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Filosofia: Carteggio Einstein-Freud
Storia: Contingente Italiano Nel Terremo Di Haiti
Francese: Gendarmerie
Spagnolo: Carabineros
Inglese: Scotland Yard
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- Francese:
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-Veglia Giuseppe Ungaretti
Veglia
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Vita ed opere
Giuseppe Ungaretti nasce il 10 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi,
trasferiti in Africa per lavorare alla costruzione del canale di Suez.
Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi: studia per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di
filosofia di Bergson, ma non si laurea. Rientra in Italia nel 1914, si abilita all'insegnamento
della lingua francese e lavora a Milano.Allo scoppio della guerra, è attivo come interventista,
si arruola come volontario ed è mandato a combattere sul fronte del Carso. Dal 1918 al 1921
vive a Parigi, lavora presso l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il
«Popolo d’Italia». Durante il suo soggiorno francese sposa Jeanne Dupoix e pubblica con
Vallecchi la prima edizione di Allegria di Naufragi (1919).
A causa della precaria condizione economica, nel 1923 si trasferisce vicino Roma, a Marino, e
viene impiegato al Ministero degli Esteri. Nel 1925, Ungaretti firma il Manifesto degli
intellettuali fascisti.
Nel 1931 esce l'edizione definitiva, de l’Allegria, il volume pubblicato originariamente nel
1916 con il titolo Il Porto Sepolto, quindi nel 1919 con il titolo Allegria di naufragi e di nuovo
nel 1923 con la prefazione di Benito Mussolini.
La raccolta Sentimento del tempo, datata 1933, segna l’inizio dell’avvicinamento alla fede
religiosa. Dopo un periodo di lavoro come corrispondente della «Gazzetta del Popolo», che lo
vede impegnato in diversi viaggi all’estero, nel 1936 è chiamato in Brasile a insegnare
letteratura italiana all’Università di San Paolo. Durante il soggiorno americano, il poeta, che
in pochi anni aveva visto la morte della madre e del fratello, è ora colpito da un lutto ben più
grave, la morte del figlio di nove anni. Nel 1942, a causa del conflitto mondiale, ritorna in
Italia: gli sono conferiti il titolo di Accademico d'Italia e la cattedra di Letteratura italiana
moderna e contemporanea all’Università di Roma. Alla fine della guerra, dopo una serie di
difficoltà legate al suo collaborazionismo con il regime fascista, è confermato docente
universitario e Mondadori comincia a pubblicare le sue poesie: Il dolore (1947), La Terra
promessa (1950), Un grido e paesaggi (1952), Il taccuino del vecchio (1961) e Vita di un
uomo (1969). Questa ultima raccolta racchiude tutta la sua produzione poetica, inclusi i suoi
saggi critici e le sue traduzioni, tra cui Gòngora, Mallarmé e Blake. Ungaretti muore a Milano
il 1 giugno 1970. PERCHÈ LA GUERRA?
Carteggio Albert Einstein - Sigmund
Freud
Nelle lettere che si scambiarono Einstein e Freud,
lo scienziato pone al filosofo alcune domande circa i
rapporti tra uomo e guerra. La domanda principale è
la seguente: «C'è un modo per liberare gli uomini
dalla fatalità della guerra?». Lo scienziato, per
spianare la strada al filosofo e indicargli la direzione
verso cui indirizzare la sua analisi, cerca lui stesso di
abbozzare una risposta a tale quesito affermando
che per evitare la guerra sarebbe necessaria un unità
sovranazionale che imponga delle leggi alle quali
ogni stato si debba attenere senza riserve e facendo
in modo che queste leggi vengano rispettate. Per
ottenere ciò, che oggi è lungi dall’essere ottenuto,
occorre che ogni stato rinunci alla sua sovranità. Ma
la sete di potere si oppone a ciò: in ogni stato infatti
c’è un piccolo ma deciso gruppo di persone che usa
la guerra solo per promuovere i loro interessi. Ma
come è possibile che la massa si lasci asservire dalle
decisioni dei pochi? La risposta più ovvia secondo
Einstein è che tale maggioranza tiene in pugno Sigmund Albert
l’istruzione, l’informazione e le organizzazioni
religiose, tutte cose che gli consentono di sviare i Freud Eistein
sentimenti delle masse. Per quale motivo dunque la
massa si lascia infiammare fino all’olocausto di se?
L’unica spiegazione possibile è che l’uomo abbia
dentro di se il piacere di distruggere. Avendo
constatato ciò Einstein espone quindi la sua
domanda finale, chiedendo al padre della psicoanalisi
se è possibile dirigere l’evoluzione degli uomini in
modo da renderli capaci di resistere alla psicosi
dell’odio e della distruzione.
Nel rispondere a tale lettera Freud ripercorre le tappe indicate da Einstein con l’intento di svolgerle più ampiamente seguendo
le sue migliori conoscenze. Dunque anch’egli parte dal rapporto “diritto-forza” sostituendo quest’ultima parola con “violenza”.
Infatti i conflitti di interesse tra gli uomini sono decisi, come in tutto il regno animale, di cui anche l’uomo fa parte, dalla
violenza. Grazie alla violenza il singolo riuscì inizialmente a prevalere sui molti, ma in che modo siamo passati dalla violenza al
diritto? L’unione delle violenze dei molti riuscirono a sopraffare la violenza del singolo. Il diritto perciò è pur sempre violenza:
opera con gli stessi mezzi e persegue gli stessi scopi, la differenza è che ora a prevalere è la volontà della comunità. Ma affinché
tale diritto sia stabile l’unione deve essere stabile. Quando vi è una comunione di interessi si instaurano tra i membri di un
gruppo quei sentimenti sui quali si fonda la sua vera forza. In questo gruppo il trionfo sulla violenza viene ottenuto trasferendo il
potere a una comunità più vasta. Ciò è semplice finché la comunità è piccola ed è formata da individui aventi la stessa forza. Ma
nella realtà ciò è impossibile poiché la comunità comprende fin dall’inizio elementi di forza ineguale (uomini e donne, genitori e
figli, ecc.). Il diritto della comunità diviene allora espressione dei rapporti di forza ineguali all’interno di essa, «le leggi vengono
fatte da e per quelli che comandano». Da qui nascono nella comunità due funti di inquietudine: da un lato vi è il singolo che
vuole ripristinare l’antico stato di violenza, dall’altro le masse tentano di tornare ad un diritto uguale per tutti. È inevitabile
quindi la lotta all’interno di una comunità, ma queste lotte, a causa della necessità della vita comune giungono rapidamente ad
una conclusione. Vi sono tuttavia anche le guerre tra una o più comunità che conducono in genere le comunità più grandi e
potenti a integrare quelle più piccole. Anche se paradossale, in questo caso, la guerra potrebbe creare un'unica grande
comunità in grado di ottenere la pace “eterna”. Ma questo risultato non può essere durevole e le unità appena create si
disintegrano, ottenendo così come unico risultato la sostituzione di guerricciole con grandi guerre. Come già detto da Einstein
anche secondo Freud occorre un unità sovranazionale che acquisisca mediante il richiamo a determinati principi ideali l’autorità
che di solito si basa sul possesso della forza. Ma che forza si può attribuire a queste idee? Come gli ideali panellenici e cristiani
non riuscirono ad evitare il ricorso alle armi così al giorno d’oggi non vi è nessuna idea cui si possa attribuire una simile autorità
unificante. Perciò il tentativo di sostituire la violenza con le idee è per il momento votato all’insuccesso. Anche per quanto
riguarda il motivo per il quale le masse si lasciano infiammare Freud è pienamente d’accordo con Einstein. Secondo il filosofo
infatti l’uomo è dominato da due tipi di “pulsioni” una che tende a conservare e a unire e una che tende a distruggere e a
uccidere. Tutte e due le pulsioni sono indispensabili e nessuna agisce mai in maniera isolata, ad esempio la pulsione di
autoconservazione non è detto che non possa implicare una certa quantità di aggressività per essere portata a compimento.
Pertanto quando gli uomini vengono incitati alla violenza, è possibile che si destino in loro una serie di motivi consenzienti, nobili
o volgari, di cui il piacere di distruggere e di aggredire fa certamente parte. Il fatto che questi impulsi distruttivi siano mescolati
con altri impulsi ideali, facilita naturalmente il loro soddisfacimento. Se quindi la propensione alla guerra è un prodotto della
pulsione distruttiva, contro di essa è ovvio ricorrere all’antagonista di tale pulsione ovvero a tutto ciò che fa sorgere legami
emotivi tra gli uomini. Tali legami possono essere di due tipi: quelli che anno come oggetto l’amore e quelli che hanno come
oggetto la solidarietà, amore e solidarietà sono però facili da esigere ma difficili da attuare. C’è anche un altro metodo per
combattere la tendenza alla guerra: poiché c’è tra gli uomini un’innata disuguaglianza occorre fare una distinzione tra capi e
seguaci. Si dovrebbe quindi Dedicare maggiore cura all’educazione della prima classe capace di assoggettare la vita pulsionale
della comunità umana alla dittatura della ragione. Ma questa è una speranza utopistica. È evidente quindi come nonostante la
lunga e approfondita analisi dell’umanità compiuta dal filosofo con l’aiuto dello scienziato non si riesca a trovare una soluzione
definitiva al problema della guerra, si giunge anzi a constatare pessimisticamente la sua inevitabilità
Operazione “White
Craine”
COMPOSIZIONE MISSIONE
• 659 Marina (Nave Cavour, R. San Marco)
• 7 Comando Operativo Interforze
• 204 Esercito
• 16 Aeronautica
• 8 Carabinieri
• 8 Croce Rossa
• 13 Dipartimento Protezione Civile
• 21 Vigili del Fuoco
• 20 Medici volontari ARES Marche GCU Pisa
• 2 Funzionari Regionali
• 28 Volontari + Personale locale di
supporto
• 76 Personale Brasiliano
• TOTALE: 1062
Questa attività rimarrà nella storia dell’Italia
perché ha permesso di far lavorare in una
situazione di emergenza marinai, volontari, vigili
del fuoco, soldati, Ong. Una missione che parte
dal presupposto che l’unione fa la forza e che
insieme è possibile riuscire ad alleviare il dolore
e la distruzione di un terremoto così violento
come quello che ha colpito Haiti.
Il capitano di vascello Gianluigi Reversi era il
comandante della Cavour, la portaerei della
Marina militare, che dal primo febbraio 2010 fu
ancorato a Port-au-Prince e che gestiva le attività
dell’operazione “White Crane”.
Capitano di
vascello
Gianluigi
L’operazione “White Crane” ha anche
permesso di collocare sull’isola presidi
avanzati di medicina, strutture che
possono essere la prima risposta alle
esigenze sanitarie. Sono tutti in
collegamento con le strutture
ospedaliere ripartire grazie
all’impegno di Paesi donatori e
all’attività italiana sull’isola. Aiuti
materiali a parte, tra i “gioielli” della
missione italiana c’è sicuramente uno
dedicato ai bambini.
Partita dall’Italia il 19 gennaio 2010, ha portato
nell’isola aiuti umanitari messi a disposizione dal
governo, dal World Food Programme, Croce Rossa
e altre associazioni. Da questa nave ogni mattina
partivano i militari impegnati nelle attività di
emergenza. Vi erano medici militari, piloti e
personale del gruppo subacquei del Consubin che
hanno messo su una camera iperbarica per
trattare, attraverso la terapia dell’ossigeno, gli
infortuni di molti haitiani. Una struttura
d’eccellenza che ha permesso di salvare decine
di persone. Importante anche la presenza di
attrezzature per la Tac e la telemedicina
collegata con gli specialisti medici dell’ospedale Le vittime del sisma sono
state 222.517, mentre i feriti
sono stati 310. 928.
Oltre 900.000 gli edifici
distrutti.
Il terremoto di grado
7 che ha devastato
Haiti il 12 gennaio
2010, classificato dagli
esperti come il settimo
più disastroso della
storia recente, ha
messo in ginocchio un
paese che versava già
in Scotland Yard the
Scotland Yard is a metonym for
headquarters of the Metropolitan Police