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Sintesi
Letteratura latina: Apuleio (Le Metamorfosi)

Italiano: Gabriele D'Annunzio (Il Piacere); Divina Commedia (Canto I, Canto XXVIII del Paradiso)

Filosofia: Soren Kierkegaard (La vita estetica e i seduttori)

Storia: la propaganda

Geografia Astronomica: le maree

Inglese: Oscar Wilde (The Pictures of Dorian Gray)

Fisica: il magnetismo

Storia dell'arte: Gustave Klimt (Giuditta ed Oloferne)
Estratto del documento

~ 1 ~

LA SEDUZIONE: L’ARTE DI ATTIRARE A SE’

Da molto tempo l’uomo s’interroga sulla seduzione. Si chiede cioè da dove venga mai la

straordinaria capacità di quella donna o di quell’uomo di attrarre l’altro. Per la verità, la seduzione

non appartiene soltanto ai due sessi in quanto partner, o potenziali partner, sessuali. Si può rimanere

sedotti, infatti, da tante cose. Molti sono affascinati dai loro studi, dall’arte, dalla musica; alcuni non

riuscirebbero a vivere senza la loro passione politica o l’impegno sociale. Ma laddove la seduzione

appare veramente enigmatica, imperscrutabile, perfino pericolosa, è nel rapporto uomo-donna. Gli

antichi conoscevano l’estrema pericolosità della seduzione. E del resto, se facciamo riferimento al

suo significato etimologico, non avremmo difficoltà a coglierne la potenziale pericolosità. Sedurre,

infatti, significa condurre altrove. Ora, se si considera che si può essere condotti lontano dal proprio

sé, si può facilmente capire un primo rischio: quello di perdere i propri equilibri o, peggio ancora, il

proprio equilibrio. Ma perché un essere umano ha questo bisogno di condurre altrove un altro essere

umano e, soprattutto, perché qualcuno vuole essere condotto altrove?Alla prima domanda, si

potrebbe rispondere che il motivo risiede nell’egoismo o nella vanità dell’uomo. Alla seconda, che

egli, spesso, non sta bene con se stesso. Don Giovanni, il prototipo del seduttore, era capace di

tutto, e che era un vanitoso, non c’è il minimo dubbio. Ci sono persone centrate sul proprio sé,

narcisistiche, incapaci d’amare. E pare che proprio queste abbiano straordinarie capacità seduttive.

Probabilmente la spiegazione sta nel fatto che ciò che attira è che l’altro sia inafferrabile,

irraggiungibile. In questo senso, se il seduttore è un egoista, anche il sedotto non è da meno.

Facciamoci caso. Il sedotto è affascinato dalla caratteristica che possiede il seduttore, vale a dire la

tendenza a non darsi mai completamente all’altro. Ora, se è vero che ci s’innamora della persona

che possiede le caratteristiche che mancano ma si vorrebbe avere, ne consegue che il sedotto

vorrebbe assomigliare al seduttore, essere come lui. Può sembrare strana, e perfino cinica, questa

rappresentazione della seduzione. E tuttavia, l’esperienza c’insegna che nel gioco della seduzione i

colpi sono davvero bassi. Pur di possedere l’altro si è disposti a fare cose che in condizioni normali

non si farebbero. Nella storia e nella letteratura ci sono moltissimi esempi di seduzione cinica e

perfino violenta: ANDIAMO ORA AD ANALIZZARLI.

LETTERATURA LATINA ~ 2 ~

APULEIO: LE METAMORFOSI

Poche notizie sono state tramandate riguardo il personaggio storico Apuleio, di cui non si conosce

nemmeno il praenomem; è tuttavia attestato che visse durante il II secolo d.C., nel periodo di

massimo splendore dell’impero, e sappiamo che fu un abile oratore e un uomo molto colto in svariati

campi, benché il suo interesse fosse rivolto prevalentemente alla filosofia, in particolare alla

corrente neoplatonica, alla magia e alle scienze occulte.nel 155 Apuleio sostò a Oea (l’odierna tripoli), dove

accettò l’ospitalità di un vecchio compagno di studi, Ponziano, di cui sposò la madre Emilia Pudentilla,

vedova e non più giovane. Pochi anni dopo Ponziano morì e i parenti della donna accusarono Apuleio di

averla sedotta con incantesimi e arti magiche per carpirne la dote. Nel 158-5-159 d.C. si celebrò il processo

a Sàbrata, durante il quale riuscì a dimostrare la propria innocenza, assumendo la difesa di se stesso.

L’opera più importante che ci è pervenuta sono le Metamorfosi (Metamorphoseon libri XI,

nota anche come Asinus aureus, dal titolo attribuito nel Medioevo). Si tratta di un romanzo, o

per meglio dire di una fabula milesia, in parte autobiografico e, come tale, contiene una

panoramica della vita del protagonista e di altri uomini, con l’aggiunta, in questo caso, di

alcune “fabulae”, digressioni narrative all’interno del racconto principale. Apuleio stesso

lascia intendere indirettamente, all’inizio dell’opera, che il suo testo può avere due diversi

livelli di interpretazione e di utilizzo; nella frase “lector, intende: laetaberis”, infatti, il verbo

laetor può essere inteso sia come divertirsi che come assurgere alla beatitudine, dal momento

che indica un cammino di salvezza ed elevazione spirituale: il romanzo racconta, infatti, la

storia di Lucio che, tramutato in asino per una colpa commessa, attraversa lo stato più infimo

delle reincarnazioni, secondo la dottrina platonica, per poi tornare uomo ed essere iniziato ai

misteri di Iside prima, di Osiride poi, di cui diviene infine sacerdote

La storia narra di un giovane chiamato Lucio (identificato da A. con lo stesso narratore), appassionato di

magia. Originario di Patrasso, in Grecia, egli si reca per affari in Tessaglia, paese delle streghe. Là, per

caso, si trova ad alloggiare in casa del ricco Milone, la cui moglie Panfila è ritenuta una maga: ha la facoltà

di trasformarsi in uccello. Motore della vicenda è la curiositas. Per ottenere l’unguento magico che

desidera, Lucio diviene amante della servetta Fotide. Mentre pensa che non deve assolutamente

intrecciare relazioni amorose con la moglie maga del suo ospitante, Milone, Lucio rivolge la sua attenzione

alla ragazza, ricordando che la sera precedente ella lo aveva messo a letto con grande dolcezza e

dimostrando di non volersene andare. Giunto nella casa, egli trova la servetta che cucina e ne descrive

l’abbigliamento e i movimenti che

seducono il protagonista e lo bloccano nella contemplazione della donna, da cui Lucio prende spunto per

considerazioni riguardo alla bellezza femminile, agli stratagemmi che le donne mettono in atto per apparire

più desiderabili e alle caratteristiche fisiche che più lo colpiscono: il volto e i capelli. Egli afferma, infatti, che

una donna pari nella bellezza e nella grazia a Venere non potrebbe attirare nemmeno il più brutto degli

uomini, se fosse privata della chioma, le cui possibili caratteristiche sono poi descritte minuziosamente.

Sconvolto dal desiderio, Lucio inizia a baciare Fotide, dichiarando di essere disposto a tutto per lei; ella

dunque, dopo aver assecondato per un po’ Lucio, lo prega di attendere fino a notte per

“battermi con te, sino ad ottener piena soddisfazione”(«tota enim nocte tecum fortiter et ex animo

proeliabor.»), riprendendo il topos dell’amplesso come lotta amorosa tra uomo e

donna. Al calar della notte, Lucio si ritira in camera e viene descritto il banchetto, ricco di

vino e di cibi prelibati che Fotide ha preparato e a cui i due amanti attingono, prima di

concedere sfogo al loro desiderio. I giochi amorosi sono raccontati con grande delicatezza

seppur in modo particolareggiato, dimostrando la grande abilità dell’autore nello scrivere di

tutte le situazioni in modo molto raffinato. Nelle pagine seguenti del romanzo, viene

lasciato meno spazio all’esplorazione dei meccanismi di seduzione, in confronto a questo

episodio; troviamo tuttavia scene d’amore sia nel racconto di Amore e Psiche, le quali si svolgono

nell’oscurità per volere del dio che teme l’ira della madre Venere, sia nelle storie inserite successivamente,

che perlopiù da vicende amorose sono tratte, come ad esempio la storia di Filesitero il quale, attratto dalla

fama di assoluta fedeltà di una donna al marito, corrompe un servo per potersi introdurre nella camera

della donna e vincerla nel duello d’amore; richiamando ancora questo topos dell’esperienza

amorosa, infatti, Apuleio descrive l’amplesso dei due amanti con queste parole: “nudi soldati,

compivano il primo servizio militare sotto le bandiere di Venere”(«commodum prima

stipendia Veneri militabant nudi milites»). ~ 3 ~

Il racconto prosegue con la trasformazione di Lucio, avvenuta in seguito ad un errore nella pozione che lo

doveva trasformare in gufo, in asino il quale però conserva coscienza ed intelligenza umana. Per una

simile disgrazia, il rimedio sarebbe semplice (gli basterebbe mangiare alcune rose), se un concatenarsi

straordinario di circostanze non gli impedisse di scoprire l'antidoto indispensabile. Rapito da certi ladri, che

hanno fatto irruzione nella casa, durante la notte stessa della metamorfosi, egli rimane bestia da soma per

lunghi mesi, si trova coinvolto in mille avventure, sottoposto ad infinite angherie e muto testimone dei più

ripugnanti vizi umani; in breve, il tema è un comodo pretesto per mettere insieme una miriade di racconti.

Nella caverna dei briganti, Lucio ascolta la lunga e bellissima favola di "Amore e Psiche", narrata da una

vecchia ad una fanciulla rapita dai malviventi:un re ha tre figlie, la minore delle quali, di nome Psiche

(Anima) è di tale bellezza che Venere, indispettita, ordina al proprio figlio, Amore, di punirla; il dio però si

innamora della ragazza e la conduce in un meraviglioso palazzo dove ogni notte giace con lei. Alla

fanciulla, che ignora l'identità del dio, è negata la vista dell'amato, pena l'immediata separazione da lui.

Istigata dalle sorelle e spinta dalla curiosità, una notte Psiche infrange il divieto e contempla il suo sposo,

che, destatosi, fugge. Psiche deve quindi affrontare terribili prove, finché viene assunta in cielo come sposa

del dio.

Sconfitti poi i briganti dal fidanzato della fanciulla, Lucio viene liberato, ma muta continuamente padrone e

passa da una disavventura all’altra; viene venduto a corrotti sacerdoti della dea Siria, poi ad un mugnaio,

ad un ortolano, ad un cuoco, ad un pasticciere e infine ad una matrona. Ormai celebre x le sue doti

straordinarie, viene destinato a tenere uno spettacolo a Corinto e a congiungersi nell’anfiteatro con una

donna condannata ad essere sbranata dalle belve da circo. Atterrito fugge fino al porto di Cencre, dove si

addormenta spossato; durante la notte di plenilunio, vede apparire in sogno la dea Iside che lo conforta, gli

annuncia la fine del supplizio e gli indica dove potrà trovare le benefiche rose. Il giorno dopo, il miracolo si

compie nel corso di una processione di fedeli della dea: Lucio si avvicina ad un sacerdote di Iside, il quale

gli offre una corona di rose che gli permette di ritornare uomo. Così Lucio, per riconoscenza, si fa iniziare ai

misteri di Iside e Osiride. ~ 4 ~

LETTERATURA ITALIANA

GABRIELE D’ANNUNZIO: IL PIACERE

Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara nel 1863 da famiglia benestante. Già in giovane età si fece notare

come poeta, la prima opera che pubblicò mentre era studente, fu una raccolta di versi dal titolo Primo

vere. Dopo aver preso la licenza liceale a Prato s'iscrisse all'università di Roma, ma non completò mai gli

studi. A Roma invece conduce una vita sontuosa, ricca di amori ed avventure; frequentò i salotti più in voga

della società romana e gli ambienti letterari più in vista. Durante il periodo romano, oltre che a dare

"scandalo" per il suo modo di vivere e le sue numerose relazioni, lavorò anche presso diversi giornali e

scrisse Il piacere. A causa dei numerosi debiti è costretto a pellegrinare in varie città italiano come Napoli,

Settignano, nei pressi di Firenze, e infine in Francia. Allo scoppio della guerra rientrò in Italia e divenne

accesso interventista e in seguito partecipò al conflitto distinguendosi per numerose azioni ardite tra cui

quella del 1916 in cui fu ferito a un occhio che poi perse. Tra il 1919 e il 1921 in aperta polemica con il

governo italiano occupo militarmente Fiume e costituì la repubblica da lui presieduta la "Reggenza italiana

del Carnaro" che fu fatta cadere da Giolitti nel 1920. In seguito il fascismo, cui il poeta si avvicinò

(ricordiamo la sua visione politica reazionaria, aristocratica e antidemocratica), lo isolò e il poeta trascorse i

suoi ultimi anni sul lago di Garda dove morì per emorragia celebrare nel 1938. Le correnti culturali che più

influenzarono D'Annunzio furono il Simbolismo e il Decadentismo inoltre il poeta accolse la teoria, però in

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