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Filosofia: Giusnaturalismo, Kant, Personalismo
I PETALI DELLA COSTITUZIONE
questa carta.
Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no,
non è una carta morta, questo è un testamento, un
testamento di centomila morti. […]
Sono queste le parole di Piero Calamandrei, che caratterizzano una parte del Discorso
ai giovani studenti milanesi nel 1955, nel quale traspare la paura che la Costituzione
rimanga una carta morta, ferma, priva di vita e quindi di senso. Si intravede, però,
anche la speranza e l'esortazione ai giovani, affinché sappiano leggere nella
Costituzione lo spirito che le ha dato vita e darle gambe ed entusiasmo perché gli
intenti diventino azioni e i buoni propositi diritti reali.
La Costituzione italiana deve essere considerata come un documento vivo, come la
carta d’identità di uno Stato, come l’Italia, la quale difende da sempre inestimabili e
nobili valori, mi riferisco al sentimento patriottico, agli ideali di libertà, di giustizia, di
uguaglianza, di pace e di democrazia.
Molteplici sono i diritti degli uomini difesi dalla nostra Costituzione, dalla quale emerge
chiaramente la tutela della dignità umana e un profondo rispetto per la vita. Ma la
garanzia assoluta non è la Costituzione in sé stessa, bensì l’onestà degli uomini che la
interpretano e la applicano. Avvicinarsi alla Costituzione vuol dire, quindi, avere
consapevolezza che la libertà di ognuno di noi si basa sul rispetto della libertà degli
altri e approfondire la conoscenza dei nostri doveri. E’ poi importante ricordare l’idea
patriottica della Costituzione, per ribadire l’identità della nazione italiana e la
necessità di mantenere la sua unità.
Non può quindi rimanere un semplice auspicio, un’aspettativa astratta, è in nome dei
principi dettati dalla nostra Costituzione che ogni cittadino deve difendere la
Repubblica Italiana.
1.LA NASCITA DELLA COSTITUZIONE: IL CONTESTO
STORICO
[…] Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è
nata la Costituzione andate nelle montagne dove caddero i
partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi
dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per
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riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col
pensiero perché lì è nata la Costituzione […].
L'Italia, nel conflitto mondiale, aveva scelto di schierarsi dalla parte degli aggressori e
ne era uscita sconfitta, divisa, distrutta moralmente, prima ancora che
economicamente. La Resistenza ebbe perciò, nello specifico caso italiano, un
particolare significato simbolico: il paese, infatti, si trovava dinanzi al compito di
riscattarsi per ricostruire il proprio futuro e porre su basi nuove la convivenza
all'interno della comunità nazionale. Il fascismo era caduto per una "congiura di
palazzo" a opera del re e delle alte gerarchie del regime, intenzionate a impedire che
l'inevitabile e ormai imminente crollo militare coinvolgesse l'intera classe dirigente.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 , il paese era diviso in due: una parte, il Regno
del sud, occupata dagli Alleati; l'altra, il centro-nord, occupata dagli ex alleati tedeschi
e retta dal governo mussoliniano della Repubblica sociale, del tutto subalterno alla
volontà di Hitler. A Roma si costituì il Comitato di liberazione nazionale (CLN) con il
compito di organizzare la lotta contro il nazifascismo e di assumere, in prospettiva, la
guida politica del paese. Ne facevano parte diversi partiti, d'ispirazione ideale a volte
antitetica: il Partito liberale, il Partito socialista, la Democrazia cristiana, il Partito
d'Azione, il Partito comunista. Nel centro-sud una vera e propria lotta di liberazione
non ebbe luogo, anche se Napoli si liberò da sola attraverso un'insurrezione popolare
(settembre 1943) e numerosi furono a Roma gli episodi di guerriglia contro i nazisti:
uno di questi, che costò la vita a 32 militari tedeschi, fu seguito dal massacro delle
Fosse Ardeatine, l'uccisione per rappresaglia di 335 italiani. Nonostante l'impegno
della Resistenza romana, la capitale fu liberata dagli Alleati nella loro avanzata verso
nord nel giugno del 1944. Nel centro-nord, invece, si costituirono inizialmente bande
partigiane, formate da militari sbandati dopo l'8 settembre, renitenti alla leva, giovani,
intellettuali, operai, che successivamente si organizzarono in formazioni regolari, sino
a costituire, nella primavera del 1944, un vero e proprio esercito di liberazione
nazionale, il Corpo volontari della libertà. Le formazioni partigiane rispecchiavano
diversi orientamenti politici e ideologici: vi erano quelle comuniste (brigate Garibaldi),
azioniste (brigate Giustizia e Libertà), socialiste (brigate Matteotti), democristiane,
badogliane, indipendenti. Ad accomunarle era l'idea di dover lottare attivamente
contro i nazisti occupanti e i fascisti della Repubblica sociale per liberare il paese.
Nell'aprile 1945, mentre le forze alleate avanzavano nella pianura padana, la
mobilitazione degli operai e il convergere delle brigate partigiane sui grandi centri
urbani accelerarono la disfatta dei tedeschi. Tra il 24 e il 26 aprile 1945 Genova, Torino
e Milano e poi via via tutte le città del nord insorsero e si liberarono: il 25 aprile 1945
è la data ufficiale della liberazione dell'Italia. La guerra di liberazione fu, da parte
del nostro popolo, la riscoperta della dignità dell'uomo.
Intanto la situazione politica in Italia stava cambiando, infatti quando il re Vittorio
Emanuele III abdicò a favore del figlio Umberto, il quale veniva proclamato
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luogotenente del Regno d’Italia, il governo venne affidato ad Ivanoe Bonomi, il quale
formulò il decreto del 25 giugno 1944 secondo il quale tutti i cittadini, a guerra finita,
avrebbe potuto scegliere quale forma istituzionale dare all’Italia con un referendum, e
inoltre avrebbero dovuto eleggere un’assemblea a cui sarebbe spettato il compito di
elaborare una nuova Costituzione. Tale decreto fu considerato un atto rivoluzionario in
quanto, nonostante fosse flessibile, non era possibile interrompere improvvisamente
l’ordinamento costituzionale stabilito dallo Statuto Albertino.
Per identificare il vero e proprio entroterra culturale della nostra Costituzione
dobbiamo approfondire il ruolo ideologico che la Resistenza ha assunto durante gli
ultimi anni della guerra. Come lo stesso Calamandrei affermava, la carta costituzionale
è un testamento, il testamento dei caduti della Resistenza, quel meraviglioso
fenomeno popolare che ha caratterizzato l’azione militare antinazista negli anni finali
della guerra. Il movimento annoverò nelle sue fila migliaia di italiani, uomini, donne,
operai, contadini, professionisti e sacerdoti spinti dalla voglia di salvarsi dalla prigionia
tedesca e ispirati da un forte senso di libertà. La Resistenza nata in guerra come
abnegazione eroica di fronte alla morte, divenne il senso della politica intesa come
dovere di sacrificarsi al bene comune. La Resistenza significò volontà di creare una
società retta sulla collaborazione degli uomini liberi ed uguali. Essa i definitiva non
rappresentò solo un atto di liberazione dallo straniero, ma un impegno costruttivo di
lavorare su una strada aperta per la conquista di una vera democrazia.
[…] Parlavano diverse lingue, avevano la pelle di diverso
colore, avevano ideologie diverse eppure nella libertà e nella
dignità si sentivano fratelli, ed ognuno fu pronto a sacrificarsi
per il fratello.[…] Morirono per abbattere il totalitarismo che
distrugge la dignità umana, volevano incuorare gi uomini a
lavorare insieme per la verità e per la pace, volevano
costruire un mondo giusto […].
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2.DALLO STATUTO ALBERTINO ALL’ASSEMBLEA
COSTITUENTE
Lo Stato italiano nasce, da un punto di vista istituzionale, con la legge del 17 marzo
1861 che attribuisce a Vittorio Emanuele II, «Re di Sardegna», e ai suoi successori, il
titolo di «Re d'Italia». È la nascita giuridica di uno Stato italiano. La continuità tra il
Regno di Sardegna e quello d'Italia è normalmente sostenuta in base all'estensione
dell'applicazione della sua legge fondamentale, lo Statuto Albertino concesso da Carlo
Alberto di Savoia nel 1848, a tutti i territori del regno d'Italia progressivamente
annessi al regno sabaudo nel corso delle guerre d'indipendenza. Lo Statuto
Albertino rese l'Italia una monarchia costituzionale, con concessioni di poteri al
popolo su base rappresentativa. Era una tipica costituzione concessa dal sovrano e,
da un punto di vista giuridico, si caratterizzava per la sua natura "flessibile", ossia
derogabile ed integrabile in forza di atto legislativo ordinario. Poco tempo dopo la sua
entrata in vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu possibile portare l'Italia da
una forma di monarchia costituzionale pura a quella di monarchia parlamentare, sul
modo di operare tradizionale delle istituzioni inglesi. A causa della mancanza di
rigidità dello Statuto, col giungere del fascismo lo Stato fu deviato verso un regime
autoritario dove le forme di libertà pubblica fin qui garantite vennero stravolte: le
opposizioni vennero bloccate o eliminate, la Camera dei Deputati fu abolita e sostituita
dalla «Camera dei fasci e delle corporazioni»; il diritto di voto fu cancellato; diritti,
come quello di riunione e di libertà di stampa, furono piegati in garanzia dello Stato
fascista. Tuttavia lo Statuto Albertino, nonostante le modifiche, non fu formalmente
abolito. Nel 1943, verso la fine della seconda guerra mondiale, Benito Mussolini perse
il potere, il re Vittorio Emanuele III nominò il maresciallo Pietro Badoglio per presiedere
un governo che ripristinò in parte le libertà dello Statuto; iniziò così il cosiddetto
«regime transitorio», di cinque anni, che terminò con l'entrata in vigore della nuova
Costituzione e le successive elezioni politiche dell'aprile 1948, le prime della storia
repubblicana. Ricomparvero quindi i partiti antifascisti costretti alla clandestinità,
riuniti nel Comitato di liberazione nazionale, decisi a modificare radicalmente le
istituzioni per fondare uno Stato democratico, la monarchia era messa in discussione.
Dopo i sei anni della seconda guerra mondiale e i venti anni della dittatura, il 2 giugno
1946 si svolsero contemporaneamente il referendum istituzionale e l'elezione
dell'Assemblea Costituente, con la partecipazione dell'89% degli aventi diritto. Il 54%
dei voti (più di 12 milioni) fu per lo stato repubblicano, superando di 2 milioni i voti a
favore dei monarchici. L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale.
Dominarono le elezioni tre grandi formazioni: la Democrazia Cristiana, che ottenne il
35,2% dei voti e 207 seggi; il Partito socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito
comunista, 18,9% e 104 seggi.
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3.LE CARATTERISTICHE DEL TESTO COSTITUZIONALE
Votata il 22 dicembre 1947, promulgata il 27 dicembre 1947, la Costituzione della
Repubblica Italiana entra in vigore il 1° gennaio 1948. Essa rappresenta la legge
fondamentale dello Stato, dalla quale discendono tutte le altre leggi ordinarie conformi
ad essa. E’ scritta.
Le tre caratteristiche principali che la differenziano dallo Statuto Albertino sono:
1. È una Costituzione lunga: formata da 139 articoli (ne sono stati eliminati
5: art. 115-124-
128-129-130 nel 2001 governo Prodi), non si limita a sancire i principi
fondamentali, ma riconosce anche una pluralità di diritti riguardo ai rapporti
civili, etico-sociali, economici e politici (rispettivamente i 4 titoli della Parte
Prima della Costituzione: Diritti e Doveri dei cittadini), inoltre ogni articolo è
enunciato in maniera assai completa.
2. E’ una Costituzione rigida: le norme costituzionali non possono essere
cambiate da leggi ordinarie. Per modificare la Costituzione sono necessarie
leggi particolari, le leggi di revisione costituzionali per l’approvazione delle
quali è prevista una procedura complessa che mira ad allontanare il rischio
di facili cambiamenti (art. 138). La Costituzione non è quindi