi meccanismi decisionali, dando il

massimo spazio propositivo e di confronto

ai popoli, sottraendolo agli attuali centri di

potere. Sul piano europeo, per esempio,

questo significherebbe rifondare totalmente

l’Unione europea prevedendo organi che

siano espressione diretta delle popolazioni

dei Paesi aderenti, e non rappresentanti dei

relativi governi.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Non è nelle intenzioni di chi scrive “schierarsi” a favore o contro la tesi della decrescita che

si è brevemente illustrata. Molti commentatori hanno già avanzato osservazioni critiche,

dubbi, valutazioni integrative su di essa. È fuor di dubbio che al momento il progetto della

decrescita rimane una “utopia possibile”, poco condivisa da chi

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