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ITALIANO - Quando il calcio incontra la letteratura, Umberto Saba
INGLESE - Football hooliganism, Heysel stadium disaster
DIRITTO - La normativa nazionale sugli impianti sportivi
SCIENZA DELLE FINANZE - I monopoli fiscali
ECONOMIA - Calcio e finanza, le plusvalenze incrociate fittizie
MATEMATICA - La statistica, tra calcio e numeri
INFORMATICA - Il ruolo dei nuovi media nella comunicazione sportiva
INDICE
✓ INTRODUZIONE
✓ STORIA - La nazionale italiana durante il fascismo
✓ ITALIANO - Quando il calcio incontra la letteratura, Umberto Saba
✓ INGLESE - Football hooliganism, Heysel stadium disaster
✓ DIRITTO - La normativa nazionale sugli impianti sportivi
✓ SCIENZA DELLE FINANZE - I monopoli fiscali
✓ ECONOMIA - Calcio e finanza, le plusvalenze incrociate fittizie
✓ MATEMATICA - La statistica, tra calcio e numeri
✓ INFORMATICA - Il ruolo dei nuovi media nella comunicazione sportiva
✓ CONCLUSIONE
✓ BIBLIOGRAFIA
A cura di Gaetano Lorusso Pag. 1
INTRODUZIONE
Il calcio, fin dalla sua nascita,
ha suscitato nelle masse
grande passione ed è tuttora
lo sport più praticato e più
seguito in tutto il mondo. Ho
scelto questo argomento in
quanto è una realtà oggettiva
molto vicina alla mia vita e
quindi una cosa che crea, in
me, un notevole interesse.
Pratico questo magnifico
sport da 10 anni, e non mi sono mai stancato o pentito. Ho voluto affrontare
questo tema, oltre che per l’originalità, perché sono convinto che esso sia
una realtà di vita, uno strumento che serve per imparare a vivere, perché
nello sport come nella vita si vince e si perde, e se si vince non bisogna farsi
trasportare dal momento di successo, ma tener i piedi saldi per terra, basta
un niente per trovarsi privi di tutto, e questo rispecchia in pieno l’aspetto,
forse quello più importante, della nostra esistenza. Con questa tesina
analizzerò i vari aspetti del calcio moderno partendo proprio dalle sue radici
in Italia con la nascita dei mondiali di calcio durante il periodo fascista.
Successivamente tratterò della storia di un uomo dall’animo umile, che ha
saputo raccontare le emozioni che questo sport suscita nelle persone che lo
seguono. Proseguirò con uno degli aspetti più tristi della storia del calcio
quale la violenza negli stadi e una delle sue principali conseguenze: la
tragedia dell’Heysel durante la finale di coppa dei campioni nel 1985.
Analizzerò la normativa sugli impianti sportivi, di fondamentale importanza
nel prevenire eventuali reiterazioni di tragedie simili a quella di Bruxelles.
Evidenzierò il gettito di tributi che avvantaggia le casse dell’Erario
proveniente dai monopoli fiscali. Parlerò di un particolare aspetto economico-
finanziario che ha rischiato di far fallire il nostro calcio, quello delle
Descriverò l’importanza che svolge la statistica
plusvalenze incrociate fittizie.
nel calcio moderno ed infine analizzerò il ruolo dei nuovi mezzi di
comunicazione in questo sport.
A cura di Gaetano Lorusso Pag. 2
STORIA
La nazionale italiana durante il fascismo
L’importanza dello sport nel fascismo
Il fascismo cercava l'allargamento del
blocco borghese, di cui era espressione
con la propaganda, la paura, la
demagogia, ma anche e soprattutto
attraverso lo sport. Con la "Carta dello
Sport" del 1928 si pone fine ai conflitti di
competenza tra le varie organizzazioni e
viene stabilito che l'educazione fisica
generica dai 6 ai 17 anni è monopolio
dell'Opera Nazionale Balilla, mentre la
specializzazione nelle attività sportive è
dominio del Coni. I bambini dovevano
avere una divisa ed essere inquadrati militarmente; dovevano prestare un
giuramento di fedeltà a Mussolini e seguire una rigorosa preparazione
sportiva, e non mancavano aspetti di formazione militare. A questo scopo in
tutta Italia vennero erette le Case del Balilla, costruzioni comprensive di
palestre e piscine nelle quali questa educazione poteva essere impartita al
meglio.
"Lo sport abitua gli uomini alla lotta in campo aperto": così Mussolini
concepiva il senso della pratica sportiva nel ventennio. E il fascismo si
appropriò di palestre e campi di gioco usandoli come mezzi di propaganda
per "il prestigio internazionale del paese", come strumento di consenso, ma
anche come elemento educativo per preparare la "nazione in armi". Fino al
primo conflitto mondiale lo sport non aveva compiuto grandi passi in Italia;
pochi impianti, poche strutture e, soprattutto, uno scarso livello di praticanti.
Questo era dovuto essenzialmente allo stato di arretratezza economico-
sociale in cui versava il nostro paese, ma anche, in parte, al quasi totale
disinteresse su di esso mostrato dallo stato liberale. Mussolini lasciò a Lando
Ferretti, un ex redattore capo de la Gazzetta, il compito di tracciare le
coordinate per questo nuovo fenomeno.
A cura di Gaetano Lorusso Pag. 3
Ferretti rinforzò l'autorità del Coni, favorì l'espansione delle federazioni e
promosse una grande campagna di costruzione di nuovi impianti: piscine,
campi da tennis, piste per l'atletica. In tal modo lo sport venne ad assumere
in Italia, le stesse caratteristiche dei paesi più avanzati.
Fino agli anni '30 venne perseguita la realizzazione di una educazione fisica
di massa. Nel 1928 la Juventus inaugurò la politica del calcio spettacolo con
l’asso argentino Orsi. Negli anni ’30 fu il Bologna a diventare la prima
squadra italiana di rango internazionale. Quindi lo sport assunse un valore
attività educativa in sintonia con i valori della “nazione guerriera”
come
propagandati dal fascismo. Esso, come attività di massa, doveva stabilire una
nuova gerarchia di valori ed essere espressione di uno stile di vita basato
sulla supremazia del più forte.
La nascita dei mondiali di calcio
Gli anni Trenta del calcio italiano sono anni di
gloria. Nel breve arco del quadriennio compreso
tra il '34 e il '38, la nazionale italiana guidata dal
"sergente" Vittorio Pozzo domina nelle due
competizioni più importanti dell'epoca: il
Campionato mondiale e le Olimpiadi, alle quali
vanno aggiunte due coppe Internazionali che
arrivano nel 1930 e nel 1935.
Constatando con favore il successo di
pubblico, ottenuto dagli incontri disputati ai
giochi olimpici di Amsterdam del 1928 da
giocatori dilettanti, Jules Rimet chiede ai
membri dell'organizzazione che presiede,
(FIFA), il consenso ad organizzare una
manifestazione che permettesse al calcio
mondiale di presentare tutti i suoi migliori talenti.
Il consenso c'è, e nascono i Mondiali: chi li vince, si aggiudica il possesso,
fino all'edizione successiva, di una coppa d'oro, alta trenta centimetri e
pesante quattro chili, raffigurante la Vittoria alata. Lo spirito competitivo,
come si può capire, è diluito nell'idea che concepisce i Mondiali come una
grossa vetrina nella quale ogni Paese espone i propri gioielli calcistici.
A cura di Gaetano Lorusso Pag. 4
I mondiali del 1934
La seconda edizione dei mondiali nel 1934 si
gioca in Italia. Questa volta ai quarti di finale
l’importante
arrivano solo squadre europee data
assenza dell’Uruguay campione del mondo in
carica. È il 31 maggio 1934, un giovedì, siamo
allo stadio Berta di Firenze. I nostri se la devono
vedere con le furie rosse di Spagna. Contro un
reparto difensivo spagnolo di valore mondiale,
imperniato sul leggendario portiere Zamora e sul
terzino Quinconces, non c'è spazio per le finezze
stilistiche o le soluzioni tattiche, per passare si
deve mirare alle caviglie. Al 90' la partita è ancora
sull'1 a 1, per cui si passa ai supplementari. Ma è
tutto inutile, Ricardo Zamora è una saracinesca.
Dopo due ore di gioco, si contano le vittime, gli
spagnoli lamenteranno sei feriti e un disperso. Il disperso è capitan Zamora,
infatti là dove non poterono le doti balistiche degli azzurri poterono le doti
diplomatiche di Benito Mussolini.
Pare, infatti, che il Duce in persona sia intervenuto presso il governo
spagnolo nella notte tra il 31 maggio e il primo giugno affinché gli spagnoli
non schierassero Zamora nella partita di spareggio prevista per l'indomani.
Ventiquattro ore più tardi, Italia e Spagna si ritrovano a contendersi il diritto
di accedere alle semifinali. Fra i pali non c’era più Zamora ma un certo
Nogues. Rispetto alla partita del giorno prima è cambiato anche l'arbitro, non
è più il belga Baert, ma lo svizzero Mercet che si rivela nostro fedele alleato
nell'opera di liquidazione della Spagna, tanto fedele che verrà squalificato
dalla sua Federcalcio per l’arbitraggio spudoratamente di parte. In finale
arrivano la fortissima Cecoslovacchia e la nazionale italiana, quest'ultima
dopo aver battuto in semifinale, in una memorabile partita a San Siro,
l'Austria.
A Roma, il 10 giugno 1934, gli azzurri battono i cechi con un combattuto 2 a 1,
spendendo tutte le loro energie. La vittoria dell'Italia si può attribuire con
estrema facilità a due elementi: essere il Paese organizzatore ed essere il
Paese governato da Benito Mussolini. La propaganda fascista, s'intuisce, non
ammette sconfitte; la vittoria è un dovere, da raggiungere a ogni costo. E a
ogni costo gli italiani la raggiungono, senza però le manovre illegali tipiche di
una dittatura.
A cura di Gaetano Lorusso Pag. 5
I mondiali del 1938
Quando giunge notizia che la nuova edizione dei
mondiali, nel '38, si giocherà in Francia, un brivido
percorre le schiene degli appassionati.
I rapporti politici con i transalpini non sono buoni a
causa dei legami sempre più stretti tra Roma e
Berlino, e la squadra italiana arriva in terra di Francia
come rappresentante di un Paese in cui le libertà
democratiche appartengono a un lontano passato.
Quegli undici giocatori che, prima della partita,
lanciano in sincronia il saluto romano al pubblico
non possono certo incontrarne il favore. Eppure,
vinceranno il loro secondo titolo mondiale, battendo
in finale l'Ungheria per 4 a 2. Gli storici del calcio, però, sono soliti indovinare
nella semifinale giocata contro il Brasile il passo decisivo per la vittoria
finale: i giocatori sudamericani, infatti, affrontano la compagine azzurra
convinti di aver già vinto e in campo si limitano a fare della sterile accademia
calcistica.
La squadra di Pozzo saprà approfittarne: 2 a 1, con gol di Colaussi e Meazza.
Quest'ultimo, poi, si comporta da autentico brasiliano: tira il rigore del
definitivo vantaggio tenendosi con la mano l'elastico rotto dei calzoncini e a
pochi minuti dal termine, per perdere tempo, si prodiga in lezioni di palleggio
solitario che fanno impallidire i calciatori conosciuti nel mondo come i
giocolieri del football. La vittoria ai mondiali del '38, insomma, è la prova
decisiva della forza atletica e dell'abilità tecnica della nazionale di Vittorio
Pozzo.
Un uomo che era riuscito a gestire la nazionale, che pure il regime voleva
usare come strumento di propaganda. Pozzo non fu antifascista, né mai
pretese di esserlo, ma non fu nemmeno banditore troppo strumentalizzato da
parte del potere. Qualcuno gli rimproverò tutto ciò, ma forse quello fu l'unico
modo per evitare che la sua squadra diventasse la Nazionale di Mussolini. Il
campionato del mondo di Francia è l'ultimo atto, prima della guerra, dello
spettacolo calcistico che impegna come attori le nazionali.
I mondiali riprenderanno poi nel 1950, ma l’Italia non sarà più la stessa,
soprattutto a causa della strage di Superga, dove perderanno la vita tutti i
“Grande Torino”) che dava alla
giocatori del Torino Calcio (allora denominato
Nazionale 10 giocatori su 11.
A cura di Gaetano Lorusso Pag. 6
ITALIANO
Quando il calcio incontra la Letteratura
Umberto Saba
Il tema del calcio, nella letteratura italiana,
non è un argomento che ha colpito molti
autori o poeti, forse perché considerato uno
sport senza valori o semplicemente perché
questo sport non aveva ancora raggiunto
L’unico poeta italiano di
una fama mondiale.
un certo spessore che intraprese la via delle
poesie sportive fu Umberto Saba.
Egli nacque il 9 marzo 1883 a Trieste, da
madre ebrea, Felicita Rachele Coen e da Ugo
Edoardo Poli, di nobile famiglia veneziana e agente di commercio. Edoardo si
era convertito alla religione ebraica in occasione del matrimonio, avvenuto
nel 1882, ma essendo cittadino italiano ed irredentista, le autorità asburgiche
lo costrinsero a lasciare la città abbandonando la moglie incinta.
Saba visse una malinconica infanzia, velata dalla mancanza del padre. Venne
allevato per tre anni dalla balia slovena e quando la madre lo rivolle con sé, il
poeta ebbe il suo primo trauma di cui tratterà nelle poesie raccolte sotto il