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Sintesi
Latino - Tacito: "Il Discorso di Calgaco"
Storia - Imperialismo
Filosofia - Marx
Italiano - Verga
Inglese - Dickens
Arte - Boccioni: "La città che sale"
Estratto del documento

Dickens:

Oliver Twist

Utilitarianism

Boccioni: Marx:

Futurismo Il plus-valore

“La città che Capitalismo

sale” Prepotenza

Progresso

Profitto ‘800-’900

Tacito: Imperialismo

La battaglia Gli imperi

di coloniali

Calgaco Verga:

Morale del

progresso

Darwinismo 4

Le mire imperialistiche hanno sempre dominato le menti degli uomini. Basti infatti

pensare che già i Greci, pur, nella loro moralità, ritenendo grave il fatto che un

popolo si gettasse alla conquista di terre straniere assoggettandone gli abitanti,

conquistò l’isola di Melo unicamente attraverso la prepotenza: “La vostra ostilità

non ci danneggia quanto la vostra amicizia, manifesto esempio per i sudditi della

nostra debolezza, mentre l’odio lo è della nostra potenza”. I Melii cercarono in

tutti i modi di trovare un accordo con gli ateniesi ma non ci riuscirono e infine

caddero sotto il loro dominio dopo aver combattuto eroicamente per la loro

libertà.

Quest’episodio è simile a quello raccontato da Tacito in ”Agricola” (“De vita et

moribus Iulii Agricolae”). In quest’opera composita l’autore risalta velatamente la

propria soggettività ma allo stesso tempo, in molte descrizioni, resta “super

partes” fornendo una visione della scena oggettiva al limite del reale, descrive la

Britannia, il suo popolo e le battaglie più importanti tra questo e il popolo romano

rientrando così, trattando diversi argomenti correlati, nel genere della monografia

storiografica soffermandosi in particolare sull’aspetto politico, biografico ed

etnografico ma, allo stesso tempo, non celando di certo l’intento encomiastico

proprio del componimento.

Il tema centrale della parte politica dell’opera è occupato dal concetto di potere

analizzato prima attraverso un contrasto tra le due personalità più interessanti

del testo quali Agricola e, seppur indirettamente, Domiziano, e poi, attraverso la

parte de “Il discorso di Calgaco”.

Agricola rappresenta la libertà, la fiducia di Tacito nel cambiamento del clima

politico romano, l’exemplum perfetto di come “posse etiam sub malis principibus

magnos viros esse” mentre Domiziano, al contrario, la tirannia, la monarchia e la

crudeltà di un uomo accecato dal potere e caratterizzato dalla prepotenza.

Questo contrasto lo ritroviamo esplicitamente nel discorso del comandante

Calgaco di fronte ai suoi uomini prima della battaglia contro i romani:

“I romani, avidi se il nemico è ricco, arroganti se è povero” – “Non si possono

saziare. Passano sotto il falso nome di impero il rubare, trucidare, uccidere” –

“Quando hanno fatto il deserto lo chiamano pace” – “I romani, la cui prepotenza

invano vorresti placare con l’umile sottomissione”: parole dure che risaltano si, la

grande capacita dell’autore di rendersi fuori dalle parti, ma allo stesso tempo

fanno riflettere il lettore sui concetti di libertà e vita e quelli immediatamente

opposti di dominio e arroganza.

I romani vogliono tutto: ricchezze, beni e territori da sfruttare e derubare, non si

curano degli altri, sono assetati di potere, di fama, hanno sete di dominazione, 5

vogliono il potere su tutto e tutti. I romani, come i greci, distruggono, anche se il

nemico sarebbe disposto ad arrendersi senza combattere e Calgaco denuncia

proprio la vera natura dell’imperialismo di Roma.

Da una parte perciò abbiamo il potere, gli oppressori, dall’altra la libertà, un

ideale, la voglia di rivalsa, la voglia di combattere per se stessi, per la propria

dignità, non rinnegando le proprie origini e difendendo la propria indipendenza.

Da tutto questo si può estrapolare benissimo il concetto di prepotenza intesa

come voglia di primeggiare, di avere sotto il proprio controllo tutto, anche l’ultima

parte del mondo conosciuto. Il concetto di prepotenza che si trova in quest’opera

non si discosta minimamente da quello di progresso, che seppur non vi si può

intendere come fine, può esservi comunque trovato come mezzo, come concetto

per giustificare le proprie azioni. I romani si sentono infatti in diritto di conquistare

i barbari, coloro che non hanno leggi e sono “ignoranti”, hanno il dovere di

civilizzarli.

La battaglia è devastante e termina con la vittoria dei romani. Ma non è

certamente l’ennesima vittoria del popolo romano che rimarrà impressa nelle

menti dei posteri, ma il coraggio e la forza dei Britanni che non si sono arresi di

fronte ad una morte sicura, che hanno combattuto per loro stessi e per la loro

libertà.

“Il prepotente è sconfitto mentre trionfa, è il suo trionfo che lo inabissa nello

stesso istante in cui pensa di innalzarsi. Quando ha vinto, ha perso”

Mario Capanna 6

Ma la prepotenza, oltre a non essere mai fine a se stessa, nemmeno possiamo

semplicemente circoscriverla a un unico periodo storico: il significato di questa si

è infatti evoluto e nel tempo è arrivato a perdere la sua essenza originale tanto

da diventare una parola che oggi si nomina molto raramente pur esprimendo un

concetto continuamente messo in atto.

Dal momento in cui si scoprì l’America gli stati europei non si sono più fermati,

hanno continuato, senza sosta, ad uccidere, per avidità e per i propri interessi.

Uno dei periodi più interessanti e recenti dove questa storia si è ripetuta è stato

quello dell’Imperialismo. Questo periodo ci permette infatti di vedere come le

grandi nazioni del mondo tra ‘800 e ‘900 soggiogavano gli stati più poveri e

deboli non solo con la forza e con le armi ma soprattutto con avidità e strategie

politiche solo per raggiungere i propri interessi.

Intorno al 1870, nell’ultima fase della seconda rivoluzione industriale, i mercati

mondiali erano orami saturi e ciò provocò immediatamente una grave crisi che

portò gli imprenditori a far pressione sui vari governi nazionali affinché

intraprendessero una politica espansionistica. Erano soprattutto la classi

imprenditrici infatti che bramavano per la conquista di nuove terre in maniera tale

da permettersi di ampliare i propri mercati e da acquisire nuove materie prime.

Indirizzarsi però su una strada così costosa sia dal punto di vista umano che

economico che politico non era semplice e ancora meno semplice era giustificare

il tutto davanti alle masse di cittadini.

In primo luogo perciò per acquisire consensi i vari governi decisero di riprendere

in mano il concetto di nazionalismo che, mentre prima era nato portatore di ideali

nobili quali quello della libertà, ora, attraverso la propaganda e l’istruzione

strumentalizzate, portavano, ad una semplice e ancora ristretta ideologia

xenofoba verso lo straniero e soprattutto alla voglia di diventare una grande

nazione. Oltre a questo gli stati ripresero anche il concetto che aveva

caratterizzato il periodo coloniale cioè quello per cui la missione dei paesi

industrializzati e civilizzati, e quella di tutta la razza bianca. era di acculturare e

dominare popolazioni ancora arretrate e dominate dalla superstizione.

Una volta ideologizzate le masse, si doveva procedere a trattare con gli altri stati

europei affinché si raggiungessero vari accordi di pace in maniera da rendere

stabile la situazione all’interno del continente e fu proprio in questo momento che

nacque, dal patto militare di Vienna nel 1882, la triplice alleanza di cui facevano

parte Italia, Impero Austro-Ungarico e Germania. 7

Una volta sistemate le questioni di politica interna ed estera poteva iniziare la

conquista delle nuove terre.

Africa:

In Africa i colonizzatori si spartirono le terre centrali del continente a “tavolino”

cioè non tenendo conto delle diversità culturali tra le varie popolazioni che da un

giorno all’altro si ritrovarono unite sotto lo stesso stato. Questo fatto ebbe

conseguenze devastanti sulle popolazioni e soprattutto su quella che sarebbe

stata la futura politica interna di questi paesi.

Nel 1901 tutta l’Africa era stata spartita tra le varie potenze.

L’unico luogo dove si scontrarono due grandi potenze europee fu il Sud Africa

che vide combattere Olanda e Gran Bretagna per prendersi le ricchezze

minerarie del luogo. Solo nel 1902 gli inglesi vinsero ma gli olandesi comunque

riuscirono a patteggiare la vittoria e infine, solo nel 1910, si costituì' l'Unione Sud

Africana fondata su una costituzione federale.

Asia: 8

Ormai gli inglesi avevano stabilito il loro dominio diretto sull'India e gli indiani, in

un primo momento, si erano adattati alla dominazione britannica e stavano

sempre di più' acquisendo una cultura europea. Ma presto questo equilibrio era

destinato a rompersi, all’inizio del ‘900 iniziarono infatti a nascere i primi

movimenti nazionalisti indiani che ambivano all’indipendenza della propria

nazione.

Come questo avveniva in India con gli inglesi, allo stesso tempo avveniva in

Indocina con i francesi e nel 1909 con gli Olandesi in Indonesia.

L’impero cinese invece era in fase di disgregamento poiché se nel 1898 Gran

Bretagna, Germania, Russia e Francia si erano impadronite di tutti i principali

porti costieri e nel 1904 gli inglesi avevano intrapreso l’avanzata verso il Tibet,

ancora prima, sempre i britannici, avevano sconfitto la Cina nelle due guerre

dell’Oppio (1839-42 1853-54). Il governo all’alba del nuovo millennio non

reagiva, lasciando l’intero paese a se stesso mentre la popolazione iniziava ad

essere intollerante con gli invasori tanto da arrivare a costituire i “boxer”:

associazioni di paramilitari che insorgevano verso i militari delle nazioni

dominatrici europee. Nel 1900 la rivolta dei boxer venne repressa da un azione

congiunta di tutte le principali forze dell’Intesa comprendenti anche Usa e

Giappone.

In tutto questo la popolazione, e soprattutto capi militari e giovani, iniziava a

contestare il potere imperiale e vedevano nel progresso l’unica soluzione per

risollevare la Cina dalla dominazione straniera. Nel 1905 un gruppo di giovani si

rifugiò a Tokyo, e appoggiati dal governo giapponese, iniziò a progettare una

rivoluzione. Ai giapponesi e alle altre potenze mondiali non poteva che far

comodo un’ipotetica rivoluzione cinese poiché in questa maniera potevano più

facilmente assumere il controllo dei territori destabilizzati dai conflitti interni.

Il capo dei rivoluzionari era Sun Yat-sen e aveva basato la sua rivoluzione su “tre

principi del popolo”: indipendenza nazionale, democrazia rappresentativa,

benessere del popolo (cioè i principi liberali dell’occidente).

La rivoluzione scoppiò nel 1911 quando vennero dati gli appalti per la

costruzione della rete ferroviaria a tutte imprese straniere. Questa però non andò

a buon fine e nel 1913 prevalse la parte conservatrice del paese appoggiata

dalle potenze occidentali a cui Yuan Shi-kai aveva promesso tutti i privilegi

economici possibili. Quest’ultimo con un colpo di stato sciolse definitivamente il

parlamento, instaurò una dittatura personale e costrinse Sun Yat-sen all’esilio.

Sud America:

Dalla disgregazione dell’impero spagnolo e portoghese erano nati, in sud e

centro America, molti piccoli stati che seppur guidati dall’eroe Simon Bolivar

verso l’indipendenza non riuscirono mai a formare una repubblica federale come

quella statunitense. Queste erano perciò fragili e la maggior parte delle volte

assoggettate dall’eredità delle amministrazioni coloniali assolutistiche. Erano

infatti militari, capi o avventurieri che, con l’appoggio dell’esercito, prendevano il

potere con la forza e instauravano regimi totalitari che venivano a loro volta

sostenuti dalle potenze europee e soprattutto dagli Stati Uniti. 9

Tutti i mercati dell’America Latina erano basati sull’economia statunitense e su

quella europea così che i cittadini non guadagnavano nulla del loro prodotto e

vivevano in condizioni miserabili. Gli USA oscillavano tra il desiderio di esportare

la loro democrazia per liberare i latino-americani dalla miseria e dai regimi

oppressivi e il realismo di una politica estera che tutelasse gli interessi economici

dei cittadini statunitensi.

Solo nei primi anni del ‘900 le rivoluzioni civili portarono alla liberazione dei primi

stati occupati con la forza.

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