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Latino: Giovenale; Marziale; Tertulliano
Inglese: Virginia Woolf
Storia: la donna nel Fascismo, nazismo, guerra e resistenza
Italiano: Clizia di Montale; Gabriele D'annunzio
Perpetua e Felicita vengono uccise di fronte al pubblico, che voleva vederle
soffrire e morire; vengono colpite, ma si rialzano e, ponendosi al centro dove il
popolo voleva, dopo essersi baciate come segno di pace, accettano la loro
sorte.
Perpetua, poi, trafitta nelle ossa gridò, prese la mano del gladiatore ancora
novellino e la condusse alla sua gola, proprio perché una donna di tale
grandezza non poteva morire diversamente.
Con questi documenti si può segnare l’inizio dell’agiografia.
La società cristiana, quindi, attraverso queste due figure femminili mostra
stima e rispetto per la donna, poiché sappiamo che lo stesso Cristo aveva un
atteggiamento aperto e innovativo, parlando alle prostitute e perdonando le
adultere; eppure non sempre il messaggio di Dio è stato colto alla lettera, come
ci dimostra Tertulliano, il primo grande autore della letteratura cristiana in
latino.
La sua idea presenta una tendenza a radicalizzare posizioni misogine
all’interno del cristianesimo, tanto che la donna sarebbe responsabile della
separazione tra uomo e Dio; è stata Eva a indurre Adamo nel peccato e, quindi,
a rendere necessaria la morte di Cristo, per riscattare l’uomo dai suoi errori;
per questo Tertulliano addossa a tutte le discendenti di Eva il peso di tali colpe,
senza offrire alle donne la possibilità di riscattarsi, definendole precisamente
“diaboli ianua” (porta del diavolo).
A causa di un’interpretazione sbagliata del vangelo di Matteo, che rimprovera
“a chi ha guardato con desiderio una donna” di “aver commesso adulterio con
8
lei”, Tertulliano inizia a considerare ogni sguardo voglioso quasi al pari di una
violenza carnale, e accusa le donne di esporsi così, spesso anche attraverso
“pudicitia”.
abbellimenti esteriori o il trucco al desiderio, attentando alla loro
“pudicitia”,
La infatti, è senza dubbio uno dei valori più importanti per una
donna, come ne aveva dato esempio Livio, nell’episodio di Lucrezia, tratto dal
dell’Ab urbe condita,
primo libro dove la casta sposa, violata da Sesto
Tarquinio, dopo aver rivelato tutto al marito si uccide, dicendo:
“Nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo vivet!”
La giovane diviene così simbolo di onore, forza d’animo e del rispetto per la
famiglia e per il marito, a dimostrazione che anche la storia romana ha grandi
donne da offrire; affermazione con la quale non concorda certo Giovenale, noto
autore di satire nel I secolo d.C.
È importante non dimenticare la differenza cronologica tra Livio e Giovenale,
che in parte può giustificare un pensiero così divergente, dal momento che
quest’ultimo vive un periodo storico in cui le donne sono molto distanti dalle
matronae romane, e piuttosto si avviavano verso un’emancipazione: adesso
potevano, infatti, istruirsi e coltivare i loro interessi personali, erano in grado di
esibire la loro cultura parlando in greco, frequentavano i bagni pubblici,
avevano il diritto di interrompere matrimoni a loro non graditi e di contrarne
successivi; non solo, iniziarono anche a godere di una libertà sessuale prima
impensabile. VI Satira,
In questo scenario Giovenale compone la rivolta all’immoralità della
donne, accusate tutte senza distinzione, sia umili cittadine sia mogli di
imperatori:
“Sta a sentire che cosa dovette sopportare il Divo Claudio. Appena la moglie
(Messalina), si accorgeva che il marito dormiva, indossava un travestimento
notturno. Mascherata con una parrucca bionda la nera sua chioma, andava a
finir dentro un lupanare, tenuto caldo da una vecchia cortina. V’era una
camera vuota riservata a lei sola. Ivi allora, ben nuda, con i capezzoli ornati
d’oro, si prostituiva, sotto il falso nome di Licisca e metteva in mostra quel
grembo da cui era nato il generoso Britannico” 1
.
Satira VI vv. 115 ss.
1 Giovenale, , 9
Attraverso queste parole l’autore vuole mettere in luce il suo disappunto verso
la nuova condizione femminile che si stava delineando a Roma, e continua
dicendo:
“Sono assai peggiori di Medea, davanti alle azioni che raggiungono il massimo
della mostruosità, noi dobbiamo meravigliarci ben poco. Nei teatri vedono
Alcesti, che si sostituisce al marito per morire al suo posto, eppure se mai fosse
possibile un simile scambio, esse lascerebbero volentieri morire il marito” 2
.
Sembra quasi, a questo punto, che l’odio di Giovenale verso le donne sia
portatore di un’individuale misoginia, discostandosi da un altro autore del suo
tempo: Marziale, il quale, pur criticando le donne, ne salva alcune, ritenute
degne di stima e rispetto, come Nigrina o Claudia Rufina o, tra le più note,
Arria: La casta Arria, consegnando al suo Peto,
la spada estratta con le proprie mani,
delle viscere sue:
“se merito fede”, disse
“la ferita che ho fatto non duole,
ma quel che farai tu, Peto, mi duole” .
3
Arria, nel corso della vita, aveva sempre mostrato un amore incondizionato per
il marito, impegnata ogni giorno a risparmiargli i più grandi dolori, e decisa a
morire insieme a lui, conficcandosi un pugnale nel petto. Proprio per questo suo
carattere così devoto, Arria è rimasta nella storia, citata da oltre che da
Marziale, anche da Tacito e Plinio.
Con tutto ciò sarebbe inutile dire che gli uomini di quest’epoca non
accettavano di buon grado l’intraprendenza e l’emancipazione delle loro mogli,
bensì le apprezzavano, tanto più erano simili agli antichi modelli come Lucrezia
o Cornelia.
Di Cornelia sappiamo che fu conosciuta principalmente per essere la madre dei
Gracchi, ma si distinse soprattutto per le virtù a lei attribuite, e per l’austerità
di carattere; fu una donna colta e di animo forte, capace di provvedere all’
educazione dei figli, della quale si occupò per tutta la vita, rifiutando il
2 Ibidem vv. 642 ss.
Epigrammi,
3 Marziale, I 3. 10
matrimonio con Tolomeo d’Egitto, e presentando i figli stessi come suoi più cari
gioielli, atteggiamento che l’ha resa nota nel mondo romano come esempio di
integrità morale. Divina Commedia,
Questa figura è citata anche da Dante nella essendo posta
nel Limbo, tra gli spiriti magni; sarà, infatti, proprio il poeta trecentesco ad
ereditare una così vasta cultura, confluita poi negli insegnamenti cristiani, che
in lui hanno ormai raggiunto una rilevanza tale da costituire i valori-base della
sua poetica, anche se oltre alla cristianità resteranno temi centrali la castità, la
pudicitia e l’amore platonico, racchiusi contemporaneamente nell’immagine di
Beatrice.
La religione cristiana avrà su Dante un ascendente molto forte, al punto che
prima di analizzare meglio la figura femminile per eccellenza, presente in tutta
la sua produzione, ritengo sia rilevante ricordare colei che da sempre incarna la
verginità e la purezza: la Santissima Vergine Maria.
3. Maria: tra umano e divino
Maria è la madre di Gesù, della quale abbiamo notizie da Luca e Matteo, poiché
dedicano più attenzione all’ infanzia del Salvatore. Figlia di Gioacchino ed Anna,
secondo la tradizione apocrifa, sposò un falegname di Nazareth, ma il motivo
per cui Maria, negli anni, è stata ammirata e amata da miliardi di persone,
risiede essenzialmente nelle sue virtù: semplicità, purezza, umiltà e totale
estraneità al peccato. 11
Mentre Eva, come figura femminile era vista in negativo per aver allontanato
l’uomo da Dio, Maria, al contrario, è colei che permette la rinascita di una
nuova alleanza tra Dio e uomini, la cui prova vivente è Gesù.
Maria, essendo la madre di colui che ha espiato le nostre colpe sacrificando la
sua vita, incarna la madre di tutti noi ed è il suo grande amore ciò che la
distingue da tutte le altre donne; un amore di madre, e un amore per Dio,
sublimato in una ragazza povera e semplice, che ha accettato una così grande
responsabilità.
Non dimentichiamo mai che Maria era libera di scegliere ed avrebbe potuto
rifiutare l'annuncio dell'Angelo, così come noi siamo liberi di scegliere tra il
Bene ed il Male in ogni momento della nostra vita.
È questa l'umile grandezza di Maria.
In lei, che è la Donna per eccellenza, il femminile ha raggiunto il più sublime
livello umano, ma soprattutto è divenuto partecipe dello stesso mistero di Dio.
La generosità di Maria, capace di intercedere tra Dio e l’uomo, è ritrovata nella
Divina Commedia, che nonostante sia stata ispirata dall’amore per Beatrice,
dimostra come quest’ultima sia solo uno strumento nelle mani della Vergine.
4. Sulle ali della letteratura …
La Madonna svolge, infatti, un ruolo fondamentale, presentata all’inizio e alla
fine del suo percorso di salvezza.
dell’Inferno,
Nel II canto Maria appare, insieme a S. Lucia e a Beatrice, come
una delle tre donne benedette mostrata dal poeta con estrema devozione:
Donna è gentil nel cielo che si compiange,
di questo ‘mpedimento ov’ io ti mando,
sì che duro giudicio là su frange 4
È Maria, dunque, che “dà l’input” all’uomo per utilizzare la ragione nell’analisi
dei suoi errori, anche se in questa prima cantica non è nominata direttamente;
Purgatorio,
nel poi, è presente attraverso le parole, le invocazioni, i canti dei
penitenti e gli esempi di virtù che Dante e Virgilio incontrano.
4 Divina Commedia. Inferno,
D. Alighieri, II vv. 94-96.
12
Paradiso,
È il però, la cantica in cui la figura della Vergine viene rappresentata
in tutta la sue grandezza, in particolare nel canto XXXIII, con la preghiera di S.
Bernardo, che riassume l’esemplarità e l'importanza di questa donna: la sua
maternità, pur nell'eccezionalità del mistero dell'Incarnazione è, nello stesso
(nel ventre suo), (si raccese l'amore)
tempo fisica sentimentale e psicologica
(per lo cui caldo). Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso, d’eterno consiglio
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che il suo fattore,
non disdegnò di farsi sua fattura.
5
Dalla grandezza di Maria, Dante prende spunto per la descrizione della “sua”
Beatrice, l’ispiratrice sulla quale si concentra l’intera sua esperienza umana,
intellettuale e artistica.
Beatrice, identificata nella nobildonna fiorentina Bice Portinari, morta nel 1290,
Vita Nuova,
ci è nota per la prima volta dalla come ragazza di eccezionale
bellezza, il cui nome già sottintende la sua funzione salvifica. Il saluto di
Beatrice diviene sinonimo di salvezza spirituale, mentre la negazione di esso,
sarà l’equivalente del traviamento, così come il suo sguardo, capace di elevare
l’uomo ai più alti livelli, allontana i pensieri immondi e terreni, legati alla sfera
sessuale. Paradiso
La Beatrice del si discosta da quell’immagine creata nei primi anni di
attività poetica, ma viene presentata da Dante con queste parole:
Beatrice tutta ne l’etterne rote,
fissa con li occhi stava; e io in lei
le luci fissi, di là su rimote 6 .
Non è più la giovane ragazza, ma la donna angelicata che conduce Dante verso
la salvezza, colei che si fa intermediaria tra il poeta e i Beati e che, risolvendo i
suoi dubbi, diviene maestra di dottrina; restano solo alcuni tratti stilnovistici
come lo sguardo e il sorriso, ma qui Beatrice si perfeziona come simbolo etico-
religioso della Grazia, della Teologia e della Verità rivelata.
Paradiso
5 Ibidem, XXXIII vv. 1-6.
Paradiso
6 Ibidem, I vv. 64-66. 13
Sappiamo bene che questa donna è rimasta nella letteratura per la sua grazia,
eleganza, nobiltà d’animo e bellezza, tanto da essere presa come modello nei
secoli successivi. Basti pensare a Montale e la “sua” Clizia.
Prima di analizzare la figura di Clizia è bene tener presenti alcune fondamentali
precisazioni: la distanza nell’assiologia temporale tra Dante e Montale e la loro
differente formazione etico-culturale-spirituale; il contesto storico in cui
Montale scrive: un’Italia segnata dalla catastrofe di una guerra mondiale, il
terrore per un secondo conflitto imminente, e un’atmosfera in cui domina un
senso di disperazione e sfiducia nella politica e nelle lettere; un cambiamento
sostanziale nella figura dell’intellettuale, non più identificato come uomo dotato