Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 41
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 1 Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 41.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Bellezza: un limite o un vantaggio? Pag. 41
1 su 41
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi
Greco: la società greca; la commedia nuova

Latino: Giovenale; Marziale; Tertulliano

Inglese: Virginia Woolf

Storia: la donna nel Fascismo, nazismo, guerra e resistenza

Italiano: Clizia di Montale; Gabriele D'annunzio
Estratto del documento

Perpetua e Felicita vengono uccise di fronte al pubblico, che voleva vederle

soffrire e morire; vengono colpite, ma si rialzano e, ponendosi al centro dove il

popolo voleva, dopo essersi baciate come segno di pace, accettano la loro

sorte.

Perpetua, poi, trafitta nelle ossa gridò, prese la mano del gladiatore ancora

novellino e la condusse alla sua gola, proprio perché una donna di tale

grandezza non poteva morire diversamente.

Con questi documenti si può segnare l’inizio dell’agiografia.

La società cristiana, quindi, attraverso queste due figure femminili mostra

stima e rispetto per la donna, poiché sappiamo che lo stesso Cristo aveva un

atteggiamento aperto e innovativo, parlando alle prostitute e perdonando le

adultere; eppure non sempre il messaggio di Dio è stato colto alla lettera, come

ci dimostra Tertulliano, il primo grande autore della letteratura cristiana in

latino.

La sua idea presenta una tendenza a radicalizzare posizioni misogine

all’interno del cristianesimo, tanto che la donna sarebbe responsabile della

separazione tra uomo e Dio; è stata Eva a indurre Adamo nel peccato e, quindi,

a rendere necessaria la morte di Cristo, per riscattare l’uomo dai suoi errori;

per questo Tertulliano addossa a tutte le discendenti di Eva il peso di tali colpe,

senza offrire alle donne la possibilità di riscattarsi, definendole precisamente

“diaboli ianua” (porta del diavolo).

A causa di un’interpretazione sbagliata del vangelo di Matteo, che rimprovera

“a chi ha guardato con desiderio una donna” di “aver commesso adulterio con

8

lei”, Tertulliano inizia a considerare ogni sguardo voglioso quasi al pari di una

violenza carnale, e accusa le donne di esporsi così, spesso anche attraverso

“pudicitia”.

abbellimenti esteriori o il trucco al desiderio, attentando alla loro

“pudicitia”,

La infatti, è senza dubbio uno dei valori più importanti per una

donna, come ne aveva dato esempio Livio, nell’episodio di Lucrezia, tratto dal

dell’Ab urbe condita,

primo libro dove la casta sposa, violata da Sesto

Tarquinio, dopo aver rivelato tutto al marito si uccide, dicendo:

“Nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo vivet!”

La giovane diviene così simbolo di onore, forza d’animo e del rispetto per la

famiglia e per il marito, a dimostrazione che anche la storia romana ha grandi

donne da offrire; affermazione con la quale non concorda certo Giovenale, noto

autore di satire nel I secolo d.C.

È importante non dimenticare la differenza cronologica tra Livio e Giovenale,

che in parte può giustificare un pensiero così divergente, dal momento che

quest’ultimo vive un periodo storico in cui le donne sono molto distanti dalle

matronae romane, e piuttosto si avviavano verso un’emancipazione: adesso

potevano, infatti, istruirsi e coltivare i loro interessi personali, erano in grado di

esibire la loro cultura parlando in greco, frequentavano i bagni pubblici,

avevano il diritto di interrompere matrimoni a loro non graditi e di contrarne

successivi; non solo, iniziarono anche a godere di una libertà sessuale prima

impensabile. VI Satira,

In questo scenario Giovenale compone la rivolta all’immoralità della

donne, accusate tutte senza distinzione, sia umili cittadine sia mogli di

imperatori:

“Sta a sentire che cosa dovette sopportare il Divo Claudio. Appena la moglie

(Messalina), si accorgeva che il marito dormiva, indossava un travestimento

notturno. Mascherata con una parrucca bionda la nera sua chioma, andava a

finir dentro un lupanare, tenuto caldo da una vecchia cortina. V’era una

camera vuota riservata a lei sola. Ivi allora, ben nuda, con i capezzoli ornati

d’oro, si prostituiva, sotto il falso nome di Licisca e metteva in mostra quel

grembo da cui era nato il generoso Britannico” 1

.

Satira VI vv. 115 ss.

1 Giovenale, , 9

Attraverso queste parole l’autore vuole mettere in luce il suo disappunto verso

la nuova condizione femminile che si stava delineando a Roma, e continua

dicendo:

“Sono assai peggiori di Medea, davanti alle azioni che raggiungono il massimo

della mostruosità, noi dobbiamo meravigliarci ben poco. Nei teatri vedono

Alcesti, che si sostituisce al marito per morire al suo posto, eppure se mai fosse

possibile un simile scambio, esse lascerebbero volentieri morire il marito” 2

.

Sembra quasi, a questo punto, che l’odio di Giovenale verso le donne sia

portatore di un’individuale misoginia, discostandosi da un altro autore del suo

tempo: Marziale, il quale, pur criticando le donne, ne salva alcune, ritenute

degne di stima e rispetto, come Nigrina o Claudia Rufina o, tra le più note,

Arria: La casta Arria, consegnando al suo Peto,

la spada estratta con le proprie mani,

delle viscere sue:

“se merito fede”, disse

“la ferita che ho fatto non duole,

ma quel che farai tu, Peto, mi duole” .

3

Arria, nel corso della vita, aveva sempre mostrato un amore incondizionato per

il marito, impegnata ogni giorno a risparmiargli i più grandi dolori, e decisa a

morire insieme a lui, conficcandosi un pugnale nel petto. Proprio per questo suo

carattere così devoto, Arria è rimasta nella storia, citata da oltre che da

Marziale, anche da Tacito e Plinio.

Con tutto ciò sarebbe inutile dire che gli uomini di quest’epoca non

accettavano di buon grado l’intraprendenza e l’emancipazione delle loro mogli,

bensì le apprezzavano, tanto più erano simili agli antichi modelli come Lucrezia

o Cornelia.

Di Cornelia sappiamo che fu conosciuta principalmente per essere la madre dei

Gracchi, ma si distinse soprattutto per le virtù a lei attribuite, e per l’austerità

di carattere; fu una donna colta e di animo forte, capace di provvedere all’

educazione dei figli, della quale si occupò per tutta la vita, rifiutando il

2 Ibidem vv. 642 ss.

Epigrammi,

3 Marziale, I 3. 10

matrimonio con Tolomeo d’Egitto, e presentando i figli stessi come suoi più cari

gioielli, atteggiamento che l’ha resa nota nel mondo romano come esempio di

integrità morale. Divina Commedia,

Questa figura è citata anche da Dante nella essendo posta

nel Limbo, tra gli spiriti magni; sarà, infatti, proprio il poeta trecentesco ad

ereditare una così vasta cultura, confluita poi negli insegnamenti cristiani, che

in lui hanno ormai raggiunto una rilevanza tale da costituire i valori-base della

sua poetica, anche se oltre alla cristianità resteranno temi centrali la castità, la

pudicitia e l’amore platonico, racchiusi contemporaneamente nell’immagine di

Beatrice.

La religione cristiana avrà su Dante un ascendente molto forte, al punto che

prima di analizzare meglio la figura femminile per eccellenza, presente in tutta

la sua produzione, ritengo sia rilevante ricordare colei che da sempre incarna la

verginità e la purezza: la Santissima Vergine Maria.

3. Maria: tra umano e divino

Maria è la madre di Gesù, della quale abbiamo notizie da Luca e Matteo, poiché

dedicano più attenzione all’ infanzia del Salvatore. Figlia di Gioacchino ed Anna,

secondo la tradizione apocrifa, sposò un falegname di Nazareth, ma il motivo

per cui Maria, negli anni, è stata ammirata e amata da miliardi di persone,

risiede essenzialmente nelle sue virtù: semplicità, purezza, umiltà e totale

estraneità al peccato. 11

Mentre Eva, come figura femminile era vista in negativo per aver allontanato

l’uomo da Dio, Maria, al contrario, è colei che permette la rinascita di una

nuova alleanza tra Dio e uomini, la cui prova vivente è Gesù.

Maria, essendo la madre di colui che ha espiato le nostre colpe sacrificando la

sua vita, incarna la madre di tutti noi ed è il suo grande amore ciò che la

distingue da tutte le altre donne; un amore di madre, e un amore per Dio,

sublimato in una ragazza povera e semplice, che ha accettato una così grande

responsabilità.

Non dimentichiamo mai che Maria era libera di scegliere ed avrebbe potuto

rifiutare l'annuncio dell'Angelo, così come noi siamo liberi di scegliere tra il

Bene ed il Male in ogni momento della nostra vita.

È questa l'umile grandezza di Maria.

In lei, che è la Donna per eccellenza, il femminile ha raggiunto il più sublime

livello umano, ma soprattutto è divenuto partecipe dello stesso mistero di Dio.

La generosità di Maria, capace di intercedere tra Dio e l’uomo, è ritrovata nella

Divina Commedia, che nonostante sia stata ispirata dall’amore per Beatrice,

dimostra come quest’ultima sia solo uno strumento nelle mani della Vergine.

4. Sulle ali della letteratura …

La Madonna svolge, infatti, un ruolo fondamentale, presentata all’inizio e alla

fine del suo percorso di salvezza.

dell’Inferno,

Nel II canto Maria appare, insieme a S. Lucia e a Beatrice, come

una delle tre donne benedette mostrata dal poeta con estrema devozione:

Donna è gentil nel cielo che si compiange,

di questo ‘mpedimento ov’ io ti mando,

sì che duro giudicio là su frange 4

È Maria, dunque, che “dà l’input” all’uomo per utilizzare la ragione nell’analisi

dei suoi errori, anche se in questa prima cantica non è nominata direttamente;

Purgatorio,

nel poi, è presente attraverso le parole, le invocazioni, i canti dei

penitenti e gli esempi di virtù che Dante e Virgilio incontrano.

4 Divina Commedia. Inferno,

D. Alighieri, II vv. 94-96.

12

Paradiso,

È il però, la cantica in cui la figura della Vergine viene rappresentata

in tutta la sue grandezza, in particolare nel canto XXXIII, con la preghiera di S.

Bernardo, che riassume l’esemplarità e l'importanza di questa donna: la sua

maternità, pur nell'eccezionalità del mistero dell'Incarnazione è, nello stesso

(nel ventre suo), (si raccese l'amore)

tempo fisica sentimentale e psicologica

(per lo cui caldo). Vergine madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso, d’eterno consiglio

tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che il suo fattore,

non disdegnò di farsi sua fattura.

5

Dalla grandezza di Maria, Dante prende spunto per la descrizione della “sua”

Beatrice, l’ispiratrice sulla quale si concentra l’intera sua esperienza umana,

intellettuale e artistica.

Beatrice, identificata nella nobildonna fiorentina Bice Portinari, morta nel 1290,

Vita Nuova,

ci è nota per la prima volta dalla come ragazza di eccezionale

bellezza, il cui nome già sottintende la sua funzione salvifica. Il saluto di

Beatrice diviene sinonimo di salvezza spirituale, mentre la negazione di esso,

sarà l’equivalente del traviamento, così come il suo sguardo, capace di elevare

l’uomo ai più alti livelli, allontana i pensieri immondi e terreni, legati alla sfera

sessuale. Paradiso

La Beatrice del si discosta da quell’immagine creata nei primi anni di

attività poetica, ma viene presentata da Dante con queste parole:

Beatrice tutta ne l’etterne rote,

fissa con li occhi stava; e io in lei

le luci fissi, di là su rimote 6 .

Non è più la giovane ragazza, ma la donna angelicata che conduce Dante verso

la salvezza, colei che si fa intermediaria tra il poeta e i Beati e che, risolvendo i

suoi dubbi, diviene maestra di dottrina; restano solo alcuni tratti stilnovistici

come lo sguardo e il sorriso, ma qui Beatrice si perfeziona come simbolo etico-

religioso della Grazia, della Teologia e della Verità rivelata.

Paradiso

5 Ibidem, XXXIII vv. 1-6.

Paradiso

6 Ibidem, I vv. 64-66. 13

Sappiamo bene che questa donna è rimasta nella letteratura per la sua grazia,

eleganza, nobiltà d’animo e bellezza, tanto da essere presa come modello nei

secoli successivi. Basti pensare a Montale e la “sua” Clizia.

Prima di analizzare la figura di Clizia è bene tener presenti alcune fondamentali

precisazioni: la distanza nell’assiologia temporale tra Dante e Montale e la loro

differente formazione etico-culturale-spirituale; il contesto storico in cui

Montale scrive: un’Italia segnata dalla catastrofe di una guerra mondiale, il

terrore per un secondo conflitto imminente, e un’atmosfera in cui domina un

senso di disperazione e sfiducia nella politica e nelle lettere; un cambiamento

sostanziale nella figura dell’intellettuale, non più identificato come uomo dotato

Dettagli
Publisher
41 pagine
485 download