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Sintesi
Italiano: Giovanni Pascoli

Inglese: Oscar Wilde (l'estetismo)

Diritto-sociologia: la cultura del progresso (con grafico personale)

Psicopedagogia: l'anziano e le problematiche dell'invecchiamento

Igiene: le malattie dell'anziano e la loro prevenzione

Musica: la musicoterapia
Estratto del documento

MAPPA CONCETTUALE e INDICE

-

INTRODUZIONE: Decadentismo e decadenza

-ITALIANO: Giovanni Pascoli

-ENGLISH: Oscar Wilde

-DIRITTO: Sociologia-la cultura del progresso

-PSICOPEDAGOGIA: L’anziano

-IGIENE E PUERICULTURA: Le malattie dell’anziano

-MUSICA: La musicoterapia

Col termine “decadente” ci si riferisce di solito a una struttura o un contesto che

videro il proprio apice nei tempi passati, e che allo stato attuale si presentano vecchi,

fuori moda, consunti e in rovina. Il termine ha radici latine e indica propriamente il

cadere, la stagnazione, il disfacimento dallo stato fiorente alla misera condizione; ma

può anche indicare la fase discendente di un ritmo sinusoidale e preannunciare quindi

una successiva fase di stabilizzazione e di espansione.

Per quanto riguarda il contesto storico, per "età del Decadentismo" si intende il

periodo che va dagli ultimi anni dell'Ottocento allo scoppio della prima guerra

mondiale: un’epoca di luci e ombre segnata da un’esponenziale espansione

dell’industria, della comunicazione e delle scienze contrapposta a forti crisi e grandi

tensioni internazionali, che tuttavia non esplosero immediatamente in conflitti diretti

com’era avvenuto in passato, bensì covarono sotto la cenere per sfociare poi nella

tragedia della Grande Guerra.

In campo letterario, “Decadentismo” designa invece quella corrente artistica nata in

Francia e sviluppata in tutta l’Europa tra gli anni Ottanta dell'Ottocento e il primo

decennio del Novecento. Si caratterizzò inizialmente con una reazione alla freddezza

del Positivismo, alle sue strutture rigide e alle sue costrizioni stilistiche, esasperando

gli aspetti del Romanticismo a discapito delle tendenze oggettive quali il Realismo e il

Verismo. Propugna una poetica schietta e sottile al contempo, tesa alla

contemplazione di un mondo di mistero e di sogno e all'espressione di una realtà

soggettiva. La poetica e la letteratura si impregnano di toni malinconici, di antichi

effetti stilistici applicati ai contenuti moderni, si volgono alla ricerca dell’ignoto e

all’introspezione. I protagonisti di questa corrente furono spesso osteggiati come

detrattori della scienza, mentre in realtà davano voce alla crisi sociale e interiore

dell’essere ponte fra il vecchio ed il nuovo, al fallimento dell’onnipotenza della

razionalità e a tutti i dubbi e le domande suscitate dall’avvento dell’età

contemporanea.

Infine, considerando il campo psicopedagogico, oggi tendiamo a sostituire

l’espressione “decadenza fisica e psicologica” col termine “modificazione”, ma è

innegabile che nell’anziano si riscontri una progressiva involuzione che lo conduce alla

fine dell’esistenza in modo inversamente proporzionale a quanto avvenuto nell’età

adolescenziale ed infantile.

E’ a parer mio molto interessante ravvisare queste analogie fra la crisi e la decadenza

individuale e quella sociale, considerandoli dal punto di vista storico, artistico e

psicologico; potremo così apprezzare come la de-cadenza non conduca

obbligatoriamente al termine e al fallimento di un percorso ma sia una sua preziosa

tappa.

-

La vita e le opere più conosciute

Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 Dicembre 1855. Perde il padre

in giovanissima età, vittima di un assassinio nel 1867, e in seguito la madre e tre dei

suoi fratelli. Tuttavia, il suo carattere forte e vivace gli consente di proseguire la

propria strada studiando a Firenze e diplomandosi nonostante lo status economico

negativo della famiglia. Si reca poi a Bologna, dove frequenta l’università e conosce

Carducci in qualità di insegnante. Nel 1877 si avvicina alla politica e al socialismo e

tiene dei comizi piuttosto incisivi, tanto da venire imprigionato per qualche giorno nel

carcere di Bologna. Si laurea in lettere nel 1882 e inizia a insegnare Greco e Latino nel

centro e sud Italia; nello stesso anno viene anche iniziato alla massoneria. Il 1891 è

l’anno del battesimo poetico, l’inizio della sua carriera, in cui scrive la prima edizione

Myricae.

della famosa raccolta In seguito vincerà infatti per tredici volte un concorso di

Il Fanciullino Poemi Conviviali

Amsterdam, e pubblicherà (1897), i (1904) e l’edizione

definitiva di Myricae (1903).

Intratterrà un’amicizia anche con D’Annunzio. Nonostante vivesse e insegnasse in

città, ama la campagna e riversa nelle sue liriche questa passione, derivatagli anche

dai ricordi dell’infanzia. Nel 1895 si trasferisce finalmente a Castelvecchio, località cui

I canti di Castelvecchio

dedicherà (l’edizione definitiva è del 1906).

Dal 1897 al 1903 insegna a Pisa e a Messina, poi a Bologna, e negli stessi anni

Odi e inni

pubblica dei volumi di analisi dantesca. Al 1906 risalgono anche le raccolte

Pensieri e Discorsi.

e Poemi Italici Poemi del

Nel 1911 torna a seguire il panorama politico: pubblica i e i

Risorgimento, e pronuncia a Barga il famoso discorso “La grande proletaria si è

mossa”.

Muore di cancro al fegato nel 1912, un tumore provocato probabilmente dall’abuso di

alcool.

Pur essendo famoso per la sua poesia, non dobbiamo dimenticare che Pascoli fu anche

un grande studioso classico e pubblicò molte opere in latino, soprattutto quelle

dedicate al certamen di Amsterdam.

-I temi

A causa della scomparsa prematura del padre, Giovanni Pascoli si trovò molto presto a

dover interpretare il ruolo dell’uomo di casa. Nonostante si fosse sradicato dal suo

ambiente d’origine per seguire la carriera accademica, la città non entrò mai nella

tematica delle sue composizioni, e il rapporto di forte e infantile intimità con le sorelle

ci fa comprendere come i lutti subiti abbiano lavorato sull’interiorità del poeta e ne

abbiano plasmato quell’inconscio dal quale sono scaturite le sue creazioni.

Quella di Pascoli è una poesia brillante, dalla metrica stretta ed elaborata ma dalle

ampie vedute, e certamente nella sua originalità segna l’inizio dello stile noto come

Decadentismo. I suoi temi sono contraddittori: da una parte vi è la dolcezza delle

atmosfere agresti e dall’altra la malinconia, la tristezza, il dolore e il rimpianto si

nascondono in ogni elemento naturale e fra le pietre di ogni casa, quasi che il mondo

ne sia intriso.

La rivoluzione del Pascoli consiste nell’aver aperto le porte alla poesia delle “piccole

cose”, utilizza un linguaggio diretto e termini forbiti misti a termini contadini; infonde

emotività nella quotidianità fino a permeare l’una dell’altra.

Si interessa anche di scienza, di psicologia (a questo proposito studia le opere di

Hartmann), di pedagogia e tutto ciò che concerne il “piccolo mondo”; ed è proprio

questa impostazione interiore a conferire alla sua poesia la sua purezza.

Rifiuta la razionalità del Positivismo e vive la poesia come un frutto dell’intuizione e

della fantasia, come nido che protegge dal mondo, come strumento d’espressione

dell’angoscia sottile che stringe il petto a tutti gli artisti. L’ultima fase della sua

produzione riguarda temi socio-politici, ma nonostante questo Pascoli resterà sempre

famoso come il Poeta Fanciullino, colui che condensa le abilità sognanti dell’infanzia,

l’intuizione dell’età adulta e la saggezza della vecchiaia in un testo fresco e rivelatore.

-Analisi di due poesie

La famosa lirica X Agosto, apparsa per la prima volta su un giornale del 1896, venne

Myricae,

poi inclusa nella quarta edizione di nella sezione Elegie. E’ forse la più sobria

e intensa poesia dedicata al padre, che fu ucciso proprio il giorno di San Lorenzo:

X AGOSTO

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l’aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto,

l’uccisero, cadde fra spini:

ella aveva nel becco un insetto,

la cena de’ suoi rondinini.

E ora è là come in croce che tende

quel verme a quel cielo lontano

e il suo nido è nell’ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero, disse: Perdono;

E restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono.

E ora là nella casa romita

l’aspettano, aspettano invano:

egli immobile, attonito addita

le bambole al cielo lontano.

E tu Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale;

oh! D’un pianto di stelle l’inondi

quest’atomo opaco del male.

In questa lirica dalla struggente bellezza Pascoli attua un abile gioco di

corrispondenze, appaiando il pianto degli uomini al pianto delle stelle, l’innocenza

della rondine uccisa a quella dell’uomo assassinato, il proprio straziante dolore per la

morte del padre al dolore del Cielo “infinito e immortale”. Nella loro piccolezza, questi

atti di crudeltà riflettono come un sasso lanciato nell’acqua del mondo tutta la

malvagità umana; la Terra diviene quindi un “atomo” (insignificante e minuscolo)

“opaco del male” (cioè refrattario alla luce del bene universale). La struttura metrica è

imperniata sull’alternanza di decasillabi e novenari, con la prima e l’ultima strofa che

si legano insieme sia dal punto di vista tematico (il pianto delle stelle) sia

grammaticale.

E’ fortemente riscontrabile una tematica cristiana, come si evince dalla rondine “come

in croce”, dall’invocazione iniziale a San Lorenzo e dall’uomo morente che perdona i

propri aguzzini; anche se in questo caso la morte degli innocenti non è sacrificio di

espiazione ma solo espressione di gratuita crudeltà.

La composizione non può quindi che lasciare un senso di profonda e armonica

tristezza, quasi fosse un tentativo di opporre alla ferocia degli eventi che si abbattono

sull’esistenza un’arte che li racchiude nella propria commovente coerenza.

Canti di Castelvecchio.

La lirica La mia sera proviene invece dai Si tratta di un

componimento che a prima lettura pare meno formale e più rilassato, ma nasconde

anch’esso un grande lavoro di metrica. Riguarda l’infanzia del poeta e i suoi ricordi

esposti in modo notevolmente sensoriale:

Il giorno fu pieno di lampi;

ma ora verranno le stelle,

le tacite stelle. Nei campi

c'è un breve gre gre di ranelle.

Le tremule foglie dei pioppi

trascorre una gioia leggiera.

Nel giorno, che lampi! che scoppi!

Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle

nel cielo sì tenero e vivo.

Là, presso le allegre ranelle,

singhiozza monotono un rivo.

Di tutto quel cupo tumulto,

di tutta quell'aspra bufera,

non resta che un dolce singulto

nell'umida sera.

E', quella infinita tempesta,

finita in un rivo canoro.

Dei fulmini fragili restano

cirri di porpora e d'oro.

O stanco dolore, riposa!

La nube nel giorno più nera

fu quella che vedo più rosa

nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!

Che gridi nell'aria serena!

La fame del povero giorno

prolunga la garrula cena.

La parte, sì piccola, i nidi

nel giorno non l'ebbero intera.

Nè io...che voli, che gridi,

mia limpida sera!

Don...Don...E mi dicono, Dormi!

mi cantano, Dormi! sussurrano,

Dormi! bisbigliano, Dormi!

là, voci di tenebra azzurra...

Mi sembrano canti di culla,

che fanno ch'io torni com'era...

sentivo mia madre...poi nulla...

sul far della sera.

Dal punto di vista metrico, le cinque strofe sono costituite da otto versi, di cui sette

novenari e un senario; la punteggiatura è alquanto originale e l’andamento ritmico

pare seguire il sole nella sua corsa verso il tramonto. E’ evidente l’analogia fra la sera

descritta dal Pascoli e la sera della sua vita, il suo avvicinarsi alla morte, che fra l’altro

sottolinea nel penultimo verso (“sentivo mia madre…poi nulla…”) citando la

scomparsa della madre. Il momento della morte è infatti quello in cui si fa una sorta di

sommario sulla propria esistenza, rimembrando vecchie sensazioni e tornando

all’origine (“canti di culla, che fanno ch’io torni com’era). La natura stessa diviene un

essere vivente dotato di emozioni, come in gran parte delle poesie pascoliane: “le

foglie dei pioppi trascorre una gioia leggera”, “singhiozza monotono un rivo”, le

campane che non vengono citate ma presentate col loro don…don “cantano” e

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