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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: La bellezza , dagli scultori greci ai cultori della moda contemporanea

Autore: Paulina Bobko

Descrizione: Chi non si e mai interrogato sul significato del bello e della moda? Mi propongo di analizzare questi due termini partendo dalla cultura greca fino ad arrivare ai gioni nostri, tenendo conto dei contesti storici e dei processi che nel corso del tempo hann

Materie trattate: filosofia, letteratura greca, letteratura latina, letteratura italiana

Area: umanistica

Sommario: Platone concepiva il bello come manifestazione del bene; Hegel lo identificava con la verità ; Aristotele (e con lui il medioevo e il rinascimento) lo definiva come simmetria; Baumgarten lo concepiva come perfezione sensibile. Sarebbe bello definire il bello in modo irrefutabile: ma come si fa? Il famoso proverbio: "Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace" rende soggettivo e imprendibile il concetto di bellezza, poiché lo assimila o confonde con quello di piacere. D'altra parte, il proverbio capovolto: "Non è bello ciò che piace ma è bello ciò che è bello", appare nettamente più logico e oggettivo, ma comporta la domanda: "Chi stabilisce una volta per tutte i canoni della bellezza?". E formulando un quesito sulla base del pensiero d'ascendenza platonica: "Diciamo che esistono cose belle perché c'è la bellezza, o che c'è la bellezza perché esistono cose belle?". E cosa dire di oggi? Quali sono i canoni di bellezza propostici dal sistema-moda, dai media, dalla pubblicità ? Ma quanto è reale la bellezza che ci viene venduta ogni giorno? della bellezza e della moda continua a creare un modello basato su stereotipi hollywoodiani che non contempla nessuna delle reali virtù della bellezza che è personale, intima e spirituale. Nell'universo visuale progettato dall'industria della musica, del cinema, della moda, e dei cosmetici viene utilizzato un comune denominatore per distrarre tutti da quelli che sono i reali bisogni umani: imparare a comunicare, a farsi delle domande sulla realtà  e creare insieme un futuro sostenibile. Le multi-miliardarie industrie della dieta, della cosmesi, e della moda, creando un clima di paura e di bassa stima in se stessi sperano di rendere le donne dipendenti dalle loro soluzioni per migliorarle. Ogni giorno vengono introdotti nuovi prodotti per correggere i difetti delle donne creando un ciclo di ossessioni, costruite per raggiungere uno standard di bellezza impossibile da raggiungere. Questo mito artificiale della bellezza domina così i mass media e l'intero apparato di marketing tanto da far sembrare naturale il risultato di un sondaggio, che conclude che "solo il 2% delle donne si vede bella".

Estratto del documento

1

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Cos’è la “Bellezza?

“La bellezza è come una ricca gemma, per la quale la montatura

migliore è la più semplice.”

(Francesco Bacone)

“La bellezza è una lettera aperta di raccomandazione che conquista

(Arthur Schopenhauer)

subito i cuori.” bene;

Platone concepiva il bello come manifestazione del Hegel lo

verità;

identificava con la Aristotele (e con lui il medioevo e il rinascimento)

lo definiva come simmetria; Baumgarten lo concepiva come perfezione

sensibile.

Sarebbe bello definire il in modo irrefutabile: ma come si fa?

bello

Il famoso proverbio: "Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace"

rende soggettivo e imprendibile il concetto di bellezza, poiché lo assimila o

confonde con quello di piacere. D'altra parte, il proverbio capovolto: "Non è

appare nettamente più logico e

bello ciò che piace ma è bello ciò che è bello",

oggettivo, ma comporta la domanda: "Chi stabilisce una volta per tutte i

canoni della bellezza?". E formulando un quesito sulla base del pensiero

d’ascendenza platonica: "Diciamo che esistono cose belle perché c'è la

bellezza, o che c'è la bellezza perché esistono cose belle?".

E cosa dire di oggi? Quali sono i canoni di bellezza propostici dal sistema-

moda, dai media, dalla pubblicità?

Ma quanto è reale la bellezza che ci viene venduta ogni giorno?

della bellezza e della moda continua a creare un modello basato su stereotipi

hollywoodiani che non contempla nessuna delle reali virtù della bellezza che

è personale, intima e spirituale. Nell'universo visuale progettato dall'industria

della musica, del cinema, della moda, e dei cosmetici viene utilizzato un

comune denominatore per distrarre tutti da quelli che sono i reali bisogni

umani: imparare a comunicare, a farsi delle domande sulla realtà e creare

insieme un futuro sostenibile.

Le multi-miliardarie industrie della dieta, della cosmesi, e della moda,

creando un clima di paura e di bassa stima in se stessi sperano di rendere le

donne dipendenti dalle loro soluzioni per migliorarle. Ogni giorno vengono

introdotti nuovi prodotti per correggere i difetti delle donne creando un ciclo

di ossessioni, costruite per raggiungere uno standard di bellezza impossibile

da raggiungere.

Questo mito artificiale della bellezza domina così i mass media e l'intero

apparato di marketing tanto da far sembrare naturale il risultato di un

sondaggio, che conclude che "solo In questo

il 2% delle donne si vede bella". 2

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modo il sogno di una bellezza impossibile continua a prosperare senza fine

come le industrie che lo costruiscono.

Pubblicità martellanti con belle e bellissime inneggianti al corpo

perfettamente in linea, riviste patinate dove il dominante sogno americano si

concretizza in splendidi esemplari di palestrati alla Mister Universo, diete

“sicuramente efficaci” per risolvere tutti i problemi di pancette e giunonici

fianchi etc. I giornali sono spietati, sovrabbondano di immagini femminili e

maschili dalla forma smagliante e i prodotti dietetici.

Per quanto ci si voglia convincere che quel determinato prodotto ci renderà

merito come lo è stato per la modella che lo pubblicizza, i conti con la realtà

non tardano a venire e spesso la delusione prende il sopravvento sui sogni e le

speranze.

Quello che non può essere accettato di questo modo di creare modelli è il

fatto che eserciti un controllo su di noi e sul modo in cui definiamo la nostra

vita e la nostra realizzazione.

"Sappiate che senza l'Inghilterra l'umanità potrebbe ancora vivere, senza

la Germania pure, senza l'uomo russo lo potrebbe anche troppo bene,

senza la scienza potrebbe, potrebbe senza il pane, solo senza la bellezza

non potrebbe vivere, perché non ci sarebbe nulla da fare al mondo. Tutto

il segreto è qui. La stessa scienza non resisterebbe un minuto senza la

bellezza, si convertirebbe in volgarità." (F. Dolstoevskij - I demoni)

La sindrome del “magro sinonimo di bello” investe la collettività. Si

sviluppa quella che viene chiamata “mentalità da dieta” si finisce con il

litigare con la taglia che diventa la misura del nostro valore come persona.

Il Times stronca le nuove belle. Non hanno curve, sorridono poco, pesano

come ragazzine appena sviluppate. Affollano le copertine delle riviste e le

passerelle. Inquietanti, ambigue, forse intriganti. A volte il loro sguardo è

triste, sofferente, quasi malato. Le top model più desiderate fanno comparire

lo spettro dell'anoressia. L'Omega, la grande casa che produce orologi, ha

ritirato la pubblicità da Vogue per protestare contro il modello femminile

imposto dalla moda. Ma le evanescenti dee da passerella piacciono davvero?

Vengono messe sotto accusa le immagini proposte nei servizi di moda:

“lanciano messaggi pericolosi e le ragazzine, per imitare quelle modelle, si

ammalano. Queste donne non sono per niente belle e hanno poco a che fare

con la femminilità”, afferma Naomi Wolf nel suo best-seller “Il mito della

(1991). Ma allora esiste ancora un canone estetico che sia collegato

bellezza”

all'idea di salute e gioia di vivere?

L'ossessione del "magrismo" arriva dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra: nasce

addirittura l'indice di massa corporea, l'Imc, che si calcola dividendo il

proprio peso per la propria altezza elevata al quadrato. In Italia l'allarme scatta

arrivati a 30, in America già sopra i 22. Così il cibo diventa parte essenziale

del : esser magri vuol dire stare bene in società.

“politically correct” 3

Pagina |

E la bellezza in tutto questo cosa c'entra? Molto, se pensiamo alle parole del

filosofo inglese di metà ‘700, Edmund Burke: “La bellezza è una qualità

sociale, perché quando gli uomini e le donne ci danno un senso di gioia e di

piacere nel guardarli, ci ispirano sentimenti di tenerezza e di affetto, ci piace

scriveva

averli vicini, ed entriamo volentieri in rapporto con loro...”,

nell’“inchiesta sul bello e il sublime.”

Ma se alcuni pensano che le Top del momento non siano belle perché sono

troppo costruite e perfette, c'è chi dice che rappresentano invece le ragazze

normali, quelle che si vedono ogni giorno per la strada.

Coco Chanel diceva che nella vita non si è mai troppo magri né troppo

ricchi. Ma un conto è essere magri, un conto anoressici.

Per la stilista Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, esiste però un eterno

femminino. “Ogni periodo ha una particolare zona del corpo femminile sulla

quale puntare l'attenzione: le gambe, il fondo schiena, l'ombelico. Ma il vento

cambia in fretta e per ogni tipo di bellezza c'è l'ora della rivincita. Io

prediligo le modelle longilinee. Ma è una deformazione professionale: gli

abiti ci guadagnano su ragazze magre, senza esagerazioni scheletriche. Le

modelle hanno un grande fascino, sanno posare, più o meno magre che

Ma la novità che sconcerta molti è che il bello sia anche sofferenza.

siano”.

Edmund Burke diceva: “La perfezione è così lungi dall'essere causa di

bellezza, che tale qualità, là dove è più rilevante, cioè nel sesso femminile,

quasi sempre porta con sé un'idea di debolezza e di imperfezione.”

"Non vedo una ricerca di perfezione fisica in queste nuove bellezze, ma una

dice Patrizia Marasca,

ricerca di identità", "Il corpo è il tuo passaporto e la

via che porta all'anoressia è il tentativo di oltrepassare un limite. La

La moda funzionerebbe solo da lente di

perfezione, il bello c'entrano poco".

ingrandimento di una tendenza esistente nella società.

Ma, a gettar fango sul mondo delle sfilate, sono state anche le stesse top, tra

cui Carrè Otis, ex moglie di Mickey Rourke, che un anno fa lanciò un'accusa

pesante contro gli agenti, dicendo : "Istigano all'anoressia"."Ma chi lo dice

afferma Marpessa, 32 anni, modella

che stiamo male? Io sono così di natura",

olandese supermagra, che

giura di avere una salute di

ferro, così come molte sue

colleghe. Persino Kate Moss,

simbolo della nuova moda,

(44 chili per 1,73 di altezza),

non conoscerebbe la tortura

del digiuno. Anzi, pare che

adori i bigné alla crema.

"Questa è solo alta capacità

di metabolizzazione",

sostengono i dietologi delle

top model. 4

Pagina |

Cos’è la “Moda”? E qual è il senso del suo

“modo di dire”?

"Un abito è uno straordinario mezzo espressivo, strumento formidabile per

Ferrè)

essere. (G.

"L'eleganza è l'equilibrio tra proporzioni. emozioni e sorpresa". (Valentino)

(G. Armani)

"Eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare”.

"Alcune persone pensano che il lusso sia l'opposto della povertà. Non lo è. È

l'opposto della volgarità".

"La moda è fatta per diventare fuori moda" (Coco Chanel)

"La moda passa, lo stile resta" (YSL)

"Non dobbiamo mai confondere l'eleganza con l'essere snob”

“Va di moda” : spesso l’abbiamo sentito dire. Può andare di moda la gonna

corta, l’automobile di una certa marca, l’arredamento svedese, il colore viola,

la musica pop, o qualsiasi altra cosa che riguardi, occasionalmente, la nostra

vita. Può andare di moda un libro che goda di una sua effimera celebrità, un

modo di dire, un personaggio. Anche a certe idee può capitare di dover

seguire il destino travolgente delle mode.

E non c’è niente di più definitivo che lo spegnersi di questo interesse

collettivo, il “passar di moda”,

per ritornare nell’anonimato. Il

destino degli oggetti e persone

toccati da questo fugace

successo si conclude quasi

sempre nell’abbandono, nella

stanchezza e nella

dimenticanza. I gusti della

gente cambiano in fretta.

moda

Il termine deriva dal

latino che significa

modus, i,

maniera, norma, regola, tempo,

melodia, ritmo. Compare per la

prima volta, nel suo significato

attuale, del “ vestire alla

nel trattato “La

moda”, dell'abate

carrozza da nolo”, 1

Agostino Lampugnani ,

0F

pubblicato nel 1645.

Il primo italiano che storicamente fece uso di questo termine fu un sacerdote, padre

1

Lampugnani appunto, che nel 1645 scrisse un feroce libretto di critica contro la “moda e i

modanti”. Ma questa seconda parola non piacque: su quelle pagine nacque e morì. Dopo

Lampugnani nessun altro la usò. 5

Pagina |

E’ evidente che il fenomeno non fu contemporaneo alla parola che infine lo

descrisse. La moda è sempre esistita, risvegliata agli albori della civiltà dalla

stessa vanità dell’uomo.

Di solito si è stati e si è tuttora portati ad identificare la moda con

l’abbigliamento, sua espressione più naturale e appariscente: a ogni stagione

gli stilisti suggeriscono e impongono nuovi particolari che a poco a poco,

trasformano gli abiti della gente. Chi subito, chi più tardi, ognuno finisce col

cedere a questi cambiamenti.

Si pensi ad esempio alla trasformazione delle gonne negli ultimi anni.

Perfino le suore hanno dovuto inchinarsi a certe regole e accorciare, sia pure

con moderazione, un orlo che pareva destinato a rimanere lunghissimo per

sempre.

La moda ha bisogno di tempo per imporsi. Essa passa attraverso le fasi della

curiosità, del desiderio, dell’emulazione e magari anche dell’invidia e

dell’adeguamento, tutto ciò per non sentirsi “diversi” dagli altri. L’opinione

pubblica deve sempre superare un certo rifiuto iniziale, uno stupore ostile.

Negli anni venti le prime che decisero di tagliarsi i capelli furono

considerate quasi donne di malaffare. E se oggi questo giudizio può farci

sorridere, pensiamo allo scandalo che sulle spiagge suscitava il bikini,

anch’esso nient’altro che moda.

A volte, quando gli ultimi accolgono una moda, i primi, quelli che se ne

sono entusiasmati all’inizio, già ne sono stanchi. Il tempo che occorre a

questo ciclo varia a seconda del periodo storico. Gli stili degli abiti, dei

gioielli, dei mobili delle case, duravano nei secoli: basti pensare a quanto

resistette nelle abitudini la toga dei Romani.

Ieri la moda riguardava soltanto gli aristocratici e i ricchi e neppure riusciva

a toccare le classi meno abbienti che per secoli continuarono a indossare gli

stessi stracci ed accontentarsi degli stessi poveri oggetti.

Di solito era un personaggio di rilievo ad assumersi indirettamente la

responsabilità di suggerire un cambiamento importante, scegliendo come

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