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Sintesi

Introduzione Crisi delle certezza tra fine '800 e inizio '900 tesina



La crisi di fine Ottocento si protrae fino al Novecento dove si percepisce soprattutto la perdita della fiducia nel progresso e nel positivismo. L'argomento che ho scelto di trattare nella mia tesina di maturità è la crisi delle certezze tra fine '800 e inizio '900. In particolare mi sono soffermata sulla questione dell'alienazione trattata da Karl Marx nei “Manoscritti economico filosofici del '44” e sulla crisi d'identità che riguarda l'uomo in relazione al suo rapporto con le macchine, di cui diventa succube e schiavo all'interno di una società deterministica e alienante.
I primi decenni del '900 sono dunque caratterizzati dalla perdita di quelle certezze e di quei valori che avevano contrassegnato la società industriale e la cultura ottocentesca. Intellettuali e artisti di questo periodo denunciano la perdita delle categorie tradizionali e del senso della vita individuale; l’idea di progresso inizia a subire una critica radicale nel campo letterario in Italia con Pirandello, Svevo e Montale e nel campo della filosofia con Nietzsche. L'illusione che la tecnologia e il progresso possano portare alla felicità viene spazzata via con la crisi del positivismo, la quale aveva segnato il fallimento della scienza, ritenuta dai positivisti come un infallibile mezzo di conoscenza della realtà. Essa infatti non era stata in grado di dare risposte riguardo le cause profonde dell'esistenza mettendo appunto in luce i limiti della conoscenza scientifica e della rappresentazione razionale e oggettiva della realtà.
Ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo antropologico smarrito, che scopre una realtà illusoria ed effimera; egli vive nel pieno di un'angoscia esistenziale e la sua essenza è all'interno di meccanismi che vanno a lacerare la sua individualità. Più che nell’antichità l’uomo contemporaneo si trova a vivere in situazioni dove è presente una crisi dei valori sociali o individuali. In questa mia tesina vorrei dunque mettere in evidenza la costante presenza di questo tema nella storia del pensiero filosofico, letterario e artistico, che affonda le sue radici nel '900, fino ad arrivare ai giorni nostri. Sono stata spinta a trattare questa tematica in quanto, alla luce della recente crisi economica mondiale, la ritengo estremamente attuale. In particolare siamo proprio noi giovani a vivere nell'incertezza del futuro; le nuove generazioni non hanno più modelli di riferimento solidi, validi ed universali e non sanno se troveranno un ruolo significativo che soddisfi le loro aspettative.

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Crisi delle certezza tra fine '800 e inizio '900 tesina



Filosofia: Schopenhauer, Karl Marx, Nietzsche.
Italiano:Luigi Pirandello.
Inglese: The age of anxiety, The Modern novel, Virginia Woolf.
Arte:Paul Gauguin, Edvard Munch, Renè Magritte .
Estratto del documento

Percorso proposto

Filosofia

Shopenhauer: “Il mondo come volontà e rappresentazione”

 Karl Marx: il tema dell' alienazione nei “Manoscritti economico-filosofici”(1844)

 Il nichilismo di Nietzsche: ''La morte di Dio'' aforisma 125 della “Gaia scienza”

 Passaggio tratto dall'opera “Al di là del bene o del male” di Nietzsche

Italiano

Luigi Pirandello

“Uno nessuno e centomila”: la crisi d'identità dell' uomo moderno (analisi)

 '' I quaderni di Serafino Gubbio operatore'' e il tema uomo-macchina (analisi)

Inglese

The age of anxiety

 The Modern novel

 Mrs Dalloway and Clarissa's party by Virginia Woolf

Quadri relativi alla crisi esistenziale dell'uomo:

Paul Gauguin: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”

 Edvard Munch: “Sera sul viale di Karl Johan”

 Renè Magritte : “La riproduzione vietata

 “Il doppio segreto”

Premessa

La crisi di fine Ottocento si protrae fino al Novecento dove si percepisce soprattutto la

perdita della fiducia nel progresso e nel positivismo.

L'argomento che ho scelto di trattare nella mia “tesi di maturità” è la crisi delle certezze tra

fine '800 e inizio '900. In particolare mi sono soffermata sulla questione dell'alienazione

trattata da Karl Marx nei “Manoscritti economico filosofici del '44”e sulla crisi d'identità

che riguarda l'uomo in relazione al suo rapporto con le macchine, di cui diventa succube e

schiavo all'interno di una società deterministica e alienante.

I primi decenni del '900 sono dunque caratterizzati dalla perdita di quelle certezze e di quei

valori che avevano contrassegnato la società industriale e la cultura ottocentesca.

Intellettuali e artisti di questo periodo denunciano la perdita delle categorie tradizionali e

del senso della vita individuale; l’idea di progresso inizia a subire una critica radicale nel

campo letterario in Italia con Pirandello, Svevo e Montale e nel campo della filosofia con

Nietzsche. L'illusione che la tecnologia e il progresso possano portare alla felicità viene

spazzata via con la crisi del positivismo, la quale aveva segnato il fallimento della scienza,

ritenuta dai positivisti come un infallibile mezzo di conoscenza della realtà. Essa infatti

non era stata in grado di dare risposte riguardo le cause profonde dell'esistenza mettendo

appunto in luce i limiti della conoscenza scientifica e della rappresentazione razionale e

oggettiva della realtà.

Ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo antropologico smarrito, che scopre una realtà

illusoria ed effimera; egli vive nel pieno di un'angoscia esistenziale e la sua essenza è

all'interno di meccanismi che vanno a lacerare la sua individualità.

Più che nell’ antichità l’uomo contemporaneo si trova a vivere in situazioni dove è presente

una crisi dei valori sociali o individuali. In questo mio percorso vorrei dunque mettere in

evidenza la costante presenza di questo tema nella storia del pensiero filosofico, letterario e

artistico, che affonda le sue radici nel '900, fino ad arrivare ai giorni nostri. Sono stata

spinta a trattare questa tematica in quanto, alla luce della recente crisi economica mondiale,

la ritengo estremamente attuale. In particolare siamo proprio noi giovani a vivere

nell'incertezza del futuro; le nuove generazioni non hanno più modelli di riferimento solidi,

validi ed universali e non sanno se troveranno un ruolo significativo che soddisfi le loro

aspettative. KARL MARX (1818-1883)

I profondi cambiamenti portati nell’Ottocento dallo sviluppo dell’ industrializzazione e di un

sistema economico di tipo capitalistico, pur portando un generale aumento della ricchezza

sconvolsero gli equilibri e le tradizioni radicate nei secoli precedenti. Il lavoratore ora si trova a

compiere un lavoro monotono, scarsmente gratificante dal quale viene “alienato”. A studiare

questo fenomeno per la prima volta a livello filosofico ma soprattutto economico e politico fu il

filosofo tedesco Karl Marx.

Secondo Hegel l' alienazione è il momento dialettico neccessario per la vita dello spirito in cui l'

idea da in sé (tesi) diventa fuori di sé, quindi è vista in modo positivo.

In Feuerbach invece l' alienazione è vista in modo negativo poiché l'uomo ha proiettato le proprie

caratteristiche fuori di sé in un ente divino, rimanendo estraneo a sé stesso. Essa è il processo

tramite il quale l' uomo aliena la propria essenza nella divinità, sottomettendosi ad essa.

Dal punto di vista di Marx l' alienazione va invece colta nel processo che si verifica nel sistema di

produzione capitalistico.

Karl Marx,Manoscritti economico-filosofici(1844)

L’alienazione

Karl Marx nei “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, tratta delle quattro forme di alienazione

di cui è soggetto l'operaio.

La prima forma di alienazione riguarda il prodotto del lavoro dell'operaio il quale si realizzerebbe

nei beni che produce. Questi però gli vengono sotratti dal capitalista, il quale incrementa la sua

ricchezza, contrariamente all' operaio il quale diviene sempre più impotente. 1

[...]Certamente il lavoro produce meraviglie per i ricchi, ma produce lo spogliamento dell'operaio.

Produce palazzi, ma caverne per l'operaio. Produce bellezza, ma deformità per l'operaio. Esso

sostituisce il lavoro con le macchine, ma respinge una parte dei lavoratori ad un lavoro barbarico,

e riduce a macchine l'altra parte.[...] da K. Marx, Manoscritti economico-filosofici(1844) pag 70]

La seconda forma di alienazione riguarda l'attività lavorativa; l'uomo si riduce a condurre una vita

da bestia (mangiare e procreare). L'operaio è alienato dalla propria attività lavorativa, in quanto il

suo lavoro non è più libero e creativo come quello dell'artigiano, ma si svolge come attività

ripetitiva della catena di montaggio.

[...] Il risultato è che l'uomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali,

nel mangiare, nel bere e nel generare, tutt'al più nell'aver una casa, nella sua cura corporale ecc.,

e che nelle sue funzioni umane si sente solo più una bestia. Il bestiale diventa l'umano e l'umano il

bestiale. [ ... ] da K. Marx,Manoscritti economico-filosofici(1844) pag 72

La terza forma di alienazione è nei confronti dell' essenza dell'uomo; quest' ultimo si identifica nel

lavoro, un lavoro di catena di montaggio, che non è dunque qualificante ma è forzato e ripetitivo.

[..]il lavoro resta esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, e che l'operaio quindi non

si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente appagato ma infelice, non svolge alcuna libera

energia fisica e spirituale, bensì mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito. L'operaio si sente

quindi con se stesso soltanto fuori del lavoro, e fuori di sé nel lavoro. Il suo lavoro non è

volontario, bensì forzato, è lavoro costrittivo[...]da K. Marx, Manoscritti economico-

filosofici(1844) pag 76

L'ultima forma di alienazione è nei confronti del prossimo; il sistema produttivo pone l'uomo in una

condizione conflittuale nei confronti del capitalista ma anche nei confronti degli altri operai, contro

i quali si trova a competere.

Anche nel “Capitale” Marx tratta dell'alienazione massima. Egli sostiene che non sia più l'uomo a

controllare le macchine ma siano le macchine a dominare l' uomo. Da una parte assistiamo ad una

vera e propria personificazione delle macchine e d' altra parte alla reificazione dell' uomo, il quale si

riduce a oggetto perdendo la propria identità e soggettività. 2

ARTHUR SCHOPENHAUER (1788-1860)

Il Mondo come Volontà e Rappresentazione (1818)

Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la distinzione kantiana tra il fenomeno, ovvero

ciò che appare, e il noumeno ovvero la cosa in sè. Secondo Kant il fenomeno coincide con qualcosa

di certo che esiste; Schopenhauer al contrario sostiene che il fenomeno sia un sogno, una pura

illusione ovvero “velo di Maya”. La volontà concide dunque con il noumeno, d' altra parte la

rappresentazione con il fenomeno.

Mondo come rappresentazione:

Schopenhauer sostiene che l'uomo percepisce il mondo mediante i sensi ma questi sono

ingannevoli, infatti anche la rappresentazione che cogliamo dell’ uomo è falsa, in quanto è “un

breve sogno della specie”.

Mondo come volontà

L'uomo guardandosi dentro si coglie come volontà. Schopenhauer sostiene “l' io voglio dunque

sono” (ich möchte also bin ich). La nostra identità ci è data dal fatto che ci autocogliamo come

brama di vivere e capiamo che i nostri bisogni sono guidati dalla wille. Il nostro corpo svolge un

ruolo di mediazione utile per arrivare ad un' autoconsapevolezza.

Esso è visto come:

1) oggetto; ovvero l'uomo si coglie oggetto tra gli oggetti, quindi ha un' idea falsa di sé stesso,

in quanto rappresentazione.

2) soggeto, ovvero l'uomo si coglie come soggetto agente dei propri stati volitivi, quindi è

consapevole di essere volontà ma ignora chi è questo io che vuole.

L'uomo si trova all' apice della piramide cosmica poiché è autocosciente di essere volontà e dell'

insensato che corrisponde all' esistente. Diversamente dagli animali è dunque infelice perchè

consapevole della sua insignificanza. 3

Tolto il velo di maya, ovvero eliminata la rappresantazione e colta la volontà,scopriamo che il

mondo è volontà, una cieca spinta irrazionale che non si cura della felicità degli individui, i quali

sono quindi dominati da un dolore ontologico, ovvero inscritto in tutti gli enti esistenti.

"[…] cresce il soffrir arrivando al grado supremo nell’uomo; qui anzi è desso tanto più violento in

quanto l’uomo è dotato di una coscienza più lucida, d’una intelligenza più alta: colui nel quale sta

il genio è sempre quegli che soffre maggiormente". [da A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e

rappresentazione]

Il mondo, quindi, diventa un teatro dell’illogico, non esiste alcun dio, non c’è alcuna finalità ma

solamente un meccanismo esterno ai bisogni dell’uomo. Ne consegue la sofferenza dell' uomo,

consapevole della sua precarietà. La critica all’ottimismo cosmico, sociale e storico è inevitabile:

l’unico scopo dell’uomo è quello di perpetuare la specie.

CRITICA ALL' OTTIMISMO COSMICO, SOCIALE E STORICO

Schopenhauer si distacca dalle filosofie precedenti e da coloro i quali negano la crudeltà del mondo.

Contro l'ottimismo cosmico:

Il filosofo si distacca da Leinbiz, secondo il quale l'uomo vivrebbe nel miglire dei mondi possibili.

Schopenhauer vede invece la vita come un' esplosione di forze irrazionali, un vero e proprio teatro

della sopraffazione, arrivando alla conclusione che l'uomo vive nel peggiore dei mondi possibili.

“Se un dio ha fatto questo mondo, non vorrei essere quel dio: l'estrema miseria del mondo mi

dilanierebbe il cuore” cit Arthur Schopenhauer

Contro l'ottimismo sociale :

Il filosofo si distacca dalla tesi della bontà e della socievolezza dell'uomo, sostenuta da Locke.

Schopenhauer sostiene che se si va oltre le illusioni cogliamo il conflitto e la sopraffazione

reciproca. Nel cuore dell' uomo vi è una belva pronta a scatenarsi appena viene a meno la maschera

della bontà. “Bellum omnium contra omnes” "l' uomo è l' unico animale che fa soffrire gli altri al

solo scopo di far soffrire.

Se gli uomini vivono in comunità, ripete Schopenhauer riprendendo Hobbes, non è per simpatia o

congenita socievolezza, ma soprattutto per bisogno e per paura. 4

Lo Stato con le sue leggi è stato eretto non tanto per un' intrinseca eticità dell' uomo , ma solo per la

necessità di difendersi e di regolamentare gli istinti aggressivi degli individui

Le disgrazie altrui provocano soddisfazioni al nostro egoismo

 Ogni vantaggio del prossimo ci irrita

 Gli uomini vivono insieme solamente per timore “Homo homini lupus”

 Contro l'ottimismo storico:

L'ottimismo storico caratterizza non solo l' idealismo romantico , ma tutta la cultura dell' 800.

Schopenhauer critica tutti coloro che pensano la storia come progresso. Secondo il filosofo la storia

non studia l'universale ma il particolare e la subordina all'arte e alla filosofia.

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