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Sintesi

Introduzione Tesina sul calcio



Il calcio è sempre stato lo sport più praticato a livello mondiale e considerato, inoltre, quello più importante. La scelta di concentrare, raccogliere e trattare questo argomento, non svolto in classe, per la mia tesina di maturità è stata data dal fatto che, io, in prima persona, “vivo” all’interno di questo mondo.
Ho praticato questo sport per oltre dieci anni nel settore giovanile di alcune società della Provincia di Novara con grande soddisfazione. Proprio per la passione verso questo gioco, circa un anno fa ho deciso di affrontare un percorso alternativo nella mia tesina: ho frequentato e superato un esame e sono diventato arbitro effettivo.
La “carriera” come quella dell’arbitro è l’assunzione di una responsabilità rischiosa da mantenere: la gestione, la garanzia della fedeltà alle regole. L’arbitro, nei suoi massimi livelli di espressione, garantisce che il gioco sia “bello”. Bello da giocare, bello da vedere, bello da raccontare. L’arbitro è colui che “controlla” il gioco. Deve essere sopra le parti, deve garantire, da giudice che a essere salvaguardato sia il gioco stesso, con la sua storia presente, passata e futura. L’arbitro controlla principalmente che le squadre in campo giochino secondo le regole: dal controllo dei tacchetti, al fischio di inizio al ritorno negli spogliatoi. Con un fischio l’arbitro autorizza la realizzazione di un evento che si ripete sempre uguale nelle regole e sempre diverso nel suo accadere e nel suo risultato. Quando il calcio è questo, e non si riduce a polemica, a non cultura, a inciviltà, allora è un grande avvenimento che arricchisce tutti.

tema su un libro

In questa tesina il primo argomento viene esposto in lingua straniera (inglese) in quanto il calcio è praticato a livello internazionale ed è nato ufficialmente in Inghilterra circa 150 anni fa.
Ho proseguito la tesina con l’argomento storico, perché in Italia il trionfo del gioco del calcio è avvenuto durante il periodo fascista con Benito Mussolini.
Ho collegato a tale trionfo la riorganizzazione giuridica, che venne attuata negli anni seguenti la Seconda Guerra mondiale, per rendere più equa ed efficiente la gestione delle società di calcio e i rapporti con i calciatori.
Infine, ho analizzato l’aspetto contabile delle società di calcio professionistiche, in modo specifico il bilancio d’esercizio e alcune voci di bilancio introdotte appositamente per le società sportive.


Collegamenti


Tesina sul calcio



Inglese - What is football?.
Storia - Il calcio e il fascismo.
Diritto - Riforme giuridiche delle società di calcio.
Ragioneria - Il bilancio d'esercizio.
Estratto del documento

“football pitch” with the team’s net or goal on the opposite sides. Ten of the players run around to

pass and kick the ball while the remaining team member, called the goal keeper, is in-charge of

protecting their team’s goal.

The basic purpose is to pass and kick the ball around and shoot it to the opposing team’s goal to

make a score. The game is usually played for a total of 90 minutes, and the team that scored more

goals, is declared the winner.

If both teams are scoreless at the end of the regulation time of 90 minutes, some rules allow the

“penalty shootout”. Each team is allowed five penalty shots against the goalkeeper. The team that

scores the highest number of penalties wins the match. If both teams score an equal number, the

first team that fail the penalty kick loses the match.

Football is a global sport governed by FIFA. Many countries around the world have their own

leagues and football clubs that follow international rules regarding this sport.

Every 4 years, FIFA organizes the biggest prize in the football world which is the “World Cup”.

Many countries from all continents take part into these particular tournaments to gain football

supremacy.

Today, football is played at a professional level all over the world. Millions of people regularly go

to football stadiums to follow their favorite teams, while billions more watch the game on television

or on internet. A very large number of people also play football at an amateur level. According to a

survey conducted by FIFA published in 2001, over 240 million people from more than 200

countries regularly play football. Football has the highest global television audience in sport. 6

In Italia il rapporto

privilegiato del Bel Paese

con il pallone si consolida

nel corso del Ventennio

fascista.

Anche il calcio e lo sport in

generale, come la scienza,

la letteratura, la musica,

l'architettura,

opportunamente

manipolati, entrarono a

far parte di quel

meccanismo attraverso cui

il regime tentò di

assicurarsi il consenso

delle masse. 7

2. IL CALCIO E IL FASCISMO

Nell'ottobre 1922, Mussolini con la marcia su Roma avviò la conquista del potere in Italia. Nel

1925 il Fascismo divenne una dittatura consolidata. Lo sport e l'educazione fisica furono elementi

fondamentali nella concezione politica fascista. Fino agli anni '30 venne perseguita la realizzazione

di un’educazione fisica di massa, con la corsa al campionismo.

Mussolini incarnava il simbolo dello sport e dello Stato. "Lo sport abitua gli uomini alla lotta in

campo aperto": così egli concepiva il senso della pratica sportiva nel ventennio. Perciò il fascismo

si appropriò di palestre e campi di gioco utilizzandoli come mezzi di propaganda per "il prestigio

internazionale del paese", come strumento di consenso, ma anche come elemento educativo per

preparare la "nazione in armi". Dai successi della nazionale di calcio a quelli delle rappresentative

olimpiche, gli atleti venivano trasformati in portavoce del regime.

Nel panorama degli studi sul fascismo, le indagini sullo sport e sull'educazione fisica rientrano

nell'ambito di quelle ricerche relative alla grande macchina messa in moto dal regime per

l'organizzazione del consenso. Fino al primo conflitto mondiale lo sport non aveva compiuto grandi

passi in Italia. Pochi impianti, poche strutture e, soprattutto, uno scarso livello di praticanti. Questo

era dovuto essenzialmente allo stato di arretratezza economico-sociale in cui versava il nostro

paese, ma anche, in parte, al quasi totale disinteresse su di esso mostrato dallo stato liberale.

Lo sport ufficiale si era già dato una sua fisionomia. Erano sorti il Coni e quasi tutte le federazioni

ed esisteva già un buon numero di giornali specializzati come la Gazzetta dello Sport. Ma fu con

l'inizio degli anni Venti che lo sport conobbe una fase di decisa crescita anche in Italia. Il fascismo

al potere si trovò di fronte ad un fenomeno in grande ascesa e quasi completamente da ridefinire.

Mussolini, che non era uno sportivo, intuì l'importanza del fenomeno per la grande capacità di

mobilitazione di cui era capace e lasciò a Lando Ferretti un ex redattore capo de la Gazzetta, il

compito di tracciarne le coordinate. Ferretti si ispirava ad una linea culturale e sportiva che vedeva

nell'attività fisica un mezzo per migliorare l'abilità e la destrezza del corpo, temprandolo alle più

ardue fatiche, in una proficua collaborazione con il mondo scientifico.

Venne inoltre rinforzata l'autorità del Coni, favorita l'espansione delle federazioni e promossa una

grande campagna di costruzione di nuovi impianti: piscine, campi da tennis, piste per l'atletica,

stadi. In tal modo lo sport venne ad assumere in Italia le stesse caratteristiche dei paesi più avanzati,

con la differenza che, mentre nelle democrazie ci si limitava a favorire e coordinare gli impulsi e

l'attività dei singoli, nei regimi totalitari come il fascismo quest'opera di promozione veniva

direttamente dal potere, avendo proprie specifiche finalità.

Istituzionalizzato da Mussolini come “gioco fascista”, il calcio fu usato dal regime quale strumento

per la costruzione di un’identità nazionale e arma diplomatica per imporre l’Italia alla ribalta della

scena internazionale. Non è un caso che proprio gli anni ’30 segnarono il trionfo del calcio italiano.

Nel periodo tra le due guerre, grazie ai mezzi di comunicazione di massa come stampa, cinema e

radio, lo sport divenne il terreno sul quale potevano essere idealizzate le tensioni tra i gruppi e le

nazioni, che si affrontavano in scontri simbolici sui campi di calcio o di rugby.

Le competizioni sportive internazionali diventarono così l’occasione per diffondere sentimenti

nazionali anche tra individui scarsamente interessati alla vita politica: il semplice tifoso,

identificandosi con gli atleti che rappresentavano il suo paese, diventava egli stesso un simbolo

della propria nazione. 8

Nel clima confuso e disorientato degli anni tra le due guerre, caratterizzati da

una grave crisi economica mondiale e da un diffuso timore nei confronti della

modernizzazione della società, lo sport acquistò rilievo come valore sociale e

il campione sportivo diventò un modello da imitare. Inoltre lo sport si prestava

a sviluppi propagandistici in senso nazionalistico e militaristico, consentendo

l’esaltazione della giovinezza, della prestanza fisica, della razza. La stampa

sportiva, dichiaratamente fascista, arrivò ad affermare nel 1940, un mese

prima dell’entrata in guerra dell’Italia, che: “Lo sport è un’arma. È un modo di

essere e di divenire di un popolo guerriero”.

Il controllo fascista dei media assicurava che le vittorie fossero interpretate come una

rivendicazione del regime. Tra la fine degli anni ’20 ed i primi anni ’30 fu creata una compagnia

nazionale di radiodiffusione con cui il governo poteva comunicare anche con chi non sapeva

leggere o scrivere. Niccolò Carosio fu uno dei radiocronisti più famosi di quel tempo. Egli adattò

l’inglese e inventò un linguaggio suo personale, che calzava a pennello con il nazionalismo

linguistico del regime. Fra i giornali, La Gazzetta dello Sport, insieme allo Sport Fascista erano i

portavoce del fascismo. Quando l’Italia vinse il campionato del mondo, i media descrissero l’evento

come una vera e propria conquista militare in terra straniera.

Il calcio conobbe un'ascesa senza precedenti. Nel 1926 la Carta di Viareggio, che prese il nome

della città nella quale fu sottoscritta, riformò profondamente l’ordinamento calcistico italiano sia dal

punto di vista dello statuto dei calciatori, sia dal punto di vista dell’organizzazione della

Federazione e dei campionati. Prima della Carta di Viareggio si giocavano due campionati divisi in

una Lega Nord e una Lega Sud. La vincente della Lega Sud affrontava poi i campioni della Lega

Nord per lo scudetto. I due campionati con la riforma vennero unificati e da allora le squadre del

sud e del nord giocarono in uno stesso campionato. Il nuovo campionato venne chiamato Divisione

Nazionale ed era composto da 20 squadre di cui 17 settentrionali e 3 meridionali.

Nel decennio 1926-1937 si costruì un notevole numero di stadi, dei quali alcuni apprezzabili anche

sotto l'aspetto architettonico, come il "Littorale" di Bologna, il "Berta" di Firenze, il "San Siro" a

Milano. Ma anche Torino, Napoli, Palermo e in pratica quasi tutte le più grandi città italiane furono

dotate di impianti di notevole efficienza (alla fine degli anni Venti 83 capoluoghi di provincia su 94

possedevano proprie strutture).

Il fascismo è stato sicuramente un regime totalitario e oppressivo, ma per lo sport e l’educazione

fisica ha fatto molto, dall’istituzione di nuove federazioni sportive alla regolamentazione di alcuni

sport e, inoltre cosa ancora più importante, la costruzione di moltissime infrastrutture che hanno

agevolato lo sport a livello agonistico, sviluppando quel senso sportivo che ora accompagna la

nostra società.

Ciò che spezza questo apparente idillio tra sport e fascismo è lo sfruttamento che questa dittatura ha

attuato su qualsiasi attività sportiva che potessero influenzare l’ideologia dei giovani e anche dei

bambini.

Propagandare un’ideologia politica attraverso lo sport è ingiusto e poco morale perché lo sport

dovrebbe essere fondamentalmente un modo per imparare ad affrontare la vita, impegno, fatica,

senso del dovere, lavoro di gruppo e determinazione, e non un modo per trasmettere valori sbagliati

come quelli della guerra e della forza fisica che sottomette gli altri. 9

Dopo essersi diffuso,

il calcio italiano fu

organizzato sotto

diversi aspetti.

Una delle disposizioni

stabilì una forma

giuridica comune a

tutte le squadre di

calcio

professionistiche. 10

3. LA FORMA GIURIDICA DELLE SOCIETA’

DI CALCIO

3.1 Dalla riforma del 1966 a quella del 1981

Sino al 1966 tutti i sodalizi sportivi affiliati alla

Federazione Italiana Giuoco Calcio, sia quelli del settore

dilettanti sia quelli del settore professionisti, erano stati

giuridicamente inquadrati come associazioni non

riconosciute, disciplinate dagli articoli 36, 37 e 38 del

Codice Civile.

Le difficoltà finanziarie in cui si dibatteva il settore

calcistico fin dai primi anni sessanta indussero gli organi

federali a predisporre un programma di risanamento, che

tendesse a rendere più sana e trasparente l’attività

economica e finanziaria delle società sportive.

Il primo passo in questa direzione fu la delibera del

Consiglio Federale del 1966, attraverso il quale si decise

per lo scioglimento degli organi direttivi delle associazioni

calcistiche dei campionati di serie A e B e la nomina di un commissario straordinario per ogni

società con poteri straordinari allo scopo di costituire nuove società aventi personalità giuridica.

L’iniziativa appariva indirizzata a più finalità: anzitutto ridurre le posizioni debitorie correnti; in

secondo luogo imporre il rispetto dei criteri uniformi che consentissero di bilanciare le finalità

sportive con l’inderogabile esigenza di un’ordinata gestione economica; ottenere, infine, il rispetto

delle disposizioni in materia societaria e fiscale.

Imponendo la trasformazione in società di capitale si voleva rendere possibile l’applicazione di tutta

una serie di disposizioni, in particolare di quelle sulla formazione e pubblicità del bilancio, che

avrebbero assicurato un’amministrazione più trasparente e la possibilità di osservare attraverso più

adeguati strumenti contabili l’attività sociale, così da garantire un controllo più incisivo da parte

delle autorità sportive competenti. Inoltre le società erano obbligate a tale trasformazione anche per

ottenere mutui sportivi o agevolazioni tributarie-

Nonostante l’arricchimento e la moltiplicazione delle fonti di introito, come l’estensione

dell’attività e delle competizioni internazionali, i diritti di ripresa radiotelevisiva e le

sponsorizzazioni, le società calcistiche si trovano, agli inizi degli anni ottanta, in una situazione di

squilibrio gestionale catastrofico.

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