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Introduzione Campi di Concentramento, tesina
La seguente tesina di maturità tratta del tema dei campi di concentramento. La tesina abbraccia anche i seguenti argomenti nella varie discipline scolastiche: la risiera di san Sabba in Storia; Primo Levi in Italiano; Se questo è un uomo in Letteratura; centrale idroelettrica in Elettrotecnica; regolatori pid in Sistemi; hydro power plant in Inglese; funzioni in Matematica; Olimpiadi 1936 in Ed. Fisica.
Collegamenti
Campi di Concentramento, tesina
STORIA - LA RISIERA DI SAN SABBA
ITALIANO - PRIMO LEVI
LETTERATURA - SE QUESTO E’ UN UOMO
ELETTROTECNICA - CENTRALE IDROELETTRICA
SISTEMI - REGOLATORI PID
INGLESE - HYDRO POWER PLANT
MATEMATICA - FUNZIONI
EDUCAZIONE FISICA - OLIMPIADI 1936
PAGINA 2 INDICE
PAGINA 3 PRESENTAZIONE
PAGINA 4 LA RISIERA DI SAN SABBA
PAGINA 9 PRIMO LEVI
PAGINA 11 SE QUESTO E’ UN UOMO
PAGINA 13 CENTRALE IDROELETTRICA
PAGINA 18 REGOLATORI PID
PAGINA 22 HYDRO POWER PLANT
PAGINA 24 FUNZIONI
PAGINA 26 OLIMPIADI 1936 2
STORIA
La Risiera Di San
Sabba. 3
LA RISIERA DI SAN SABBA
Nell'estate 1943 l'Italia fascista, dopo tre anni di guerra a fianco della Germania
nazista, in base agli obblighi del micidiale "patto d'acciaio", ha ormai collezionato una
serie di disfatte militari in Grecia, in Libia, in Russia dovute alla carenza degli
armamenti, all'incapacità dei comandi, all'impreparazione dei quadri e alla mancanza
dell'addestramento degli uomini. Il paese è stremato. Quando il nuovo governo
italiano, non più fascista, dopo aver protestato la sua fedeltà all'alleanza, mentre
avviava segretamente trattative di pace separata con gli Alleati, l'8 settembre 1943 il
maresciallo Badogliocapo del governo successo a Mussoloni, firmava un armistizio
scatenando il caos, 22 divisioni naziste erano già dislocate in Italia per poter tenere in
pugno la situazione. Hitler accorpò al Terzo Reich dei territori italiani che a suo tempo
avevano fatto parte del disciolto impero austroungarico. Si trattava delle province di
Bolzano e Belluno che vennero affidate alla competenza del Gauleiter Franz Hofer,
mentre le province di Udine, Gorizia, Trieste, Fiume e Pola, vennero a trovarsi sotto
l'autorità del Gauleiter della Carinzia, Friedrich Rainer. La zona di Lubiana fu affidata
al suo collega Erwin Rösser. I tre Alti commissari, godendo di larga autonomia, furono
investiti di pieni poteri su tutte le strutture amministrative, politiche, giurisdizionali delle
rispettive aree di competenza e rispondevano del loro operato solo, esclusivamente e
direttamente a Berlino, la sovranità italiana fù "momentaneamente sospesa". Rainer
fissava la propria sede a Trieste e con due ordinanze, il 22 ottobre e il 12 novembre,
faceva sapere alla popolazione che le leggi italiane erano abrogate, vigeva da quel
momento solo la legge nazista, A capo dei vari uffici delle amministrazioni degli enti
locali vennero chiamati uomini del ricostituito partito fascista, peraltro affiancati da
"consiglieri" nazisti. Mentre il generale Kübler assumeva il comando di tutte le forze
armate di stanza nel territorio, Himmler nominava Odilio Lotario Globocnick capo
supremo delle varie polizie. Costui, nativo di Trieste (madre ungherese e padre
sloveno) conosceva i luoghi, le usanze, le lingue locali. Nel suo foglio matricolare era
registrato come comandante di una delle quattro formazioni speciali delle SS, create
col compito specifico di garantire la sicurezza alle spalle dei reparti combattenti sul
fronte dell'Est, "ripulendo" città e villaggi della Polonia e dell'Ucraina dalla popolazione
4
civile, soprattutto ebraica. In altre parole, massacrando uomini, donne e bambini
inermi col falso scopo delle esigenze militari delle operazioni in corso.A Trieste
Globocnick prese possesso del Palazzo di Giustizia, per trasferire poi la sua base
operativa in un complesso di edifici in disuso che era stato, a suo tempo, sede della
“Premiata pilatura di riso triestina” della ditta Ziffer, nel rione di San Sabba. Il grande
complesso di edifici dello stabilimento per la pilatura del riso – costruito nel 1898 nel
periferico rione di San Sabba – venne dapprima utilizzato dall’occupatore nazista
come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’8 settembre
1943. Verso la fine di ottobre, esso venne strutturato come Polizeihaftlager (Campo di
detenzione di polizia), destinato sia allo smistamento dei deportati in Germania e in
Polonia e al deposito dei beni razziati, sia alla detenzione ed eliminazione di ostaggi,
partigiani, detenuti politici ed ebrei. Nel sottopassaggio, il primo stanzone posto alla
sinistra di chi entra era chiamato “cella dellA morte”
Qui venivano
ammassati i
prigionieri tradotti
dalle carceri o
catturati in
rastrellamenti e
destinati ad essere
uccisi e cremati nel
giro di poche ore. Secondo testimonianze, spesso venivano a trovarsi assieme a
cadaveri destinati alla cremazione.
Proseguendo sempre sulla sinistra, si trovano, al pianterreno dell’edificio troviamo
le 17 micro-celle in ciascuna delle quali venivano ristretti fino a sei prigionieri:
Tali celle erano
riservate 5
particolarmente ai partigiani, ai politici, agli ebrei, destinati all’esecuzione a distanza
di giorni, talora settimane. Queste celle erano delle piccole stanze con una porta di
legno con una fessura circolare " SFOGO "di luce e di aria. Da varie testimonianze
si scoprìì che questi "sfoghi " venivano aperti dai militari e a volte rimanevano chiusi
a causa di esigenze militari. Le due prime celle venivano usate a fini di tortura o di
raccolta di materiale prelevato ai prigionieri: vi sono stati rinvenuti, fra l’altro,
migliaia di documenti d’identità, sequestrati non solo ai detenuti e ai deportati, ma
anche ai lavoratori inviati al lavoro coatto. Le porte e le pareti di queste anticamere
della morte erano ricoperte di graffiti e scritte: l’occupazione dello stabilimento da
parte delle truppe alleate, la successiva trasformazione in campo di raccolta di
profughi, sia italiani che stranieri, l’umidità, la polvere, l’incuria – in definitiva – degli
uomini hanno in gran parte fatto sparire graffiti e scritte.
Nel successivo edificio a quattro piani venivano rinchiusi, in ampie camerate,detta
anche sala delle croci gli ebrei e i prigionieri civili e militari destinati per lo più alla
deportazione in Germania: uomini e donne di tutte le età e bambini anche di pochi
mesi. Da qui
finivano a Dachau,
Auschwitz,
Mauthausen, verso
un tragico destino
che solo pochi
hanno potuto
evitare.
A favore di cittadini
imprigionati nella Risiera – ed in particolare dei cosiddetti “misti” (ebrei coniugati
con cattolici) – intervenne direttamente presso le autorità germaniche il vescovo di
Trieste, mons. Santin, in alcuni casi con successo (liberazione di Giani Stuparich e
famiglia), ma in altri senza alcun esito (Pia Rimini).
Nel cortile interno, proprio di fronte alle celle, sull’area oggi contrassegnata dalla
piastra metallica, c’era l’edificio destinato alle eliminazioni – la cui sagoma è ancora
6
visibile sul fabbricato centrale – con il forno crematorio. L’impianto, al quale si
accedeva scendendo una scala, era interrato. Un canale sotterraneo, il cui
percorso è pure segnato dalla piastra d’acciaio, univa il forno alla ciminiera.
Sull’impronta metallica della ciminiera sorge oggi una simbolica Pietà costituita da
profilati metallici a
segno della spirale
di fumo che usciva
dal camino.
Dopo essersi
serviti, nel periodo
gennaio – marzo
1944, dell’impianto
del preesistente
essicatoio, i nazisti
lo trasformarono in
forno crematorio, in grado di incenerire un numero maggiore di cadaveri, secondo il
progetto dell’”esperto” Erwin Lambert, che già aveva costruito forni crematori in
alcuni campi di sterminio nazisti in Polonia. Questa nuova struttura venne
collaudata il 4 aprile 1944, con la cremazione di settanta cadaveri di ostaggi fucilati
il giorno prima nel poligono di tiro di Opicina.
L’edificio del forno crematorio e la connessa ciminiera vennero distrutti con la
dinamite dai nazisti in fuga, nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945, per eliminare le
prove dei loro crimini, secondo la prassi seguita in altri campi al momento del loro
abbandono. Tra le macerie furono rinvenute ossa e ceneri umane raccolte in tre
sacchi di carta, di quelli usati per il cemento.
Sul tipo di esecuzione in uso, le ipotesi sono diverse e probabilmente tutte fondate:
gassazione in automezzi appositamente attrezzati, colpo di mazza alla nuca o
fucilazione. Non sempre la mazzata uccideva subito, per cui il forno ingoiò anche
persone ancora vive. Fragore di motori, latrati di cani appositamente aizzati,
musiche, coprivano le grida ed i rumori delle esecuzioni.
L’edificio oggi adibito al culto, senza differenziazione di credo religioso, nel 7
fabbricato centrale stazionavano anche i neri furgoni, con lo scarico collegato
all’interno, usati probabilmente per la gassazione delle vittime.
Quante sono state le vittime?
Calcoli effettuati sulla scorta delle testimonianze danno una cifra tra le tre e le
cinquemila persone soppresse in Risiera. Ma in numero ben maggiore sono stati i
prigionieri e i ”rastrellati” passati dalla Risiera e da lì smistati nei lager o al lavoro
obbligatorio.
PRIMO LEVI 8
Nasce il il 31 luglio 1919 a Torino, da Cesare e da Ester Luzzati che si erano
sposati nel 1917, di discendenza ebraica: gli antenati provenivano dalla Spagna e
dalla Provenza;. Nel 1921 nasce la sorella Anna Maria, cui resterà legatissimo per
tutta la vita. L'infanzia non è molto felice, perché cagionevole di salute. Nel 1934 si
iscrive al Ginnasio-Liceo D'Azeglio di Torino, celebre perché vi insegnavano docenti
illustri e oppositori del Fascismo, alcuni dei quali saranno noti per l'apporto dato alla
cultura italiana (Umberto Cosmo e Norberto Bobbio, e molti altri): gli studi liceali
sono diligenti e sereni, condotti senza particolarmente distinguersi, al di là di una
certa predilezione per la chimica e la biologia che seguirà presso la facoltà di
Scienze dal 1937 dopo aver superato gli esami di stato di quell'anno a ottobre
perché era stato rimandato in italiano. Mentre frequenta l'Università, il governo
fascista emana (1938) le leggi razziali, che impediscono ai giovani ebrei di
frequentare. Nel 1941 presso l'Università di Torino, si laurea in chimica "summa
cum laude". Per ragioni di lavoro, nel 1942 è costretto a trasferirsi a Milano. Nel
1943 si rifugia sulle montagne sopra Aosta, unendosi ad altri partigiani, però viene
quasi subito catturato dalla milizia fascista e un anno dopo internato nel campo di
concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz. Viene
liberato il 27 Gennaio 1945 in occasione dell'arrivo dei Russi al campo di Buna-
Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell'ottobre. Nel 1947 pubblica Se
questo è un uomo ripubblicato anche nel 1954. quale vince il Premio Campiello per
la seconda volta e infine nel 1986 I Sommersi e i Salvati. Muore suicida l'11 Aprile
1987. 9
SE QUESTO E' UN UOMO 10
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Se questo è un uomo, è un'opera memorialistica di Primo Levi scritto tra il dicembre
1945 ed il gennaio 1947. Rappresenta la coinvolgente ma meditata testimonianza
di quanto vissuto dall'autore nel campo di concentramento di Auschwitz. Levi
sopravvisse infatti, alla deportazione nel campo di Monowitz - lager satellite del
complesso di Auschwitz
<<Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no. »
Sono questi alcuni dei versi introduttivi del romanzo, ispirati all'antica preghiera
dello Shemà (preghiera della liturgia ebraica). Il testo venne scritto non per
muovere accuse ai colpevoli, ma come testimonianza di un avvenimento storico e
tragico. Lo stesso Levi diceva testualmente che il libro era nato fin dai giorni di
lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi ed è
11
scritto per soddisfare questo bisogno. L'opera, durante la sua genesi, fu comunque
oggetto di rielaborazione. Al primo impulso da parte di Levi, quello di testimoniare
l'accaduto, seguì un secondo, mirato a elaborare l'esperienza vissuta, il che