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Lo scopo di questa tesina è mostrare come l'universo in cui viviamo sia complesso, molteplice e retto dal probabilismo.
Materie trattate: fisica; matematica; storia dell'arte; italiano.
K
considerata nulla, mentre quella iniziale vale ). I dati sperimentali sostengono invece che ad
max
una frequenza fissata corrisponde un unico potenziale di arresto.
Einstein risolve il problema supponendo che la luce stessa sia composta di singoli pacchetti di
quanti
energia, i del campo elettromagnetico (il nome “fotoni” non è di Einstein, ma frutto di
E hf
elaborazioni teoriche successive), dotati di massa nulla e capaci di trasportare un’energia =
h, f,
(con costante di Planck e frequenza dell’onda). Pertanto l’elettrone riesce ad uscire dal metallo
E W hf W
solo se l’energia del fotone che lo colpisce è ≥ al lavoro di estrazione , cioè solo se ≥ e
e e
f W /h.
quindi se ≥ e
Eccoci dunque arrivati alla frequenza minima che metteva in difficoltà l’elettromagnetismo
classico. Per l’indipendenza del potenziale di arresto (o, che è la stessa cosa, dell’energia cinetica
E
massima posseduta dagli elettroni) dall’irradiamento è sufficiente osservare che, postulata
e -
= K = hf W (per
ΔV il principio di conservazione
l’esistenza dei fotoni, vale la relazione A max e
dell’energia).
Il modello di Einstein tuttavia non soppianta quello di Maxwell, semmai lo amplia, fornendovi
una semplice aggiunta valida in certi situazioni sperimentali tra cui, appunto, l’effetto fotoelettrico.
Infatti il numero enorme di fotoni di cui è costituito un fascio di luce ordinario si comporta come
un’onda, in perfetto accordo con i lavori del fisico scozzese.
Vale la pena soffermarsi un attimo su questa conclusione, che rappresenta uno dei due aspetti
duplicità.
fondamentali della fisica quantistica su cui intendo porre l’accento: la
L’universo di Newton era unico, uniforme e prodotto da un demiurgo celeste. Il suo Dio è il
Grande Orologiaio. L’universo di Einstein è complesso e duplice. Il suo Dio è il panteistico Deus
di Spinoza.
sive Natura 1 , simile duplicità fu estesa a tutta la materia in
Ben presto, grazie ai contributi di De Broglie 6F
movimento: un sasso gettato in uno stagno, un elicottero, un centometrista. Se la luce può essere, a
seconda delle condizioni sperimentali, onda o corpuscolo, perché un analogo dualismo non può
esistere anche per la materia? – si domandava il fisico francese, che nel 1923-24 intuì che ad ogni
p λ λ
particella materiale con quantità di moto deve essere associata un’onda di lunghezza tale che
h/p.
= Ovviamente nella maggior parte dei casi simile grandezza è talmente piccola da non poter
essere rilevata da nessuno strumento di misurazione: ad esempio la lunghezza d’onda di
- 33
un’automobilina giocattolo di massa m=230 g e velocità v=0.4 m/s risulta 7.2 × 10 m (per avere
un termine di riferimento, si pensi che il raggio del nucleo fu ipotizzato da Rutherford dell’ordine di
- 14
10 m). Del resto ciò non significa che le ipotesi di De Broglie fossero prive di ogni fondamento,
2
come confermò nel 1927 l’esperimento di Davisson e Germer .
7F
I due scienziati inviarono contro un bersaglio metallico un fascio di elettroni la cui lunghezza
d’onda (calcolata come rapporto tra la costante di Planck e la quantità di moto) era dello stesso
ordine di grandezza del passo reticolare ed osservarono una figura di diffrazione del tutto analoga a
quella generata da un treno di raggi X. Il risultato, inspiegabile per la fisica classica, costituisce
un’inoppugnabile conferma della duplicità onda-corpuscolo insita nella materia.
Dadi e labirinti
“Le nostre prospettive scientifiche sono ormai agli antipodi fra loro. Tu ritieni che Dio giochi a
dadi con il mondo: io credo invece che tutto obbedisca ad una legge, in un mondo di realtà
obiettive, che cerco di afferrare per via totalmente speculativa. Lo credo fermamente, ma spero che
qualcuno scopra una strada più realistica o meglio un fondamento più tangibile di quanto non abbia
saputo fare io. Nemmeno il grande successo iniziale della teoria dei quanti riesce a convincermi che
alla base di tutto vi sia la casualità, anche se so bene che i colleghi più giovani considerano questo
Louise De Broglie (1892-1987) matematico e fisico francese. Vinse nel 1929 il Premio Nobel per la scoperta delle
1
proprietà ondulatorie della materia.
Clinton Joseph Davisson (1881-1958) e Lester Halbert Germer (1896-1971), fisici americani.
2
atteggiamento come un effetto di arteriosclerosi. Un giorno si saprà quale di questi due
atteggiamenti istintivi sarà stato quello giusto.” 1 . Sono passati più di 20 anni dalla
La lettera di Einstein è datata 1928 ed è indirizzata a Bohr 8F
spiegazione dell’effetto fotoelettrico che aveva dato impulso alla teoria quantistica. La parola
probabilismo
d’ordine sembra essere diventata e Einstein, coerente con la propria concezione del
mondo fisico, sente il dovere morale di dissentire, allontanandosi da quelle posizioni che lui stesso
aveva contribuito a sviluppare. Il suo Dio non gioca a dadi con l’Universo: Egli è sottile, non
malizioso. 2
Nel 1926 Schrödinger , partendo dalla formula che fornisce l’energia totale di un sistema fisico
9F
classico, scrisse l’equazione differenziale (che poi da lui prese il nome) le cui soluzioni Ψ (x, y, z, t)
forniscono le proprietà fisiche dell’analogo sistema quantistico.
Schrödinger tuttavia credeva erroneamente che
l’elettrone dell’atomo di idrogeno non si
comportasse come un punto materiale, ma
formasse una specie di “nuvola di carica”, la cui
densità nel punto dello spazio di coordinate (x, y,
all’istante era appunto espressa dalla
z) t
funzione d’onda Ψ (x, Il primo a seguire
y, z, t).
un’interpretazione di carattere probabilistico fu
quindi Max Born che nello stesso 1926 affermò
2 ΔV Δt rappresenta
che la quantità [Ψ (x, y, z, t)]
la probabilità che l’elettrone si trovi, durante un
Δt
certo intervallo di tempo centrato sull’istante
ΔV
in un volume di spazio il cui centro è
t,
costituito dal punto di coordinate (x, y, z).
Occorre qui una precisazione: la probabilità di cui stiamo parlando è ben diversa da tutte quelle
che gli scienziati si erano abituati ad incontrare in ambito fisico. Non si tratta più di una probabilità
da ignoranza, che, possedendo ipoteticamente un numero maggiore di dati o maggiori capacità di
calcolo, sarebbe possibile eliminare, quanto invece di una probabilità sistematica ed ineliminabile,
connaturata con lo stesso sistema fisico in esame. Il “non lo so” di Born è un “non lo so e non lo
potrò mai sapere”. O meglio un “non lo so e non lo potrò mai sapere finché non effettuo una
collasso della
L’atto stesso dell’osservazione sperimentale provoca infatti il
misurazione fisica”.
funzione d’onda, scegliendo in modo del tutto casuale uno dei possibili stati permessi
dall’equazione di Schrödinger. L’interpretazione elaborata da Heisenberg e Bohr
di Copenhagen,
mentre collaboravano nella capitale danese, rimpiazza il determinismo della fisica classica con la
distruzione delle probabilità in eccesso da parte dello sperimentatore. In un certo senso, adesso è lo
fa
scienziato che, in virtù della sua capacità di effettuare esperimenti, la realtà fisica. Essa infatti, in
assenza di un osservatore, si tramuterebbe nello sconfinato insieme di possibilità previsto da
Schrödinger.
Nel 1957 Everett, Wheeler e Graham rifiutarono queste conclusioni e idearono forse
l’interpretazione più romanzesca della meccanica quantistica: la teoria dei molti mondi.
Supponiamo che un tizio debba fare un colloquio per ottenere un posto di lavoro in un’azienda
farmaceutica. La funzione d’onda “lavoro nell’azienda farmaceutica” può assumere due diversi
valori: assunzione e non-assunzione. Secondo la visione “ortodossa” della fisica quantistica, dopo
aver effettuato un esperimento (il colloquio, appunto) una delle due possibilità si realizza, mentre
l’altra svanisce. A questa soppressione di possibilità non-possibili si oppone la teoria dei molti
mondi che sostiene, al contrario, l’esistenza di entrambi i valori assunti dalla funzione d’onda,
Niels Bohr (1885-1962), fisico e matematico danese.
1 Erwin Schrödinger (1887-1961), fisico e matematico austriaco. Vinse nel 1933 il Premio Nobel per i suoi contributi
2
alla meccanica quantistica.
seppure in universi differenti e tra loro inconoscibili. L’equazione di Schrödinger non sviluppa più
possibilità, ma rami di realtà distinti: in uno di essi vengo assunto; nell’altro no. I due “me” saranno
due perfetti estranei, vivranno esistenze diverse senza conoscersi.
Siamo così giunti agli antipodi delle concezioni di Newton: Everett, Wheeler e Graham hanno
smesso di credere in un tempo uniforme, assoluto. Essi nel tempo vedono un immenso labirinto,
una rete crescente e vertiginosa di tempi divergenti, convergenti e paralleli. Questa trama di tempi
che s’accostano, si biforcano, si tagliano o s’ignorano per secoli, comprende le possibilità.
tutte
Nella maggior parte di questi tempi noi non esistiamo; in alcuni esisti tu che leggi, ma non io che
scrivo; in altri io e non tu; in altri, entrambi. In questo tempo che un caso favorevole ci concede, hai
tra le mani un foglio scritto al computer; in un altro, l’intero lavoro è stato distrutto da un virus; in
1
un altro ancora, Planck ha sacrificato gli studi fisici all’amore per il pianoforte: in quell’universo la
10F
teoria dei quanti non esiste e (forse) non esisterà mai.
Max Planck (1858-1947), fisico tedesco e ideatore della teoria dei quanti. Fu anche ottimo pianista.
1 II.
Dopo tanta fatica (e circa 20 anni di storia della fisica) siamo finalmente giunti ad una
conclusione che può essere schematizzata come segue:
- fisica classica (Newton) = determinismo = è possibile studiare un fenomeno e prevederne il
comportamento;
- fisica quantistica = duplicità e probabilismo = è possibile studiare un fenomeno, ma non
sempre siamo in grado di prevederne il comportamento futuro o passato.
O, in termini ancora più semplici:
- la fisica classica è in grado di dare una risposta certa alle nostre domande (si/no);
- la fisica quantistica è in grado di dare solo risposte incerte che acquistano la loro certezza in
virtù dell’osservazione sperimentale.
E, fin qui, poco male: basta infatti eseguire il numero di misurazioni necessario per ottenere le
informazioni di cui abbiamo bisogno, rinunciando a prevedere con certezza gli stati fisici futuri
assunti dal sistema in esame. Tuttavia chi ci assicura che questi esperimenti siano sempre possibili?
principio di indeterminazione,
Con il suo forse l’aspetto più volgarizzato e universalmente noto
della teoria dei quanti, Werner Heisenberg risponde che no, non sempre è possibile ottenere le
informazioni che si desiderano. Oltre al consueto si/no, in fisica compare per la prima volta anche il
forse.
Si immagini una pallina che si muove su un tavolino da biliardo. Per riuscire a stabilirne, ad
esempio, la velocità e la posizione nello spazio (supponendo di possedere gli strumenti adeguati ad
un simile calcolo), il senso comune ci dice che “bisogna accendere la luce”, vale a dire occorre
“illuminare” l’oggetto con un’onda elettromagnetica (la luce, nel caso specifico) che ci permetta di
portare avanti l’osservazione. Finché ci occupiamo di oggetti macroscopici, non ci sono quindi
problemi, ma… per un elettrone? Come faccio a “vedere” un elettrone?
Dal momento che la lunghezza d’onda della radiazione impiegata deve essere ≤ della grandezza
λ
dell’oggetto in questione, dobbiamo ricorrere ai raggi gamma che, come noto, hanno ≤ 0.1 nm
- 10 18
f v,
(10 m) e, di conseguenza, frequenze ≥ 3 × 10 Hz (detta la velocità di propagazione
λ = v/f).
dell’onda, sussiste la relazione I fotoni che compongono il nostro fascio luminoso sono
= hf)
quindi particolarmente energetici (E e per effetto Compton interagiscono con l’elettrone,
perturbandone in modo imprevedibile il moto: in conclusione non è possibile prevedere
contemporaneamente la coppia di grandezze posizione-velocità (o, che è lo stesso, posizione-