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Sintesi
Storia dell'arte: Caspar David Friedrich (Monaco in riva al mare; Sublime); Claude Monet (Impressione; Sole nascente)

Italiano: Giovanni Verga (I Malavoglia); Giuseppe Ungaretti (Il porto sepolto; Allegria di naufragi; Metafora esistenziale); Umberto Saba (Ulisse; Il mar Mediterraneo; Il viaggio); Eugenio Montale (Ossi di seppia; Meriggiare; Mediterraneo; La casa dei doganieri)

Inglese: Thomas Stearns Eliot

Latino: Apuleio

Greco: Apollonio Rodio

Biologia: teorie sull’origine della vita; la formazione di molecole biologiche in una forma primordiale di mare
Estratto del documento

Arianna Ghezzo

III B

A.S.: 2010/2011

Il mare nell’arte: Il Romanticismo,

Friedrich e il concetto di Sublime

Il mare è un tema molto importante nell’arte, che lo ha sempre rappresentato non solo come sfondo, ma anche,

soprattutto nel Romanticismo, come veicolo di emozioni e simbolo di qualcosa di più grande.

È con il Romanticismo, infatti, che gli artisti cominciano a rappresentare ciò che sentono e a conferire grande

importanza agli stati d'animo e alle emozioni: sentimenti e passioni vengono rivalutati, perché portano l’uomo

al tentativo di ricongiungersi all’Assoluto.

Ciò deriva dalla contrapposizione, del tutto nuova, che c’è tra l’uomo e il mondo: l’uomo si sente lontano dal

mondo ed è irrequieto e proprio per questo cerca di andare oltre, verso una realtà eterna, assoluta, infinita, e

lo fa attraverso i sentimenti.

La natura, allora, viene vista, secondo la teoria organicistica di Schelling, come un organismo dotato di

spirito, densa di legami, di richiami fra gli elementi in cui l’uomo si immerge e ricongiunge il proprio spirito

al tutto, in una visione anche panteistica, in cui Dio permea di sé la Natura.

Si ha, così, la compenetrazione fra spirito dell’io e del tutto e questo comporta varie visioni della Natura, a cui

è collegato il concetto di Sublime, che secondo Kant sta nella capacità dell’uomo di pensare la propria

piccolezza, nello sentirsi sperduti, inferiori, smarriti davanti a una Natura, che presenta uno spettacolo al

tempo stesso bellissimo e terribile. È proprio questo spettacolo che vediamo nel

celebre “Monaco in riva al mare” di Friedrich:

in esso è il paesaggio marino, in quanto

rappresentante dell’intera Natura, che fa risaltare,

per contrasto, la piccolezza dell’uomo, il monaco,

appunto, visto a figura intera, piccolissimo, posto

in piedi e leggermente decentrato a sinistra

rispetto all’osservatore, che, dunque, prova quel

misto di sgomento e di piacere che è determinato

dall’assolutamente grande e immenso, cioè il

sentimento di Sublime.

Egli volge lo sguardo verso un luogo lontano, oltre

la linea d’orizzonte: lo spazio sembra sovrastarlo e

al tempo stesso accoglierlo, come parte di un tutto

(immersione panica nella Natura). Lungo la fascia

Friedrich, Monaco in riva al mare, di spiaggia che occupa la sezione inferiore

1810, Berlino, Nationalgalerie, olio su tela

dell’opera, il giallo oro dell’arena contrasta con il verde scuro del mare che, a sua volta, riflette la cupezza del

cielo.

Il mare, dunque, come già detto, rappresenta una Natura maestosa, con un’immensa potenza, con la quale

l’uomo ha un rapporto conflittuale: si sente infinitamente piccolo, ma al tempo stesso si sente parte della

Natura, l’organismo che comprende tutto. 4

Arianna Ghezzo

III B

A.S.: 2010/2011

L’Impressionismo e il mare, Monet

Il mare, o meglio l’acqua, è uno dei temi principali dell’intero Impressionismo, in quanto, per sua natura, non

si acquieta mai e, dunque, rappresentandola, è possibile rendere tramite le possibili increspature di colore la

mobilità e perciò il divenire della realtà.

In particolare, un’impressionista molto legato a questo tema è Monet: infatti egli, nato a Parigi nel 1840,

trascorre la fanciullezza a Le Havre, porto sulla Manica e, verso i quarant’anni, trasferitosi a Giverny in

Normandia, affitta un casolare alla confluenza del fiume Epte con la Senna, in cui crea un giardino e

costruisce una rimessa per le barche che utilizza per dipingere sull'acqua. Da qui, inoltre, parte spesso per

viaggi in Europa ed in Italia.

È dunque inevitabile che il mare sia presente nelle

sue opere, anche in quella che dà il nome al

movimento: “Impressione, Sole nascente”,

quadro esposto nella prima mostra Impressionista

tenuta nel 1874 nello studio di Nadar a Parigi.

Il quadro rappresenterebbe, a detta dell’autore

stesso, una vista di Le Havre, soggetto oggettivo e

naturalistico, superato e stravolto, però, dalla

volontà di Monet di trasmetterci attraverso il

dipinto le sensazioni provate osservando l'aurora,

volendo trasmettere l'impressione di un attimo.

I colori del mare sono resi tramite l’uso

giustapposto di colori caldi (il rosso e l'arancio)

e freddi (il verde azzurrognolo), che rende in

modo suggestivo il senso della nebbia del mattino

attraverso cui sorge un sole inizialmente pallido

con riflessi aranciati che guizzano sul mare. Monet, Impressione, sole nascente,

Lo stesso tema viene affrontato con diversi giochi di 1872, Parigi, Museo Marmottan, olio su tela

acqua e luce in diversi momenti della giornata: l’alba e il tramonto. Infatti gli oggetti cambiano colore

continuamente per effetto dei riflessi della luce e vengono deformati dallo specchio dell’acqua.

Dunque il mare è una fonte di ispirazione in grado di trasmettere profondi stati d’animo a tutti coloro che sono

disposti ad osservare con attenzione.

Fonti:

- Appunti

- Cricco, Di Teodoro, Itinerario nell’arte, 4: Dal Barocco al Postimpressionismo, Zanichelli

- http://claudy.interfree.it/friedrich.htm

- http://gothicdarkage.forumcommunity.net/?t=2107239

- http://www.cavazza.it/museoanteros/index.php?nav=Monaco.none35

- http://www.settemuse.it/pittori_scultori_europei/claude_monet.htm

- http://kidslink.bo.cnr.it/irrsaeer/arte/annuario/opmonet.html 5

Arianna Ghezzo

III B

A.S.: 2010/2011

Il mare nella letteratura italiana

L’Italia, dal punto di vista geografico, è una penisola e, quindi, la sua caratteristica principale è l’essere

circondata dal mare, il Mediterraneo .

È dunque inevitabile che, nella letteratura italiana, in cui il paesaggio è sempre stato importante, il mare,

elemento caratteristico dell’ambiente, abbia una certa importanza e dunque sia presente non solo come

elemento descrittivo nelle storie di mare e di pescatori, come “I Malavoglia” di Verga, e in alcune liriche di

Saba, ma anche come metafora con l’esistenza e dunque con il mistero esistenziale, come in Ungaretti e

Montale.

Inoltre vengono sempre considerati, da tutti gli autori sopraccitati, sia l’aspetto positivo del mare, cioè il fatto

che esso sia fonte di vita e forza creatrice, per cui viene spesso sentito come patria ideale dell’autore, sia

quello negativo, che vede il mare come una potenza distruttrice, che riesce a portare via tutto e che incute

paura per ciò che può nascondersi nei suoi abissi. L’isola da cui proviene la mia famiglia:

Pellestrina - San Pietro in Volta - VE -

Mare in tempesta 6

Arianna Ghezzo

III B

A.S.: 2010/2011

Verga e il mare

Verga nasce a Catania, in Sicilia: l’isola di provenienza lascerà in lui una profonda traccia, tanto che fungerà

da ambientazione a molti romanzi e novelle. Proprio per questo si sente, nelle opere verghiane, una forte

presenza del mare, tanto che il “Ciclo dei Vinti” doveva chiamarsi “Marea”.

In particolare ne I Malavoglia questo tema viene approfondito da tutte le prospettive.

Il mare è presente ne “I Malavoglia” fin dalla Prefazione: è metafora del progresso, un altro tema molto caro a

Verga, che è definito appunto come una “fiumana” imponente, maestosa, che travolge tutti, lascia vittima chi

resta indietro e anche i vincitori di oggi saranno i vinti di domani. Il progresso, come il mare, non lascia via di

scampo.

Il mare, poi, è lo sfondo di tutto il romanzo: infatti racconta, per l’appunto, delle vicende di una famiglia di

pescatori che combattono per la sopravvivenza.

È dunque inevitabile che assuma una grande importanza: è mare-fonte di vita, in quanto dà lavoro e

nutrimento ai Malavoglia e in seguito dà loro la possibilità di pagare il debito, ma anche mare-distruttore: fa

naufragare la Provvidenza, priva una famiglia del padre (Bastianazzo) e del carico di lupini, causando così il

tracollo economico; anche la morte di Luca avviene durante la battaglia navale di Lissa, in mare, appunto.

Con un’ulteriore analisi ci si può rendere conto che il primo dei due (il mare-fonte di vita) è quello vicino alla

costa, conosciuto, mentre il secondo è quello lontano, estraneo e contrassegnato dalla volontà di arricchire.

Ciò richiama la morale dell’ostrica, secondo la quale per sopravvivere bisogna restare attaccati al proprio

scoglio (da qui deriva il conservatorismo di Verga) e se si vuole staccarsi da esso e partire, andarsene, si fa la

fine del giovane ’Ntoni che si perde e viene travolto. La morale dell’ostrica che deve essere seguita è dettata

dal cosiddetto “eroismo della rinuncia”: rinuncia al progresso.

Nel paragrafo che segue, tratto dal capitolo VI si evidenzia la valenza positiva del mare: si tratta di quando

padron ’Ntoni, ’Ntoni e Alessi si dirigono per andare a lavorare a giornata presso la barca di padron Fortunato

ed hanno dunque l’occasione di pagare, almeno in parte il loro debito. In quest’occasione il mare è addirittura

sentito come patria, come casa:

Però, come giunsero sul lido, davanti al mare nero, dove si specchiavano le stelle, e che russava lento

sul greto, e si vedevano qua e là le lanterne delle barche, anche 'Ntoni si sentì allargare il cuore. - Ah!

esclamò stirandosi le braccia. È una bella cosa tornare a casa sua. Questa marina qui mi conosce. -

Già padron 'Ntoni diceva sempre che un pesce fuori dell'acqua non sa starci, e chi è nato pesce il

mare l'aspetta.

Ma più avanti, sempre nello stesso capitolo, ritroviamo i lati svantaggiosi del mare :

- Lo vedi dove si è persa la Provvidenza con tuo padre? disse Barabba; laggiù al capo, dove c’è

l’occhio del sole su quelle case bianche, e il mare sembra tutto d’oro.

- Il mare è amaro e il marinaio muore in mare; rispose ’Ntoni.

Il mare, però, rimane comunque, per quanto impetuoso, impietoso e, a volte, crudele, lo spazio dove ci si sente

bene e a casa, come viene evidenziato nel capitolo VII, in cui Verga enfatizza lo stato d’animo positivo e di

speranza di Padron ’Ntoni:

Intanto la Provvidenza era scivolata in mare come un'anitra, col becco in aria, e ci sguazzava dentro,

si godeva il fresco, dondolandosi mollemente nell'acqua verde, che le colpettava attorno ai fianchi, e il

sole le ballava sulla vernice. Padron 'Ntoni, se la godeva anche lui, colle mani dietro la schiena e le

gambe aperte, aggrottando un po' le ciglia, come fanno i marinai quando vogliono vederci bene anche

al sole, che era un bel sole d'inverno, e i campi erano verdi, il mare lucente, e il cielo turchino che non

finiva mai. Così tornano il bel sole e le dolci mattine d'inverno anche per gli occhi che hanno pianto, e

li hanno visti del color della pece; e ogni cosa si rinnova come la Provvidenza, che era bastata un po'

di pece e di colore, e quattro pezzi di legno, per farla tornare nuova come prima, e chi non vede più

nulla sono gli occhi che non piangono più, e sono chiusi dalla morte. 7

Arianna Ghezzo

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Ma alla fine il mare è anche simbolo della ciclicità, del continuo ciclo della vita rappresentato anche dalle

stagioni, mentre non si può dire altrettanto ciclico lo svolgersi della vita della famiglia Malavoglia, tanto che

alla fine del romanzo restano solo Alessi, Nunziata e Mena, che vivono sì nella casa del nespolo, ma il cui

nucleo familiare è ormai distrutto. L’ultima pagina del romanzo si conclude proprio con l’immagine del

giovane ’Ntoni che, prima di andarsene dal paese, osserva il mare e le costellazioni, che invece restano,

sempre cicliche e sempre uguali:

Soltanto il mare gli brontolava la solita storia lì sotto, in mezzo ai fariglioni, perché il mare non ha

paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il

sole, anzi ad Aci-Trezza ha un modo tutto suo di brontolare, e si riconosce subito al gorgogliare che fa

tra quegli scogli nei quali si rompe, e par la voce di un amico.[...]

Cosi stette un gran pezzo pensando a tante cose, guardando il paese nero, e ascoltando il mare che gli

brontolava lì sotto. E ci stette fino a quando cominciarono ad udirsi certi rumori ch’ei conosceva e

delle voci che si chiamavano dietro gli usci, e sbatter d’imposte, e dei passi per le strade buie. [...]

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