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Sintesi

Introduzione Ribellione e Provocazione, tesina



La seguente tesina di maturità per liceo artistico tratta dei temi della ribellione e della provocazione. La tesina permette di trattare anche i seguenti argomenti: in Letteratura Italiana Marinetti, in Letteratura Inglese Oscar Wilde, in Storia il movimento del '68, in Storia dell'arte Duchamp.

Collegamenti


Ribellione e Provocazione, tesina



Letteratura Italiana - Marinetti.
Letteratura Inglese - Oscar Wilde.
Storia - Il movimento del '68.
Storia dell'arte - Duchamp.
Estratto del documento

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Marcel Duchamp nasce a Blainville, in Francia, nel 1887 e si forma come pittore, scultore e scacchista.

Venne influenzato dall’ambiente futurista, cubista ed impressionista, ma trovando la propria dimensione in quell’avanguardia dell’arte- non

arte, della provocazione continua: il dadaismo.

Esso viene definito “movimento antitutto”, poiché perfino la parola Dada non significa nulla, ma venne scelta aprendo in modo casuale un

dizionario tedesco-francese da Tristan Tzara, poeta e fondatore del Cabaret Voltaire, di cui parleremo successivamente.

Dada significa due volte sì in russo, due volte questo in tedesco e in italiano costituisce una delle prime lallazioni pronunciate dai bambini.

Dada è gioco, paradosso continuo, è reazione agli orrori della guerra mondiale e rifiuto dei valori morali, politici, culturali ed estetici del

mondo borghese convenzionale e chiuso.

Se dovessimo collocare la nascita del dadaismo, potremmo individuarla nel 1916 in Svizzera, a Zurigo, al riparo dalla guerra. Il centro di

maggiore sviluppo dell’avanguardia è il Cabaret Voltaire, un locale di intrattenimento dove venivano allestite mostre, danze, letture poetiche

ed esecuzioni di musiche africane. E’ qui che nel 1916 viene reso pubblico il Manifesto del Dadaismo, dal quale cito: “L’opere d’arte non

deve rappresentare la bellezza che è morta. Un’opera d’arte non è mai bella per decreto legge. La critica è inutile, non può esistere che

soggettivamente, senza alcun carattere di universalità.”

Già da queste righe si può cogliere il carattere Dada e il gusto del rifiuto del razionale e piuttosto un legame con il non senso.

Gli artisti dadaisti utilizzarono i ready-made, ovvero opere realizzate con oggetti reali, composti ed assemblati al fine di realizzare un’opera

d’arte creata dal tutto e dal niente.

Marcel Duchamp fu il primo a farne uso, per esempio in “Bicycle Wheel”, un ready-made paradossologico: la ruota di bicicletta, simbolo di

movimento accostata ad uno sgabello in legno, rappresentazione di un prodotto artigianale.

Questo nuovo contesto disorienta e manda in crisi lo spettatore, talmente abituato ai canoni artistici imposti da cercare l’individuazione di una

soluzione interpretativa ai rompicapi Duchampiani.

Oltre che “straniare” lo spettatore ed il mondo esterno, Duchamp provoca e si ribella all’arte classica: un esempio lampante lo troviamo in

“LHOQQ”, rappresentazione fotografica della Gioconda di Leonardo Da Vinci, alla quale sono stati aggiunti baffi e pizzetto.

Le lettere del titolo, se pronunciate in francese, rivelano il vero significato dell’opera: “Colei che ha il culo caldo”. Cosa può esserci di più

provocante e dissacrante della tradizione?

La Monna Lisa è stata e sarà per sempre un simbolo importante per la storia dell’arte, e Duchamp, con tale gesto non era intenzionato a

screditare o disprezzare tale opera, ma, al contrario, farne un omaggio, unendo il vecchio ed il nuovo, ottenendo un paradosso oltre che una

profonda provocazione rivolta alla società osanattrice di classicità e alla serietà accademica con cui troppo spesso l’arte viene proposta al

mondo esterno.

Marcel Duchamp dedicherà la sua intera vita al “fenomeno dada” con lunghe pause che dedicherà alla professione di scacchiere, per poi

tornare sempre alla pittura ed alla scultura, fino al giorno della sua morte, avvenuta il 2 ottobre 1968. L’artista fa incidere sulla sua tomba un

epitaffio composto da se stesso, con il quale se ne andrà con quel gusto fastidioso ed ironico tipicamente dadaista che lo contraddistingue-

va: “D’altronde, sono sempre gli altri che muoiono.”

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Il dadaismo nasce come conseguenza a quell’avanguardia inneggiatrice dell’amore per il pericolo: il futurismo. Questo movimento ha un fondatore

per eccellenza, Filippo Tommaso Marinetti.

Nasce ad Alessandria D’Egitto, dove trascorre i primi anni della sua vita, fino al trasferimento a Parigi, dove si laurea, per poi spostarsi a Milano alla

redazione della rivista “Poesie”, dove pubblica i suoi scritti dal gusto particolarmente orrido e grottesco, fondando un nuovo movimento letterario: il

futurismo.

Marinetti mette in atto un programma tanto rivoluzionario quanto provocatorio, ritenendo necessario chiudere i ponti con il passato, poiché vecchio

e tradizionale, distruggere musei e biblioteche glorificando la guerra, “unica igiene del mondo”, come venne denominata proprio da lui.

20 febbraio 1909: dopo vari tentativi riesce a far pubblicare il Manifesto Futurista sul giornale francese “Le Figaro”, il quale cantava all’amore per

l’insonnia, la vita, il movimento e disdegnava tutto ciò che c’era stato fino a prima.

Il suo primo romanzo “Mafarka il futurista”, venne assolto dall’accusa di oltraggio al pudore, trovando alleati come Boccioni e Carrà, artisti futuristi.

Come i dadaisti si ritrovavano nel Cabaret Voltaire, loro diedero vita alle serate futuriste: spettacoli teatrali nei quali gli spettatori anziché applaudire,

cercavano di colpire gli attori con degli ortaggi.

I futuristi però non erano solamente un gruppo di cabarettisti e provocatori, ma anche portatori di novità sul piano della poesia e della sintassi: le

“parole in libertà” sono una tecnica poetica espressiva nella quale la sintassi viene distrutta, la punteggiatura viene abolita e al suo posto vengono

inseriti elementi matematici ed onomatopeici, come nella celebre poesia “Zang Tumb Tumb”, reportage della guerra bulgaro-turca, alla quale Mari-

netti parteciperà come corrispondente per un quotidiano francese e nel frattempo lavorerà alla stesura di un romanzo fortemente anti cattolico e anti

austriaco.

I futuristi si occuparono spesso di temi legati alla guerra, soprattutto Marinetti, che parteciperà all’ impresa fiumana a fianco di Gabriele D’Annunzio,

che però lo inviterà a lasciare la città.

Si arruolerà come volontario per la Prima Guerra Mondiale, fonderà il Partito Politico Futurista contemplando lo svaticanamento dell’Italia e il pas-

saggio dalla monarchia alla repubblica, la lotta contro l’analfabetismo e il suffragio universale.

Marinetti, legato al fascismo, parteciperà all’adunata del San Sepolcro, dalla quale ricaverà l’unione del partito fascista a quello futurista, pur riba-

dendo l’originalità di quest’ultimo.

Dopo la sconfitta elettorale di Mussolini nel 1919, Marinetti sceglierà di divergere dal fascismo, troppo distante dalle origini e la conseguente dimis-

sione dalla politica.

Questo allontanamento, però, sarà solo momentaneo. Infatti, tornato a Parigi per far pubblicare le proprie poesie, non viene più accolto come porta-

tore di novità, poiché la scena artistica era già stata occupata dal Dada.

Deluso, si riavvicina alla politica ed al fascismo, aderendo alla guerra di Etiopia, alla spedizione in Russia e alla Repubblica sociale Italiana.

Marinetti fu forse la figura più particolare dell’inizio del ‘900, colui che inneggiava all’amore per il pericolo e urlava all’incendio di biblioteche e acca-

demie, verrà proclamato “Accademico d’Italia” da Mussolini. Il fondatore del futurismo diventerà quindi un difensore della letteratura e della lingua

italiana.

La mia decisione di portare Marinetti come figura ribelle e provocatoria nella letteratura italiana, è stata riflettuta a lungo per poi arrivare ad una

conclusione: il vero ribelle è colui che prende la propria vita e senza indugio, ne fa un paradosso.

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Anni ’60: l’Europa è ancora stordita dalla Seconda Guerra Mondiale, che ha portato con se grosse difficoltà ma anche grandi novità; è il turno

dell’età dell’oro, nella quale i lavoratori avevano raggiunto livelli impensabili: in Italia avviene il miracolo economico, auto ed elettrodomestici

diventano patrimonio, legati a ciò che meglio caratterizza questo periodo, il consumismo.

Esso viene visto come unica soluzione ai problemi esistenziali e alla realizzazione dell’identità dell’uomo, procurando solamente una sempre più

forte e opprimente alienazione nell’uomo lavoratore che diventa una sorta di macchina produttrice-conservatrice.

E’ in questo clima di repressione che nasce il più importante movimento di protesta studentesca e sociale che cambierà le sorti di tutta l’umanità:

il movimento del ’68.

I sessantottini erano ragazzi, ma anche padri di famiglia, operai, magistrati, professori, provenienti da situazioni socio-economiche e geografiche

differenti ma animati da un comune desiderio di ribellione che doveva esplodere.

Questa esplosione trova il suo centro negli Stati Uniti sul finire del 1964 all’università di Berkley, dove gli studenti occuparono per manifestare il

loro rifiuto nei confronti della scelta presa dal Ministero della Difesa a proposito della produzione di armi per la guerra del Vietnam.

Il movimento studentesco rivendicava un mondo libero e rifiutava i modelli imposti dalla tradizione, dalla religione, politica, scuola e soprattutto

dalla società. Vengono fondate, con l’avvento della rivolta, le prime vere comuni. I rapporti fuori dal matrimonio, dapprima visti come il male,

vengono accettati; con essi anche la donna si emancipa e nascono i primi movimenti femministi, come la “National Organisation for Women” che

nel 1973 ottiene la legalizzazione dell’aborto entro i primi mesi di gravidanza.

Questo fervore però non si limiterà solamente agli Stati Uniti, ma prenderà piede in tutta Europa, legandosi al concetto di capitalismo ed al pen-

siero Marxista, in netto contrasto con la cultura borghese e in accordo con la cultura proletaria da accettare e assecondare.

Questa contestazione si legò alla sinistra ma si distaccò da quello che era il PCI del tempo, considerato troppo moderato e troppo poco rivoluzio-

nario.

I giovani vogliono ribellarsi, imporsi, uscire dalla condizione repressiva della civiltà, cultura ed etica che li attanagliava, trovando un solido appog-

gio nella psicoanalisi Freudiana, che trovava la centralità nella sessualità e nella liberazione di essa, fino ad ora troppo chiusa e considerata

ancora un tabù.

Con il passare del tempo, le rivolte assumono toni sempre più accesi: in Francia diventa rivolta contro lo Stato, esplodendo del 1968 all’Università

di Nanterre e successivamente alla Sorbona, fino ad arrivare all’occupazione da parte degli operai di

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