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In questa tesina per l’esame di terza media ha come argomento centrale il Calcio.
Italiano- La violenza negli stadi con lettura del libro Cuori Tifosi di M. Martucci
Inglese- Storia della Coppa Rimet
Storia- Il calcio durante il Fascismo
Arte- Analisi quadro "Partita di Calcio" di Carlo Carrà
Musica- Inno Nazionale Italiano
Educazione Fisica- Le regole del Calcio
Scienze- I muscoli e il sistema muscolare
Tecnologia- La dieta del Calcioatore
Geografia- L'Argentina e il calcio
Spagnolo Lionel Messi
ancient Greek goddess of victory. The Jules Rimet Trophy was taken to Uruguay for
the first FIFA World Cup. The first team to be awarded the trophy was Uruguay, the
winners of the 1930 World Cup.
1930: Uruguay
1934: Italia
1938: Italia
1950: Uruguay
1954: Germania Ovest
1958: Brasile
1962: Brasile
1966: Inghilterra
1970: Brasile
During World War II, the trophy was held by 1938 winners Italy. Ottorino Barassi, the
Italian vice-president of FIFA and president of FIGC, secretly transported the trophy
from a bank in Rome and hid it in a shoe-box under his bed to prevent Adolf Hitler and
the Nazis from taking it.
Another event connected to the Rimet
Cup was the match between Uruguay
and Brazil of the 1950 FIFA World
Cup. The match was played at the
Estádio do Maracanã ( one of the
biggest stadium in the world) in Rio de
Janeiro on 16 July 1950 and is
considered to be one of the biggest
upset page in football history.
The game began as form predicted,
with Brazil attacking against the
Uruguayan defensive line for the
majority of the first half. Brazil scored
the first goal of the match only two
minutes after the interval, Uruguay managed to
take control of the game. The crowd was silent after the second Uruguay goal and until
the end of the match with Uruguay winning 2–1. When the match ended, people
said the stadium was in silence, except for the Uruguayan players and delegation. In
Brazil, many newspapers refused to accept the fact that they had been defeated;
some distraught fans even went so far as to commit suicide: 34 suicides and 56
deaths of heart attack in the country.
On 20 March 1966, four months before the 1966 FIFA World Cup in England, the
trophy was stolen during a public exhibition at Westminster Central Hall. The trophy
was found just seven days later wrapped in newspaper at the bottom of a suburban
garden hedge in Upper Norwood, South London, by a dog named Pickles.
As a security measure, The Football Association secretly manufactured a copy of the
trophy for use in exhibitions rather than the original. But FIFA did not want copy so the
copy had to also disappear from public view and was for many years kept under its
creator's bed. The Brazilian team won the tournament for the third time in 1970,
allowing them to keep the real trophy in perpetuity, as had been stipulated by Jules
Rimet in 1930. It was put on display at the Brazilian Football Confederation
headquarters in Rio de Janeiro in a cabinet with a front of bullet-proof glass.
On 20 December 1983, the cup was stolen again. Four men were tried and
convicted for the crime. The trophy has never been recovered, and it is widely
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believed to have been melted down and sold. The Confederation commissioned a copy
of their own, made by Eastman Kodak, using 1.8 kg of gold.
Il glorioso
Brasile del 1970 anno in cui vinse la 3 coppa
del mondo nella finale di Città del Messico
Brasile-Italia.
Storia
Il calcio durante il Fascismo
Nell'ottobre 1922, Mussolini con la marcia su Roma avviò la conquista del potere in
Italia. Nel 1925 il Fascismo divenne una dittatura consolidata. Lo sport e l'educazione
fisica furono elementi fondamentali nella concezione politica fascista e in particolare il
calcio divenne uno degli strumenti per costruire il volto nuovo della nazione e
dell'identità italiane. Che il calcio fosse uno dei più efficaci
strumenti della propaganda politica, i più
potenti dittatori lo intuirono sin dal
principio del Novecento. L’educazione
popolare, reduce dalla feroce
sperimentazione del periodo della
rivoluzione industriale e di quello primo
coloniale, aveva consegnato agli statisti
del regime una massa popolare da
istruire soltanto attraverso la distrazione
e l’intrattenimento. Lo intuì molto
bene Benito Mussolini, precursore, in
qualche modo, del calcio come mezzo
per l’affermazione propagandistica, indirizzata alla valorizzazione della dirigenza
politica per lo scopo primario del culto della personalità. Un grande dittatore ha
sempre bisogno del consenso popolare, in qualsiasi condizione egli debba sviluppare il
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suo progetto totalitario
Inizialmente Mussolini si interessò a sport più nobili, quali la scherma, la boxe la caccia
e gli sport motoristici, ma presto capì che per avere un buon impatto con la società di
massa il calcio risultava il mezzo più efficace.
L’intervento del regime fascista nel calcio italiano è rappresentato dalla “Carta di
Viareggio” redatta nel 1926. Con questo documento fu riorganizzato il gioco e la sua
amministrazione. Tra il 1929 e il 1941 il Bologna segnò grandi vittorie a causa
dell’importanza del partito locale, che era guidato da Arpinati, coinvolto nel calcio.
Furono investiti molti soldi per la costruzione dello stadio Littoriale che fu il desiderio
del gerarca fascista Leandro Arpinati, che lo concepì dopo
una visita alle Terme di Caracalla e per l’acquisto dei
giocatori la squadra godette anche di agevolazioni fiscali
concesse proprio dall’amministrazione locale. Tutto ciò
risultava come una grande pubblicità per la città e per la
sua amministrazione.
Leonardo Arpinati affermava che “non c’era niente di più
utile dello sport per migliorare la razza a livello fisico, in
quanto fornisce disciplina, modella i muscoli e plasma il
carattere”. Vincere era l’obbiettivo di primaria importanza,
non importava come si otteneva o tramite chi. Durante le
olimpiadi del 1928 e la coppa del mondo del 1930 il
governo decise di lasciar perdere la legge introdotta
precedentemente dal governo stesso che vietava i giocatori
stranieri lasciando che giocatori figli di emigranti italiani che avevano già
rappresentato altre nazioni entrassero a far parte della nazionale italiana, gli oriundi ,
in particolare provenienti dal Sud America. Questo agevolò la gerarchia, che puntò
l'attenzione sulla loro origine italiana e sulla dedizione alla causa della vittoria
mettendo da parte l'orgoglio nazionale. Vincere era importante per poter offrire alla
propaganda l’opportunità di esprimere quanto fosse ben organizzato la stato fascista.
Il controllo fascista dei media assicurava che le vittorie fossero interpretate come una
rivendicazione del regime. Tra gli ultimi anni ’20 ed i primi anni ’30 fu creata una
compagnia nazionale di radiodiffusione (EIAR). Con essa il governo poteva comunicare
anche con chi non sapeva leggere o scrivere. Niccolò Carosio fu uno dei radiocronisti
più famosi di quel tempo. Egli adattò l’inglese e inventò un linguaggio suo personale,
che calzava a pennello con il nazionalismo linguistico del regime. Fra i giornali, La
Gazzetta dello Sport, insieme allo Sport Fascista erano i portavoce del fascismo.
Quando l’Italia vinse il campionato del mondo, nel 1934 i media descrissero l’evento
come una vera e propria conquista militare in terra straniera.
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Arte
Partita di Calcio di Carlo Carrà
Carlo Carrà nutriva una grande
passione per il calcio che viveva come
uno spettacolo totale, assolutamente
capace di suscitare emozioni al pari di
avvenimenti o opere artistiche .
Il quadro “ Partita di Calcio" esposto
per la prima volta alla II Quadriennale di
Roma, nel 1935, rappresenta alcuni
giocatori di calcio impegnati in un'azione
di gioco. I calciatori possono essere i
giocatori della Nazionale Italiana che
vinse il Mondiale (la Coppa Rimet) nel
1934 il riferimento è evidente nel colore
azzurro delle maglie dei giocatori che vi
sono raffigurati.
L'artista coglie l'azione in un momento
concitato: si tratta probabilmente di una
mischia in area, con il pallone che finisce
vicinissimo alla porta mentre gli
attaccanti saltano per colpire di testa e il
portiere si slancia nel tentativo di arrivare per primo sul pallone che resta, però,
sospeso a mezz'aria, quasi come un'apparizione metafisica, che cattura sia
l'attenzione dei giocatori impegnati in campo, sia quella dell'osservatore esterno,
cristallizzando in un unico "fermo immagine" il simbolo stesso del gioco del calcio: la
rincorsa, la cattura, il possesso della palla.
Attualmente il quadro, che è un olio su tela di 69x100cm, è conservato presso la
Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma.
Storia di Carlo Carrà
Carlo Carrà (Quargnento, 11 febbraio 1881 – Milano, 13 aprile 1966) era figlio di un
possidente terriero caduto in disgrazia, da giovane Carrà, inizia la sua
attività lavorativa a soli 12 anni per aiutare la famiglia, viene messo a
bottega con la mansione di decoratore e stuccatore. Poi si trasferisce poi
a Milano, città in cui lavora e contemporaneamente, cerca di frequentare
una scuola d'arte serale. Nel 1899 parte per Parigi dove, lavora alla
decorazione dei padiglioni dell'EXPO, scopre il Louvre, il Petit Palais
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entusiasmandosi per i grandi
pittori dell'epoca, soprattutto
Manet, Cezanne e Gauguin.
Tornato in Italia si iscrive
all'Accademia di Brera di
Milano e nel 1910, sarà uno
dei firmatari del Manifesto
Futurista insieme a Marinetti,
Boccioni e Russolo.
Il Futurismo
Il Futurismo nasce in Italia
fondato Marinetti e Boccioni è
un movimento culturale che
esalta nella letteratura come
nell’arte e nella musica, la
velocità, la tecnica, il dinamismo e il progresso, rifiutando tutto ciò che è legato al
passato e al mondo classico. Il movimento è sempre inteso come attivo e le immagini
sono frammentate e ripetute come una sequenza di fotogrammi.
A partire dal 1915 Carrà sentì di voler abbandonare i temi della velocità e del
dinamismo, per aderire a una concezione della realtà che andasse al di là
dell'esperienza fisica. Questi sono anche gli anni della Prima Guerra
Mondiale (1915-1918 per l’Italia) e Carrà ne sarà protagonista: prima come
interventista e poi direttamente sul campo di battaglia, con la chiamata alle armi
avvenuta nel 1917. Sarà però un'esperienza traumatica per il pittore che dovrà essere
ricoverato in un nevrocomio appena fuori Ferrara. Qui conosce De Chirico col quale
definisce i principi teorici della Metafisica
La Metafisica
La Metafisica nasce a Ferrara nel 1919 dall’incontro tra Giorgio De Chirico e Carlo
Carrà. Alla realtà si danno nuovi e misteriosi significati. La rivista “ Valori Plastici”,
tra il 1918 e il 1922, diffonde i contenuti della pittura metafisica e promuove un ritorno
alla pittura figurativa. Le figure sono definite accuratamente, rese
nella loro volumetria dal chiaroscuro, i colori sono armoniosi e
ricchi di sfumature, ma le ombre sono eccessive e nel suo
insieme l’immagine non è realistica.
Musica
Inno Italiano
Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli
è stato scritto a Genova nell'autunno del 1847 da Goffredo Mameli, musicato poco
dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro.
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L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto
dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni
successivi. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse
l'inno nazionale della Repubblica Italiana.
Il poeta
Goffredo Mameli nasce a Genova il 5 settembre 1827. Studente e poeta
precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, nel 1847 aderisce alla Giovine
Italia (il movimento di Mazzini), partecipa attivamente alle grandi manifestazioni
genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. D'ora in poi, la vita del
poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a
capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta nelle Cinque Giornate di Milano, per
poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri.
Dopo l'armistizio di Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre,
raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Nonostante
la febbre, è sempre in prima linea nella
difesa della città assediata dai Francesi:
il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra,
che dovrà essere amputata per
cancrena.
Muore d'infezione il 6 luglio a soli
ventidue anni. Le sue spoglie riposano
al Mausoleo del Gianicolo.
Il musicista
Michele Novaro nacque il 23 ottobre
1818 a Genova, dove studiò
composizione e canto. Convinto