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Materie trattate: latino, greco, astronomia, fisica, filosofia, arte, italiano.
considerato ciò che non dipendeva da lui opera di esseri più potenti e di
forze sovrumane è rimasto, come un bambino, succube della natura;
quando, poi, ha incominciato a dare un significato scientifico a ciò che
avveniva intorno a lui ha cominciato a prendere fiducia in se stesso e
nelle sue potenzialità.
I primi scienziati, o meglio filosofi - scienziati, decifrarono con
precisione incredibile, dati gli strumenti a disposizione, fenomeni celesti,
distanze e grandezze; quando vollero spingersi oltre la scienza e dare
uno scopo al creato finirono per guardare all’universo attraverso il vetro
colorato del misticismo e della superstizione, vanificando così la
grandezza delle loro intuizioni.
In questo lavoro, quando ancora non si può parlare di scienza
moderna, galileiana, si fa riferimento al pensiero pre-scientifico, volendo
riconoscere la validità delle speculazioni fatte in un ambito non
propriamente scientifico, ma diviso fra scienza, filosofia e religione.
Saranno presentate anche alcune delle concezioni filosofiche
sull’universo più recenti e rilevanti rispetto agli altri argomenti trattati.
Quando si parlerà di scienza vera e propria, il riferimento sarà a
sistemi aderenti al moderno metodo scientifico e, comunque, basati su
teorie comunemente riconosciute valide. Nel caso di citazione di teorie
rimaste allo stadio di speculazioni e non ancora verificate, sarà sempre
tenuto in considerazione l’aspetto provvisorio e non compiuto di tali
studi.
Sarà dedicata poi una parte alla visione poetica del cielo dal
momento che l’’uomo è dotato, oltre che di ragione, anche di fantasia e di
emotività. Con questo approccio i poeti, gli scrittori, gli artisti, in ogni
epoca hanno continuato a guardare il cielo con gli occhi della fantasia,
della gioia, della malinconia. Questo è avvenuto, e avviene tuttora, in
modo parallelo alla scienza.
La visione poetica del cielo e dell’universo ha attraversato ogni
epoca storica. Ha subito cambiamenti dovuti alla crescita culturale e
artistica degli uomini che l’ hanno praticata, ed è riscontrabile nell’antica
Grecia come nell’Italia romantica.
In questa parte del lavoro è stata mia intenzione compiere un
percorso trasversale, non legato ai periodi storici o alle correnti artistico-
letterarie, ma alle affinità di sentimenti e di visioni che hanno portato
poeti e pittori a creare un’arte nell’arte, una poesia nella poesia,
portando la bellezza del cielo stellato nelle loro composizioni.
Giulia Facelli
L’uomo e il cielo
stellato
Struttura del percorso
Il pensiero mitologico, pre-scientifico e filosofico
ì
Il mito greco in riferimento alla Luna e alle costellazioni
La poesia astronomica nell’età di Tiberio:
L’universo per Manilio negli
o Astronomica
Seneca e l’universo in Naturales Questiones, Consolatio ad Marciam
e Consolatio ad Helviam matrem
L’universo per Plinio il Vecchio nel Naturalis Historia
L’universo tra Kant, Schopenauer e Nietzche
L’antinomia cosmologica di Kant
o L’universo doloroso
o di Schopenhauer
L’universo ciclico di Nietzsche
o Il pensiero scientifico
Panoramica della cosmologia nei secoli
Einstein:
o Le principali novità apportate dalla teoria della relatività ristretta e
generale
Einstein e l’universo
o
o La deflessione dei raggi luminosi
o Introduzione alla costante cosmologica: il grande errore di Einstein?
Le nuove frontiere della ricerca:
L’energia oscura e la reintroduzione della costante cosmologica
o Che cos’è la materia oscura: teorie
o
o Dove di trova la materia oscura: mappatura 3D
La visione poetica del cielo
e l’arte
( la poesia figurativa)
Accenni alla poesia di Saffo e alla Chioma di Berenice di Callimaco
Dante e l’astronomia:
o Valore scientifico e significato simbolico
o Valore poetico e pregio letterario
o Valore culturale
Un poeta astrofilo: Leopardi
Le stelle nell’arte:
o Vincent Van Gogh e la Notte stellata
o Joan Mirò e la serie Le Costellazioni
Victor-Marie Hugo, “Les contemplations”
antichi greci
Gli e la
luna
In principio gli uomini divinizzarono i fenomeni naturali che non riuscivano
a comprendere per un sentimento di “dipendenza dalla natura”. Feuerbach in
proposito scrisse:
“ il sentimento di dipendenza dell’uomo è il fondamento della religione;
l’oggetto di questo sentimento di dipendenza, ciò da cui l’uomo dipende, e si sente
dipendente, non è però altro, originariamente, che la natura. È la natura il primo,
l’originario oggetto della religione, come è abbondantemente dimostrato da tutte
le religioni di tutti i popoli (…)” ( In L’essenza della religione, 1-5).
È con questo atteggiamento che nacquero i primi miti e le prime
superstizioni riguardo la volta celeste.
La volta celeste con la sua immensità, imperturbabilità, ciclicità e
misteriosità attirava inevitabilmente gli occhi e le menti delle popolazioni antiche.
Anche gli antichi Greci tentarono in vario modo di dare una spiegazione alle fasi
della Luna o al movimento degli astri, ma in un primo momento si rivolsero più alla
superstizione e alla divinizzazione. In questo contesto uno dei miti più antichi e più
importanti per i valori simbolici che portò con sé, anche a secoli di distanza dalla
sua formulazione, è quello di Ecate.
Ecate è una delle divinità più interessanti per la sua assimilazione alla Luna,
all’occulto e al magico. E’ caratterizzata da una triplice natura: umana (nella sua
forma terrestre), equina (nella sua veste lunare) e canina ( nel suo habitus
infernale).
Il numero tre è fondamentale perché Ecate, nella sua veste magica e
terrena, viene definita Trivia e quindi protettrice dei trivi (crocicchi), punti di
incontro fra tre vie. In corrispondenza di questi luoghi si riteneva venissero
effettuati con la Luna piena riti di passaggio e di evocazione di spiriti e demoni. Essa
era quindi ritenuta la divinità che vegliava su questi luoghi seguita sempre da spiriti
e demoni degli inferi. Ecate è stata relegata ineluttabilmente nell’ambito del male
per i suoi legami con la magia (intesa nel senso deteriore del termine) e con il
mondo dell’aldilà. Secondo la tradizione, nelle dimore sotterranee di Ecate è
presente un giardino segreto dove le sue sacerdotesse, Circe e Medea, raccolgono
piante dai meravigliosi effetti. Medea, infatti, secondo una tradizione, sarebbe
nipote di Ecate e farebbe parte della famiglia dei maghi (Euripide, Medea v. 397) .
Nell’Averno Ecate ha aspetto canino, più precisamente di cane nero.
Essa era conosciuta nell’antichità anche come la traghettatrice dei morti, dal
momento che era lei ad accompagnare, ogni primavera, all’esterno Proserpina. La
connessione con questi due mondi è molto importante per capire il valore che gli
antichi greci davano alla notte e alla luna. La notte era, infatti, un momento di
mistero, di magia, di morte e di successiva resurrezione. Con l’assenza della luce
vivificatrice del Sole, la notte appariva il regno del sonno della natura e della sua
morte apparente. Inoltre il cielo era il regno della vita eterna dopo la morte, in cui
gli eroi del passato e i personaggi mitici avevano trovato l’eterna pace dopo le
sventure della vita terrena e l’esaltazione della loro grandezza.
Molte delle costellazioni greche prendevano il nome da personaggi
mitologici che vennero portati in cielo dagli dei per garantirne l’eternità e
sottolinearne l’importanza. Basti ricordare la costellazione di Medea, di carina o
poppa (dedicate alla nave Argo) o la Chioma di Berenice scoperta dall’astronomo di
corte Conone.
Nel fondamentale sistema dualistico che contrappone luce e tenebre, Ecate
riveste senz’altro entrambi i ruoli, ma rappresenta, fondamentalmente, colei che
illumina, seppur nelle tenebre. Inoltre l’astro notturno è ricchissimo di
significato simbolici, in particolare il concetto di trasformazione ciclica, ben
rappresentato dalle fasi lunari. La Luna cresce fino al plenilunio, per poi declinare
fino alla fase della cosiddetta “Luna nera” (da collegarsi con il cane nero degli
inferi), per poi risorgere nuovamente dopo tre giorni di eclissi. Le fasi lunari
corrispondono simbolicamente alla nascita, crescita, morte e resurrezione. Perciò la
Luna si associa ai fenomeni generativi che essa effettivamente influenza (basti
pensare al suo influsso sul mondo vegetale), al divenire, all’aldilà e, più in generale,
alle idee di ciclo, dualismo, polarità, opposizione. Il momento in cui la Luna sparisce
era collegato ad una sorte di morte che la Luna doveva subire per permettere il
rinnovamento dell’universo.
Ad Ecate si attribuiva il potere vitale su tutti gli elementi: essa era il
ventre del cosmo, ma anche colei che permetteva la mediazione tra il regno dell’
intellegibile e del sensibile. E’ proprio in questi termini che ne parla Plutarco,
descrivendola come una barriera che divide il mondo fisico da quello spirituale.
Inoltre, essa viene descritta come l’agente di una mediazione, e pertanto di una
trasmissione , del principio vitale stesso.
Molti autori greci si riferirono ad Ecate, come ad esempio il già citato
Plutarco che dedicò un libro dei suoi Moralia alla luna, ritenendola il luogo in cui le
anime dei giusti riposavano dopo la morte. Narrazione completamente diversa ne fa
Luciano nella sua Storia vera, che prende in giro le teorie riguardo agli abitanti
della luna parlandone come di uomini mostruosi che partoriscono figli dai polpacci.
In tutte le epoche gli uomini hanno contemplato i fenomeni celesti.
L’esempio della Luna potrebbe essere replicato per le costellazioni, le comete, i
pianeti etc… L’obiettivo di questo lavoro non è quello di analizzare tutti gli elementi
celesti su cui l’uomo ha rivolto le sue speculazioni, ma mostrare i vari ambiti e le
varie concezioni che la contemplazione del cielo stellato ha prodotto nei tempi.
poesia
La
astronomica età
nell’
di Tiberio
Lo studio degli astri e della loro influenza sulla vita dell’uomo suscitò grande
interesse già alla corte degli imperatori. Augusto dava enorme importanza agli
oroscopi e il nipote di Tiberio, Germanico, tradusse in latino i Phaenomena del
poeta greco Arato di Soli ( III sec a.C.).
L’interesse per l’astrologia si trova accentuato in Tiberio, che amava
circondarsi di astronomi e astrologi dal momento che un simile atteggiamento era,
in qualche modo, funzionale al mantenimento dell’autorità imperiale. Credere,
infatti, in un destino superiore contro il quale non si può lottare era un
atteggiamento tanto diffuso tra vasti strati sociali quanto utile ad evitare rivolte.
L’astrologia, però, trae le sue origini dalla civiltà babilonese e si diffonde ben
presto in tutto il mondo antico.
Nella Grecia classica fu per un certo tempo respinta nell’orientamento
razionalista della cultura. Solo in età ellenistica ci fu una nuova fioritura di
questa disciplina, grazie alla fusione degli elementi egiziani e babilonesi con gli
strumenti matematico-astronomici elaborati dagli scienziati greci. La filosofia stoica
fornì inoltre il quadro teorico entro cui giustificare la disciplina, con la concezione
del mondo come unico organismo vivente regolato dal logos, la “Ragione” divina.
Veniva così postulata una corrispondenza fra macrocosmo e
microcosmo, vale a dire l’esistenza di una fitta rete di segreti rapporti di causalità
tra due ordini di fenomeni in apparenza lontanissimi, come il movimento degli astri
e la vita degli uomini. Il complesso di associazioni simboliche elaborate dalla
mentalità antica in questo settore costituisce un argomento di grande importanza
antropologica. L’uomo, infatti, ha la tendenza innata a dare un senso logico ai dati
dell’esperienza sensibile, a organizzarli in un sistema.
Manilio
Tra la fine del principato augusteo e i primi anni di quello di Tiberio si pone
l’opera di Manilio, gli Astronomica. Essa rivela ancora oggi una sua attualità: si
tratta infatti di un’opera in versi dedicata all’astrologia, una materia che a dispetto
delle ripetute condanne della scienza e della religione ufficiale non cessa di suscitare