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Sintesi
Introduzione: Cos’è il tatuaggio, Tipi di tatuaggio

Storia: Il tatuaggio nella storia

Economia: Business del tatuaggio, Aziende coinvolte nel settore del tatuaggio, Rimozione del tatuaggio

Diritto: Norme che regolano il tatuaggio, Igiene e sicurezza

Informatica: Sistemi indolore per vedere come sarà il tatuaggio

Scienze delle finanze: Tarsu, diritto sulle pubbliche affissioni, imposta comunale sulla pubblicità

Italiano: Il Grande Omi

Curiosità
Estratto del documento

ricavato da ossa o conchiglie e attaccato ad un’impugnatura di legno, l’altro è il

bastone usato per colpire il primo attrezzo. Il “pettine” viene immerso nel pigmento

(ottenuto dalla cenere di particolari piante mescolate con acqua calda e olio), poi

percosso con il bastone per farlo penetrare sottopelle. Nella pratica rituale il tatuatore

può avere diversi assistenti che tengono in tensione la pelle, e a volte , il suono dei

tamburi e i canti accompagnano l’esecuzione.

La componente del dolore in questo “rito” è fondamentale, a Samoa , infatti è diffuso il

pe’a, tatuaggio su tutto il corpo che richiede 5 giorni di sopportazione al dolore, che è

prova di coraggio e forza interiore.

METODO GIAPPONESE: La tradizionale tecnica giapponese, la tebori, consiste nel far

entrare aghi nella pelle obliquamente, con minore violenza ma provocando anche in

questo caso un discreto dolore. Gli strumenti sono rappresentati da elaborate

impugnature in bamboo alle quali sono applicati diversi aghi. Il tatuatore con una

mano mantiene in tensione la pelle, tenendo un pennello intriso di colore tra le dita.

L’altra mano fa passare gli aghi attraverso il pennello e servendosi della prima come

sostegno puntella la pelle. Anche se in Giappone oggi l’utilizzo delle macchinette

elettriche è diffuso, l’inchiostro nero è ancora applicato a mano in molti tatoo shop. I

tatuaggi realizzati con la tecnica tradizionale sono unici, e si dice non possano essere

riprodotti da alcuna macchinetta. Il tatuaggio tradizionale giapponese prende il nome

di Irezumi.

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METEDO THAILANDESE: Molti dei disegni realizzati con l’antica tecnica thailandese,

strettamente legata al buddismo, hanno tema religioso, ed erano originariamente

indossati e tatuati dai monaci stessi. Lo strumento tradizionale è un lungo tubo di

ottone, con un’asta appuntita che scorre all’interno. Una volta intrisa nel pigmento la

punta, una mano tiene l’estremità del tubo a contatto con la pelle mentre l’altra mano

guida l’asta nella sua azione perforante, come una lenta macchina da cucito. La linee

che si ottengo con questa tecnica sono formate da punti in sequenza, e non da un

segno continuo.

METODO AMERICANO: La tecnica americana prevede l’utilizzo di una macchinetta

elettrica ad aghi che non provoca dolore, ma al più una sensazione di fastidio. E’ la

tecnica che oggi, in Occidente, va per la maggiore, proprio per la caratteristica di non

essere dolorosa. La macchinetta da tatuaggio ha forma di una pistola; con l’aiuto di

bobine elettromagnetiche, l’ago viene messo in movimento. Il principio di

funzionamento fu inventato da Thomas Edison nel 1876, ma fu solo nel 1891 che

Samuel O’Reilly intravide la possibilità di utilizzare tale principio per iniettare

l’inchiostro sotto pelle. Che venga effettuato con le antiche tecniche manuali o con

quelle elettriche moderne, la pratica del tatuaggio prevede sempre la penetrazione di

un ago in uno strato superficiale della pelle e l’iniezione di pigmenti colorati per

produrre segni, disegni o scritte.

Il fastidio o il dolore che si avvertono nel corso dell’applicazione del tatuaggio, varia a

seconda del punto del corpo in cui viene praticato: si avverte meno sulle braccia e

sulle gambe e si avverte di più nelle zone ricche di terminazioni nervose come

costato, polsi, caviglie e piedi. 8

STORIA DEL TATUAGGIO

E’ nel 1769 che il Capitano inglese James Cook, approdando a Taiti osservando le

usanze della popolazione locale trascrive per la prima volta la parola tattow (poi

tatto), derivata dal termine “tau-tau”.

Ma il tatuaggio ha origini di oltre 5000 anni. La testimonianza più antica giunge da

confine italo-austiaco dove nel 1991, sulle Alpi OTZALET, viene rinvenuto il corpo

congelato e ottimamente conservato di un uomo che gli scienziati ritengo che sia

vissuto circa 5300 anni fa.

OTZI, così è stato soprannominato,presenta in varie parti del corpo dei veri e propri

tatuaggi, ottenuti sfregando carbone polverizzato su incisioni verticali della cute.

I raggi x hanno rilevato degenerazioni ossee in corrispondenza di questi tagli, si pensa

quindi che, al’’epoca, gli abitanti della zona praticassero questa forma di tatuaggio a

scopo terapeutico per lenire i dolori.

Presso gli antichi romani, che credevano nella purezza del corpo umano, il tatuaggio

era vietato e veniva adoperato esclusivamente come strumento per marchiare

criminali e condannati.

Fra primi cristiani era invece diffusa l’usanza di ostentare la propria fede tatuandosi la

croce di Cristo sulla fronte.

Nell’undicesimo e dodicesimo secolo i crociati portavano sul corpo il marchio della

Croce di Gerusalemme, questo permetteva, in caso di morte sul campo di battaglia, di

fare in modo che il solfato ricevesse l’appropriata sepoltura secondo i riti cristiani.

Nei primi anni del 1700 i marinai europei vengono a contatto con la popolazioni

indigeni delle isole del Centro e Sud Pacifico, dove il tatuaggio aveva un’importante

valenza culturale.

In Borneo, gli indigeni si tatuavano un occhio sul palmo delle mani come guida

spirituale che gli avrebbe aiutati nel passaggio all’aldilà.

In Nuova Zelanda, i Maori usavano i tatuaggi “Moko”, tatuaggi facciali personalizzati.

Questi moko sono usati ancora oggi per identificare il portatore come appartenete ad

una determinata famiglia o per simbolizzarne le conquiste ottenute dell’arco della vita.

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In Giappone il tatuaggio era praticato fin dal quinto secolo a.c. a scopo estetico ma

anche a scopo magico per marchiare i criminali.

La nascita dei bellissimi tatuaggi orientali che tutti oggi conosciamo è dovuta

all’imposizione dell’antico Giappone, di dure leggi repressive che vietavano alla

popolazione di basso rango di portare kimoni decorati.

In segno di ribellione queste stesse persone cominciarono a portare, nascosti sotto i

vestiti, enormi tatuaggi che coprivano tutto il corpo partendo dal collo per arrivare ai

gomiti e alle ginocchia.

Nel 1891 l’inventore newyorkese Samuel O’Reilly brevettò la prima macchinetta

elettrica per tatuaggio rendendo improvvisamente obsolete le tecniche precedenti, più

lente e soprattutto più dolorose.

Negli anni 20’ i circhi americani assumono più di 300 persone tatuate da capo a piedi

come attrazione per il pubblico.

Per mezzo secolo, i tattoo diventano marchio di minoranze etniche, marinai, veterani

di guerra, malavitosi e carcerati.

Negli anni 70’-80’ movimenti quali i punk e i bikers adottano il tatuaggio come

simbolo di ribellione.

Che abbia valenza estetica, o che sia impresso a ricordo di un momento importante

della propria vita, o ancora esprima la volontà di un ritorno alle origini, a valori antiche

e profondi che la società moderna sembra avere dimenticato il tatuaggio vive oggi un

momento di grande rinascita liberandosi finalmente della coltre di pregiudizi che da

decenni lo intrappolava. 10

IL TATUAGGIO NELLA STORIA

L’elemento centrale del nuovo ordine nazista, e quello che più lo simboleggia nella

memoria collettiva, è il sistema lager dei campi di concentramento e di sterminio.

Questi riproducevano al loro interno l’ideologia nazista di una società ordinata

gerarchicamente e dominata dalla razza eletta (quella ariana).

Al fondo della scala gerarchica stavano gli ebrei, contrassegnati da una stella o da un

triangolo giallo, poi, seguivano gli omosessuali e gli zingari col triangolo rosa, gli

asociali (disoccupati, vagabondi e disadattati) con un triangolo nero, i detenuti politici

con il triangolo rosso, i preti e testimoni di Geova col triangolo viola, ed al vertice di

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questa piramide c’erano i criminali comuni con il triangolo verde ai quali venivano

affidati compiti di sorveglianza o relativi alla sepoltura e cremazione dei cadaveri.

ll campo di Auschwitz fu la più efficiente macchina di morte organizzata dal terrore

nazista.

Qui, all’arrivo, il macabro rituale della selezione scandiva il destino dei deportati:

vecchi, malati e bambini venivano subito inviati alle camere a gas, gli adulti validi

venivano destinati al lavoro, e comunque alla morte che avveniva dopo pochi mesi per

fame o malattia.

Proprio in questo campo le autorità tedesche introdussero per la prima volta l’uso di

tatuare sulla pelle il numero di matricola del prigioniero.

Si iniziò all’ospedale del campo scrivendo sul petto, con una matita copiativa, il

numero di matricola del detenuto ammalato.

In seguito, si pensò al tatuaggio con un apparecchio che praticava con degli aghi della

lunghezza di un centimetro ciascuno l’incisione sul petto del numero per intero.

Le prime prove vennero effettuate sui prigionieri di guerra sovietici (non tutelati dalle

leggi internazionali sui prigionieri di guerra).

La pratica del tatuaggio iniziò solo sugli ebrei nella primavera del 1942 e veniva

effettuato sull’avambraccio sinistro.

L’operazione era poco dolorosa e non durava più di un minuto, ma era traumatica, il

suo significato simbolico era chiaro a tutti: quel segno indelebile trasmetteva il

messaggio non verbale dell’annullamento della persona.

Successivamente (22 febbraio 1943) per via della scomparsa di una prigioniera e al

problematico ritrovamento del suo nome, questa pratica fu estesa a tutti i detenuti, sia

maschi che femmine, immatricolati e non immatricolati.

Inoltre, per permettere una più facile contabilità dei decessi, le vittime venivano

deposte davanti alle baracche in modo che i numeri di matricola fossero ben leggibili.

Proprio le vittime di questo tragico conflitto mondiale, in particolare gli ebrei, furono

protagonisti di un episodio che fece molto discutere.

Infatti nel 1996, la Corte dei conti –sezione giurisdizionale del Friuli-Venezia Giulia - ha

bocciato una serie di ricorsi presentati da alcuni ebrei che chiedevano il

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riconoscimento dell’indennizzo mensile (seicento mila lire) che lo Stato italiano

assegna a chi subì le sfortunate conseguenza delle leggi razziali.

Questa sentenza viene motivata sostenendo che, per essere considerato un vero

detenuto politico, bisogna avere qualcosa di più concreto da mostrare ai giudici, come

cicatrici o le prove di una duratura prigionia.

BUSINESS DEL TATUAGGIO

Quello dei tatuaggi è un business in continuo sviluppo nella società odierna,

soprattutto nei giovani, infatti, come dimostra la ricerca svolta dall’ufficio studi della

camera di commercio di Monza e Brianza sono circa 300 le imprese che offrono questo

servizio (di cui 52 hanno aperto l’estate scorsa, circa il 18.3% del totale aziende di

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settore ) per un giro d’affari stimato intorno a 80 milioni di euro, infatti per farsi un

piccolo tatuaggio il costo minimo è di 40 euro ma per un’incisione sulla schiena il

costo può arrivare fino a 2000 euro.

CHE TIPI DI AZIENDE COINVOLGE E CHI SONO I PROPRIETARI DI QUESTE AZIENDE?

Il 93% delle aziende è individuale (quando il soggetto giuridico è una persona fisica

che risponde con i propri beni a delle eventuali mancanze, molto spesso coincide con

quella familiare ), nel 50,6% dei casi il titolare è un uomo, fra i 30 e 49 anni, e solo nel

26.4% il titolare è una donna. 14

Negli ultimi tempi, però, sono diverse le aziende che si stanno specializzando in un

altro servizio, quello della rimozione dei tatuaggi infatti più della metà delle persone

che si tatuano, col passare del tempo, voglio cancellarlo. Tra queste persone emerge

sicuramente la figura della mamma che vuole rimuovere il suo tatuaggio perché lo

considera un errore compiuto nella gioventù ma soprattutto perché teme il giudizio

negativo del figlio, oppure ragazzi e ragazze che essendosi incisi il nome del proprio

ex fidanzato/a sul corpo vogliono cancellare il passato!

COME SI PUO’ RIMUOVERE UN TATUAGGIO? QUANTO COSTA?

Le soluzioni possono essere sostanzialmente due. La prima è il laser a base di

alessandrine, che permette l’asportazione delle sostanze coloranti che si trovano a un

livello profondo della pelle, lasciando un alone sfumato quasi invisibile. Il costo della

rimozione, oltre che dalla dimensione, dipende anche dalla colorazione del tatuaggio,

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