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STORIA - Evoluzione del gioco nel corso della storia
LATINO - Marziale e il gioco nella società romana
FISICA - La fisica del calcio: Effetto Magnus e Legge di Bernoulli
SCIENZE - Il telescopio
STORIA DELL'ARTE - Gli Shangai e le strutture reciproche.
Contu Alessio – Classe 5^ F Il gioco tra storia, pedagogia e scienza
3.1. Freud e il gioco
Anche nella psicanalisi freudiana troviamo rilevanti riferimenti all’importanza dell’attività ludica
per lo sviluppo e, in genere, per il comportamento del bambino.
Il gioco ha, secondo Sigmund Freud, una funzione che può essere riportata al fenomeno della
“coazione a ripetere”. Con tale espressione il fondatore della psicoanalisi ha inteso indicare tutte
quelle tendenze inconsce che, spingendo l’individuo a ripetere in modo coattivo comportamenti
costitutivi di esperienze conflittuali, costringono “a ripetere il rimosso
schematici o modi di pensare
come esperienza attuale, anziché ricordarlo come un brano del passato”.
Il comportamento ripetitivo riveste nel gioco della prima infanzia una funzione essenzialmente
catartica; anzi, diventa uno strumento per superare le esperienze dolorose e traumatiche. Freud, per
verificare la sua ipotesi, osserva suo nipote Ernst, di diciotto mesi, mentre gioca con un rocchetto.
Nel saggio Al di là del principio del piacere, egli descrive il bimbo che, tenendo in mano un
rocchetto, legato ad una cordicella, si diverte a lanciarlo numerose volte al di là della sponda del suo
lettino, facendolo, in tal modo, scomparire; poi, tirando nuovamente fuori il rocchetto, egli emette,
al suo ricomparire, esclamazioni di gioia e di sorpresa. Il bambino si serve di questo gioco per
provocare simbolicamente la scomparsa e la ricomparsa della madre assente, diventando così
capace sia di sublimare i traumi, sia di conservare il legame oggettuale con la madre. Egli, quindi,
pur non essendo ancora in grado di verbalizzare le proprie pulsioni, è, tuttavia in grado,
inventandosi un gioco simbolico, a reagire alle frustrazioni e alle privazioni.
Il gioco simbolico può, dunque, liberare il bambino dall’ansia e dall’angoscia che si producono
dall’allontanamento e dalla scomparsa della madre, riproducendone appunto la ricomparsa e
negandone la definitiva separazione. Per cui si sviluppa inconsciamente nel bambino la convinzione
ed angosciosa mediante l’attività ludica.
di superare una qualsiasi situazione frustrante
L’importanza del ripetere un’esperienza dolorosa deriva, secondo Freud, dalla necessità di ripetere
per elaborare psichicamente, impadronirsi di un evento che ha suscitato una forte impressione
emotiva per cercare di eliminarlo. Molti giochi, soprattutto in psicoterapia infantile, si ispirano alla
concezione freudiana della “coazione a ripetere”. Essi nascono dal bisogno di ripetere l’esperienza o
di neutralizzarne l’energia.
le esperienze traumatiche nel tentativo
L’uomo, fin dalla nascita, ha l’esigenza di diventare protagonista delle sue azioni e non di subire,
come spettatore passivo, quelle degli altri. Solamente l’attività ludica, quindi, essendo per la vita
a trasformare l’essere umano, fin da bambino, in
infantile piacere e diletto, può contribuire
protagonista e a fargli cogliere, attraverso gesti magici e parole, una sensazione di onnipotenza.
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4. Il gioco e il giocattolo nella storia
Le origini del gioco e del giocattolo si perdono nella notte dei tempi, per cui risulta interessante
effettuare uno studio dello sviluppo del gioco a partire dall’età antica per giungere fino ai nostri
giorni, ai fini di comprendere ciò che si è evoluto o è andato perduto e ciò che, invece, è rimasto più
o meno invariato.
L’età antica
4.1.
Gli scavi archeologici e le fonti letterarie e artistiche hanno permesso di conoscere giochi e
giocattoli risalenti all’età antica, dalla civiltà sumera a quella egizia, dai greci ai romani, rendendoci
consapevoli che, in linea di massima, i bambini dell'antichità utilizzavano giochi, passatempi e
giocattoli simili a quelli di oggi, sia nella forma che nella sostanza. I bambini dell’antichità, infatti,
disponevano di svariate opportunità di gioco,
tra le quali dondolarsi sull'altalena, saltare alla
corda, lanciare l'aquilone, giocare a
rimbalzello, al tiro alla fune o cavalcare un
bastone, eccetera. Tutto ciò non risulta
assolutamente estraneo ai tempi nostri,
nonostante i millenni che ci separano dalle
antiche civiltà.
L’attività ludica dei bambini greci si esprimeva Gioco degli astragali
all’interno della famiglia, infatti, caratteristica
peculiare di tutta l’età antica, i bambini avevano con gli adulti un rapporto stretto e diretto, tanto che
essi erano i loro compagni di gioco e talvolta anche il modello di riferimento della loro attività
ludica, infatti spesso imitavano le loro attività, simulando gare tra gladiatori, corse del circo, oppure
dispute tra giudici o lotte tra soldati. Le bambine giocavano con le bambole, i maschietti con la
palla, con il cerchio, con l’arco e si cimentavano nella corsa e nella lotta, praticavano il tiro alla
fune, l’altalena, il gioco della settimana e la trottola che chiamavano “strombos”. I Greci, tuttavia,
tenevano il gioco ai margini della vita sociale, così come veniva considerato lo stesso bambino fino
a sette anni: marginale e poco importante.
Dai giochi passiamo ora ai giocattoli dell’età antica, i quali riproducevano armi ed aratri, come a
simboleggiare le due attività principali dell’uomo ossia la guerra e l’agricoltura.
dell’epoca, Inoltre
troviamo tra i giocattoli la bambola, la cui funzione non era esclusivamente di carattere ludico,
bensì era legata anche alla sfera religiosa e alla fertilità della donna. Lo stesso abbandono della
rappresentava il segnale caratteristico della transizione dall’infanzia all’età adulta,
bambola
coincidente con una precoce vita matrimoniale. I giocattoli venivano regalati ai bambini in diverse
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occasioni: al momento della nascita, durante le feste religiose, come ricompensa per I risultati
scolastici, come gratifica per qualche obbiettivo raggiunto, oppure come consolazione per un
problema di salute.
I giochi erano inoltre molto importanti per rendere coscienti maschi e femmine dei propri ruoli. Ci
che maschi e femmine facevano insieme, ma ce n’erano altri che segnavano la
sono molti giochi
distinzione dei due sessi, come accade talvolta ancora oggi: alle bambine venivano dati gli utensili
da cucina o le bambole con arredi e corredi, mentre ai maschietti si regalavano cerchi, carrettini e
soldatini in stagno.
4.1.1. Marziale e il gioco nella società romana
Testimonianza circa i giochi appartenenti alla società romana ci giunge da Marco Valerio Marziale
(40-102 d.C.), il quale fornisce la prova di profonda conoscenza e di particolare apprezzamento dei
giochi da tavola romani, che cita più volte nei suoi Epigrammi, ed in particolare nella sezione nota
come Apophoreta. Le raccolte note come Xenia e Apophoreta sono composte esclusivamente di
epigrammi in distici elegiaci, in genere brevissimi, in quanto si tratta di biglietti di
accompagnamento di doni, ed i titoli (o lemmata) che menzionano l'oggetto descritto di volta in
volta fanno parte integrante dell'epigramma, poiché furono dati dall'autore stesso.
Gli Xenia erano i "doni per gli ospiti" (dal greco xènos, "straniero" o "ospite") che ci si scambiava
durante i Saturnali (più o meno nello stesso periodo dell'attuale Natale).
Gli Apophoreta erano invece i "doni da portar via" (dal greco apophèro, "porto via"), che
accompagnavano i doni destinati ai commensali alla fine di un banchetto. Tali doni venivano
sorteggiati tra gli invitati: da questo fatto potevano derivare talvolta situazioni curiose o comiche
(ad esempio: un pettine assegnato a un calvo) su cui il poeta poteva sbizzarrirsi, divertendo i lettori.
Epigrammata XIV (Apophoreta)
XV Tesserae XV Dadi
Non sim talorum numero par tessera, dum sit Non sia io, il dado, pari per numero agli
maior, quam talis, alea saepe mihi. astragali
purché per me la puntata sia spesso maggiore
che per gli astragali.
XVI Turricula XVI Torre lancia dadi (bossolo)
Quae scit compositos manus improba mittere La mano disonesta che sa lanciare dadi truccati
talos se lancia tramite me, non otterrà null'altro che
si per me misit, nil nisi vota feret. speranze.
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XVII Tabula lusoria XVII Tavola da gioco
Hac mihi bis seno numeratur tessera puncto; Da un lato il dado mi dà due volte il punto sei;
calculus hac gemino discolor hoste perit. dall'altro la pedina è perduta per i suoi due
nemici.
Gioco diffuso nell’antica Roma era infatti il cosiddetto gioco degli astragali: l'astragalo, inteso
come ossicino del tarso su cui poggiano la tibia e il perone, in questo caso veniva scelto quello delle
pecore e di tutti gli ovini, usato come un dado, era considerato quasi un simbolo dell'infanzia. Ogni
lato dell’astragalo aveva un valore: il punteggio finale, quello che decretava la vittoria o la sconfitta
dei partecipanti, veniva calcolato a seconda della faccia che mostravano cadendo. Questo tipo di
gioco possedeva un proprio linguaggio che ne definiva mosse, schemi e punteggi; il lancio più
sfortunato veniva detto del cane, quello dal punteggio più alto era chiamato colpo di Venere. Il
gioco degli astragali (detti anche aliossi) aveva origini antichissime e nacque probabilmente in Asia,
da dove si diffuse in molte altre parti del mondo.
4.2. Il Medioevo
Il Medioevo non apportò sostanziali cambiamenti rispetto ai secoli passati: i bambini avevano
sempre molte possibilità di gioco, si divertivano a giocare con le biglie, con il cerchio e con i
bastoni, si allenavano con la mazza e la boccia di legno, come facevano gli adulti nei tornei
cavallereschi, o creavano giochi di abilità con la palla, imitando i saltimbanchi.
periodo incerto nell’età medievale; sono infatti
Si può dire dunque che il giocattolo visse un
piuttosto esigui i reperti archeologici e le fonti letterarie a riguardo. Questo periodo di vuoto può
essere indubbiamente ricondotto alle svariate invasioni dei popoli barbari che distrussero e
condizionarono la vita delle popolazioni, portando miseria sociale e povertà nei commerci.
C’è da dire inoltre che l’aridità della cultura del gioco non era dovuta soltanto alle precarie
condizioni economiche. Infatti, nel Medioevo, sia i giochi degli adulti che quelli dei bambini
venivano contrastati, limitati, additati come attività pericolose. Questo atteggiamento era
determinato dal fatto che la Chiesa considerava i giochi come oggetti demoniaci, fatti apposta per
distogliere l’attenzione del credente dal pensiero di Dio e dalle preghiere
Tuttavia osservando i giocattoli dei periodi successivi si è notato come essi si mostrano come il
riflesso delle conoscenze tecniche del periodo medievale, tra i quali possiamo citare mulinelli ad
Questa continuità è dovuta al fatto che nell’età di mezzo esistevano
alette, mulini a vento e forni.
degli artigiani che realizzavano oggetti per l’infanzia. Ma questa era una situazione privilegiata e
caratteristica delle famiglie aristocratiche, in quanto i bambini degli altri ceti sociali, non potendosi
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permettere tali giochi, erano costretti a produrseli da sé utilizzando i pochi materiali a loro
disposizione.
Naturale conseguenza di questa situazione di generale disagio economico è la mancanza di una
netta distinzione del giocattolo tra maschi e femmine, infatti i bambini giocavano indistintamente
con la bambola o con la palla. Evidente era anche la diversa funzione del giocattolo, esso doveva
infatti influenzare il destino e la futura posizione sociale dei bambini: al futuro prete l'altare in