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Questa tesina di maturità descrive la necrofobia, ossia la paura della morte. Gli argomenti che la tesina permette di sviluppare sono i seguenti: in Storia la Prima Guerra mondiale e la vita di trincea, in Latino Lucrezio e la paura della Morte, in Italiano Ungaretti e Pascoli.
Storia - La Prima Guerra mondiale e la vita di trincea.
Latino - Lucrezio e la Paura della Morte.
Italiano - Ungaretti e Pascoli.
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PERCORSO PLURIDISCIPLINARE PER L’ESAME DI
STATO
LA PAURA DELLA MORTE
psicopatologie, nevrosi, attacchi di panico
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DAP
E ATTACCO
DI PANICO
PASCOLI NECROFOBI
E LA A
LA PAURA
MORTE DELLA
MORTE
LUCREZIO LA GUERRA DI
TRINCEA:
E LA PAURA NEVROSI E
DELLA PSICOPATOLOGI
MORTE E
GIUSEPPE LA PRIMA GUERRA
UNGARETTI MONDIALE E
E LA POESIA DI LA CONIZIONE DEI
GUERRA SOLDATI
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NECROFOBIA
La Necrofobia è la paura incondizionata e irrazionale di tutto ciò che
riguarda il tema della morte: essa può essere scatenata da un evento
traumatico, come la morte prematura di una persona cara, oppure da un
incidente in cui si è coinvolti in prima persona.
E’ ben noto che la Paura della Morte è un tema comune alla maggior
parte delle culture del mondo, infatti, il carattere spaventoso e
terrorizzante di questo avvenimento è dovuto principalmente
all’ineluttabilità e all’imprevedibilità della morte.
Essa, infatti, pone fine alla vita e ,con essa, alla possibilità di essere felici,
di raggiungere determinati obiettivi, di portare a termine progetti
prestabiliti e di realizzare i desideri più profondi.
Tuttavia, l’idea della morte e il timore che ne consegue variano a
seconda dell’età dell’individuo. Il bambino non teme la morte in quanto
non è ancora in grado di cogliere la differenza tra ciò che è vivente e ciò
che invece non lo è, questa, infatti, non risulta per niente un’operazione
di astrazione mentale semplice, poiché intorno ai 2 o 3 anni i bambini
prestano ancora le proprietà della vita ad oggetti inanimati come
bambole peluches, macchinine e giocattoli in genere. Solo in seguito
appare nel bambino la curiosità sulle proprie origini, sul tempo in cui non
era ancora nato e sul modo in cui è nato, e proprio in questo bisogno di
sapere e di capire si ravvisa una primissima inquietudine, come
possibilità di non esserci più. Inoltre, il timore della separazione dalle
persone amate, unito allo sviluppo nella mente del bambino di immagini
cupe e oscure di mostri terribili, introduce più compiutamente l’immagine
della morte, la quale tuttavia acquista il suo reale spessore solo
nell’adolescenza e nell’età adulta.
Nell’adolescenza la rappresentazione della morte si presenta in modo
compiuto. Lo sviluppo del pensiero ipotetico - deduttivo contribuisce a
liberare il concetto della morte dalle immagini irrealistiche di cui lo aveva
ammantato l’infanzia. La morte non è per l’adolescente un essere, una
personificazione maligna, oppure qualcosa di terribile che riguarda
soprattutto gli altri. La morte viene concepita come un evento
ineluttabile, che riguarda se stessi come tutti gli altri, una minaccia
all’esistenza, che può essere determinata tanto da cause esterne quanto
da cause interne all’individuo, imprevedibile nel suo manifestarsi ed
irrevocabile; l’altra faccia dell’esistenza.
Nell’età adulta la consapevolezza dei propri limiti e le paure legate al
tema della morte aumentano sempre di più, fino a giungere al punto di
considerare la morte come un tabù di cui non si può parlare e a cui
rivolgersi con eufemismi come “tirare le cuoia”, “passare a miglior vita” o
“volare in cielo”. Tuttavia, con l’avanzare dell’età cresce la rassegnazione
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nei confronti della morte e l’angoscia causata da tale avvenimento
diminuisce nettamente.
A dimostrazione di ciò sta il fatto che le patologie causate da disturbi
d’ansia abbiano una maggiore incidenza nell’età giovanile con picchi
massimi fra i venti e i trent’anni.
ATTACCHI DI PANICO
L’attacco di panico, o sindrome da attacchi di panico, noto fra gli
operatori del sistema, gli psichiatri e i pazienti come DAP (Disturbo da
Attacchi di Panico) è una delle patologie psichiatriche emergenti della
fine del millennio scorso e, sicuramente, una delle più importanti
dell’attuale.
“Ora chiudete gli occhi e immaginate di essere per strada in una
bella giornata di sole con l’unico desiderio di rilassarvi,di fare due
passi godendovi il calore dei raggi sulla pelle. Ed ora immaginate
che in questa oasi di rara serenità e spensieratezza si insinui a
dispetto vostro e del vostro buon senso una sensazione di vuoto
proprio alla bocca dello stomaco cui faccia seguito come un’eco il
trasalire del cuore che facendosi beffa della vostra pace comincia
una corsa incessante disperata e frenetica. Nel frattempo anche
la vista si annebbia: tutto assume un colore terribile, indefinito e
non contemplato in nessuna tavolozza di pittore: il colore
dell’irrealtà. Vi sembra di essere dei fantasmi e il mondo che di
solito vi ospita all’improvviso vi rifiuta, diventa inafferrabile e
ovattato nella sua lontananza. E poi le mani iniziano a sudare e le
gambe si fanno pesanti diventando in una manciata di secondi
tanto fragili da non reggervi più. Ed è allora che nella vostra
mente si insinua un unico pensiero pieno di angoscia, di terrore:
sto morendo!
E così inizia la prima corsa all’ospedale, alla quale seguono
un’infinità di controlli medici, tac, visite cardiologiche,
neurologiche, accompagnati da un minuzioso e continuo studio
del proprio corpo alla ricerca di sintomi nuovi e diversi, fino al
giorno in cui si approda nello studio di uno psicologo o di uno
psichiatra. Ed è proprio in quel fatidico giorno che si scopre di non
essere solo un pazzo ipocondriaco, ma di soffrire di un disturbo
psicologico definito sindrome da attacchi di panico, che sta
lacerando la vostra vita dall’interno, distruggendo ogni vostra
certezza e impedendovi anche il più banale gesto quotidiano.”
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La caratteristica essenziale della sindrome da attacchi di panico è
rappresentata da ricorrenti attacchi di intensa ansia che non sono limitati
ad alcuna particolare situazione o gruppo di circostanze e che sono
quindi imprevedibili.
I sintomi variano da individuo ad individuo, ma sono comuni l’improvvisa
insorgenza delle palpitazioni, il dolore toracico, la sensazione di
soffocamento, capogiri e sentimento d’irrealtà (depersonalizzazione e
derealizzazione).
I singoli attacchi di panico durano, in genere, alcuni minuti, benché
talvolta possano essere di maggiore durata. La loro frequenza e il loro
decorso possono essere invece variabili.
Il senso di terrore che si prova durante un attacco di panico può essere
così forte che i pazienti appaiono disorientati, hanno paura di soffocare,
di impazzire, di morire. Questo terrore può essere così estremo da
condurre a diversi comportamenti di fuga.
DAP DAL PUNTO DI VISTA PSICHIATRICO
Dal punto di vista psichiatrico l’attacco di panico è una vera e propria
malattia del cervello, più precisamente una disfunzione dei neuroni
cerebrali.
E’ risaputo che nel cervello vi sono dei nervi che consentono di fare tutte
le azioni quotidiane. Così muoversi, camminare, pensare, ridere,
scherzare, scrivere o parlare, sono tutte attività psico-fisiche possibili
solo grazie a dei nervi.
Ma ciò che invece è davvero curioso è che vi siano delle cellule nel nostro
cervello create apposta per farci sentire le emozioni, per farci sentire
bene o male, per farci essere allegri o tristi, tranquilli o preoccupati.
La zona del cervello adibita a farci provare tali sensazioni è detta Sistema
Limbico; quest’area, non più grande di una noce, è situata proprio nel
centro del cervello.
In questa zona cerebrale vi sono dei nervi che “comunicano” fra loro
mediante particelle chimiche che generano delle correnti elettriche e dal
cui funzionamento dipende il nostro stato emotivo e psicologico.
Queste particelle chiamate Neuromediatori tra cui Noradrenalina,
Dopamina, Acetilcolina, Adrenalina e Serotonina attivano, stimolano e
regolano l’attività delle cellule cerebrali; ed è proprio tra i Neuromediatori
che si nasconde la causa degli attacchi di panico.
Uno di questi è infatti la molecola dell’attacco o della fuga; quando
l’uomo è in pericolo, in pericolo per la sua stessa vita, ha un’arma
nascosta sulla quale può fare affidamento: si chiama Noradrenalina
simile alla “sorella” Adrenalina; sono le molecole “rosse” per eccellenza,
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quelle che producono l’ansia, quelle che scatenano l’eccitazione, quelle
che generano l’angoscia, l’inquietudine, la paura e che ci fanno fuggire e
gridare, quelle che ci fanno rizzare i peli sulla schiena e dilatare le pupille
per vedere dove stiamo scappando.
E’ grazie alla Noradrenalina e alla “sorella” Adrenalina che l’uomo può
fuggire da un pericolo. Così la fuga, la tachicardia, la tensione muscolare
e, sul piano psichico, la paura, l’insicurezza, il terrore sono la
conseguenza di una tempesta ormonale biochimica e molecolare.
Chi soffre di DAP, il dappista,vive il panico perché il cervello subisce
un’alterazione chimica: esso produce troppa Noradrenalina o i recettori
adrenergici risultano troppo sensibili allo stimolo. Perciò è come se il
dappista fosse sempre in pericolo di vita, sempre in fuga. Durante
l’attacco di panico il paziente non respira bene, blocca inconsciamente il
respiro, i muscoli si irrigidiscono per la paura e si innesca un circolo
vizioso. In assenza di ossigeno il cervello boccheggia, generando così una
sensazione di svenimento. Il cuore, invece, aumenta il battito per
mettere in circolo il poco ossigeno rimasto. Le mani e le braccia tremano
un po’ per la paura e un po’ per l’assenza di ossigeno e, a causa dell’alta
concentrazione di anidride carbonica, si verificano le parestesie, fastidiosi
formicolii alle estremità del corpo. Nell’intestino aumenta la peristalsi che
causa diarrea e crampi addominali. Le ghiandole surrenali, infine,
liberando una scarica di adrenalina, oltre ad aumentare la
tachicardia,causano la dilatazione delle pupille e fanno impallidire il
paziente.
LUCREZIO E LA PAURA DELLA MORTE
Tito Lucrezio Caro è un poeta Latino epicureo del I secolo a.C. .Tuttavia, a
causa delle scarse informazioni riguardanti la sua vita, ricavate grazie al
contributo dello scrittore cristiano Girolamo, è noto solo che nacque
intorno al 96 a.C. in un luogo incerto, che venne indotto alla pazzia da un
filtro d’amore e che, dopo aver scritto alcuni libri, pubblicati postumi da
Cicerone, si suicidò a 44 anni. L’opera composta da Lucrezio fu il poema
epico - didascalico De Rerum Natura diviso in sei libri nei quali si tratta
dei principi fondamentali della dottrina atomistica, dell’antropologia e
infine della cosmologia e dei fenomeni naturali.
Come già detto il tema della paura della morte risulta essere comune alla
maggior parte delle culture sin dall’antichità. Anche Lucrezio, attraverso
la sua opera di grande valore scientifico, si pose l’obiettivo di
intraprendere una riflessione etica con lo scopo di liberare gli uomini
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dalla paura della morte e dal timore degli dei grazie ad un’indagine
razionale.
La base del sistema epicureo e, quindi, anche lucreziano è l’atomismo di
Democrito, secondo cui ogni realtà si spiega solamente grazie a due
principi, gli atomi e il vuoto.
Dall’aggregazione degli atomi, particelle solide e indivisibili, hanno
origine i corpi, viceversa la separazione degli aggregati comporta la
disgregazione dei corpi nelle singole particelle.
Epicuro, tuttavia, portò alcune correzioni al sistema democriteo che
anche Lucrezio condivise, tra cui appunto la teoria del clinamen, la quale
teorizzando una lieve deviazione di traiettoria nella movimento di caduta
nel vuoto degli atomi, consentì di spiegare il libero arbitrio degli uomini.
Ciò che tuttavia appare contraddittorio in quest’opera è che una filosofia
di epoca ellenistica, nata nel momento di maggior separazione tra
scienza e filosofia, abbia concepito una dottrina che comportava sia un
recupero del sistema atomistico, sia un’ampia speculazione cosmologica.
L’arcano però è prontamente risolto dal fatto che gli epicurei non
ambivano alla pura conoscenza della scienza, bensì il loro scopo era
quello di fornire un concreto supporto alla spiegazione razionale della
natura in grado di liberare l’uomo dalle paure e dalle superstizioni in
modo da permettergli di raggiungere attraverso un piacere stabile
l’atarassia, cioè l’assenza di turbamenti.