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Introduzione Tema del doppio, tesina
Il tema che andrò ad affrontare nella mia tesina di maturità richiede di ripercorrere, seppur brevemente, la gamma delle motivazioni alla base dell’apparizione nella letteratura della disgiunzione di cui si è detto nella premessa. Com’è noto, la sua attestazione nella storia letteraria è accreditatissima dalle produzioni di tutte le epoche, da quelle più antiche alle contemporanee.
La prima suggestione in merito sembra averla prodotta la somiglianza fisica tra due persone che, sul piano situazionale, produce quegli equivoci che già presso gli autori classici si consolidarono in solidi schemi d’opera; storie di amici e di fratelli, che con scambi e sostituzioni reciproche, volontarie, dettate dal caso o prodotte per magia, accrescevano la sorpresa e la meraviglia nel lettore. Accanto a ciò, irrinunciabile è il cenno all’immensa fortuna goduta dalla forma di duplicazione mediante figura riflessa (con le varianti dell’ombra e del ritratto) che affonda le proprie radici nel mito raccolto e diffuso da Ovidio nelle sue Metamorfosi.
Tali elementi narrativi, così costituiti, passarono, poi, in consegna alle letterature rinascimentale e barocca, le quali, oltre a sfruttarne tutte le implicazioni di senso e a riconnettervi esiti nuovi, non più scontatamente comici, addirittura approdarono alla codificazione del motivo in un genere specifico, come nel caso della Comedy of Errors² di William Shakespeare.
Fu il Romanticismo, invece, a confrontarsi con l’idea di “polarità”, secondo cui la duplicazione della coscienza investe i tratti caratteriali dei personaggi, ne governa le azioni e realizza la duplicità nel senso della rottura: due io a confronto personificano l’eterna lotta tra bene e male, con esito quasi sempre irreconciliabile. E man mano che il secondo Sé assume una connotazione psicologica, in una progressione che vede spostare la problematica dal piano delle apparenze esteriori a quello della psiche dell’individuo, la paura dell’incontro con il proprio “doppio” si fa sempre più perturbante, fino ad assumere i tratti del “demoniaco”, come ben esemplifica E. T. A. Hoffmann nella sua opera Der Sandmann.
A questo punto, appare doveroso fare riferimento al saggio di Sigmund Freud Il Perturbante, dichiaratamente ispirato, in primo luogo, alla ricerca di Otto Rank (filosofo e psicoanalista austriaco) e, in secondo luogo, al carattere ambiguo assunto dal doppio nell’opera di Hoffmann sopraccitata. Freud, infatti, si propone di chiarire, con gli strumenti della psicanalisi, le ragioni per cui l’incontro con il doppio produca emozioni angosciose, di turbamento e perfino di terrore in chi vi partecipa.
Sarà proprio l’avvento della psicoanalisi, unita alle teorie freudiane, a determinare l’evoluzione di pensiero di inizio secolo XX. Nel nuovo panorama culturale la produzione di duplicati immaginari, fantastici o allegorici attira su di sé il marchio del “patologico”, con la conseguente esperienza di alienazione che vede l’individuo costantemente impegnato nella fuga da se stesso. Da ciò derivano, allora, i concetti di “identità rubata” e “duplicazione dell’io”, tanto cari alla narrativa novecentesca: i testi appaiono attraversati dal conflitto tra istanze psichiche opposte e la scomposizione dell’identità, dalla dissonanza tra l’Io e il mondo; il soggetto si struttura sulla base di una mancata distinzione primaria tra Io e non Io, su una frammentazione dell’identità che lo porta a non riconoscersi più in un Io unico ed integro.
Efficacie espressione di tale condizione è l'opera pirandelliana Il fu Mattia Pascal, che vede come fulcro la tematica legata al doppio e alla crisi d'identità che condurrà il protagonista, in primo luogo, all’incapacità di riconoscersi pienamente nella sua immagine riflessa allo specchio e, infine, al fallimento della disperata ricerca del proprio Sé, con il conseguente estraniamento rispetto al “gioco della vita”.
A tal proposito, un esempio emblematico è Renè Magritte, nelle cui opere è proprio lo specchio a presentarsi, in tutta la sua ambiguità, come elemento cardine attorno al quale il pittore surrealista belga sviluppa la sua personale concezione del mistero dell’identità individuale e della difficoltà dell’uomo a riconoscersi come
soggetto unico e compatto; lo specchio che, sulla base della logica, dovrebbe costituire una certezza per l’occhio, viene invece raffigurato come mezzo rivelatore di una condizione umana che si presenta come fonte di profondo spaesamento.
Il disagio provocato da tale processo di disgregazione interiore viene ben sottolineato da Virginia Woolf, scrittrice inglese di fine XIX secolo, la quale fornisce un’interpretazione tutta psicologica del doppio; nel suo celebre romanzo Mrs Dalloway, l’autrice pone l’empatia della protagonista nei confronti della sua controparte come indicatore di una personalità che si completa e riconosce solo nell’unitarietà delle due figure (cioè i protagonisti del romanzo), al punto che, venendone meno una, la “parte rimanente” sperimenta il senso di fallimento e di inadeguatezza di fronte alla vita nella medesima maniera e con le stesse pulsioni interiori del suo alter ego nel momento in cui quest’ultimo si decide per il suicidio.
Analogamente, la rappresentazione del scisso costituisce un punto fermo all’interno della produzione letteraria di Jorge Luis Borges, seppur con una differente declinazione di significato: ne El Otro, breve racconto contenuto nella raccolta El libro de arena, viene narrato in forma autobiografica l’incontro tra due figure fisicamente separate, ma paradossalmente appartenenti alla stessa totalità. Si tratta di un ulteriore esempio di molteplicità dell’essere, di una frantumazione interiore che spinge alla riflessione sulla propria identità e sulla propria evoluzione del corso dell’esistenza.
Il tema del “doppio” non resta estraneo nemmeno all’ambito scientifico. Basti pensare al fenomeno fisico del magnetismo, alla base del quale si inseriscono i concetti di “polo positivo” e “polo negativo”; le interazioni tra i due definiscono le caratteristiche del fenomeno stesso e determinano l’impossibilità di operare una scissione polare, volta all’eventuale generazione dello sperimentale “monopolo magnetico”. Nell’ambito della ricerca biochimica è opportuno, invece, fare riferimento agli studi condotti sulla clonazione per fissione gemellare, in cui individui perfettamente identici vengono generati da un dato genitore. Ciò che avviene in ambito animale, e che si può anche considerare semplicemente secondo il dato fisico, è più complesso dal punto di vista di una ricerca che preveda la clonazione umana: desiderare una copia di sé non si rinchiude nel solo ambito somatico, ma si spinge a una reduplicazione del sé interiore o della propria psiche, in quanto per l’uomo il riconoscimento del proprio “doppio” avviene mediante il fatto che l’altro da sé è visto in realtà come un altro sé. Proprio questo aspetto, per le numerose valenze e problematiche morali, scientifiche e psicologiche che porta in sé, mi permette di asserire che l’indagine sommariamente esposta in questo lavoro è utile a comprendere l’evoluzione storica e le interconnessioni culturali, artistiche e scientifiche di un aspetto tutt’altro che scontato per l’essere umano: la ridefinizione del Sé psico-somatico in una differenza specifica che lo renda unico e irripetibile, capace di una reale soggettività indipendente. La mia tesina permette vari collegamenti interdisciplinare.
Collegamenti
Tema del doppio, tesina
Letteratura tedesca - "Der Sandmann" di E.T.A Hoffmann.
Filosofia - Il mito del Doppio agli albori della teoria psicanalitica: dal "Doppelgänger" di Rank al "Perturbante" di Freud.
Letteratura italiana - "Il fu Mattia Pascal" di L. Pirandello.
Storia dell'Arte - "La riproduzione vietata (Ritratto di Edward James)" di R. Magritte.
Letteratura inglese - "Mrs Dalloway" di Virginia Woolf.
Letteratura spagnola - "El Otro" di J. L. Borges.
Biochimica - La clonazione: aspetti tecnici e aspetti morali.
Fisica - Campi magnetici generati da magneti.
La tecnica utilizzata per Dolly consiste, in primo luogo, nel prelevare una cellula somatica adulta
dall’animale da clonare (nel caso di Dolly una cellula di una ghiandola mammaria); successivamente, il
nucleo della cellula viene aspirato tramite una micropipetta; in parallelo, si preleva un oocita non fecondato
da un’altra femmina della stessa specie e se ne elimina il nucleo, lasciando intatti la membrana e il
citoplasma. A questo punto, il nucleo della prima cellula (quella somatica) viene inserito all’interno
dell’oocita privato del nucleo, per generare uno pseudo-zigote. Quest’ultimo è stimolato a dividersi in
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provetta per generare un embrione che viene prima coltivato in vitro e poi impiantato nell’utero di una terza
femmina (la madre surrogata).
Dato che le cellule dell’embrione derivano il loro DNA dal nucleo della cellula somatica, l’individuo che
nascerà è geneticamente identico a quello che aveva donato il nucleo (e quindi è un suo clone).
9.4 Aspetti morali della clonazione di viventi non umani
Come afferma il Comitato Nazionale per la Bioetica, il problema morale più importante nei confronti della
clonazione è che esso viola in qualche modo l’identità individuale dell’essere vivente.
Per rafforzare la tesi della liceità di clonare viventi non umani, si possono considerare i fini ulteriori per cui
la clonazione viene praticata o progettata: sono noti quelli di tipo agroalimentare e gli usi medici di sostanze,
tessuti, organi nonché di possibilità offerte alle indagini sperimentali in campo medico. Quindi, considerando
che accettiamo la macellazione di milioni di capi di bestiame per fornirci la carne o la loro pelliccia, non può
essere altrettanto lecito allevare animali clonati in laboratorio, oppure prelevare da essi organi da utilizzare
nella medicina umana?
La scelta di attuare la clonazione animale dovrà essere subordinata, comunque, alla reale necessità della
sperimentazione, tenendo presente la sofferenza che si può procurare all’animale nonché il pericolo di
alterare l’equilibrio dell’ecosistema.
9.5 Aspetti morali della clonazione di individui umani
Diverso è il caso dell’uomo, la cui identità individuale è oggetto del massimo rispetto. A questa concezione si
riferiscono non solo molte religioni, ma anche la coscienza laica del nostro tempo, che vede nell’identità la
sede fondamentale di autonomia e autodeterminazione del singolo individuo umano.
Come dimostrato dalla pratica sperimentale, il patrimonio genetico non esaurisce chiaramente tutta
l’individualità umana, che è frutto anche delle influenze dell’ambiente, delle esperienze personali e delle
scelte che liberamente si compiono lungo la storia personale; ciò nonostante ne è certamente la base ed è
lesivo della dignità umana che qualcuno possa decidere della costituzione genetica altrui. Più in generale, un
individuo che venisse al mondo come “copia” intenzionalmente realizzata di un altro essere umano si
troverebbe caricato di attese non legate all’espressione della sua singola personalità, ma alla
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rappresentazione delle qualità che erano proprie di un altro individuo, con un conseguente indebolimento del
valore dell’identità individuale.
È dunque ampiamente condiviso il principio morale per cui l’essere umano non possa essere “messo a
disposizione” di nessuno: non può, cioè, essere trattato esclusivamente come mezzo. Dal punto di vista
morale risulta comunque più serio il rischio di tipo eugenetico, ovvero il rischio di pianificare a livello
genetico le future generazioni, in modo che corrispondano a un modello plasmato ad arbitrio di un secondo
individuo ( o classe dirigente) che si arroga il diritto di disporre dei suoi simili.
Esiste infine un ultimo tipo di argomentazione morale, sostenuta da coloro che vedono un nesso
estremamente rilevante tra procreazione e sessualità: nella clonazione la generazione di una persona verrebbe
delegata a un intervento puramente tecnico, in forma totalmente asessuale, portando all’estremo quella
scissione fra sessualità e riproduzione che è già presente in alcune pratiche di riproduzione assistita.
Il timore che si faccia un uso improprio delle ricerche scientifiche e delle loro applicazioni all’uomo ha da
tempo pinto la comunità internazionale a vigilare sulle pratiche che possono ledere il rispetto dell’essere
umano, della sua integrità e singolarità. La condanna della clonazione umana è stata, perciò, oggetto di
normativa specifica da parte della comunità internazionale mediante l’elaborazione di numerosi documenti.
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10. Campi magnetici generati da magneti
Secondo antiche testimonianze, già Talete di Mileto, vissuto fra il VII e il VI secolo a.C. e ritenuto
l’iniziatore della filosofia occidentale, conosceva le proprietà della magnetite. Pezzi di questo minerale,
capace di attirare il ferro, furono trovati a Magnesia, nell’Asia Minore, e perciò chiamati “magneti”.
Avvicinando un pezzo di magnetite a una barra di acciaio si ottiene un magnete artificiale, o calamita.
10.1 I poli dei magneti
Un ago magnetico libero di ruotare intorno al suo centro orienta una delle due estremità, sempre la stessa,
verso il Nord terrestre e l’altra verso il Sud. Le due estremità del magnete sono chiamate, rispettivamente,
polo nord (polo N) e polo sud (polo S).
10.2 Poli magnetici e cariche elettriche
Le calamite interagiscono fra loro con forze attrattive o repulsive, che vicino ai poli sono particolarmente
intense. Poli magnetici di nome diverso si attraggono, come fanno le cariche elettriche di segno opposto,
mentre poli dello stesso nome si respingono, così come le cariche elettriche dello stesso segno [Fig.1]
Fig.1 – Interazione fra poli magnetici
C’è però una fondamentale differenza fra i poli magnetici e le cariche elettriche: le cariche di un segno si
possono separare da quelle di segno opposto, ma altrettanto non si può fare con i poli. Tagliando in due un
magnete si ottengono sempre due magneti [Fig.2]. Sebbene sia ipotizzabile l’esistenza di poli N e poli S a sé
stanti, la ricerca sperimentale del cosiddetto “monopolo magnetico” non ha avuto finora un esito positivo.
Fig.2 – Divisione di un magnete
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10.3 I campi dei magneti
In analogia con quella elettrica, la forza magnetica è interpretata come l’azione che il campo generato da un
magnete esercita su un altro magnete. Per esplorare il campo magnetico si utilizza un ago magnetico [Fig.3].
In ogni punto in prossimità di un magnete un ago magnetico assume una determinata orientazione in
equilibrio. La direzione lungo la quale si dispone l’ago è la direzione del campo magnetico nel punto
considerato. Il verso del campo, per convenzione, è quello che va dal polo S al polo N dell’ago. Essendo
caratterizzato da una direzione e da un verso, oltre che da un’intensità, il campo magnetico è un campo
→
vettoriale. In ogni punto è descritto, cioè, da un vettore, indicato con e chiamato “induzione
B
magnetica”, o “campo magnetico”. Fig.3 – Ago magnetico
10.4 La forza di un magnete su un filo percorso da corrente
Si consideri un tratto di filo, parte di un circuito alimentato da un generatore elettrico regolabile e disposto
fra le stremità di una calamita a ferro di cavallo. La forza, misurata con un dinamometro, è perpendicolare sia
al filo sia al campo magnetico, e si inverte se la corrente cambia verso.
10.5 L’intensità della forza magnetica
Facendo variare l’intensità i della corrente che scorre nel filo, si trova che l’intensità della forza sul filo è
direttamente proporzionale a i. Fissata la corrente, si verifica inoltre, con pezzi di filo di lunghezza l diversa,
che la forza è direttamente proporzionale a l. Ruotando il filo rispetto alla calamita si osserva, infine, che la
forza è più o meno intensa a seconda dell’inclinazione del filo rispetto alle linee di campo: la sua intensità è
massima quando il filo è perpendicolare alle linee, nulla quando è parallelo. Indichiamo con F l’intensità
della forza che si rileva con il filo perpendicolare al campo magnetico. Introducendo una costante di
proporzionalità B, possiamo scrivere: F = B i l (1)
10.6 L’intensità del campo magnetico
La costante B dipende solo dalla sorgente del campo magnetico in cui è immerso il filo conduttore e dalla
posizione del filo rispetto alla sorgente. Per questo è assunta come modulo del vettore induzione magnetica
→ . A rigore, l’equazione (1) serve a definire l’intensità del campo magnetico solo nel caso in cui questo
B
sia uniforme su tutto il filo. Se il campo non è uniforme, si deve usare come sonda un tratto di filo
abbastanza corto da poter considerare trascurabile ogni variazione da un suo punto a un altro.
10.7 Modulo del vettore B 28
Disposto un filo conduttore di lunghezza l perpendicolare alle linee di campo di un campo magnetico, se il
→
filo risente di una forza di modulo F quando è percorso da una corrente di intensità i, il vettore nella
B
regione in cui si trova il filo ha modulo: F
B = (2)
il
La sua unità di misura è il tesla (T), così chiamata in memoria dell’ingegnere serbo Nikola Tesla (1856-
1943), studioso di fenomeni elettrici e magnetici. Vale la relazione:
1T = 1N / (A.m)
Un campo magnetico uniforme ha un’intensità di 1T se un conduttore rettilineo di lunghezza 1m, percorso
dalla corrente di 1°, è soggetto alla forza di 1N quando è perpendicolare al campo.
10.8 Le linee di campo del campo magnetico
Come qualsiasi campo vettoriale, anche il campo magnetico può essere rappresentato mediante linee di
→
campo, tangenti in ogni punto al vettore e orientate secondo il suo verso. Nella [Fig.4] sono
B
rappresentate le linee di campo di un magnete a forma di barra. All’esterno le linee sono più ravvicinate in
prossimità dei poli del magnete, dove il campo è più intenso. Escono dal magnete per il polo N e vi rientrano
per il polo S. Se si sparge della limatura di ferro su un cartoncino appoggiato su un magnete, ogni piccolo
frammento si magnetizza e si allinea con il campo magnetico.
Fig.4 – Linee di campo di una barra magnetica
10.9 Un campo magnetico uniforme
Fra le estremità di un magnete ripiegato, come quello rappresentato in [fig.5], le linee di campo, orientate dal
polo N al polo S, sono equidistanti e parallele fra loro. Ciò signif