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Introduzione Enigma del linguaggio tesina
Nella mia tesina ho deciso di affrontare l’argomento del linguaggio nel suo aspetto più enigmatico e convenzionalista. Molte volte mi sono interrogato sulla capacità del linguaggio di veicolare informazioni; è incredibile, infatti, come tutta la vita umana si basi sul linguaggio. La speculazione intellettuale, di cui l’uomo si esalta nel differenziarsi dagli animali, si regge unicamente sulla potenza del linguaggio. Più di una volta, durante le ore scolastiche, mi sono sorpreso di come, prendendo appunti, si trasformi un semplice foglio bianco in un contenitore di informazioni culturali. Tutto ciò è possibile grazie al linguaggio. Ma in che modo il linguaggio riesce a trasmettere informazioni?
Esso, in ultima analisi, è formato solamente da dei segni grafici e da dei suoni a cui l’uomo ha deciso di conferire determinati significati in modo da rappresentare la realtà. Proprio per questo non si può attribuire ad esso una validità assoluta, come si può affermare infatti che una mela sia “mela” e non “apple”? L’uomo si è sempre avvalso del linguaggio senza accorgersi della sua straordinaria potenza che cela in sé anche incredibili enigmi. Anche in questa tesina, in cui ho cercato di mettere in luce vari aspetti del linguaggio, mi sono avvalso di un mezzo sulla cui ambiguità non si potrà mai sciogliere la riserva.
Ciò che mi ha spinto in modo decisivo a scegliere questo argomento è stata la visione del film The Imitation Game, film che racconta la vicenda di Alan Turing e del gruppo di matematici inglesi che, durante la seconda guerra mondiale, collaborò per riuscire a decifrare la macchina cifrante tedesca detta Enigma. Il film mi ha colpito profondamente sia per la bravura del regista e degli attori sia per i temi in esso trattati. Subito dopo aver visto il film avevo già deciso che quello sarebbe stato il punto di partenza della mia tesina. Non ho deciso di approfondire gli aspetti più eclatanti e più facilmente riconducibili allo studio scolastico come ad esempio il secondo conflitto mondiale e il lavoro di Turing che portò all’elaborazione della cosiddetta macchina di Turing, vero precursore del computer e a cui di deve tutto lo sviluppo tecnologico del nostro secolo. Ciò che mi ha colpito del film è il tema dell’incomunicabilità. Come afferma lo stesso Turing, interpretato magistralmente da Benedict Cumberbatch, le comunicazioni tedesche erano intercettabili anche da un ragazzetto appassionato di radio eppure la loro comprensione risultava impossibile alle più brillanti menti del tempo. Da qui emerge quello che è essenzialmente il grave problema del linguaggio, ovvero che esso si avvale di un codice convenzionale senza il quale è impossibile comprendere ciò che esso vuol comunicare. A questo già grave problema, nel film, si aggiunge il dramma personale di Alan Turing. Forse affetto da una lieve forma di autismo, egli per tutta la vita fu tormentato dall’impossibilità di riuscire a comunicare ciò che pensava realmente e a comprendere ciò che gli altri provavano a esprimere. Dramma amplificato dalla sua omosessualità che, in una società come quella inglese, in cui l’omosessualità era un reato, lo portò ad a chiudersi in se stesso e a sentirsi perennemente discriminato. Scoperta la sua omosessualità egli fu condannato alla cura ormonale e psicologicamente destabilizzato da questa si suicidò. Estremamente significativa del messaggio di tutto il film risulta una scena in cui Alan Turing, da ragazzo, studia in un prato insieme a un suo compagno di collegio il quale sta leggendo un libro di crittografia. Nel momento in cui l’amico dice a Alan che sta leggendo un libro sulla crittografia Alan chiede se sono dei messaggi segreti, ma egli replica che non sono dei messaggi segreti, sono dei messaggi che tutti possono vedere ma che non possono essere compresi se non si possiede la giusta chiave interpretativa. A questo punto Alan, con estrema drammaticità, afferma che questo è uguale al parlare perché le persone quando parlano non dicono mai ciò che pensano eppure si aspettano di essere compresi.
Questo film mi ha quindi spinto a approfondire il tema del linguaggio e per farlo sono partito dall’aspetto filosofico compiendo un percorso di analisi sull’evoluzione della filosofia del linguaggio dall’età arcaica fino a Wittgenstein, passando per i sofisti, Hobbes e Locke. In modo tale da evidenziare come, anche in filosofia, si è sviluppata sempre più l’idea di un linguaggio come convenzione incapace di esprimere le profondità della realtà. In seguito, ho voluto analizzare il libro “Heart of Darkness” di Joseph Conrad perché in esso, oltre alla più immediata critica al colonialismo, si cela un’acuta analisi del potere del linguaggio. Conrad, attraverso i personaggi di Kurtz e Marlow, fornisce l’immagine di un linguaggio frutto della società umana che come tale non riesce ad esprimere ciò che è esterno a tale società. Infine ho voluto trattare un argomento matematico perché, mentre quasi tutti ormai riconosciamo gli aspetti enigmatici del linguaggio, la gran parte delle persone non dubita affatto della validità del linguaggio matematico descrivendola con il famoso detto: “la matematica non è un’opinione”. Personalmente ho cominciato presto a dubitare di tale affermazione e ho colto l’occasione dell’esame di maturità per approfondire tale argomento nella mia tesina. Per questo ho approfondito i vari studi dei matematici che, dopo la scoperta delle geometrie non euclidee, hanno provato a dare un fondamento all’intera matematica. Mi sono soffermato in particolare sugli studi di Hilbert e di Gödel che hanno portato a costruire l’dea di una matematica totalmente differente dal passato, secondo la teoria di Gödel, infatti, alla matematica non si possono attribuire pretese di verità e non si può neanche essere sicuri della sua correttezza formale.
Collegamenti
Enigma del linguaggio tesina
Filosofia -
La filosofia del linguaggio nella storia
.Inglese -
The power of language in "Heart of Darkness"
.Matematica -
Il linguaggio della matematica e la crisi dei fondamenti
.EVIDENZA VERITÀ COERENZA
necessariamente
Questo schema entrò in crisi con la scoperta delle geometrie non euclidee. Infatti, in un contesto in
cui si possono costruire molteplici teorie riferite agli stessi oggetti, il ruolo della verità doveva essere
riconsiderato. Per risolvere il problema, i matematici del XIX e XX secolo adottarono un punto di
vista radicalmente nuovo. Nella moderna assiomatica gli assiomi non dovevano più essere scelti in
base alla loro presunta evidenza, ma in modo arbitrario, purché non contradditorio. Essi non erano
altro che enunciati, né veri né falsi scelti liberamente come base dell’intero edificio. Il problema della
verità, quindi, diventava qualcosa di esterno alla matematica, mentre quello della coerenza, che era
in quanto conseguenza dell’evidenza,
sempre stato considerato secondario divenne il problema
principale della speculazione metamatematica. Una volta dimostrata la possibilità di costruire teorie
egualmente coerenti, sorse il problema di cercare una base dell’intera costruzione matematica che
fosse dotata di una coerenza non relativa ma assoluta, la cui dimostrazione non facesse cioè
riferimento a qualcosa di esterno a essa. 13
Il programma di Hilbert
Le teorie formali Il matematico che influenzò maggiormente le ricerche in questa
direzione fu David Hilbert (1862-1943). Sulla base della moderna
concezione del ruolo degli assiomi, Hilbert elaborò un ambizioso
programma che si prefiggeva di individuare il fondamento dell’intera
conoscenza matematica. La teoria che egli ritenne essere adeguata a
elevarsi a fondamento della matematica fu l’aritmetica elementare. Nella
sua visione le teorie matematiche (aritmetica innanzitutto) devono essere
considerate in modo puramente formale, devono essere sottoposte ad un
processo di formalizzazione. Attraverso questa formalizzazione, egli
mirava a dimostrare che l’aritmetica è dotata di proprietà intrinseche tali
da renderla il fondamento dell’edificio matematico.
Secondo le teorie di Hilbert una teoria matematica T può essere considerata formalizzata quando sono
L e l’universo U
definiti il suo linguaggio a cui si riferisce. La teoria, simbolicamente rappresentata
L
U),
come T = (L, si dice allora teoria formale. Il linguaggio deve specificare:
I simboli con cui vengono espressi gli enunciati;
I criteri di formazione delle espressioni (le regole con cui i simboli si possono combinare tra
loro per produrre espressioni corrette all’interno del linguaggio);
Le espressioni scelte come assiomi;
Le regole di inferenza con cui, a partire dagli assiomi, si deducono altre espressioni.
Le espressioni che, attraverso una sequenza di deduzioni, possono essere ricavate a partire dagli
assiomi si dicono teoremi. La sequenza logica attraverso cui un teorema viene dedotto si chiama
dimostrazione.
Una teoria formale può possedere tre caratteristiche principali:
Una teoria T si dice coerente se non esiste, in essa, alcun enunciato A tale che A e non-A
siano entrambi teoremi di T;
Una teoria T si dice completa se, per ogni enunciato A, essa è capace di dimostrare A oppure
non-A;
Una teoria T si dice decidibile se esiste un procedimento meccanico per dimostrare, in un
numero finito di passi, se un qualsiasi enunciato A è un teorema oppure no, cioè se esiste una
sua dimostrazione a partire dagli assiomi.
Coerenza, completezza e decidibilità sono caratteristiche desiderabili delle teorie formali. Le prime
due, in particolare, sono essenziali per una teoria che voglia costruire la basse dell’intera conoscenza
matematica. 14
La metateoria tra sintassi e semantica
Una teoria formale che permette di affermare qualcosa relativamente alle proprietà di determinati
oggetti matematici può essere a sua volta studiata per mezzo di una seconda teoria detta metateoria,
ML
la metamatematica appunto, indicata con MT. MT è dotata di un proprio linguaggio e studia le
L,
proprietà di che rappresenta quindi il suo universo e viene detto per questo linguaggio-oggetto. Si
L). L ML
scrive quindi MT = (ML, Linguaggio oggetto e metalinguaggio possono essere coincidenti
oppure diversi.
Per comprendere la novità dello studio di Hilbert è necessario rendersi conto che lo studio metateorico
può svilupparsi in due direzioni diverse:
L U
dall’universo
Se si analizza il linguaggio indipendentemente di riferimento, occupandosi
solo della sua struttura e delle regole cui obbedisce, si studia la sintassi di T;
L U,
Se si analizza in rapporto con considerando quindi la verità o la falsità dei suoi enunciati
rispetto al mondo di cui parla, si studia, invece, la semantica di T.
Lo studio sintattico pone l’accento sul problema della correttezza e quindi sulla coerenza di T, mentre
ovvero sull’aderenza delle sue
lo studio semantico concentra la propria attenzione sulla verità di T,
U.
affermazioni alle proprietà degli oggetti di È chiaro allora che, mentre la prospettiva classica di
intendere gli assiomi era basata su un approccio semantico, la prospettiva moderna sorta dopo la
nascita delle geometrie non euclidee e sviluppata da Hilbert, ha rivolto la propria attenzione allo
studio sintattico delle teorie.
Lo studio del linguaggio matematico attraverso le teorie formali
Il nucleo più elementare del linguaggio matematico è costituito dalle proposizioni ovvero da quegli
enunciati a cui si può attribuire un valore vero o falso e di cui non si analizza la struttura interna. Al
contempo la teoria formale più semplice è quella del calcolo delle proposizioni, che può essere
impostata in modo tale da risultare coerente, completa e decidibile. Il calcolo proposizionale, pur
essendo dotato di tutte le proprietà desiderabili per una teoria formale, è troppo elementare per
costituire la base dell’aritmetica e della matematica in generale. Se si vuole raggiungere tale obiettivo
occorre costruire teorie formali più ricche. Un primo passo nello sviluppo di una teoria formale dei
numeri naturali consiste nell’introduzione di nuovi elementi linguistici che permettono, innanzitutto,
di analizzare la struttura interna delle proposizioni. Tali elementi sono: quantificatori, variabili
individuali, costanti, lettere predicative e lettere funzionali. La teoria più elementare che si ottiene
facendo uso di predicati e quantificatori viene denominata calcolo dei predicati del primo ordine.
Tuttavia neanche le teorie del primo ordine così strutturate sono sufficienti per la costruzione di una
teoria formale dell’aritmetica. Se si vuole costruire una teoria formale per l’aritmetica occorre
aggiungere a una teoria del primo ordine tutti quegli elementi non logici che servono a caratterizzare
le proprietà dei numeri naturali, vale a dire lo zero, il successore di un numero, le operazioni di
addizione e moltiplicazione e il principio di induzione.
La maggior potenza dei linguaggi che si possono costruire con il calcolo dei predicati ha però riflessi
negativi sulle proprietà delle teorie formali. Il programma di Hilbert di ottenere una teoria T coerente
e completa, abbastanza potente da esprimere l’aritmetica elementare, fu totalmente distrutto dal
lavoro di Kurt Gödel. 15
I teoremi di Gödel
Il matematico Kurt Gödel (1906-1978) riuscì a dimostrare due teoremi che fanno crollare tutto il
programma di Hilbert. Il primo di essi enuncia che:
In ogni teoria matematica T sufficientemente espressiva da contenere l'aritmetica, esiste
una formula tale che, se T è coerente, allora né né la sua negazione sono dimostrabili in T .
Con qualche semplificazione, il primo teorema afferma che in ogni formalizzazione coerente della
matematica che sia sufficientemente potente da poter assiomatizzare la teoria elementare dei numeri
naturali è possibile costruire una proposizione sintatticamente corretta che non può essere né
dello stesso sistema. Tale proposizione è l’enunciato G che
dimostrata né confutata all'interno
afferma: “l’enunciato G è indimostrabile in T”.
Se supponiamo di poter dimostrare G allora G è dimostrabile. Da ciò nasce una contraddizione
in quanto l’enunciato afferma di essere indimostrabile. T risulta dunque incoerente.
Se supponiamo di non poter dimostrare G allora G è veramente indimostrabile. Ciò implica
che la teoria T è incompleta, in quanto in essa esiste un enunciato vero ma non dimostrabile.
Da queste considerazioni deriva che la teoria T è incoerente oppure è incompleta. La dimostrazione
di Gödel rivelò quindi che la coerenza di una teoria non può essere provata dall’interno, ma solo
a una teoria più potente, anch’essa soggetta alle stesse limitazioni. Questo concetto viene
ricorrendo
espresso dal secondo teorema di Gödel che afferma che:
Sia T una teoria matematica sufficientemente espressiva da contenere l'aritmetica: se T è coerente,
non è possibile provare la coerenza di T all'interno di T.
Ciò significa che nessun sistema coerente può essere utilizzato per dimostrare la sua stessa coerenza.
L’enunciato G di Gödel può sembrare uguale al famoso paradosso del mentitore in cui un uomo
afferma: “Io sto mentendo”. Questo paradosso, noto sin dall’antichità, non contiene errori logici e
rivela l’esistenza di problemi profondi legati all’uso di espressioni che contengono autoriferimenti,
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cioè espressioni che affermano qualcosa a proposito di se stesse. Affermazioni come quella del
mentitore hanno la struttura logica di una proposizione:
P: P è falsa
Nella dimostrazione del teorema di Gödel ci si imbatte in un’espressione G che afferma di essere
indimostrabile. La sua struttura è quindi:
G: G è indimostrabile
È evidente l’analogia esistente tra le due situazioni la differenza sostanziale tra il paradosso del
mentitore e il risultato di Gödel sta nel fatto che il primo concerne la nozione di verità (e quindi si
riferisce al livello semantico), mentre il secondo verte sulla nozione di dimostrabilità (e quindi opera
a livello sintattico).
Per concludere si può affermare che i teoremi di Gödel sono la conclusione di una speculazione che,
avendo eliminato già dal punto di partenza qualsiasi pretesa di verità da parte della matematica,
giunge a dimostrare l’impossibilità di fondare la matematica su basi formalmente coerenti. Infatti,
risulta impossibile riuscire a dimostrare la coerenza della matematica senza ricorrere a una
innescando così un processo in