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Sintesi

Introduzione Quadratura del cerchio, tesina



Questa tesina di maturità descrive il tema della quadratura del cerchio. La tesina descrive anche questi argomenti: in Matematica la quadratura del cerchio, in Italiano Non chiederci la parola, in Storia dell' arte l'espressionismo, l'urlo di Munch, in Storia il primo Novecento, in Inglese James Joyce, Dubliners, in Latino e filosofia Epicuro, Seneca.

Collegamenti


Quadratura del cerchio, tesina



Matematica - La quadratura del cerchio.
Italiano - Non chiederci la parola.
Storia dell' arte - Espressionismo, l'urlo di Munch.
Storia - Il primo Novecento.
Inglese - James Joyce, Dubliners.
Latino e filosofia - Epicuro, Seneca.
Estratto del documento

Ciò è chiaramente infattibile, poiché stiamo trattando con un valore che non

appartiene ai numeri algebrici. Infatti il pi-greco non è un numero algebrico, bensì

è un numero trascendente. Esso è composto da infiniti numeri e trovare la sua

radice significherebbe trovare un altro valore costituito da altrettante infinite cifre.

Paradossalmente il lato del quadrato sarebbe infinito. L’unico modo è ottenere

un’approssimazione molto vicina a quella dell’area del cerchio.

√π = 1,7724…

In questo caso dovremmo calcolare un’approssimazione di

che potrebbe essere 39/22= 1,7727. In questa maniera sarebbe possibile risolvere

il problema, ma in realtà non sarebbe altro che una mera illusione. 2

- NON CHIEDERCI LA PAROLA

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l’ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Da Ossi di Seppia, E. Montale

L’impossibilità di trovare una soluzione non è riscontrabile solo nella matematica e

nelle scienze. Le paure e le incertezze sono stati i sentimenti comuni dell’uomo

novecentesco. Un’ esempio, tra i poeti italiani, è Eugenio Montale. Egli è nato nel

1896, pochi anni prima delle due grandi guerre e che influenzarono la sua ideologia e

poetica. La sua poesia può essere definita ARIDA proprio per i temi e il linguaggio

usato dal poeta. Mediante i suoi versi cantati cerca di esprimere il dramma

esistenziale del proprio io e che, contemporaneamente, riflette la condizione assoluta

dell’uomo moderno. La poesia “Non chiederci la parola” ha un profondo significato. 3

Mettere l’inchiostro sulla carta non vuol dire essenzialmente comunicare

ordinatamente i propri pensieri; infatti la poesia può essere un mezzo per manifestare

il caos interiore senza trovare una vera soluzione. Il poeta è afflitto da questa

problematica, dalla chiara consapevolezza che le parole non possono descrivere i

moti dell’animo ed è cosciente dall’impossibilità di raggiungere una stabilità

interiore. Nei primi versi Montale si rivolge al lettore affermando che i versi non

sono in grado di portare ordine nel caos che domina l’uomo, utilizzando la prima

persona plurale che indica la condizione di tutti e non solo la propria. Nella seconda

quartina c’è una critica all’uomo sicuro di se, incapace di vedere la sua ombra

proiettata sul muro. Il poeta, anche se affranto dall’impossibilità di poter fare ordine

ai suoi pensieri, accetta la sua condizione; cioè accetta il suo male di vivere e una vita

vuota, ostacolata dal muro delle incertezze che egli non riesce a valicare. 4

l’urlo di Munch

- ESPRESSIONISMO :

Sempre alla fine del XIX secolo, nella sfera visiva delle arti si manifesta la stessa

angoscia che animava lo spirito di Montale. Il pittore norvegese Edward Munch

cercò di esprimere la sua

inquietudine verso la vita. L’uomo

in primo piano, infatti, è l’artista

stesso che è intento a emanare un

urlo per la sua disperata condizione

che rappresenta la condizione

dell’uomo di quei tempi. La

descrizione di quel momento

storico è resa da una crude visione

del paesaggio; ritratto con il rosso,

il cielo sembra essersi macchiato di

sangue; le onde sinuose che

“delineano” lo sfondo sembra mescolare ogni elemento per indicare il caos

interiore. Sulla sinistra ci sono due figure umane che rappresentano l’indifferenza

degli altri uomini nei confronti del grido dell’artista, lasciato solo a combattere

contro le sue paure e le incertezze, che hanno fatto crollare il Positivismo che fino

ad allora veleggiava l’Europa. L’autoritratto dell’artista più che ad un corpo, fa

pensare ad uno spirito. La testa è completamente calva come un teschio ricoperto

da una pelle mummificata. Gli occhi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato.

Il naso è quasi assente. L’ovale della bocca è il vero centro compositivo del

quadro. Da esso le onde sonore del grido mettono in movimento tutto il quadro:

agitano sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio e il cielo,

ma continuando a lasciare indifferenti le persone che insieme a lui sono sul ponte.

L’urlo di questo quadro è una intesa esplosione di energia psichica. È tutta 5

l’angoscia che si racchiude in uno spirito tormentato che vuole esplodere in un

grido liberatorio. Ma nel quadro non c’è alcun elemento che induca a credere alla

liberazione consolatoria. L’urlo rimane solo un grido sordo che non può essere

avvertito dagli altri ma rappresenta tutto il dolore che vorrebbe uscire da noi,

senza mai riuscirci. E così l’urlo diviene solo un modo per guardare dentro di sé,

ritrovandovi angoscia e disperazione. Camminavo lungo la strada con due amici

quando il sole tramontò

il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue

mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto

sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco

i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura

e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.

6

- NOVECENTO: le cause che hanno portato ad una crisi

IL PRIMO

esistenziale dell’uomo.

I sentimenti tristi e angosciosi dell’uomo moderno non sono nati dal nulla;

dietro questa crisi esistenziale c’è una ragione di tipo storica a livello

europeo. Anche se alcuni stati europei, ad esempio l’Italia, si svilupparono

in ritardo rispetto gli altri, l’intera Europa era caratterizzata da un’aria

positivista. Dopo le varie vicissitudini del periodo illuminista si passa ad

una corsa verso l’industrializzazione dei paesi per addentrarsi nei nuovi

sistemi capitalisti. Da qui nasce il mito del progresso che porta l’uomo a

credere nei dati empirici ed esclusivamente nelle scienze. L’espansione

industriale e la diffusione della cultura determina, quindi, un clima di

fiducia nell’intelligenza umana. L’ottimismo di questo periodo si tramuta

in un vero e proprio culto della tecnologia e delle scienze a cui segue

l’affermazione della classe borghese. Se nell’illuminismo la guida

spirituale era il filosofo e nel Romanticismo era il poeta, ora il positivismo

offre la figura dello scienziato, dell’ingegnere e del matematico. Questo

nuovo modo di pensare gettò le basi di quello che viene chiamato “la

religione del positivismo”:

- La conoscenza scientifica è l’unica possibile e il metodo scientifico è

l’unico valido.

- Il metodo della scienza, poiché l’unico valido deve essere esteso a

tutti i campi

- La scienza non è solo un mezzo per la conoscenza, ma è anche uno

strumento per dominarla. 7

Con la fine del XIX secolo tutte queste convinzioni sono demolite dal

nuovo assetto politico ed economico dell’Europa. Infatti il clima di

inizio secolo è completamente diverso dagli anni antecedenti. I Paesi

sono in tensione tra loro e c’è un ricorso agli armamenti. L’attrito tra i

vari Stati da inizio ai conflitti mondiali che dominano la prima metà del

XX secolo. I conflitti furono determinati dall’aggressività della

Germania di Guglielmo II che non mostrava alcun interesse per il

mantenimento di un equilibrio fra gli stati. Egli decise di non rinnovare

i rapporti di amicizia con la Russia, permettendo alla Francia di

concludere una solida alleanza con essa. Nel frattempo anche i rapporti

con l’Inghilterra si deteriorarono, la quale si alleò con la Francia e la

Russia creando la triplice intesa. Sul fronte opposto si creò un’altra

alleanza che divise il continente Europeo in due fazioni. Questa era la

triplice alleanza costituita dalla Germania, Austria e Italia. Nel 1914 a

Sarajevo, capitale della Bosnia, venne ucciso l’arciduca Francesco

Ferdinando per mani della Serbia, alleata russa. L’Austria si mostrò

decisa a non perdere l’occasione per dare una lezione alla Serbia e il 28

giugno 1914 le dichiarò guerra. In aiuto di quest’ultima giunse

l’esercito russo e con esso tutte le alleanze dei vari paesi entrarono in

conflitto. Ad esempio la Germania colse l’occasione per attaccare la

Francia, invadendo anche il Belgio, violandone la neutralità. Ciò suscitò

l’azione dell’Inghilterra che, preoccupata che lo stato tedesco potesse

oltrepassare la Manica, scese a fianco della Francia. Nel frattempo il

governo italiano, nel luglio del 1914, fu colto di sorpresa dagli

avvenimenti: l’Austria, non solo aveva inviato l’ultimatum alla Serbia

senza avvisare il nostro Paese, ma aveva dato inizio a una guerra 8

offensiva e ciò era in aperto contrasto con le condizioni imposte dalla

triplice alleanza. Così il 2 agosto del 1914 l’Italia dichiarò di voler

essere neutrale. L’anno successivo all’inizio dei conflitti, però, il nostro

Paese prende parte ai combattimenti con il Patto di Londra. Gli scontri

cessarono dopo milioni di perdite da parte degli stati aderenti e ciò

avvenne nel 1918. D’ora in poi il territorio europeo rimase sconvolto

dalla crudeltà delle guerre, dall’incapacità di poter risolvere le

divergenze attraverso la ragione. Da questi tragici avvenimenti si

generano i più drammatici sentimenti della storia umana, si instaurò

fragilità negli uomini e, soprattutto, la consapevolezza che niente è

certo. 9

- L’impossibilità di trovare una soluzione in “Gente

JAMES JOYCE:

di Dublino”

James Joyce was born in Dublin in 1882. He studied French, Italian and German

languages so that he considered himself an European man rather than an Irish one. He

was a rebel and he was in contrast with his literary contemporaries, who were trying

to rediscover the Irish Celtic identity. Instead of praising the past ,his aim was to

create a national conscience of the Irish situation. His most famous work is titled

“Dubliners”. It consists of fifteen short stories that are arranged into four groups:

childhood, Adolescence, mature life, public life. The main theme that runs throughout

the work is the paralysis. All Dubliners want to change their lives, they all want to a

better life but they can’t do anything because their mind are paralyzed by the

oppressive effects of religious, political, cultural and economic forces. So characters

of his stories can’t escape from this cruel reality though they want. For instance the

short story called “Eveline” can exactly describe the impossibility to overturn the

own life. The story talks about a nineteen-year-old girl who has the opportunity of

changing her routine life but she is unable to leave her family. The story has different

elements which represent the paralysis; for example the dust, the yellowish photos,

the snow. She thinks about what will happen after having left her country with her

lover and at the end she hears a music that reminds her the day when her mother died

and the promise she did to her. The last wish of her mother was that her daughter had

to take care of the family, whatever would have happened. So Eveline isn’t capable

of leaving her rough dad though she is aware she won’t be happy. 10

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