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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Camorra. Tra ieri ed oggi, cos'è cambiato?

Autore: Buzzoni Mirko

Scuola: Istituto commerciale

Materie trattate: Storia (unificazione d'Italia), Diritto (associazioni non profit), Economia (Bilancio)

Area: umanistica

Descrizione: MAFIA" è un termine diffuso ormai a livello mondiale con cui ci si riferisce ad una particolare tipologia d'organizzazione criminale. Le analisi moderne del fenomeno la considerano, prima ancora che un organismo delittuoso, una "organizzazione di potere"; ciò evidenzia come la sua principale garanzia d'esistenza non stia tanto nei proventi delle attività  illegali, quanto nelle alleanze e collaborazioni con funzionari dello Stato, in particolare politici, nonché del supporto di certi strati della popolazione.

L'ETIMOLOGIA non chiarisce con sicurezza l'origine del nome "mafia", in quanto priva di testi specifici e ricca d'interpretazioni più o meno verificabili o realistiche. La radice potrebbe dipendere dalla dominazione araba nelle regioni italiane meridionali, avvenuta tra il nono e l'undicesimo secolo. La parola "Ma Hias", significante "spacconeria", veniva per esempio utilizzata per indicare la tracotanza di una piccola associazione segreta di malfattori avente il medesimo nome. Nell'arabo parlato, l'espressione "Ma fi-ha" esprime "non c'è" o "non esiste", mentre con "mu'afak" s'intende "protezione dei deboli". La storia delle mafie che imperversano nel nostro Paese da secoli insegna come le congreghe malavitose si proponessero, durante l"800, secolo del loro massimo splendore, come società  invisibili dedite alla protezione della popolazione, i cui bisogni erano completamente ignorati dalla dinastia borbonica e da quella piemontese anche dopo l'Unità  d'Italia. Nulla ha invece a che vedere la toscana "maffia", usata per indicare la miseria.

Bibliografia: Ciconte E.(2008), "Ndrangheta, prima edizione. Soveria Mannelli (Catanzaro), Robbettino De Stefano B. (2007), I boss della camorra, prima edizione. Ariccia (Roma), Newton Compton editori Longo M. (1997), Sacra Corona Unita, storia, struttura, rituali, prima edizione. Lecce, Pensa Multimedia (Generazioni, 1) Marino G. (2006), I padrini, seconda edizione. Ariccia (Roma), Newton Compton editori Marino G. (2009), Storia della mafia, terza edizione. Ariccia (Roma), Newton Compton editori (Universale Storica Newton, 62) Paliotti, V. (2006), Storia della camorra, seconda edizione. Ariccia (Roma), Newton Compton editori Raab S. (2009), Le famiglie di cosa nostra, prima edizione, Trad. di M. Bianchi Oddera. Ariccia (Roma), Newton Compton editori (Universale Storica Newton, 76) [tit. orig. Five Families] Saviano R. (2006), Gomorra, prima edizione. Milano, Mondadori www.altalex.com www.brigantaggio.net www.camera.it www.corriere.it www.crimeblog.it www.libera.it www.liberainformazione.org www.liberaterra.it www.narcomafie.it www.yahoo.

Estratto del documento

CAMORRA NAPOLETANA

- ANALISI STRUTTURALE DEL FENOMENO MAFIOSO CAMPANO -

Le differenze, tra la setta dell’Ottocento e l’organizzazione del Nuovo Millennio

Tesina di Mirko Buzzoni

Cl. 5^CE

Esame di Maturità 2008 / 2009

Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Periti Aziendali “Gaetano Salvemini”

Casalecchio di Reno, Bologna

“MAFIA” è un termine diffuso ormai a livello mondiale con cui ci si riferisce ad una particolare tipologia

d’organizzazione criminale. Le analisi moderne del fenomeno la considerano, prima ancora che un organismo

delittuoso, una "organizzazione di potere"; ciò evidenzia come la sua principale garanzia d’esistenza non stia

tanto nei proventi delle attività illegali, quanto nelle alleanze e collaborazioni con funzionari dello Stato, in

particolare politici, nonché del supporto di certi strati della popolazione.

L’ETIMOLOGIA non chiarisce con sicurezza l’origine del nome “mafia”, in quanto priva di testi specifici e

ricca d’interpretazioni più o meno verificabili o realistiche.

La radice potrebbe dipendere dalla dominazione araba nelle regioni italiane meridionali, avvenuta tra il nono

Hias”, significante “spacconeria”, veniva per esempio utilizzata per in-

e l’undicesimo secolo. La parola “Mā

dicare la tracotanza di una piccola associazione segreta di malfattori avente il medesimo nome. Nell’arabo

parlato, l’espressione “Mā fī-ha” esprime “non c’è” o “non esiste”, mentre con “mu'afak” s’intende “prote-

zione dei deboli”. La storia delle mafie che imperversano nel nostro Paese da secoli insegna come le congre-

ghe malavitose si proponessero, durante l‘800, secolo del loro massimo splendore, come società invisibili de-

dite alla protezione della popolazione, i cui bisogni erano completamente ignorati dalla dinastia borbonica e

da quella piemontese anche dopo l’Unità d’Italia. Nulla ha invece a che vedere la toscana “maffia”, usata per

indicare la miseria.

La Repubblica Italiana, nel proprio ordinamento, riconobbe l’esistenza di associazioni di tipo mafioso diffe-

legge 646/82, 416

renziandole dalle associazioni a delinquere ordinarie solo nel 1982. Con la l’Art. del codi-

416-bis.

ce penale fu arricchito con l’Art. Vale la pena riprodurli integralmente.

Art. 416.

Associazione per delinquere

Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono

od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.

Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.

Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie si applica la reclusione da cinque a quindici anni.

La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.

Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, si applica la reclusione

da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo

comma.

Art. 416-bis.

Associazione di tipo mafioso

Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da

sette a dodici anni.

Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da nove

a quattordici anni.

L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del

vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per

acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di

autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di

impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni e-

lettorali.

Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal primo

comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma.

L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità

dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o

in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un

terzo alla metà.

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a com-

mettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmen-

te denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi

corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

Tale quadro normativo, quindi, indica alcune delle caratteristiche strutturali dell’associazione di tipo mafioso,

le quali possono essere così sintetizzate:

una certa tipicità dei delitti-fine della consorteria;

- la frequenza di rapporti (non strettamente giustificati) tra i vari consociati;

- l’accollo di spese giudiziarie da parte della cosca;

- i “comparaggi” emblematici;

- la saldezza del vincolo associativo;

- il “rispetto” nei confronti dei capi;

- il “rispetto” del vincolo gerarchico;

- il “rispetto” delle zone di influenza;

- l’immediatezza (ove possibile) e comunque pubblicità del momento sanzionatorio, conseguente

- alla violazione delle “regole di vita”;

l’assoluta segretezza del vincolo associativo;

-

- l’interscambio dei servizi tra le cosche.

Secondo un’analisi meno formale, ma non per questo meno scrupolosa o attendibile, ciò che distingue

un’associazione mafiosa dalla criminalità ordinaria è la presenza dei quattro i cosiddetti “pilastri strutturali”:

Pilastro GERARCHICO

- Pilastro ECONOMICO

- Pilastro ISTITUZIONALE

- Pilastro SOCIALE

-

pilastro GERARCHICO

Il fa riferimento alla gerarchia dell’associazione, che si propone come una struttu-

ra piramidale. Ad essa, le mafie più recenti hanno accostato una morfologia piatta, formata da più celle

d’organizzazione indipendenti che si configurano in molteplici micro-gerarchie: ne sono un esempio le fami-

glie di Cosa Nostra..

pilastro ECONOMICO

Il riunisce l’influenza mafiosa nelle attività legali ed illegali. Alla riscossione delle

tangenti, al traffico di droga e prostituzione, alla pratica dell’usura e dell’estorsione, si affiancano, infatti,

fonti di reddito maturato presso aziende regolari, la cui gestione è indirizzata, per volere o costrizione, verso

impieghi illeciti.

pilastro ISTITUZIONALE

Il esprime la capacità delle cosche di porre radici nell’amministrazione pubbli-

ca, stringendo alleanze con cariche politiche od infiltrandosi in comuni e province fino ad infettare organi

volitivi di rilevanza nazionale.

pilastro SOCIALE

Il è la forza mafiosa più antica, ma non va banalizzata né ridotta all’omertà. Anzi, la

comparsa nei secoli scorsi di Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta è giustificata innanzi tutto dall’appoggio

della popolazione locale, stanca di subire soprusi e di governi incuranti delle sue necessità. Non è cambiato

molto: dietro le tangenti, ancor oggi, sono garantiti privilegi, soprattutto ad imprese e personalità pubbliche.

Una mafia privata dei “pilastri strutturali” non è mafia.

Una popolazione tutelata, fiduciosa ed istruita non ne cade vittima.

italiano”:

“Cancro il significato è palese.

Tuttavia, utilizzare metafore o paragoni per descrivere le associazioni mafiose può rivelarsi un’arma a dop-

pio taglio. Oltre all’immagine figurativa di una malattia incurabile e sempre pronta a riemergere, identificare

un problema con un simbolo non fa che accrescere il disagio provato per il problema stesso, senza considera-

re la rischiosa miticizzazione dei soggetti che ne fanno parte. Le associazioni mafiose sono in realtà ciò che

appaiono: gruppi di numerosi uomini e donne, affiliati secondo le più varie scale gerarchiche, che mirano al

controllo economico, politico e sociale di aree sempre più vaste, ora nazionali, ora globali, tramite anche la

collaborazione di mafie straniere. Essendo formate da persone, prima che d’armi e minacce, dovrebbe essere

possibile impedire lo sviluppo di fenomeni tanto vicini quanto apparentemente lontani dalla quotidianità: c’è

la legge, se fosse uguale per tutti, c’è l’informazione, se fosse sterile di politica ed incompetenza, c’è

l’istruzione, se arrivasse anche alle menti giovani che per prime cadono nel tranello delle strade facili.

Perché è quindi così difficile liberarsi dalle mafie? E’ davvero impossibile smantellarne i poteri?

Per capire come questi siano radicati in ogni fibra delle associazioni malavitose occorre iniziare dal passato,

per poi osservare i cambiamenti avvenuti nel corso della loro evoluzione.

Lo studio della Camorra, della sua storia, dei costumi, dei suoi riti, dell’evoluzione e ricerca del potere, forni-

sce importantissime informazioni utili a comprendere il fenomeno nella sua molteplicità; fino a rispondere

alle domande che ogni cittadino dovrebbe porsi, senza fornire risposte affrettate. “Perché siamo in Italia” è

una frase che pone l’accento su una passività tutta italiana, frutto dell’assuefazione da malgoverno, mal

informazione, malcostume. E’ un’espressione da lasciarsi alle spalle. “Se è vero che esiste un potere,

questo potere è solo quello dello Stato, delle sue Istituzioni e delle sue Leggi;

non possiamo oltre delegare questo potere né ai prevaricatori,

né ai prepotenti, né ai disonesti.

Ma finché una tessera di partito

conterà più dello Stato

non riusciremo mai a battere la mafia”

,

Carlo Alberto Dalla Chiesa generale, ottobre 1979

Introduzione alla Camorra

“Voglio essere un’operazione mediatica, voglio che se ne parli in prima serata.

Il mio sogno è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una moda. Non è

la mia battaglia, ma la battaglia di molti; e va anche bene se per una volta suc-

cede il miracolo che grandi interessi economici si fondino con l’interesse del

Paese, che grandi editori di libri, televisivi, si uniscano per combattere la Ca-

morra. Il suo mondo orrendo, la lingua della complicità “ambientale” tra la Ca-

morra e l’informazione locale, la trascuratezza della cronaca nazionale, la timi-

dezza dei politici nell’inserire la lotta alla Camorra fra i punti forti delle campa-

gne elettorali. Nessuno l’ha impugnata come una priorità nelle ultime elezioni,

e la cosa più grave che può fare la politica è il silenzio. La cosa più grave che

possono fare gli elettori è scegliere il silenzio.

E’ una specie di disperato ottimismo della volontà che m’induce a ripetere con Roberto Saviano, 2006

accanimento, con pervicacia ossessiva la mia fiducia nel valore della parola,

della denuncia, nella necessità di non stare zitti, di svergognare tutti quei complici, di svegliare tutti quegli indiffe-

renti che continuano a lasciare marcire il problema, a relegarlo in quella zona di “emergenza continua” che asso-

miglia pericolosamente all’emarginazione, alla rassegnazione, al tirare a campare. Anche se il mio impegno in

questa battaglia può suscitare ostilità, non soltanto presso quegli ambienti camorristici che hanno tutto l’interesse

a screditarmi.

Mi hanno accusato di avere speculato sul dramma della Campania per arricchirsi con il mio libro. È una “accusa

ingiusta”: sono i lettori che mi danno la possibilità di vivere e pagare gli avvocati. E quanto alle accuse di plagio,

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