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Latino: il furor di Seneca con la tragedia di Medea
Storia: Hitler
Inglese: Virginia Woolf con Mrs Dalloway
Arte: Van Gogh, campo di grano con volo di corvi
Argomento Pagina
INTRODUZIONE .………………………………………………………………………………... 1
SIGNIFICATO DEL TERMINE E STORIA DELLA FOLLIA ………………….…………… 3
MAPPA ………………………………………..…………………………………………………… 5
ITALIANO ………………………………………………………………………………………… 6
Luigi Pirandello
Enrico IV
STORIA ……………………………………………………………………………………..….… 10
Il regime totalitario
La psicologia del nazismo
Adolf Hitler
LATINO ……………………………………………………………………………………….…. 16
Lucio Anneo Seneca
Il furor
Medea
INGLESE ……………………………………………………………………………………..….. 21
Virginia Woolf
Mrs. Dalloway
STORIA DELL’ARTE ………………………………………………………….………………. 24
Vincent Van Gogh
Campo di grano con volo di corvi
CONCLUSIONE ………………………………...………………………………………………. 27
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA …………………………………………….……………….. 28
INTRODUZIONE
~ 3 ~
«Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se
la follia sia o meno il grado più elevato dell'intelletto, se la
maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è
profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di
esaltazione della mente a spese dell'intelletto in generale.»
(Edgar Allan Poe)
Quando si parla di “folli” si pensa subito ai malati mentali dei manicomi o degli ospedali
psichiatrici affetti da schizofrenia o allucinazione. Nel mio percorso ho voluto analizzare più a
fondo questo tema poiché è un argomento che mi affascina molto.
Forse il comportamento definito “folle” è quello che ognuno di noi racchiude nel proprio
inconscio, quello che ci fa esternare la nostra parte più creativa. Pensiamo a un artista che attraverso
pennelli e colori riesce ad esprimere ciò che sta nel profondo della sua anima, per le altre persone il
quadro può sembrare privo di senso, ma per lui rappresenta le emozione più inconsce, non può forse
definirsi follia questa?
Pirandello considera la follia come una delle poche vie di fuga che possono liberare l’uomo
dalla trappola della vita e dalle oppressioni della società borghese, anche perchè il folle è l’unico
capace di comprendere il carattere illusorio della realtà. Più di mille anni prima Seneca definiva
invece “furor” quella follia incontrollata che porta l’uomo alla lacerazione di sé e alla completa
perdizione.
Nel mio tracciato ho voluto inoltre analizzare varie personalità che secondo me possono
rappresentare diversi aspetti della follia.
Come non considerare follia l’estremo fanatismo di Adolf Hitler che ha portato all’uccisione
di milioni di ebrei colpevoli, secondo il Führer, del solo fatto di esistere?
Van Gogh rappresenta invece nei sui capolavori la propria depressione; la follia viene
considerata come il motore della sua originale e unica pittura. Tanto geniale quanto incompreso
dipinse una grande quantità di quadri divenuti famosi solo dopo la sua morte suicida.
Infine anche la vita della scrittrice inglese Virginia Woolf è stata caratterizzata da esaurimenti
nervosi, crisi depressive e forti sbalzi d'umore che l’hanno portata al tragico epilogo: il suicidio. Le
moderne tecniche diagnostiche hanno portato ad una postuma diagnosi di disturbo bipolare unito,
probabilmente, negli ultimi anni, ad una psicosi.
~ 4 ~
Innanzitutto però in questo mio cammino ho voluto ripercorrere la storia della follia e delle
modalità di approccio sociale ai malati mentali prima della legge Basaglia che ha portato alla
chiusura dei manicomi e ha suggerito una maggiore umanità nei rapporti con persone affette da
disturbi mentali.
In particolare il messaggio che voglio portare avanti con questa tesina è che secondo me
alcune particolari visioni del mondo possono scaturire solo da coloro che lo vedono da una
prospettiva diversa dalla nostra, ma che spesso resta incompresa.
~ 5 ~
CHE COS’É LA FOLLIA?
“Osservate con quanta previdenza la natura, madre
del genere umano, ebbe cura di spargere ovunque un
pizzico di follia. Infuse nell'uomo più passione che ragione
perché fosse tutto meno triste, difficile, brutto, insipido,
fastidioso. Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto
con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo
fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di
un'eterna giovinezza. La vita umana non è altro che un
gioco della Follia. La follia a volte è la vera saggezza e il
cuore ha sempre ragione.”
(Erasmo da Rotterdam)
Il termine “follia” deriva dal latino “follis, is” che significa mantice, oltre, recipiente vuoto e
rimanda all’idea di una testa piena d’aria. Oggi questo termine è assolutamente in disuso nel
linguaggio scientifico, che preferisce usare il termine “malattia mentale”. Molte volte nel linguaggio
comune si tende a confondere la follia con la pazzia in realtà essi non sono due sinonimi infatti
“pazzia” deriva dal greco “phatos” che significa sofferenza e si collega al latino “patiens” ossia
paziente, malato, concentrando quindi l’attenzione sull’esperienza dolorosa.
Nel mondo classico la follia era legata alla sfera sacra: il folle rappresentava la voce del divino
che andava ascoltata e interpretata.
Nel Medioevo invece la follia venne considerata come una forma di possessione da parte di
spiriti maligni: fu così che la gestione della malattia mentale, soprattutto femminile, passò dai
medici alla Chiesa, o meglio, ai suoi esorcisti e inquisitori. Ai folli veniva vietato l’ingresso nelle
chiese e le persone indemoniate, specialmente le donne, venivano bruciate sul rogo, come streghe. I
malati mentali venivano considerati indemoniati, perché la forza malvagia, insinuandosi negli
umori, contagiava il corpo: l'uccisione con il rogo o l'impalamento permettevano di distruggere il
corpo dell'indemoniato, così che l'anima, finalmente libera, potesse salire fino a Dio. I malati che si
comportavano in modo bizzarro, strano o aggressivo venivano derisi o rinchiusi in carcere; in questi
luoghi di contenzione non veniva offerta alcuna cura: i detenuti erano anzi picchiati o frustati.
Un’interpretazione completamente opposta si ebbe con il Rinascimento: in quest’epoca il folle
venne considerato semplicemente come un individuo diverso dal normale, sia per valori sia per
filosofia di vita e quindi si riteneva andasse rispettato e lasciato libero.
~ 6 ~
All’inizio del Novecento comparvero la psicologia e la psicoanalisi. Tuttavia continuava ad
essere dominante l’attenzione all’aspetto meramente organico della malattia mentale poiché il
paziente veniva considerato irrecuperabile; in quanto condannato da un danno cerebrale, gli si
precludeva qualsiasi possibilità di riabilitazione era sottoposto a nuovi trattamenti come
l’elettroshock.
Si deve a Sigmund Freud (1856-1939) il tentativo di affrontare in altro modo il disturbo
mentale, prestando attenzione alla psiche del paziente.
Nel 1952 furono sintetizzati i primi psicofarmaci, i neurolettici, che pur agendo solo sui
sintomi della schizofrenia, aprirono nuovi orizzonti per un nuovo approccio alla cura.
Successivamente cominciò a farsi strada un nuovo movimento, quello dell’antipsichiatria, che
considerava le ‘cure’ che venivano somministrate ai pazienti dei manicomi del tempo (dosi elevate
di psicofarmaci, elettroshock, misure costrittive) forme di violenza sociale su persone fragili, che
avevano già dovuto subire violenze da parte della famiglia e della società per il loro mancato
adeguamento al conformismo sociale. L'antipsichiatria voleva invece tutelare i diritti di queste
persone e lasciarle libere di esprimersi e di reinserirsi nella società e i manicomi dovevano essere
aboliti.
In Italia lo psichiatra Franco Basaglia (1924-1980), riteneva che una società più libera e giusta
avrebbe portato anche ad un calo dei casi di malattia mentale. Con la legge n. 180 del 1978, nota
come Legge Basaglia, si impose la chiusura dei manicomi e l’apertura di nuove strutture territoriali
che assicuravano nuovi e più umani rapporti con i pazienti.
La psicologia clinica ha ormai abbandonato il concetto generico di “pazzia”, declinando la
malattia mentale in un ventaglio molto ampio di stati e condizioni e ha superato l’approccio
solamente psichiatrico al disagio mentale e oggi si sono fatte strada nuove risposte terapeutiche
come l’arteterapia, la musicoterapia, la danza terapia e la pet-terapy.
~ 7 ~
LUIGI PIRANDELLO
Luigi Pirandello nasce a Girgenti nel 1867 da una famiglia di agiata
condizione borghese. Lo scrittore iniziò i propri studi universitari a Palermo
per recarsi in seguito a Roma, dove continuò i suoi studi di filologia
romanzata che poi dovette concludere a Bonn dove si laureò nel 1891 con
una tesi sul dialetto siciliano. Nel 1897 iniziò come supplente
l’insegnamento di lingua italiana e dal 1908 divenne docente di ruolo. Nel
frattempo pubblicò articoli e saggi su varie riviste e scrisse la sua prima
commedia, Il Nibbio.
Nel 1903 un allagamento nella miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto il suo
patrimonio provocò il dissesto economico della famiglia. Il fatto ebbe conseguenze drammatiche
nella vita dell’autore: alla notizia del disastro la moglie, il cui equilibrio psichico era già fragile,
ebbe una crisi che sprofondò nella follia. La malattia della moglie portò lo scrittore ad approfondire
lo studio dei meccanismi della mente portandolo ad avvicinarsi alle nuove teorie psicanalitiche di
Freud. Con la perdita delle rendite mutò anche la condizione sociale di Pirandello, che fu costretto a
integrare il suo stipendio di professore intensificando la produzione di novelle e romanzi. Il suo
primo grande successo fu Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904. In questo periodo collaborò
anche con alcune riviste tra cui Il Corriere della Sera.
Nel 1910 Pirandello ebbe il primo contatto con il mondo teatrale, la sua produzione si
intensifica e tra il 1916 e il 1918 scrisse una serie di drammi che modificarono profondamente il
teatro del tempo: Così è (se vi pare), Il piacere dell’onestà, Il giuoco delle parti.
Durante gli anni della guerra lo scrittore aveva visto con favore l’intervento dell’Italia ma la
guerra incise dolorosamente sulla sua vita: il figlio, partito volontario, fu fatto prigioniero dagli
Austriaci e il padre si adoperò con ogni mezzo, ma invano, per la sua liberazione.
Dal 1920 il teatro cominciò a conoscere il successo di pubblico. Del 1921 è Sei personaggi in
cerca d’autore che rivoluzionò radicalmente il linguaggio drammatico. I suoi drammi furono
conosciuti e rappresentati in tutto il mondo e Pirandello abbandonò la cattedra di insegnante per
dedicarsi completamente al teatro.
Nel 1924 Pirandello aderì al fascismo da cui era attratto per il carattere di forza ma che non
amava per l’eccessivo ordine. La sua adesione al partito gli servì anche per ottenere appoggi da
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parte del regime. Nel 1934 gli venne assegnato il premio Nobel per la letterature a consacrazione
della sua fama mondiale. Pirandello si ammalò di polmonite e morì nel 1936 lasciando incompiuto
il suo ultimo capolavoro teatrale, I giganti della montagna.
ENRICO IV
“Vidi in una rivista un disegno riproducente una
cavalcata storica, cavalleresca, organizzata a Villa
Pamphili, dai membri di un circolo aristocratico e subito
pensai: «Se capitasse a uno di questi signori vestiti da re
o da imperatore, di cadere da cavallo, se battendo la nuca
diventasse pazzo credendo di essere veramente il
personaggio storico»”. (L. Pirandello)
Scritta nel 1921, la commedia fu rappresentata per la prima volta nel febbraio del 1922 al
teatro Manzoni di Milano. L’Enrico IV è l’unica tragedia che Pirandello scrisse e fa parte della