Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La follia viene identificata come una mancanza di adattamento che il malato mostra nei confronti dell'ambiente, del momento storico, della cultura e delle convenzioni. L’argomento che voglio sviluppare nella mia tesina di maturità è, infatti, incentrato sul ruolo dell’artista, che con le sue capacità artistiche ed intellettive arriva ad un livello geniale, fino a far sfociare tutta la sua originalità in un immancabile follia che lo porta ad essere emarginato e ad emarginarsi dalla società in cui vive, “sopraelevandosi” al resto del popolo. L’artista deve essere visto, però, come un folle che ha qualcosa in più di noi, “ uno schizoide sano di mente ” che è più sensibile, più acuto, più attento, più consapevole di noi. D’istinto lo respingiamo perché appare diverso e ci spaventa, eppure, se ci relazioniamo a lui senza pregiudizi ci rendiamo conto che è in grado di arricchirci in modo impareggiabile. Geni folli li troviamo qualsiasi ambito e secolo. Quest’ultimi saranno proposti nella mia argomentazione con i vari letterati e artisti quali Salvador Dalì, Virginia Woolf e Charles Baudelaire, che sono stati talmente originali, realisti e geniali da far sfociare tutto ciò in pazzia; ed altri letterati ed artisti, che invece si sono più preoccupati dell’andare a descrivere questo “mancato adattamento” quali Luigi Pirandello, Seneca e Théodore Géricault. La mia tesina inoltre affronta questo argomento, effettuando dei collegamenti interdisciplinari.
Italiano - Luigi Pirandello in " Uno, nessuno e centomila ".
Latino - Seneca, il concetto di furor e follia.
Storia dell'arte - Théodore Géricault e gli alienati.
Spagnolo - Dalì y el surrealismo.
Inglese - Virginia Woolf and the dissatisfaction of the " ego ".
Francese - Charles Baudelaire et le génie incompris.
Tutto sommato non mostra rimpianti: ha raggiunto il suo
obiettivo, ha saputo annullare la realtà che gli altri gli avevano
dato e vivere una nuova vita. Ma il prezzo della battaglia che ha
combattuto contro gli altri è altissimo: la totale decostruzione
della propria immagine viene pagata con una totale solitudine
interiore, con l'interdizione e l'emarginazione. Spogliato di tutto,
dei beni, del nome, dello statuto anagrafico, di un ruolo sociale,
Vitangelo resta solo, solo con la pazzia, che è il marchio con cui
gli altri continuano a difendersi da chi li minaccia nelle loro
certezze, nella loro ostinazione a credersi "veri".
Già nel primo capitolo è presente tutto il nucleo di considerazioni
che il protagonista narrante, attraverso intenzionali gesti di follia,
variazioni, svilupperà lungo tutto il romanzo. Se c’è infatti una
caratteristica di questo romanzo, è la quasi assoluta mancanza di
azioni, tutto ciò che avviene è mentale, è il processo contrario al
romanzo di formazione, è il romanzo della "deformazione", della
scomposizione fino ad approdare al risultato finale di affacciarsi
sugli abissi della coscienza e scoprire l'assoluta mendacia di tutto.
Che è poi il significato della pazzia pirandelliana.
Ritratto di Luigi Pirandello.
Seneca, il concetto di furor e follia.
Al centro dì tutte le tragedie di Seneca troviamo la rappresentazione dello
scatenarsi rovinoso di sfrenate passioni, non dominate dalla ragione, e delle
conseguenze catastrofiche che ne derivano. Il significato pedagogico e morale
s'individua dunque nell'intenzione di proporre esempi dello scontro nell'animo
umano di impulsi contrastanti, positivi e negativi. Da un lato vi è la ragione, di
cui si fanno spesso portavoce personaggi secondari che cercano di dissuadere
i protagonisti dai loro insani propositi; dall’altra vi è il furor, cioè l'impulso
irrazionale, la passione (amore, odio, gelosia, ambizione e sete di potere, ira,
rancore), presentata, in accordo con la dottrina morale stoica, come
manifestazione di pazzia in quanto sconvolge l'animo umano e lo travolge
furor,
irrimediabilmente. In questa lotta tra furor e razionalità, lo spazio dato al
al versante oscuro, alla malvagità e alla colpa, è senza dubbio preponderante
e va ben oltre i condizionamenti e le esigenze imposte dal genere tragico.
L'interesse per la psicologia delle passioni, che può apparire quasi morboso,
sembra talora far dimenticare al poeta le esigenze filosofico-morali. Inoltre è
caratteristica delle tragedie senecane l'accentuazione delle tinte più fosche e
cupe, degli aspetti più sinistri, dei particolari più atroci, macabri,
pathos
raccapriccianti. In poche parole Seneca enfatizza il e dimostra la forza
devastante della passione indice di disintegrazione della personalità interiore. I
personaggi vengono analizzati in profondità: di essi vengono messi in risalto i
furor regni,
contrasti interiori, le esasperazioni, il la morte della ragione, la
bestialità umana. In realtà la visione pessimistica, l'accentuazione degli
elementi cupi e la forte intensificazione patetica, appaiono funzionali a quel
valore di esemplarità negativa che i personaggi tragici rivestono agli occhi dei
filosofo; sono mezzi di cui l'autore si serve per raggiungere più efficacemente il
suo principale obiettivo, consistente nell'ammaestramento morale. Del resto il
pathos caricato, l'enfasi e il gusto per i particolari orridi e raccapriccianti erano
già presenti nel tragici latini arcaici, e trovavano piena corrispondenza nel
gusto dei tempi di Seneca.
Particolarmente esemplari, nel gusto tragico e macabro che meglio
esprime la follia senecana sono “Phaedra", "Medea", "Teste” e “Le Troiane”.
Phaedra
La vicenda narrata è quella dell'Ippolito di Euripide, ma con
differenze rilevanti, che fanno supporre una derivazione da
un'altra tragedia dello stesso Euripide, per noi perduta.
Phaedra,moglie di Teseo, re d'Atene, soccombe ad una folle
passione per il figliastro lppolito e gli dichiara il suo amore.
Respinta, si vendica accusando ìl giovane di aver cercato dì
usarle violenza; ma quando, in seguito alla maledizione di
Teseo, un mostro marino suscitato dal dio del mare causa ad
lppolito un'orribile morte, Fedra, disperata, confessa la sua
colpa e si uccide. Penso che sia particolarmente importante
sottolineare, in Fedra, il momento della "dichiarazione" di
Phaedra a lppolito. Si tratta sicuramente di una scena
culminante, dove la regina, disperatamente e colpevolmente
innamorata del figliastro, si decide a rivelargli la sua passione:
l'amore incestuoso ha travolto ogni limite: è il conflitto
inconciliabile tra ragione e passione, l'insanabile lacerazione
furor
interiore di chi è preda del e ha perso il controllo di sé e
delle proprie azioni. Il progressivo avvicinamento alla
"dichiarazione" vera e propria è sapientemente preparato
attraverso una serie dì passaggi intermedi in cui: Phaedra
respinge l'appellativo di madre che lppolito le rivolge,
successivamente gli si offre come schiava evocando
servitium amoris
implicitamente il tema del e accenna alla
probabile morte di Teséo, suo marito (morte che le
permetterebbe di aspirare legittimamente ad un nuovo amore).
Quando il giovane afferma di essere disposto a prendere il posto
pìetas)
del padre, questa affermazione (dettata dalla suona
ambigua alle orecchie di Phaedra e la induce a rivelare che la
sua sofferenza è causata dall'amore. La confessione è poi
ancora ritardata dalla rievocazione della bellezza dì Teseo
giovane, nella cui immagine Phaedra proietta e contempla
quella del figlio. Una volta comprese le intenzioni di Fedra,
Ippolito esprime il suo orrore e la sua violenta indignazione.
Théodore Géricault e gli
alienati.
Théodore Géricault rappresenta l’artista maledetto: genio ribelle, in contrasto
con la società, destinato ad essere compreso solo dai posteri. Nella sua prima
fase, coincidente con le disfatte napoleoniche, egli rappresenta per lo più
soldati feriti, con espressione di sconfitta, quale il famosissimo dipinto La
zattera della Medusa ( 1818-19 ). Dopo l’insuccesso di quest’ultima egli si
reca a Londra, dove venne in contatto con uno psichiatra, dipingendo una
serie di ritratti alienati, cioè persone affette da alterazioni psichiche, come la
monomania del gioco, del furto, dell’invidia, della gloria militare e del
rapimento dei bambini. Nella Alienata con la monomania del gioco la vecchia è
resa con gli occhi incavati e le palpebre arrossate, mentre la fronte è solcata
da profonde rughe e dai capelli corti che fuoriescono dalla cuffia scomposta. Il
suo sguardo, perso nel vuoto, rincorre il pensiero fisso che l’ha estraniata dalla
vita reale. Nell’Alienato con la monomania del furto la dominante verdognola
rende ancor più sgradevole ed inquietante l’espressione imbambolata del volto
del cleptomane, i cui occhi vuoti e i cui lineamenti scomposti, uniti all’aspetto
trasandato (barba e capelli trascurati), denunciano l’incapacità di controllo
della mente sul corpo. Nella Alienata con la monomania dell’invidia colpisce il
contrasto fra i colori spenti delle vesti e quelli vivi del volto della donna,
soprattutto degli occhi, piccoli, iniettati di sangue, apparentemente astuti, in
realtà fissi sull’oggetto inesistente della sua pazzia. In Alienato con
monomania del comando militare il pittore mette in risalto la contraddizione
tra l’apparenza severa, contrassegnata da emblemi militareschi alquanto
fantasiosi, e la trasandatezza della barba incolta, che smaschera la realtà
rivelando lo scarso controllo di sé del povero mentecatto. Lo sfondo scuro,
quasi nero, accentua la tragica solitudine dell’uomo. Ancor più inquietante, il
caso dell’Alienato con la monomania del rapimento di bambini, forse il meno
noto fra i cinque ritratti, la cui immagine è di difficile reperimento. Ma è
proprio qui che Géricault riesce a sorprenderci di più per la sua capacità di
penetrazione psicologica. L’abbigliamento fanciullesco e un po’ frivolo del
mentecatto conferisce alla fisionomia dell’adulto un che di infantile e contrasta
con l’espressione degli occhi che fissano il vuoto con una strana tristezza,
evidente nella fronte corrugata e nella piega amara della bocca.
Si direbbe che la psiche di quest’uomo si sia arrestata all’infanzia e non sappia
capacitarsi dell’invecchiamento del corpo. Questo rimanda immediatamente
alla patologia dell’alienato, che, nella sua ricerca coatta di bambini da rapire,
probabilmente mischia le torbide pulsioni sessuali dell’adulto con il
rimpianto di un’innocenza perduta per sempre.L’impossibilità di far coesistere
le due dimensioni fa esplodere la psiche dell’individuo e causa la follia.
Sembra che Gericault ne abbia dipinti dieci, ma se ne
conoscono soltanto cinque poiché gli altri sono andati dispersi.
Nei Ritratti di alienati Géricault conduce, attraverso la pittura,
un'indagine scientifica sulla follia. Si ignora cosa abbia spinto
l’artista a dipingere questi esempi di umanità sofferente,
qualunque sia stata la ragione, Géricault vi si è dedicato con
molta attenzione e impegno, è visibile una volontà di procedere
a un lavoro clinico che ha qualcosa di sistematico, come
una ricerca scientifica. Attraverso la pittura studia a fondo
l'individuo e la sua profondità mediante una visione rigorosa e
quasi spietata della realtà e alla comprensione del mondo
interiore, misterioso e irrazionale, si affianca il tema
dell'infelicità e sofferenza umana, e della condizione sociale. È
una denuncia contro l'emarginazione dei malati mentali contro
la quale si battevano anche scienziati e alinisti quali Georget
ed Esquirol, che per primi considerano questi malati come
esseri umani bisognosi di cure. Il forte realismo rende
particolarmente espressivi ed inquietanti questi ritratti. Gli
"alienati" sono visti come personaggi misteriosi, che
incuriosiscono, colpiscono per le facce e le espressioni intense,
così caratteristiche e molto particolari, ma allo stesso tempo,
profondamente umane. Dal punto di vista dello stile e della
dimensione tragica offrono molti punti di contatto con la
Zattera della Medusa. È una rappresentazione del gusto
romantico poiché gli alienati manifestano gli stati primordiali
dell'istinto. I ritratti di alienati di Géricault dovevano
probabilmente accompagnare visivamente le lezioni di
psichiatria del dottor Georget. “ Alienata con la
monomania del
gioco “
“ Alienato con la
monomania del
furto ”
“ Alienata con la
monomania
dell’invidia “
“ Alienato con la
monomania del
comando militare “
“ Alienato con la monomania del
rapimento dei bambini “
Dalí y el surrealismo.
En el primer tercio del signo XX nacieron una serie de movimientos en
toda Europa que reaccionan contra el subjectivismo romantico y el
realismo tradicional. Uno de los movimientos avanguardista fue el
surrealismo. El surrealismo empieza en 1924 en París. Allí, el escritor
francés André Bretón publica el Primer Manifiesto del Surrealismo y
define el nuevo movimiento como "automatismo psíquico puro a través
del cual nos proponemos expresar, ya sea verbalmente o por escrito, o
de cualquier otro modo, el funcionamiento real del pensamiento",
entonces, supuso la proyecion creadora de las teorias que sobre el
incosciente y la interpretacion de los suenos venia desarrollando desde
comienzos de siglo el psiquiatra austriaco Sigmund Freud. En principio
era un movimiento de y para escritores, pero de inmediato se
vislumbraron las enormes posibilidades que tenían para la pintura y la
escultura. Pronto se distinguieron dos modos de hacer arte surrealista.
De una parte, los pintores que seguían defendiendo el automatismo
como mecanismo libre de la intervención de la razón; entre los más
destacados están Joan Miró y André Masson. De otra, cada vez adquirió
más fuerza la opinión de quienes creían que la figuración naturalista
podía ser un recurso igual de válido. El arte surrealista investigó nuevas
técnicas, como el frottage, la decalcomanía, el grattage, el cadáver