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Sintesi
tesina esame di maturità essere e apparire

Introduzione
"Siamo ciò che sappiamo fare, ciò che diciamo, ciò che sogniamo. Siamo un insieme di frammenti e non sempre si sa quale ha il maggior peso. Davvero siamo l’abito che indossiamo, il posto in cui trascorriamo il tempo libero? Forse c’è altro, ci sono opportunità che superano le immagini, i messaggi, gli slogan. E che è possibile cogliere solo guardandoci attorno. C’è tutto il resto, che non va inventato ma semplicemente scoperto. Tutto il resto, c’è."

Essere e apparire sono così distanti? Uno buono e l’altro cattivo? O forse si intrecciano in una corsa senza fiato? Così cerchiamo cose che ci rappresentino e mettano in luce quello che altri non vedono. C’è sempre il rischio che le nostre piume da pavone siano prese per quelle di un fagiano.
Oggi giorno risulta più difficile essere che apparire, soprattutto in situazioni pubbliche. Un individuo è condizionato dal mondo esterno, e anche inconsciamente, deve adattarsi a varie condizioni.
La società costituisce una sorta di trappola in cui non possiamo esprimere il nostro IO perché l’ambiente in cui viviamo è costrittivo. Si cerca sempre di più rifugio in miti irraggiungibili, creando intorno a sé un mondo di cristallo, così affascinante e fragile allo stesso tempo, che permette di sognare l’impossibile e di essere per qualche istante una persona diversa da quella che si è. Anche Pirandello sosteneva che l’uomo non può fare a meno di una maschera che gli doni un ruolo o un apparenza. È impossibile mostrarsi agli altri per quello che si è, perché quello che si, è neanche noi stessi riusciamo a capirlo.
Rapportando Pirandello ai giorni nostri, mi sono resa conto di come i suoi pensieri fossero moderni, in quanto egli li basava sul contrasto tra Vita e Forma, maschera e volto, apparire ed essere, contrasto che oggi viene accentuato dalla tecnologia che, sostituendo alla nostra realtà un’altra virtuale ci propone una realtà fittizia che troppo spesso prende il posto di quella reale.
La televisione, che usando unicamente immagini per proporti delle realtà, è più facilitata ad ingannarti proponendoti personaggi che vorresti raggiungere, oggetti che vorresti avere e situazioni in cui ti vorresti trovare, ponendo dentro di te una bramosità di desiderio ed aspirazione d’essere.

Non potendo realizzare questa aspirazione immaginarial’uomo s’accontenta d’apparire agli altri come vorrebbe essere, dando l’impressione d’essere così , fino a quando, si decide di cambiare i propri tratti somatici ,, di plasmare anche il corpo oltre al comportamento. Ma è lo stesso bisogno che spinge l’uomo a darsi regole sociali e morali, da rispettare come un copione dove tutti recitano un ruolo che si acquisisce per volontà o per costrizione. Tutti ci ritroviamo condizionati a recitare, per non stonare in un contesto armonioso e a proporre delle apparenze che, ingannano, ma che sono sempre più facili da sovrapporre a genuinità.
Ci vuole forza di carattere a farsi vedere per quello che si è: piccoli, spesso spaventati dalle circostanze, insicuri, titubanti, ma anche spontanei e a volte ingenui .
Estratto del documento

1

Premessa

"Siamo ciò che sappiamo fare, ciò

che diciamo, ciò che sogniamo. 2

Siamo un insieme di frammenti e

non sempre si sa quale ha il

maggior peso. Davvero siamo

l’abito che indossiamo, il posto in

cui trascorriamo il tempo libero?

Forse c’è altro, ci sono opportunità

che superano le immagini, i

messaggi, gli slogan. E che è

possibile cogliere solo guardandoci

attorno. C’è tutto il resto, che non

va inventato ma semplicemente

scoperto. Tutto il resto, c’è."

Essere e apparire sono così distanti? Uno buono e

l’altro cattivo? O forse si intrecciano in una corsa

senza fiato? Così cerchiamo cose che ci

rappresentino e mettano in luce quello che altri

non vedono. C’è sempre il rischio che le nostre

piume da pavone siano prese per quelle di un

fagiano.

Oggigiorno risulta più difficile essere che apparire,

soprattutto in situazioni pubbliche. Un individuo è

condizionato dal mondo esterno, e anche

inconsciamente, deve adattarsi a varie condizioni.

La società costituisce una sorta di trappola in cui

non possiamo esprimere il nostro IO perché

l’ambiente in cui viviamo è costrittivo. Si cerca

sempre di più rifugio in miti irraggiungibili,

creando intorno a sé un mondo di cristallo, così

affascinante e fragile allo stesso tempo, che

permette di sognare l’impossibile e di essere per 3

qualche istante una persona diversa da quella che

si è. Anche Pirandello sosteneva che l’uomo non

può fare a meno di una maschera che gli doni un

ruolo o un apparenza. È impossibile mostrarsi agli

quello che si è, quello che si, è

altri per perché

neanche noi stessi riusciamo a capirlo.

Rapportando Pirandello ai giorni nostri, mi sono

resa conto di come i suoi pensieri fossero

moderni, in quanto egli li basava sul contrasto tra

Vita e Forma, maschera e volto, apparire ed

essere, contrasto che oggi viene accentuato dalla

tecnologia che, sostituendo alla nostra realtà

un’altra virtuale ci propone una realtà fittizia che

troppo spesso prende il posto di quella reale.

La televisione, che usando unicamente immagini

per proporti delle realtà, è più facilitata ad

ingannarti proponendoti personaggi che vorresti

raggiungere, oggetti che vorresti avere e

situazioni in cui ti vorresti trovare, ponendo

dentro di te una bramosità di desiderio ed

aspirazione d’essere.

Non potendo realizzare questa aspirazione

immaginarial’uomo s’accontenta d’apparire agli

altri come vorrebbe essere, dando l’impressione

d’essere così , fino a quando, si decide di

cambiare i propri tratti somatici ,, di plasmare

anche il corpo oltre al comportamento. Ma è lo

stesso bisogno che spinge l’uomo a darsi regole

sociali e morali, da rispettare come un copione

dove tutti recitano un ruolo che si acquisisce per

volontà o per costrizione. Tutti ci ritroviamo

condizionati a recitare, per non stonare in un

contesto armonioso e a proporre delle apparenze

che, ingannano, ma che sono sempre più facili da

4

sovrapporre a genuinità.

Ci vuole forza di carattere a farsi vedere per

quello che si è: piccoli, spesso spaventati dalle

circostanze, insicuri, titubanti, ma anche

spontanei e a volte ingenui .

Indice

Luigi Pirandello…………………………pag. 6

 “La maschera e il volto” di Luigi Chiarelli

 “Il fu Mattia Pascal”

Arthur Schopenhauer………………...pag. 13

 La contrapposizione tra realtà e apparenza 5

L’importanza d’apparire in Oscar

Wilde……………………………………….pag. 15

 “The Picture of Dorian Gray”

 “The importance of being Ernest”

Mussolini e la sua ambiguità e falsità del

“San Sepolcro”……………………..…..pag. 20

L’importanza dell’essere(dato reale) nelle

scienze…………………………………….pag. 25

 luminosità apparente e assoluta nelle stelle

Luigi Pirandello

(1867 – 1936) 6

Scrittore, drammaturgo e narra-

tore, rappresentò sulle scene

l'incapacità dell'uomo di identifi-

carsi con la propria personalità,

il dramma della ricerca di una

verità al di là delle convenzioni e

delle apparenze.

Al centro della concezione Piran-

delliana c’è il contrasto tra

apparenza e sostanza.

La critica delle illusioni va di

pari passo con una drastica

sfiducia nella possibilità di

conoscere la realtà: qualsiasi

rappresentazione del mondo si

rivela inadeguata verità della

vita, percepita come un flusso

continuo, caotico e inarrestabile.

Prima di iniziare con l’analisi di Pirandello, uno degli autori del 900 che

stimo maggiormente, mi preme parlare di una commedia che ha ispirato

le sue opere.

Questa commedia, di Luigi Chiarelli, s’intitola “La maschera e il volto” e,

non solo ha dato fortuna a Pirandello ma aperto anche le porte per il

teatro grottesco, corrente molto innovativa in quanto mette fine alle

grandi tragedie dannunziane, prende in giro tutta la società borghese,

come già era stato per i futuristi, introducendo inoltre un punto di vista

più introspettivo dei personaggi.

Il teatro grottesco è definito come un genere composto da un intreccio in

cui sono contemporaneamente presenti: paradosso, cinismo, dramma e

ironia

Questo si presenta come il terzo momento del teatro italiano nel

Novecento iniziato con le tragedie dannunziane appunto, passando per il

teatro futurista, fino ad arrivare al teatro grottesco. 7

Esso si premette inoltre di scardinare la tradizione borghese,

capovolgendone i suoi punti fondamentali (il lieto fine), costruendo

situazioni tipiche del teatro borghese rappresentandone le relazioni

sociali ed i conflitti morali come un gioco di forme insieme patetico e

comico in cui si dibattono personaggi-maschera.

Tutti gli autori del grottesco trassero ispirazione da quel particolare

stato di crisi morale e culturale che investì l’Italia nel dopoguerra,

mostrandone gli effetti e smascherando la falsità di una società che

avendo smarrito ogni valore e certezza, essendosi resi conto inoltre che la

guerra non era quella definita dai futuristi come “igiene del mondo” ma

era una catastrofe irreparabile, si sforzava di nascondere, l’ipocrisia e la

corruzione.

Esisteva ormai una profonda frattura tra apparenza e realtà, tra

principi ed azioni, tutti giocavano con se stessi per mostrarsi diversi da

quelli che realmente erano.

Gli autori del grottesco provarono a togliere questa maschera, e ne

venne fuori una società smidollata e disposta ad ogni sorta di

compromesso pur di salvaguardarne l’onore.

Era questo il vero quadro della società di allora: acre e pungente, comica

appunto.

e drammatica, grottesca

La maschera e il volto

La trama

Il conte Paolo di Grazia durante una serata con amici nella sua villa

sul lago di Como, dichiara che non esiterebbe ad uccidere la moglie se

questa lo tradisse.

La sera stessa egli scopre davanti a tutti i suoi ospiti che lei lo

tradisce veramente.

Ora il conte non potendo tradire quanto detto, ma allo stesso tempo

non avendo il coraggio di ucciderla, impone alla moglie di cambiare

nome e segretamente la fa scappare di casa, fingendo agli amici

d’averla uccisa.

Paolo dovendo sostenere il processo viene assolto per delitto ad onore e

così esce dal carcere e torna a casa accolto come un vero trionfatore.

Un giorno però, nelle acque del lago viene trovato un corpo di donna e

8

tutti stranamente lo riconoscono come quello di

Savina(moglie del conte), così il conte Paolo è costretto a preparare in

suo onore un solenne funerale.

Improvvisamente però durante la cerimonia, ricompare Savina ed il

conte è costretto, caduta la maschera, a riconciliarsi con la moglie ed a

scappare con lei per non essere arrestato come simulatore di reato.

La morale

Nessuno può illudersi di giocare con i propri sentimenti: la faccia si

perde proprio quando vogliamo imporci un comportamento che va al di

là delle nostre forze. Paolo invece per paura del ridicolo per la parola

non rispettata, decide di indossare la maschera di finto assassino; e

qui sta il paradosso fra conformismo ed istinto, perché l’agire secondo

canoni o “formule” (come dice il conte), aliena l’uomo da quello che

realmente è, e Paolo è un uomo debole e fragile.

Paradossale è poi il punto in cui deve essere arrestato per simulazione

di omicidio, in cui il conte dice: “ma come l’ho uccisa e mi assolvono,

non l’ho uccisa e mi arrestano” che sta a testimoniare come la società

fosse comandata da leggi etiche che non dessero possibilità all’uomo di

esprimersi con sincerità.

Ritornando al teatro grottesco si ritrova l’influenza del futurismo, ad

esempio nella commedia del Chiarelli, proprio nel momento del

funerale, riappare, come rinata, Savina, cioè come per i futuristi, nella

morte si ritrova un momento di rinascita.

Mentre sono pochi i tratti del futurismo riproposti dagli autori

grotteschi, in Pirandello gli elementi ripresi

dalla “maschera e il volto” sono diversi ed

alquanto visibili.

L’esempio emblematico è il romanzo che

diede grande successo a Pirandello,

d’altronde durato ininterrotto sino ad oggi:

nel quale troviamo

“Il fu Mattia Pascal”,

tratti simili come: il tradimento, la finta

morte, il ritorno, lo specchio( Paolo si guarda

allo specchio dividendosi in Paolo reale –

Paolo uomo di parola) e la maschera che cade

dopo un trauma. 9

Il romanzo fu scritto a seguito della grave crisi familiare del 1903, che

pose Pirandello in cattive condizioni economiche e scatenò la malattia

mentale della moglie, e giunse alla definitiva pubblicazione dopo una

serie di cambiamenti e accorgimenti nel 1921.

La trama

Mattia Pascal, vive nell’immaginario paese ligure di Miragno, insieme

alla madre e al fratello. Il padre ha lasciato loro in eredità una

discreta fortuna consistente in case, terreni e vigneti. La giovane

vedova, del tutto incapace di amministrare, affida l’intero patrimonio

a Batta Malagna. Quest’ultimo però, con il trascorrere degli anni, si

impossessa di tutti i loro averi e costituisce la causa principale del

declino della famiglia Pascal. I due fratelli Mattia e Roberto vivono

allegri e liberi da ogni pensiero morale, religioso o scolastico e, una

volta cresciuti, non si curano dei beni della famiglia, paghi di vivere

senza apparenti problemi e in maniera agiata. Il Malagna ha avuto

infatti la capacità di non fargli mancare nulla e di nascondere

l’immensità di debiti che presto li avrebbe fatti precipitare.

Costretto a sposare Romilda, da cui aspetta un bambino, Mattia si

trova a convivere anche con la suocera vedova che lo disprezza e lo

considera un fannullone, un buono a nulla ricco soltanto di debiti. Da

questo momento la vita di Mattia diventa un inferno.

Ormai senza ricchezze, si trasferisce in una casa umile; la moglie

perde la sua originaria bellezza e sembra non amarlo più; le due figlie

muoiono una dopo l’altra a causa della loro gracilità. In seguito muore

anche l’adorata madre dopo aver sopportato i soprusi della suocera-

strega la quale continua per la povertà di Mattia a odiare il genero e a

rovinare la già precaria tranquillità della casa. Per la prima volta in

vita sua il protagonista si ritrova a cercare lavoro, e grazie all’amico

Pomino, ne trova uno come bibliotecario.

Ma un giorno Mattia, esasperato dalla noia e dall’ inutilità del suo

lavoro, decide di fuggire. Arriva a Montecarlo e grazie ad una serie di

vincite fortunate si ritrova in tasca la somma di 82.000 lire. E’ quasi

ricco! Decide di ritornare a casa per riscattare le sue proprietà e per

godere di una rivincita sulla suocera; sogna finalmente una vita

serena, un avvenire tranquillo al riparo della miseria. Ma proprio

mentre questi pensieri occupano la sua mente, in treno durante il

viaggio di ritorno a casa, legge su un giornale che a Miragno, è stato 10

ritrovato il cadavere di Mattia Pascal.

Legge e rilegge lo scritto in minutissimi caratteri e lo ripete tra se

quasi sillabando, fermandosi ad ogni parola. Egli si sarebbe suicidato

nella gora del molino alla Stia, una sua vecchia proprietà, a causa dei

dissesti finanziari e dei lutti familiari. Inoltre era stato

frettolosamente riconosciuto dalla moglie disperata e dalla suocera.

Dapprima sconvolto, comprende presto che può crearsi una nuova

vita, una vita libera da ogni

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