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Italiano: Eugenio Montale
Greco: Polibio
Latino: Tacito
Inglese: Walter Scott
Storia: la nascita della Repubblica italiana
Geografia astronomica: il paleomagnetismo
HISTORIA MAGISTRA VITAE 3
LA STORIA – EUGENIO MONTALE
La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l'ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell'orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di
frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. [Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta].
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C'è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s'incontra l'ectoplasma
d'uno scampato e non sembra particolarmente
felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.
4 HISTORIA MAGISTRA VITAE
COMMENTO DELLA POESIA “LA STORIA” DI E. MONTALE
Nella lirica Montale imposta la sua definizione di storia negando innanzitutto ciò che essa non è; utilizza
quindi in modo insistente la litote (figura retorica che consiste nel dire una cosa negando il suo contrario) e
l'anafora (ripetizione di una o più parole all'inizio di versi consecutivi) per sottolineare l'aspetto negativo di
questa realtà e demolire tutte le teorie che alla storia avevano dato grande peso. Per Montale la storia non
è fatta di cause ed effetti, non c'è una sequenza temporale ricostruibile, non punisce i malvagi per premiare
i buoni (quindi non ha una provvidenza che la guidi), non ha un andamento graduale, non rispetta le regole
che l'uomo le impone e men che meno può insegnare qualcosa (non è magistra vitae). Il poeta demolisce
quindi tutte le certezze che gli uomini hanno riposto nel concetto di storia:
-‐ che abbia una sua giustizia intrinseca
-‐ che sia fatta dai grandi eroi o dai filosofi
-‐ che sia una forma di miglioramento continuo
-‐ che abbia una teleologia (cioè una finalità propria, una meta)
Ma la storia ha anche qualche aspetto positivo; lascia che qualche essere umano le sfugga di mano. La
fortuna cioè è quella di non entrare a far parte della storia, di riuscire a nascondersi abbastanza bene da
non essere mai nominati nei libri, nei documenti, sui monumenti, nelle canzoni patriottiche... anche se
questo anonimato non è facile da mantenere perché la storia, come una rete a strascico, raschia il fondo
per catturare nelle sue maglie tutti gli esseri umani e quei pochi che si salvano non sanno che fortuna
hanno e vengono disprezzati anche da coloro che, dall'interno della rete, li considerano miseri "nessuno"
che non lasceranno traccia di sé nel mondo. Soprattutto quest'ultimo concetto è prepotentemente attuale:
in una società dove apparire, essere famosi, far parlare di sé (anche a sproposito) è un valore aggiunto,
Montale sembra portabandiera dell'anonimato, dell'uomo qualunque, che nessuno conosce perché entrare
a far parte della storia non è un merito né un valore aggiunto, proprio perché la storia non ha nessun
significato per l'uomo ("la storia non è intrinseca / perché è fuori" e ancora "La storia non è magistra / di
niente che ci riguardi"). Non c'è però nessuna forma di compiacimento in questa demolizione sistematica: il
poeta stesso ci avverte che quello che lui sta dicendo non può cambiare l'essere stesso della storia
("Accorgersene non serve / a farla più vera e più giusta").In questo modo toglie anche l'ultima possibilità di
consolazione, quella di aver demolito, a fin di bene, un baluardo metafisico tanto caro agli uomini. La storia
resta solo un dato di fatto, esterno ed estraneo all'uomo che non può con essa interagire né lottare, solo
nascondersi in un cunicolo lasciato dalla sua ruspa.
La poesia riflette la posizione profondamente antistoricistica del poeta, che non crede nei destini migliori
dell’umanità, con una totale svalutazione del concetto di sviluppo storico. Attraverso l’uso dell’anafora (che
non ha un valore declamatorio, ma puramente enunciativo ed espositivo), si sussegue una serie di
definizioni tutte al negativo, che negano alla storia ogni intrinseca razionalità o finalità. La storia non è una
linea di progresso ininterrotta, ma procede in maniera disordinata e imprevedibile, al di là di ogni tentativo
di indirizzarla e di interpretarla. La storia non contiene in sé certezze conoscitive o criteri morali, da cui si
possano ricavare elementi di assoluzione e di condanna. Montale rifiuta così la concezione della storia
come “maestra di vita”, propria della tradizione classica e umanistica. Ugualmente netto è il dissenso nei
confronti delle ideologie “positive” contemporanee, nelle varie forme (dallo storicismo idealistico, proprio
ad esempio di Benedetto Croce, allo storicismo marxista, materialistico e dialettico), che consideravano
comunque la storia come un fattore indiscutibile di progresso, capace di trascendere le sue stesse
aberrazioni nella logica di un disegno superiore, quasi provvidenziale. Il pessimismo montaliano, che si
esprime nelle forme di un disincanto epigrafico e sentenzioso, senza nessuna concessione di gusto retorico,
sottolinea invece la radicale e incolmabile estraneità della storia nei confronti dell’individuo, che non può
ritrovarvi certezze o consolazioni.
HISTORIA MAGISTRA VITAE 5
LA STORIOGRAFIA ELLENISTICA E POLIBIO
Polibio fu probabilmente lo storico più celebre dell’età ellenistica, famoso per il suo particolare interesse
verso la storia romana. Con grande obiettività e oggettività, Polibio si era reso conto che l’inarrestabile
politica espansionistica romana aveva radicalmente modificato anche la concezione stessa di storia: se fino
a quel momento la storia si era occupata di analizzare e descrivere le vicende dei singoli popoli e delle
singole civiltà, adesso, con la sconfitta di Cartagine, e l’ambizione della civiltà romana di estendere la sua
sfera d’influenza in tutto il mondo allora conosciuto, aveva comportato come conseguenza un
rinnovamento della storia e del metodo storiografico. Per Polibio lo scopo della storia era principalmente
didattico: doveva educare l’uomo politico e insegnare ai lettori ad affrontare le calamità (potere capriccioso
e imprevedibile della tuke). Egli inoltre vuole descrivere una storia “universale”, perché ormai la storia del