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Immigrazione: problema o risorsa? - Tesina per istituto tecnico commerciale Pag. 1
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Sintesi
Storia: La Romania di Ceausescu

Geografia: Flussi migratori

Diritto: Diritti e doveri degli immigrati

Finanze: Contributo degli immigrati alle finanze italiane

Italiano: Scontri di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio

Inglese: Illegal immigration in Italy
Estratto del documento

pagando i suoi debiti e le persone accettavano le conseguenti sofferenze, credendo che sarebbero

durate per poco e che alla fine la situazione sarebbe migliorata.

Inoltre le condizioni economiche e sociali pesantissime derivano in buona parte anche dal tipo

particolare di fuoruscita dal sistema comunista. In particolare il fallimento dell’industria pesante e

arcaica voluta dal regime e non in grado di competere sul mercato ha dato origine ad un forte

processo di “deindustrializzazione” con licenziamenti di massa.

Le dissennate politiche familiari e sociali di Ceausescu hanno poi portato a conseguenze anche

socialmente disastrose con migliaia di bambini abbandonati in orfanotrofi o senza fissa dimora e

sottoposti a ogni peggiore rischio di degrado e mercificazione ed abuso, tanto più in quanto

nell’ultimo quindicennio si è materializzata la piaga della tossicodipendenza che colpisce ormai,

secondo l’Agenzia Nazionale Antidroga, circa 35.000 giovani con un’età di iniziazione che è scesa

dai 16-18 anni ai 12-13 anni nel periodo attuale.

In questa situazione è naturale che i flussi migratori divengano una strategia di sopravvivenza o di

miglioramento sociale di forte rilievo.

L’ Italia deve fare i conti, di conseguenza, con nuove problematiche e cercare nuove strade, dal

punto di vista politico, economico, sociale e culturale per fronteggiare gli importanti cambiamenti

che lo pervadono e che pongono non pochi interrogativi. In effetti, anche se la presenza straniera in

Italia rimane percentualmente tra le più basse d’Europa, il fenomeno pone una serie di problemi

concreti e spesso suscita allarmismi ,generalizzazioni stereotipiche e intolleranza. Percezione questa

che scaturisce da due ordini di motivi: in primo luogo, da una carenza di conoscenze e informazioni

(cui contribuiscono di certo i mezzi di comunicazione di massa) circa il legame che intercorre, a

livello planetario, tra processi economici e fenomeni migratori. In secondo luogo, dalla carenza di

strumenti che favoriscano l’incontro ed aiutino anche a fronteggiare la “naturale paura” del diverso

e dell’estraneo, il “naturale pregiudizio” che, come ricordano gli antropologi, sorge nei confronti di

esso. Tale condizione provoca nell’autoctono disorientamento ed incertezza, in quanto mette in

discussione le basi della sua appartenenza culturale e religiosa, fatta di tradizioni e simboli fino ad

ora inconsci e scontati, resi assoluti dalla mancanza di un confronto con la diversità.

Ora tale confronto si pone con forza: il fenomeno immigratorio, con le sue caratteristiche di

consistenza ormai strutturali, determina una presenza e visibilità dello straniero che possono essere

lette sotto la duplice ottica del problema o della risorsa.

Il fenomeno migratorio rappresenta un costo o un beneficio per la

finanza pubblica?

L'impressione immediata che il cittadino italiano ha relativamente al “costo” del fenomeno

migratorio per il nostro paese è solitamente una: gli immigrati arrivati in Italia beneficiano del

nostro sistema di welfare, ricevono case popolari, assegni familiari, servizi sanitari e d'istruzione,

rappresentando così un costo per le già indebitate casse dello stato e, alla fine dei conti, per le tasche

del cittadino che dovrà contribuire con imposte e contributi anche per loro.

Quel che il cittadino italiano più difficilmente si domanda è: quanto ricevono in termini di spesa

sociale gli immigrati, quanto contribuiscono in termini di contributi fiscali e previdenziali o se c'è

un effetto redistributivo e benefico o un peso sul sistema di finanza pubblica e dunque su pressione

fiscale e accessibilità dei servizi per i cittadini.

Secondo uno studio condotto da Andrea Stuppini, Responsabile Servizio Politiche per l'Accoglienza

e l'Integrazione Sociale della Regione Emilia-Romagna, il contributo complessivo che gli immigrati

apportano alla finanza pubblica ammonta a circa 11 miliardi di euro.

Tale cifra si compone di:

• Versamenti contributivi : stimando in circa 2 milioni i lavoratori stranieri residenti regolarmente in

Italia.

• Imposte sul reddito( IRPEF) : sulla base dei dati ISTAT il reddito medio annuo degli immigrati è

di circa 12.000 euro per i dipendenti 15.000 per gli autonomi, 10.000 per i parasubordinati. Potendo

dunque considerare correttamente l'aliquota media del 10 % si ottiene un gettito fiscale di circa 2

miliardi e 271 milioni di euro.

• Imposte sui consumi (IVA) : considerando un'aliquota media del 6,15 % relativa al decile più

basso del reddito, si ottiene un valore di 1 miliardo di euro.

Per quanto riguarda il versante delle spese statali in favore degli immigrati lo stesso studio ci

consegna una stima di 10 miliardi di euro di spese complessive così composte:

• Settore della sanità: circa 2,4 miliardi di euro di costi.

• Settore dell'istruzione: circa 2,8 miliardi di euro di costi.

• Servizi sociali comunali: circa 450 milioni .

• Settore della casa: circa 200 milioni.

• Settore della giustizia: circa 2 miliardi.

• Settore previdenziale: il totale ( assegni familiari e trattamenti pensionistici) è di circa un miliardo

sulla base dei dati inps.

Dunque lo studio il rapporto tra immigrati e finanza pubblica è sbilanciato, risulta a sfavore dei

primi: questi infatti apportano circa 11 miliardi di euro alle casse dello stato pagando imposte dirette

e indirette, e ricevono indietro in termini di servizi e politiche statali solo 10 miliardi, costituendo

cos un beneficio ì in termini economici e non un onere per lo Stato e in definitiva per i cittadini.

Un altro aspetto molto importante da affrontare per cercare di comprendere quale sia l'incidenza

dell'immigrazione sul bilancio complessivo della finanza pubblica italiana è quello relativo al

rapporto tra popolazione straniera residente in Italia e sistema previdenziale.

La legge 189/2002 ( la c.d. Bossi-Fini) ha eliminato la possibilità per i lavori stranieri provenienti

da paesi extracomunitari con i quali l'Italia non ha stretto specifici accordi in materia * di ricevere il

rimborso dei contributi previdenziali versati in Italia in caso di rimpatrio. Tali lavoratori avranno la

possibilità di avere indietro i propri contributi esclusivamente al compimento del 65esimo anno di

età e a seguito di una complessa procedura di richiesta, ovviamente attivata soltanto da coloro che

siano consapevoli della normativa di cui sopra. Appare ragionevole ritenere che non tutti, né la

maggior parte, dei migranti costretti a rimpatriare perchè hanno perso il posto di lavoro o per altre

motivazioni, ottengano il versamento dei contributi versati all'Inps al compimento del 65esimo

anno, per ovvie difficoltà relative alla conoscenza delle norme italiane e all'attivazione della

procedura di richiesta. Le somme costituite dai contributi versati e non ottenuti indietro da

lavoratori extracomunitari rimpatriati

prima della maturazione del diritto a ricevere la pensione, rimarranno nelle casse dell'Inps a tutto

beneficio dei pensionati attuali e futuri residenti sul territorio italiano e del bilancio dell'Istituto

previdenziale.

Inoltre in Italia il volume d’affari prodotto dalle imprese gestite da stranieri è assai rilevante, sia in

termini di ricchezza sia in termini di diversificazione dei prodotti. Le imprese gestite da stranieri in

Italia sono 454mila e producono complessivamente 76 miliardi di euro, ossia il 5,5% della ricchezza

prodotta sull'intero territorio nazionale. Sono questi i dati preliminari diffusi dalla Fondazione

Leone Moressa in seguito alla ricerca svolta sull’apporto economico delle attività imprenditoriali

condotte dagli stranieri nel nostro Paese.

DIRITTI E DOVERI DEGLI IMMIGRATI

Alla persona straniera, comunque presente alla frontiera o sul territorio dello Stato, sono

riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dal diritto interno, dalle Convenzioni

internazionali e dai principi di diritto internazionale.

Per quanto non vi sia uniformità tra i giuristi nell’individuazione della categoria dei diritti

fondamentali come numero chiuso di diritti nell’insieme dei diritti umani, generalmente i diritti

fondamentali vengono individuati come quelli che riguardano le sfere della libertà, della dignità e

dell’uguaglianza. In materia di diritti umani fondamentali da riconoscersi anche ai cittadini non

europei, è spesso dovuta intervenire, più con attività interpretativa che ablativa, la Corte

Costituzionale per il riconoscimento di diritti come il diritto alla vita, alla libertà, alla libertà

sessuale, alla sicurezza, alla salute, al rispetto della vita privata e familiare ad avere un equo

processo, alla libertà di espressione, di pensiero, di riunione, di religione.

I diritti della persona umana non ammettono discriminazione in nome di quel principio di

uguaglianza in ogni sua declinazione contenuto nella nostra Costituzione, negli atti dell’Unione

Europea, nelle carte e negli accordi internazionali. Qualsiasi limitazione dei diritti ha carattere

eccezionale e deve avere un fine lecito, deve essere ragionevole e proporzionata, diversamente non

può essere che discriminatoria ed illegittima.

I diritti della persona umana non ammettono discriminazione in nome di quel principio di

uguaglianza in ogni sua declinazione contenuto nella nostra Costituzione, negli atti dell’Unione

Europea, nelle carte e negli accordi internazionali. Qualsiasi limitazione dei diritti ha carattere

eccezionale e deve avere un fine lecito, deve essere ragionevole e proporzionata, diversamente non

può essere che discriminatoria ed illegittima.

Salvo che accordi internazionali o la legge dispongano diversamente, alle persone straniere che

soggiornano regolarmente in Italia, sono riconosciuti in materia civile i diritti riconosciuti ai

cittadini italiani.

Alla persona straniera regolarmente soggiornante in Italia in particolare

• viene riconosciuta la parità di trattamento con il cittadino italiano nella tutela giurisdizionale dei

diritti e degli interessi legittimi, nei limiti e modi previsti dalla legge.

• Ai lavoratori e alle lavoratrici stranieri e alle loro famiglie viene riconosciuta parità di trattamento

e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori e alle lavoratrici italiani.

• Il Testo Unico sull'immigrazione prevede la partecipazione alla vita pubblica locale, con l'esercizio

del diritto di voto per le elezioni amministrative.

Le persone straniere, come tutti coloro che si trovano nel territorio nazionale, hanno un dovere

generale di rispetto dell’ordinamento, dovere si potrebbe dire rinforzato perché il mancato rispetto

comporta, oltre che le diverse ed eventuali conseguenze di carattere penale, civile ed

amministrativo, in determinati casi anche l’allontanamento dal territorio nazionale cosa che invece

non può avvenire per i cittadini italiani.

Le persone straniere devono inoltre rispettare tutte le disposizioni specifiche relative all’ingresso ed

al soggiorno in Italia e devono assolvere quindi ad alcuni obblighi specifici

• entro 20 giorni dal rilascio del permesso di soggiorno, la persona straniera deve richiedere

l’iscrizione anagrafica presso gli Uffici Anagrafe del Comune ove ha stabilito la sua dimora

abituale.

• Le variazioni di domicilio devono essere comunicate alla questura entro 15 gg. a meno che la

persona straniera non sia già iscritta all’anagrafe. In questo caso è l’ufficio anagrafe che deve

provvedere alla comunicazione

• La persona straniera ha inoltre l’obbligo di esibire i documenti inerenti il suo soggiorno alla

Pubblica Amministrazione, in occasione della richiesta di rilascio di licenze, autorizzazioni,

iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

• A richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza la persona straniera deve esibire il

passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno. Se,

senza giustificato motivo, non lo esibisce è punito con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a

413 euro.

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