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Introduzione Freddie Mercury, tesina
La seguente tesina di maturità per Istituto d'Arte è incentrata sul noto cantante Freddie Mercury. Gli argomenti che permette di sviluppare questa tesina sono: Italiano:Uno Nessuno Centomila di Luigi Pirandello, Storia:Le rivoluzioni del 1968, Storia dell'arte:La Pop Art e Andy Warhol, Chimica:I colori acrilici, usi e tecniche moderne, Fisica:Il suono, Progettazione Grafica:Il logo dei Queen.
Collegamneti
Freddie Mercury, tesina
Freddie Mercury, tesina
Italiano- Uno Nessuno Centomila di Luigi Pirandello
Storia- Le rivoluzioni del 1968
Storia dell'arte- La Pop Art e Andy Warhol
Chimica- I colori acrilici, usi e tecniche moderne
Fisica- Il suono
Progettazione Grafica- Il logo dei Queen
che gli assicura una certa agiatezza economica, e quando rivela alla moglie e
all’amico Quantorzo che vuole cancellare la nomea di usuraio, loro scoppiano a
ridere senza ritegno. Così colpito nell’animo, già, fortemente contrastato,
strattona la moglie ribellandosi a quella marionetta, di nome Gengè, di cui ella si
era sempre compiaciuta. Le pazzie si intensificano: ferito gravemente da un’amica
della moglie, colta da un raptus inspiegabile di follia, al fine di evitare lo scandalo
cede tutti i suoi averi per fondare un ospizio per poveri, ed egli stesso vi si fa
ricoverare, estraniandosi totalmente dalla vita sociale.
Proprio in questa scelta trova una sorta di guarigione dalle sue ossessioni,
rinunciando definitivamente ad ogni identità e abbandonandosi pienamente al
puro fluire della vita, rifiutandosi di fissarsi in alcuna "forma", rinascendo nuovo in
ogni istante, vivendo tutto fuori di sé e identificandosi di volta in volta nelle cose
che lo circondano, alberi, vento, nuvole. La città è lontana. Me ne giunge, a volte,
nella calma del vespro, il suono delle campane. Ma ora quelle campane le odo non
più dentro di me, ma fuori, per sé sonare, che forse ne fremono di gioia nella loro
cavità ronzante, in un bel cielo azzurro pieno di sole tra lo stridio delle rondini o
nel vento nuvoloso, pesanti e così alte sui campanili aeri. Pensare alla morte,
pregare. C’è pure che ha ancora questo bisogni, e se ne fanno voce le campane.
Io non l’ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, rinasco nuovo e
senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma ogni cosa fuori.
-TEMPO:
fabula e intreccio sostanzialmente coincidono perché gli avvenimenti seguono
l’ordine cronologico. Bisogna, però, sottolineare il fatto che nella prima parte del
romanzo non vi è racconto, ma solo il tormentarsi ossessivo del protagonista,
monologante, sui temi dell’identità fittizia, dell’inconsistenza della persona. Solo
nella seconda parte il filo di un intreccio comincia a dipanarsi, ma anche qui
l’organicità del racconto, la concatenazione logica e coerente delle cause e degli
effetti, salta: i gesti inconsulti del protagonista sono la negazione di una logica
comune, sono coerenti solo all’interno della sua follia, e così pure il gesto di Anna
Rosa, l’amica della moglie che spara a Vitangelo, resta del tutto gratuito,
immotivata, inspiegabile.
Da sottolineare, inoltre, la presenza di alcune digressioni ( il racconto della casa
del padre, le corse in carrozza da ragazzo ), incisi filosofici ( nuvole e vento,
l’uccellino, campagna e città), nonché anticipazioni, mia moglie, che non era stata
mai mia moglie, ma la moglie di colui, si ritrovò subito, inorridita, come in braccio
a un estraneo, a uno sconosciuto; e dichiarò di non potermi più amare, di non
poter più convivere con me neanche un minuto e scappò via.
Sissignori, come vedrete, scappò via.
Non viene esplicitamente indicato nel testo quando avvengono le vicende, ma è
plausibile pensare che il romanzo sia ambientato nei primi anni del novecento, lo
possiamo dedurre dalle descrizioni degli ambienti, dei personaggi e dalle
professioni esercitate. Non si parla di avvenimenti storici di rilievo tali da farci
dedurre il contesto storico del romanzo, che appare così in escono piano. Non
sappiamo neppure quanto durano le vicende, presumibilmente qualche mese.
Il tempo della storia è sicuramente minore rispetto al tempo del racconto, non vi
sono infatti sommari, ma solo pause, descrittive e dialogate, e analisi soprattutto
filosofiche. Il ritmo è lento, in modo particolare nella prima parte del racconto.
Alla luce di quanto detto, emerge, in primo luogo, l’esiguità dei fatti,
estremamente pochi e l’assenza di riferimenti temporali, questo perché per
Piarandello non sono importanti gli avvenimenti quanto le considerazioni che si
possono trarre. Lo stesso vale per l’aspetto temporale: l’autore ha tentato di
creare un romanzo "fuori dal tempo" che potesse cioè adattarsi a qualsiasi epoca,
in effetti gli argomenti trattati sono moderni, riguardano anche noi stessi,
provocando in questo modo, un vero e proprio annullamento del tempo storico.
-SPAZIO:
gli avvenimenti si svolgono nella nobile città di Richieri, inventata e che potrebbe
rifarsi tanto ad Agrigento quanto a Palermo, e si articolano in ambienti sia interni
che esterni: la casa del protagonista, la banca, le vie della città, la Badia Grande
ecc. ecc. di questi luoghi l’autore ci fornisce particolari descrizioni: e pareva un
lago la piazza con tutto quel brillio di stelle un allegro sprazzo di sole, e nella
corsa, Dio che guazzabuglio di cose, la vasca, quel chiosco da giornali, il tram che
infilava lo scambio e strideva spietatamente alla girata, quel cane che
scappava…- Quella Badia, già castello feudale dei Chiaramonte, con quel portone
basso tutto tarlato, e la vasta corte con la cisterna in mezzo, e quello scalone
consunto, cupo e rintronante, che aveva il rigido delle grotte, e quel largo e lungo
corridoio con tanti usci da una parte e dall’altra e i mattoni rossi del pavimento
avvallato lustravano alla luce del finestrone in fondo aperto al silenzio del cielo,
tante vicende di casi e di aspetti di vita aveva accolto in sé…
l’ambiente che prevale è cittadino, e la folla è importante perché alimenta le
dicerie sulla pazzia di Vitangelo, che si sente continuamente osservato e giudicato
da tutti come un usuraio. I luoghi sono presentati dal punto di vista del
protagonista e nelle sue descrizioni prevalgono sostanzialmente elementi visivi.
-PERSONAGGI:
il protagonista assoluto di questo romanzo è Vitangelo Moscarda, di lui l’autore ci
offre anche una descrizione fisica in diversi punti della narrazione, e in particolare
mentre analizza i suoi difetti fisici, avevo ventotto anni e sempre fino allora
ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme
tutte le altre parti della mia persona- le mie sopracciglia parevano sugli occhi due
accenti circonflessi ^ ^, le mie orecchie erano attaccate male, una più sporgente
dell’altra; e altri difetti. Ancora più interessante è la descrizione che Vitangelo si fa
guardandosi allo ”specchio”, gli guardai i capelli rossigni; la fronte immobile,
dura e pallida; quelle sopracciglia ad accento circonflesso; gli occhi verdastri,
quasi forati qua e là nella cornea da macchioline giallognole; attoniti, senza
sguardo; quel naso che pendeva verso destra, ma di bel taglio aquilino; i baffi
rossicci che nascondevano la bocca; il mento solido, un po’ rilevato. Ma non credo
che l’autore abbia voluto soffermarsi particolarmente sul ritratto fisico del
protagonista anche perché nella descrizione emergono tratti irrilevanti
dell’aspetto, anche se la "crisi" di Vitangelo scoppia con la presa di coscienza di
un difetto fisico, di quali fatti volete parlare? Del fatto che io sono nato, anno tale,
mese tale, giorno tale, nella nobile città di Richieri, nella casa in via tale, numero
tale, del signor Tal dei Tali e dalla signora Tal dei Tali…alto di statura un metro e
sessantotto; rosso di pelo, ecc.ecc ? è la sua mente che ci interessa e che viene
accuratamente scrutata e vediamo che il protagonista si arrovella, perde il sonno
pur di trovare una risposta ai suoi quesiti, per vedere in definitiva più chiaro. Non
si limita a confessare di non sapere chi sia, ma afferma deliberatamente di non
voler più essere nessuno, di rifiutare totalmente ogni identità individuale. Bisogna
per Vitangelo vivere di attimo in attimo, in perenne mutazione, e ciò è una
condizione esaltante, gioiosa. Ma per arrivare a questa conclusione ha dovuto
affrontare la società e distruggere quelle immagini che la gente si era creata di
lui, non mi sono più guardato in uno specchio, e non mi passa neppure per il capo
che cosa sia avvenuto della mia faccia e di tutto il mio aspetto...nessun nome.
Nessun ricordo oggi del nome di ieri.
Spesso ho come avuto la sensazione che Vitangelo non fosse un vero
personaggio, ma una sorta di voce della coscienza che ha il compito di redarguirci
e di farci capire la realtà delle cose e, anche in quest’ambito, non risultano
importanti le vicende in cui il protagonista è coinvolto quanto ciò che ci dice e ciò
che vuole comunicare.
Gli altri personaggi che compaiono nel racconto possono essere così suddivisi:
quelli che lo considerano Gengè:
·La mogli Dida, innamorata di quella marionetta che reputava sciocca, timida,
quel suo Gengè esisteva, mentre io per lei non esistevo affatto, non ero mai
esistito… quando il protagonista la strattona, incredula che quell’uomo possa
essere il suo Gengè, lo abbandona. Vitangelo ne era comunque innamorato.
·Il padre di Dida, molto curato, non pur nei panni, anche nell’acconciatura dei
capelli e dei baffi fino all’ultimo pelo; biondo, biondo; e d’aspetto non dirò volgare,
ma comune ad ogni modo. Anche per lui Vitangelo era uno stupidissimo uomo
sempre soddisfatto di sé
·Anna Rosa, un’amica di Dida, presente nella parte più romanzata del racconto,
orfana di padre e di madre, abitava con una vecchia zia in quella casa che pare
schiacciata dalle mura altissime della Badia Grande. Sembra pazza quando si
ferisce incidentalmente e poi ferisce lo stesso Vitangelo.
Quelli che lo considerano usuraio:
·Firbo e Quintorzo, gli amici fidati di Vitangelo così come li definisce lui, voluto
bene da tutti quei consoci, da Quantorzo, come figliuolo, da Firbo, come un
fratello, i quali tutti sapevano che con me era inutile parlare di affari e che
bastava di tanto in tanto chiamarmi a firmare… infatti questi due soci del
protagonista non avevano di lui alcuna considerazione, gestivano gli affari non
curanti dell’opinione del padrone della banca: Vitangelo che di fatto era per tutti
un usuraio. Quando Vitangelo assume un atteggiamenti inconsueto e commette
delle "pazzie", i due cari amici del protagonista non si preoccupano di scoprirne la
causa, ma si limitano a trovare la soluzione migliore per non vedere danneggiati i
loro interessi. Risultano così infidi, privi di compassione, interessati solo al denaro.
·La folla, le persone del paese non sono dei veri personaggi, ma sono importanti
perché concorrono ad aumentare la crisi del protagonista, che si vede da tutti
bollato come usuraio.
·Monsignor Partanna, era stato eletto vescovo per istanze e mali uffici di potenti
prelati a Roma. Don Antonio Sclepis, era un prete lungo e magro, quasi diafano,
come se tutta l’aria e la luce dell’altura dove viveva lo avessero non solo scolorito
ma anche rarefatto.
-STILE:
il romanzo assume la forma del soliloquio, trasformabile o meno in un dialogo con
un pubblico chiamato all’ascolto della voce narrante, e voluto presente, quasi
come prima incarnazione di un pubblico di lettori. I quali a teatro ovviamente non
esistono; ed anche nel romanzo dovrebbero per Pirandello, uscire dalla loro
condizione passivi ed essere coinvolti da chi li provoca.
Per quanto riguarda la sintassi, Piandello fa di tutto perché il soliloquio di
Vitangelo Moscarda perda il timbro di protesta e di denuncia in nome dei valori
umani genericamente condivisi. Deve risuonare, piuttosto, come pronuncia di una
voce singola, socialmente, e prima ancora familiarmente emarginata. Comunque
Pirandello non si serve di toni accesi e disperati, come invece aveva fatto nel Fu
Mattia Pascal. Frequenti sono le frasi esclamative nelle quali si esprime tutto il
desiderio di fuga dal mondo e di annullamento della natura che anima Vitangelo
Moscarda, un mio dunque che non era per me!, tutto quel corpo lì che per me era
niente; eccolo: niente!
Il lessico è ricco di aggettivi, molte sono le affermazioni incidentali, le
interrogative retoriche, forme verbali esortative o imperative, ma in attesa di che,
lui? Di vedermi?no. egli poteva essere veduto, ma non vedermi,- la campagna!
Che altra pace, eh? Vi sentite sciogliere. Si; ma se mi sapete dire dov’è? Dico la
pace. No, non temete, non temete! Vi sembra propriamente che ci sia pace qua?.