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Filosofia: Friedrich Nietzsche (apollineo e dionisiaco); Sigmund Freud (Es, Io, Super-io)
Storia dell'Arte: Vincent Van Gogh; Edvard Munch
Inglese: Edgar Allan Poe (Il Ritratto Ovale); Oscar Wilde (Il Ritratto di Dorian Gray)
Storia: il bipolarismo (la nascita delle superpotenze Usa e Urss)
Educazione fisica: le droghe e i loro effetti
suo ritorno, volendo dedicarsi alla letteratura, si stabilì a Roma dove cominciò a collaborare con poesie e
scritti critici, e a riviste come la "Nuova Antologia" e il "Marzocco". Nel 1894 sposò Antonietta Portulano,
dalla quale avrà tre figli. Nel '97 gli venne conferita, presso l'Istituto Superiore di Magistero, la cattedra di
stilistica e poi di letteratura italiana, che terrà fino al 1925. Seguì, a partire dal 1903, un periodo difficile
per lo scrittore, a causa della rovina dell'azienda paterna e con essa del patrimonio suo e della moglie.
Intanto pubblica poesie, saggi, romanzi e novelle, ma la fama gli arriva come autore drammatico. A partire
dal 1922 organizza una raccolta completa delle sue novelle sotto il titolo "Novelle per un anno", che allude
al progetto, rimasto incompiuto (con un totale di 218 novelle), di scrivere una novella per ogni giorno
dell'anno. Nel '25 Pirandello lascia l'insegnamento per dirigere il Teatro d'arte di Roma e fondare una sua
compagnia. Nel '34 gli fu conferito il Nobel per la letteratura. Morì a Roma nel 1936.
Alla base delle opere pirandelliane vi è una concezione vitalistica, secondo cui la realtà e l’uomo sono
soggetti a un perpetuo fluire, a un’incessante trasformazione da uno stato all’altro. La “forma” che noi
tendiamo a dare alla nostra personalità o che gli altri tendono ad attribuirci è illusoria, è una “maschera”
sotto la quale si cela un’identità informe e inafferrabile. In questo senso la società appare a Pirandello
come una costruzione artificiale e fittizia, che imprigiona l’uomo in un ruolo inautentico dal quale egli si
può liberare solo abbandonandosi all’immaginazione o alla follia. Dal vitalismo deriva anche un radicale
relativismo conoscitivo, ossia la negazione della verità come fatto oggettivo: le cose e le persone, di per sé
informi,si prestano a tante diverse interpretazioni quanti sono coloro che li osservano (soggettivismo) e ciò
rende impossibile la vera comunicazione tra gli uomini. Secondo Pirandello, quindi, gli uomini recitano una
parte, parte che viene loro attribuita dalla società man mano che noi cresciamo. Infatti, sin dalla nascita, ci
viene impostata una "forma” che ci obbliga a rispettare delle regole e degli obblighi. In tutto ciò, spesso, noi
non si riconosciamo. Ma nonostante ciò frequentemente vorremmo evadere da questi schemi in cui siamo
ingabbiati. Ognuno di noi è combattuto sia dal vivere nel proprio intimo come ciascuno crede, sia dal far
parte di una esistenza fatta di convenzioni sociali, ruoli familiari e professionali, pregiudizi altrui. In questo
tipo di esistenza lo stesso Pirandello non si identifica, costretto ad adeguarsi per essere riconosciuto e
accettato. Pirandello, sicuramente influenzato negativamente dalla sue esperienze personali, quindi affermò
nei suoi testi letterari questo concetto che ogni uomo decide di indossare una "maschera" mostrando agli
altri solo quello che vuole mostrare o, peggio ancora, facendo vedere a coloro che guardano solo quello che
vogliono vedere. Pirandello sosteneva che l'uomo spesso non indossa una "maschera", scelta da lui, bensì
scelta da coloro con i quali entra in relazione. Ciò indurrebbe gli uomini a "recitare" la parte della
maschera indossata, costringendoli ad una vita vuota e falsa, ma soprattutto triste. La maschera quindi
esprime l’impossibilità di un rapporto autentico fra gli uomini. Noi, secondo Pirandello, nella vita di ogni
giorno non ci mostriamo mai per quello che siamo ma ad ogni circostanza (a casa, a scuola, in città..)
indossiamo una maschera diversa, diversa anche in relazione con la persona con la quale ci rapportiamo.
Ma allora se tutti indossano una maschera in qualsiasi attimo della loro vita, sarà mai possibile riuscire a
togliere tale maschera e ritrovare la vera personalità dell’essere umano?
Ciò non accade con facilità in quanto a volte manca il coraggio per toglierla così da scoprire cosa vi è
sotto. A volte invece l’essere umano si rassegna, ormai abituato a quella recita che egli chiama vita,costretto
a recitare ogni giorno credendo di essere se stesso. Ma di sicuro la paura peggiore è quando l’uomo sa cosa
c'è sotto la maschera in quanto si può nascondere una persona debole o fragile, o nelle peggiori delle
ipotesi un mostro. Italo
Calvino
Italo Calvino nacque a Santiago de Las Vegas a Cuba nel 1923 e nel
1925 la famiglia si trasferì in Italia, a Sanremo. Lo scrittore ottenne
un’educazione laica e un forte interesse per le scienze. Nel 1941 si
iscrisse alla Facoltà di Agraria a Torino, ma dopo l’8 settembre 1943,
per evitare l’arruolamento nell’esercito della Repubblica di Salò, entrò
nella Resistenza. Nel dopoguerra militò nel PCI. Passò poi alla Facoltà
di Lettere di Torino, dove si laureò nel 1947 e dove entrò in contatto con
la casa editrice Einaudi, conoscendo i già affermati Pavese(colui che lo
scoprì e che fece pubblicare presso Einaudi nel 1947 il suo primo
romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno) e Vittorini. Dal 1950 fu assunto dalla stessa casa editrice. Nel 1956
dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, si staccò dal PCI, uscendone definitivamente nel 1957. Nel 1967 si
trasferì a Parigi, accostandosi a Barthes e allo strutturalismo(strinse rapporti con Queneau e con l’Oulipo:
Laboratorio di letteratura potenziale, costituito da un gruppo di scrittori che nelle loro opere mettevano in
evidenza gli artifici strutturali della scrittura letteraria). Collaborò in fine anche con vari giornali: Corriere
della Sera e la Repubblica. Nel 1980 tornò con la famiglia in Italia, a Roma. Morì nel 1985 in un ospedale
di Siena.
Nel 1952 esce “Il visconte dimezzato”,un breve romanzo. Ambientato in Boemia e Italia a metà Seicento
presenta come tema centrale il problema dell'uomo contemporaneo (dell'intellettuale, per essere più precisi)
dimezzato, cioè incompleto; e proprio a tal fine, il personaggio è stato dimezzato secondo la linea di frattura
tra bene e male. Altri personaggi incentrati nel tema sono i lebbrosi (cioè gli artisti decadenti), il dottore e il
carpentiere (la scienza e la tecnica staccate dall’umanità). L'autore racconta di Medardo di Terralba,
iniziando un percorso che lo porta ad analizzare, in un contesto fantastico, psiche, sentimenti, azioni e
reazioni dell’uomo di fronte ai fatti della vita. La storia comincia quando Medardo, in Boemia, si dirige col
suo scudiero Curzio all’accampamento dei crociati. Nella prima battaglia a cui partecipa riceve una
cannonata che lo divide in due esatte metà, di cui una viene salvata dai medici dell’esercito, l’altra viene
trovata viva in mezzo a un cumulo di cadaveri e curata da un gruppo di eremiti: ne nascono due personaggi
opposti, il Gramo(che compie il male) e il Buono(che compie il bene). Medardo salvato dall’esercito arriva
a Terralba dove si impadronisce del feudo. Tutti hanno paura di questa metà del visconte che si dimostra
perfido, tagliando a metà tutto quello che trova, come lui stesso. Il dottor Trelawney è un medico che
inizialmente non si occupa dei malati, ma interessandosi in modo particolare alla storia del visconte, inizia
a curare anche i malati del villaggio. L’altra metà, che giunge a casa dopo un lungo pellegrinaggio, è
esageratamente buona. I due visconti convivono a Terralba, il primo arrecando danni e dolore, l’altro
aggiustando le cose e predicando il bene; per questo vengono soprannominati il Gramo ed il Buono. Non
solo il Gramo però suscita ostilità nella corte, ma col passare del tempo anche il Buono, che al suo arrivo
era benvoluto da tutti per il suo altruismo, comincia ad essere evitato, soprattutto dagli ugonotti, per la sua
eccessiva ed insistente gentilezza. Pamela, la contadina molto coraggiosa di cui i due visconti a metà sono
innamorati, non tollera più né l’uno né l’altro. La contadina però, preferendo il Buono all'altra metà, decide
di vivere con lui e con i suoi animali preferiti nel bosco. I genitori di Pamela inizialmente volevano che
questa si sposasse con il Gramo, poiché quest’ultimo li minacciava. Pamela così alla fine acconsente alla
proposta di matrimonio del Gramo ma chiede anche al Buono di sposarla. Il giorno delle nozze, quindi,
entrambi i visconti si trovano all’altare. La contadina però sposa il Buono, in quanto il Gramo arriva in
ritardo. Quest’ultimo, sostenendo di essere anche lui il visconte Medardo, rivendica alla sua metà di essere
lui il marito di Pamela; quindi per decidere chi sarà il consorte della contadina, il Gramo sfida a duello la
metà buona, che si vede costretta ad accettare. Nel duello le enormi cicatrici che entrambi i Medardo hanno
a metà del corpo, vengono riaperte per mano della metà opposta. Il Buono ed il Gramo cadono a terra
svenuti. Quindi il dottor Trelawney prende i due corpi e riesce a ricucire le due parti. Dopo alcuni giorni di
incoscienza il visconte, finalmente completo, si risveglia e torna ad essere una persona vera potendo così
sposare Pamela.
La favola assume un valore allegorico, riprendendo il tema del “doppio”, e allude alle componenti
contrastanti della personalità umana. L’idea di fondo però è che solo attraverso la scissione si può
acquistare una più profonda conoscenza della realtà. È, inoltre, un esempio di come, per l’uomo, sia così
difficile vivere, nel bene e nel male, come una persona intera. Il tema principale, in questo romanzo, è celato
dalle vicende insolite dei due mezzi uomini. Il sapere di essere incompleto fa soffrire, ed è questo che le due
metà (soprattutto il Buono) capiscono; la metà malvagia si accorge meno di questo aspetto in cui si viene a
trovare, mentre quella buona intuisce cosa può voler dire “essere dimezzato” (non nel vero senso della
parola), incompleto anche nell’animo. A questo punto un altro problema sorge nel contesto, infatti,
sentendosi incomplete, le due metà cercano ognuna la loro parte mancante, che non è l’altra metà, ma è una
donna, che alla fine risolverà tutto e metterà fine a quella insolita avventura: provocherà infatti la morte dei
due mezzi uomini, e la rinascita dell’uomo intero e completo.
L’autore, si presenta onnisciente. Ci espone l’immagine del visconte come un uomo tagliato in due, con una
parte buona ed una cattiva, facendo riferimento agli uomini contemporanei che sviluppano parti di loro,
lasciandone in disparte altre. Anche in questo romanzo, come per ‘Il barone rampante’, e per ‘Il cavaliere
inesistente’ , è raccontato da un narratore interno, diretto testimone della vicenda e protagonista
secondario, che consente allo scrittore di osservare dall’esterno i protagonisti ed, al tempo stesso, di
commentare la vicenda senza intervenire di persona. Il luogo in cui si svolge il romanzo si può dividere in
due parti, dapprima vi è il campo di battaglia, ambientato in luoghi lontani, quali la Boemia; poi il paese
del visconte, Terralba, ed i suoi dintorni. Calvino molto spesso ambienta i suoi romanzi in Liguria, luogo in
cui è vissuto, e per questo, conosciuto in ogni particolare “…il visconte di Terralba, d’una delle più nobili
famiglie del Genovesato.” Il tempo in cui si svolge la vicenda è un lontano Seicento, ambientato durante le
guerre contro i turchi. Il romanzo che è un racconto d’avventura e di fantasia, mantiene le caratteristiche
della fabula anche se, ogni tanto, si discosta per metterci in luce gli altri personaggi. Il linguaggio è
semplice e scorrevole, inoltre, il costante accento ironico, impedisce a Calvino d’essere macabro di fronte
alle malignità del Medardo cattivo, o troppo lagnoso e lacrimevole, quando racconta di quello buono. Non
vi sono molte figure retoriche ma la presenza di qualche similitudine rende più piacevole la lettura.
Filosofia
Friedrich Nietzsche
Friedrich Nietzsche, filosofo tedesco della seconda metà del 1800,
dedicò la sua giovinezza allo studio della filologia classica, a tal punto
che solo a 24 anni ottenne l’insegnamento della suddetta disciplina